Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10131 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10131 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5805/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 2302/2019 depositata il 25/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il promissario acquirente NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Trapani la promittente venditrice NOME COGNOME in un’azione di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare di un appartamento, con domanda di restituzione del doppio della caparra. Il prezzo pattuito era di € 25.000, di cui € 5.000,00 corrisposti contestualmente alla sottoscrizione come caparra confirmatoria. Le parti convenivano che il saldo di € 20.000 sarebbe stato versato al momento della stipula del contratto definitivo. In seguito a un sopralluogo con un tecnico, il promissario acquirente riscontrava gravi v izi nell’immobile, quali il rischio di crollo del tetto e la mancanza delle necessarie autorizzazioni edilizie e delle certificazioni energetiche. Con raccomandata egli dichiarava quindi il recesso ex art. 1385 c.c. dal contratto richiedendo la restituzione del doppio della caparra versata. La promittente venditrice contestava i fatti posti dall’acquirente a fondamento del recesso. Successivamente il promissario acquirente inviava una diffida ad adempiere, invitando la promittente venditrice a presentarsi dal notaio per procedere alla stipula del contratto definitivo. Quest’ultima comunicava di aver già venduto l’immobile a terzi .
Instaurato il giudizio, il Tribunale di Trapani rigettava le domande, sostenendo che il promissario acquirente non aveva assolto l’onere probatorio relativo all’inadempimento della promittente venditrice. Accogliendo l’impugnazione, la Corte di appello ha viceversa dichiarato risolto il contratto per inadempimento della promittente venditrice (argomentato sulla base dall’alienazione dell’immobile a terzi durante la pendenza del contratto preliminare) e condannato quest’ultima al pagamento del doppio della caparra.
Ricorre in cassazione la promittente venditrice con un unico motivo complesso, illustrato da memoria. Resiste il promissario acquirente con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il motivo denuncia violazione degli artt. 1385 co. 2, 1453 c.c. e 115 c.p.c. Sotto un primo profilo, si contesta che la Corte territoriale abbia erroneamente dichiarato che il recesso esercitato dal promissario acquirente non abbia prodotto effetto risolutorio del contratto. Si afferma che il recesso ex art. 1385 c.c. costituisce una forma di risoluzione di diritto, operante con effetto immediato e indipendente dall’accettazione della controparte. Sotto un secondo profilo, si denuncia violazione dell’a rt. 1453 c.c. per aver ritenuto compatibile la successiva diffida ad adempiere con il recesso già esercitato. Si richiama il principio secondo cui, una volta domandata la risoluzione del contratto, non è più possibile richiedere l’adempimento. Sotto un terzo profilo, si denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale abbia posto a fondamento della decisione fatti contestati e non provati, tra cui l’alienazione dell’immobile a terzi durante la vigenza del contratto preliminare.
Il motivo è accolto nel profilo delineato di seguito.
Il recesso ex art. 1385 co. 2 c.c. – accompagnato dalla dichiarazione della parte di ritenere la caparra o dalla richiesta alla controparte di corrispondere il doppio della caparra versata – « è una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null’altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l’inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto )» (così, Cass. SU n. 553 del 2009). Resta fermo che, in caso di accertamento dell’inesistenza dei fatti che legittimano il recesso, sarà quest’ultimo ad essere imputabile come inadempimento alla parte che lo ha esercitato illegittimamente.
Il contraente non inadempiente che esercita il recesso, dichiarando di ritenere la caparra (o pretendendo il versamento del doppio), non può poi chiedere l’adempimento del contratto, né la controparte è tenuta ad adempiere la propria prestazione.
Una conferma a contrario si desume da Cass. 15070/2016 (e dagli ulteriori precedenti ivi richiamati) ove si statuisce che « la semplice dichiarazione unilaterale della parte di ritenere il contratto risolto, configurandosi come mera pretesa che non consente all’altra parte l’attuazione del rapporto, deve considerarsi priva di effetto e quindi non preclusiva della successiva domanda di adempimento, alla quale è ostativa, a norma dell’art. 1453 co. 2 c.c., solo la domanda giudiziale di risoluzione» . Contrapposto è il caso del l’esercizio del recesso ex art. 1385 co. 2 c.c. che costituisce appunto una delle ipotesi (da affiancare ai casi ex artt. 1454, 1456 e 1457 c.c.) in cui si può conseguire in via stragiudiziale la risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive.
Ne segue l’erroneità della pronuncia impugnata, ove si argomenta: « Il recesso operato dal promissario acquirente, senza che potesse individuarsi, a quel momento, alcun inadempimento della promittente venditrice, non ha prodotto, dunque, effetto risolutorio del contratto preliminare. Rimaneva quindi alla promittente venditrice il diritto immutato nei confronti della controparte e il corrispondente obbligo, nei termini contrattualmente pattuiti, di addivenire alla stipula del definitivo. La Almond Tree, tuttavia, lungi dal dimostrare un interesse effettivo alla conclusione della vendita e senza opporre nulla agli addebiti mossi da COGNOME -come sarebbe stato necessario a fronte di contestazioni infondate -, ha trattenuto la caparra e ha opposto un rifiuto illegittimo alla diffida ad adempiere rivoltale dalla parte acquirente, comunicando di avere già alienato a terzi l’immobile nonostante la vigenza del rapporto contrattuale ».
È vero il contrario.
La Corte di appello ha imputato erroneamente alla promittente venditrice a titolo di inadempimento il fatto di aver alienato a terzi l’immobile dopo il recesso dichiarato dal promissario acquirente. Infatti, il promissario acquirente ha inviato illegittimamente una diffida ad adempiere dopo aver dichiarato il recesso dal contratto preliminare.
– La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo del motivo accolto, rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo del motivo accolto, rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18/02/2025.