Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4169 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4169 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 16433 del ruolo generale dell’anno 20 17, proposto
da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, in persona dei curatori, rappresentati e difesi, giusta procura speciale in margine al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliatisi presso lo studio del secondo in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione del decreto del Tribunale di Mantova, depositato in data 19 maggio 2017;
Oggetto: FallimentoAmmissione al passivoCompensi per rapporto d’opera professionaleRecesso della committente dal rapportoOneri formali. Prova certaQuestioneIrrilevanza.
Ad. 8/2/2024 CC
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale dell’8 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Emerge dal decreto impugnato che RAGIONE_SOCIALE conferì, quand’era in bonis , a NOME COGNOME, ingegnere, un incarico di consulenza professionale relativo a un complesso immobiliare da erigere in Mantova, in relazione al quale egli avrebbe dovuto curare la progettazione esecutiva, la direzione dei lavori, il collaudo e la redazione di documenti per la gara di appalto concorso, che non furono, tuttavia, completati prima della dichiarazione di fallimento della committente, risalente al 2015, tranne che per il parcheggio.
NOME COGNOME chiese quindi di essere ammesso al passivo del Fallimento per la somma di euro 173.410,10 col privilegio previsto dall’art. 2751 -bis, n. 2, c.c., e per la somma di euro 46.718,43 in chirografo, calcolate secondo le tariffe professionali, e decurtate dell’acconto ricevut o, in quanto, sostenne, egli aveva eseguito integralmente la progettazione delle opere, ma non aveva potuto portare a compimento l’incarico per fatto della committente, la quale nei primi mesi del 2014 aveva chiuso il cantiere e chiesto di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, per poi fallire nel 2015.
Il giudice delegato, rilevato che era stata eseguita soltanto in parte la progettazione esecutiva delle opere e niente affatto quella di direzione dei lavori, di collaudo e di redazione di documenti per la gara di appalto concorso, fatta eccezione per il parcheggio, ammise l’istante per una somma ragguagliata in percentuale, nella misura del 35%, all’importo complessivo del compenso pattuito per le prime tre fasi, per la somma corrispondente al 50% di quanto pattuito in relazione alla progettazione esecutiv a dell’opera , mentre riconobbe l’intero compenso pattuito per il parcheggio . Escluse poi l’applicabilità delle tariffe professionali in quanto ritenne che non
ricorresse l’ipotesi del recesso della committente, soltanto in relazione alla quale il contratto stipulato ne pr evedeva l’impiego.
Il tribunale fallimentare ha rigettato l’opposizione al decreto di esecutività dello stato passivo che l’istante ha successivamente proposto. A fondamento della decisione, per il profilo d’interesse, pur escludendo la tardività della prospettazione che fosse intervenuto il recesso, la quale emergeva già dalle osservazioni al progetto di stato passivo, ha sostenuto che non fossero state rispettate le formalità necessarie all’opponibilità del recesso alla massa e, in particolare, ha fatto leva sull’applicabil ità del l’art. 2704 c.c., giungendo alla conclusione che il recesso, anche se intervenuto, non fosse comunque opponibile alla massa, per la mancanza di una dichiarazione scritta idonea a somministrare certezza. Ha poi aggiunto che la provata sospensione dell’esecuzione dei lavor i non era comunque idonea a dimostrarlo in modo certo e inequivoco.
Contro questo decreto propone ricorso NOME COGNOME per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui il Fallimento replica con controricorso, che illustra con memoria.
Motivi della decisione
1.- Col primo e col secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, il ricorrente lamenta:
-l a violazione dell’art. 2704 c.c., perché il recesso, e l’anteriorità di esso al fallimento, possono essere provati anche in mancanza di atto scritto ( primo motivo );
l ‘omesso esame del fatto decisivo, risultante dal ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentato dalla chiusura del cantiere e dal venir meno dell’interesse della committente all’esecuzione delle oper e, e, quindi, del verificarsi del recesso per fatti concludenti ( secondo motivo ).
1.1.Sono respinte le eccezioni d’inammissibilità proposte in controricorso:
col primo motivo non si propone affatto una rivalutazione dei fatti, ma si deduce correttamente la violazione, o, meglio, la falsa applicazione della regola posta dall’art. 2704 c.c.;
-l’eccezione di novità del riferimento al recesso della committente non tiene conto della diversa statuizione del tribunale fallimentare, che ha escluso la tardività della deduzione:
diversamente da quanto allegato in controricorso, in cui si legge che non vi sarebbe stata discussione tra le parti sul fatto che la presentazione del ricorso ex art. 161 l.fall. costituirebbe prova del recesso, il ricorrente ha riferito che con l’atto d i opposizione ha dedotto che la committente « … all’inizio del 2014 ha chiuso il cantiere interrompendo i lavori e il 14 aprile dello stesso anno ha presentato all’intestato Tribunale una proposta di concordato preventivo con la quale ha reso palese in via ufficiale lo stato di crisi in cui versava. È quindi evidente che la committente, dalle prime settimane del 2014 o quanto meno dall’aprile dello stesso anno ha perso qualsiasi interesse a ricevere le prestazioni professionali dell’esponente (enfasi aggiunta) e che, correlativamente, l’esponente nello stesso per iodo si è trovato nell’impossibilità di ese guire le proprie prestazioni ».
1.2.È altresì respinta l’eccezione d’inammissibilità posta in memoria dal Fallimento perché col ricorso non si è dedotta la violazione dell’art. 45 l.fall. evocato in decreto : il cuore della decisione sta nell’applicazione dell’art. 2704 c.c. (vi si legge che « Deve quindi trovare applicazione l’art. 2704 c.c. » ), laddove l’art. 45 l.fall. è richiamato sul piano dell’inquadramento generale della normativa applicabile.
2.- Oltre che ammissibile, la censura è fondata.
Il tribunale fallimentare a sproposito ha fatto leva sull’art. 2704 c.c.
Come questa Corte ha anche di recente stabilito (Cass. n. 37028/21; n. 36602/22), il requisito della data certa è riferito
all’efficacia che può avere una scrittura privata nei confronti dei soggetti terzi che non ne siano sottoscrittori, e quindi all’attitudine del documento a produrre effetti in capo a detti soggetti: l’inopponibilità stabilita dall’art. 2704 c.c., dunque, n on riguarda il negozio, ma la data della scrittura e non concerne l’efficacia dell’atto, ma la prova di esso che si intende dare a mezzo del documento. Il negozio e la stipulazione di esso in data anteriore al fallimento possono conseguentemente essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall’ordinamento, fatte salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del negozio (tra varie, Cass. n. 4705/11; n. 2319/16).
2.1.- Il punto è che, nel caso in esame, il contratto di prestazione professionale è governato dal principio di libertà della forma , di modo che inconferente è l’art. 45 l.fall. ; per conseguenza, la medesima libertà va affermata rispetto ai negozi risolutori, come il recesso unilaterale ex art. 1373 c.c. (vedi, in tema, fra varie, Cass. n. 2600/18; n. 3542/21; con specifico riguardo al recesso da contratto di prestazione d’opera professionale, vedi Cass. n. 4181/76; n. 4459/16).
3.- Posto, dunque, che non è prevista alcuna forma, neanche convenzionale, per il recesso della committente, un determinato comportamento da questa tenuto può essere tale da esternare esplicitamente, o da lasciar presumere (secondo i principi dell’affidamento), una sua volontà di recedere dal rapporto; e un tale comportamento può anche essere meramente omissivo, come quello che si concreta nell’ inadempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto, in quanto suscettibile di essere interpretato anche come espressione, per fatti concludenti, della volontà di recedere (in termini, Cass. n. 6604/2000; n. 25583/19).
3.1.- Erronea è per conseguenza la ratio decidendi sulla quale è calibrato il decreto impugnato, che postula l’applicazione dell’art. 2704 c.c., e la necessità dell’atto scritto di recesso.
4.- Ellittica e omissiva è comunque la motivazione del decreto, là dove si esclude che sia intervenuto il recesso facendo leva sulla sospensione dell’esecuzione dei lavori nel cantiere.
In realtà il tribunale ha trascurato di valutare i fatti che risultano dal ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria, integralmente trascritto in quello per cassazione, ossia la « cristallizzazione delle passività pregresse » e la riduzione allo stretto necessario delle attività idonee a generare posizioni creditorie prededucibili (così si legge alle pagine 9-10 del ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria , trascritte alle pagine 15-16 di quello per cassazione); fatti, questi, indubitabilmente antecedenti alla dichiarazione di fallimento, in quanto riferiti dalla stessa debitrice poi fallita.
E, al riguardo, giova ribadire che può essere denunciato per cassazione il mancato esame di un documento qualora determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, in particolare quando, come nel caso in esame, il documento offra la prova di circostanze idonee a orientare diversamente il giudizio di merito (in termini, fra varie, Cass. n. 16812/18).
4.1.Non decisivo è, d’altronde, l’ulteriore rilievo contenuto in controricorso, e ribadito in memoria, rela tivo all’intervenuta abrogazione della tariffa professionale richiamata dal contratto di conferimento dell’incarico professionale. E ciò perché quel rinvio non è statico, ma dinamico o ricettizio (si legge al riguardo nel l’art. 11 del contratto, riprodotto in ricorso alle pagine 22-23, che il richiamo è alla « legge 2/3/1949, n. 143 e successivi aggiornamenti, modificazioni o integrazioni »), di modo che il nuovo esame andrà calibrato sulle disposizioni ratione temporis applicabili.
La censura complessivamente proposta va quindi accolta e il decreto cassato per il profilo corrispondente.
5.L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo , col quale si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., là dove il Tribunale di Mantova non avrebbe valutato la censura concernente la cessazione del rapporto di consulenza, per l’avvenuta scadenza del termine di vigenza dell’incarico.
Per questi motivi
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Mantova in diversa composizione. Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2024 .