Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15335 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15335 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6252/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO controricorrente
avverso la sentenza n. 3833/2019 della Corte d’appello di Napoli pubblicata il 10-7-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
appalto a termine –
clausola di tacito rinnovo
e recesso ex art. 1671 c.c.
R.G. 6252/2020
C.C. 22-5-2024
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha convenuto avanti il Tribunale di Napoli RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il pagamento del corrispettivo di Euro 9.500,00 al mese per il triennio 2009-2011, previsto nel contratto di noleggio di autobus per il trasposto di persone di data 1-1-2003, concluso per la durata di un triennio e automaticamente rinnovatosi per i trienni successivi ; l’attrice ha sostenuto la tardività della disdetta, ricevuta a fine gennaio 2009 con decorrenza I febbraio 2009, quando ormai il contratto si era rinnovato per l’ulteriore triennio , in quanto il contratto prevedeva il rinnovo automatico per ulteriore triennio in mancanza di ‘regolare disdetta a mezzo raccomandata sei mesi prima della scadenza’.
Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 11968/2014 depositata il 99-2014 ha rigettato la domanda, qualificando il rapporto come appalto di servizi di trasporto e riconoscendo l’operatività dell’art. 1671 cod. civ., che prevede la facoltà di recesso ad nutum del committente.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Napoli ha integralmente rigettato con sentenza n. 3833/2019 pubblicata il 10-7-2019, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
La sentenza ha dichiarato che la qualificazione del rapporto eseguita dal Tribunale -quale appalto di servizi di trasporto- era corretta, in quanto non ricorrevano i presupposti per applicare le disposizioni sul noleggio, richiamate dall’appellante ma previste dal codice della navigazione esclusivamente per navi e aeromobili; ha dichiarato che era stata accertata l’esistenza di organizzazione imprenditoriale di RAGIONE_SOCIALE per eseguire i trasporti per conto di RAGIONE_SOCIALE, con dotazione dell’autobus da utilizzarsi nel trasporto e adibizione dei propri dipendenti alla relativa attività, gestione del servizio a proprio rischio, assunzione di
responsabilità anche nei confronti dei terzi e obbligo di assicurare il buono stato del mezzo di trasporto.
La sentenza ha altresì dichiarato che era inammissibile la censura relativa al rigetto della domanda indennitaria ex art. 1671 cod. civ.; ha dichiarato che, a fronte della previsione contrattuale di rinnovo automatico del contratto in assenza di formale disdetta da inviare almeno sei mesi prima della scadenza triennale prorogata, il recesso ante tempus esercitato dalla committente rientrava nella previsione dell’art. 1671 cod. civ. ; ha aggiunto che la domanda volta a ottenere l’indennità prevista dall’art. 1671 cod. civ. non era stata proposta nell’atto di citazione, nel quale l’appellante si era limitata a chiedere l’adempimento del contratto, ed era stata depositata solo la seconda memoria ex art. 183 co.6 cod. proc. civ., per cui esattamente il Tribunale aveva dichiarato la domanda tardiva; ha aggiunto che l’assenza di allegazioni sull’utile netto conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate avrebbe in ogni caso comportato il rigetto della domanda volta a ottenere l’indenni tà ex art. 1671 cod. civ.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 22-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente in ragione della nullità della procura al difensore rilasciata dalla società ricorrente, per essere la firma illeggibile, senza indicazione del nome della persona
che l’ha conferita e senza indicazione del nome del legale rappresentante della società.
L ‘illeg gibilità della sottoscrizione apposta alla procura speciale in calce al ricorso per cassazione non incide sulla validità della procura, in quanto la sottoscrizione è stata apposta sotto il timbro ‘RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME -LRAGIONE_SOCIALE.re Unico e L.R.P’ ; per questa ragione sussistono i presupposti per presumere la sottoscrizione apposta, fino a prova contraria, dal l’ amministratore unico e rappresentante della società. Si deve dare continuità al principio secondo il quale l’il leggibilità della firma del conferente la procura alla lite non determina nullità dell’atto allorché il nominativo sia desumibile con certezza dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che renda identificabile il titolare attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese (Cass. Sez. 2 29-3-2019 n. 8930 Rv. 653304-01, Cass. Sez. 3 10-4-2015 n. 7179 Rv. 63503601, per tutte).
2.Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co.1 n.3 cod. proc. civ. degli artt. 1175, 1366 e 1375 cod. civ. e l’omessa e insufficiente motivazione ex art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. Lamenta che la sentenza impugnata, limitandosi a confermare la qualificazione giuridica del contratto quale appalto di servizi di trasporto, abbia omesso qualsiasi pronuncia sulla legittimità o meno dell’esercizio del diritto di recesso da parte della committente, per cui sostiene che sul punto sussista il vizio di omessa e insufficiente motivazione; rileva che, se la sentenza ha inteso confermare la legittimità del recesso ritenuta dal giudice di primo grado, è incorsa nella violazione degli artt. 1175, 1366 e 1375 cod. civ., in quanto nella prospettiva dell’avvenuto tacito rinnovo RAGIONE_SOCIALE aveva eseguito una serie di investimenti e quindi si sarebbe dovuto valutare se l’esercizio del recesso fosse avvenuto nel rispetto delle regole di
correttezza e buona fede. Aggiunge che la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare il regolamento negoziale al fine di verificare se la condotta dei contraenti fosse stata conforme a buona fede e che, se lo avesse fatto, avrebbe considerato che le parti avevano stabilito che il contratto avesse durata di tre anni e si sarebbe rinnovato automaticamente per lo stesso periodo, se una delle parti non avesse inviato disdetta sei mesi prima della scadenza; così avrebbe considerato che la disdetta inviata a fine gennaio 2009, con la quale senza alcuna spiegazione si comunicava che dal 1° febbraio 2009 non si sarebbero più utilizzati i servizi di trasporto, era tardiva e inefficace, in quanto inviata oltre i termini contrattuali e allorché il contratto si era già rinnovato per ulteriore triennio, così comportando arbitrario esercizio del diritto, in violazione del principio di buona fede oggettiva e con abuso del diritto da parte della committente.
2.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha qualificato, senza censura della ricorrente, come appalto il contratto concluso dalle parti e avente a oggetto la prestazione di servizi di trasporto; da tale qualificazione la sentenza ha fatto conseguire l’applicazione al rapporto dell’art. 1671 cod. civ., che prevede la possibilità di recesso dal contratto del committente, in qualunque momento e senza necessità di giustificazione, e per questa ragione ha ritenuto la legittimità del recesso esercitato dalla società committente.
La pronuncia con tale contenuto si sottrae a tutte le critiche della ricorrente, in quanto la circostanza che le parti avessero concordato la durata triennale del contratto di appalto e avessero concordato la rinnovazione per ulteriore triennio in caso di mancanza di disdetta entro un certo termine non escludeva in sé l’applicazione al rapporto dell’art. 1671 cod. civ. , il quale riconosce al committente la facoltà di recesso ad nutum. E’ acquisito che l’art. 1671 cod. civ. attribuisce al
committente la facoltà di recedere dal contratto in qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto, anche a iniziata esecuzione e in corso di esecuzione, ponendo a suo carico obbligo indennitario (Cass. Sez. 2 7-3-2018 n. 5368 Rv. 647848, Cass. Sez. 2 29-4-1991 n. 4750 Rv. 47191401). Seppure sia altresì acquisito che l’art. 1671 cod. civ. è disposizione derogabile dalla volontà delle parti (Cass. Sez. 2 29-12003 n. 1295 Rv. 560102-01, Cass. Sez. 2 22-8-2002 n. 12368 Rv. 557014-01), le deduzioni della ricorrente non sono volte a sostenere, in termini ammissibili nel giudizio di legittimità, che nella fattispecie gli accordi conclusi dalle parti fossero stati nel senso di escludere l’applicazione al contratto del disposto dell’art. 1671 cod. civ . Infatti, non si può ritenere che l ‘accordo in ordine alla durata del rapporto relativo ad appalto di servizi e in ordine alla rinnovazione in mancanza di tempestiva disdetta di per sé comportasse la deroga al disposto dell’art. 1671 cod. civ., in quanto le previsioni non erano tra loro incompatibili ed entrambe potevano convivere nell’ambito dello stesso assetto contrattuale: la clausola di automatico rinnovo in mancanza di disdetta entro il termine pattuito ha comportato il rinnovo del contratto e perciò ha prodotto i suoi effetti incidendo sulla durata del rapporto, mentre nel corso del l’intero rapporto è rimasta ferma la facoltà del committente di recedere ai sensi dell’art. 1671 cod. civ.
Quindi, la circostanza che a gennaio 2007 il contratto si fosse rinnovato per ulteriore triennio in ragione del mancato esercizio della disdetta contrattualmente prevista non escludeva che alla committente spettasse la facoltà di recesso prevista dall’art. 1671 cod. civ. , che la committente in effetti ha esercitato, con il conseguente effetto risolutivo del rapporto. In altri termini, diversamente da quando sostenuto dalla ricorrente, a gennaio 2007 la committente non ha dato la disdetta prevista dal contratto, senza rispettare il termine contrattuale, perciò in modo inadempiente e tale da non produrre
effetti sul contratto già rinnovato, ma ha esercitato la facoltà di recesso attribuitagli dall’art. 1671 cod. civ. non derogato dalla volontà delle parti.
Invece, i riferimenti eseguiti dalla ricorrente alla violazione dei doveri di correttezza nel corso del rapporto contrattuale e nell’esercizio del recesso integrano deduzioni inammissibili in questa sede, in quanto nuove; ciò per il fatto che non ve ne è cenno nella sentenza impugnata e la ricorrente non deduce in quali atti e in quali termini avesse posto le relative questioni, come necessario al fine di consentire alla Corte di verificare ex actis l’esattezza dell’affermazione, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa in sede di legittimità la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 2 9 -8-2018 n. 20694 Rv. 650009-01, Cass. Sez. 6-1 13-6-2018 n. 15430 Rv. 64933201, Cass. Sez. 1 18-10-2013 n. 23675 Rv. 627975-01).
3.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co.1 n.3 cod. proc. civ. dell’art. 2043 cod. civ. e la contraddittorietà della motivazione sul punto ex art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ.; rileva che, diversamente da quanto dichiarato dalla sentenza impugnata, la domanda di risarcimento dei danni era stata proposta già nell’atto di citazione, laddove RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il pagamento di tutti di canoni di noleggio dal febbraio 2009 fino alla scadenza del contratto di noleggio, poi reiterando la domanda in tutte le successive conclusioni in entrambi i gradi del giudizio. Rileva che la domanda, a prescindere dalla qualificazione giuridica attribuitale dal giudice di merito, era stata proposta e l’importo richiesto spettava quale conseguenza diretta dell’inadempimento della controparte, che aveva illecitamente abusato del suo diritto. Ancora evidenzia che il contratto prevedeva espressamente la durata di tre anni con rinnovo
automatico in mancanza di disdetta almeno sei mesi prima della scadenza e quindi la condotta di RAGIONE_SOCIALE aveva costituito inadempimento contrattuale punibile con l’obbligo di risarcire il danno che ne era derivato, per cui avrebbe dovuto essere riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni per la contraente che aveva subito l’ abusivo esercizio del recesso , non potendosi porre l’onere della prova del danno a carico della società attrice.
3.1.Il motivo è infondato.
In primo luogo, non è ravvisabile alcuna contraddizione della sentenza impugnata rilevante ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., dovendosi fare applicazione del principio secondo il quale l’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. comporta la riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinen te all’esistenza della motivazione in sé . L ‘anomalia censurabile si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-42014 n. 8053 Rv. 629830-01); al di fuori di tali casi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa conclusione della controversia (Cass. Sez. 3 1210-2017 n. 23940 Rv. 645828-01).
Nella fattispecie la sentenza, diversamente da quanto lamenta la ricorrente, non è affetta da alcuna contraddizione insanabile, in quanto in modo logico e coerente ha dichiarato che la domanda volta a ottenere l’indennizzo ex art. 1671 cod. civ. non era stata proposta
nell’atto di citazione, nel quale l’attrice aveva chiesto solo l’adempimento del contratto di noleggio, ma soltanto nella seconda memoria ex art. 183 co.6 cod. proc. civ., aggiungendo la mancanza di allegazione e prova in ordine alla quantificazione dell’indennizzo. A fronte di questo contenuto della pronuncia, la ricorrente invoca la violazione dell’art. 2043 cod. civ., che evidentemente non rileva in ambito di invocata responsabilità contrattuale, senza dimostrare che la relativa domanda di risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale o contrattuale -o comunque domanda da qualificare in tal senso- fosse stata proposta tempestivamente in causa. La ricorrente si limita a sostenere di avere proposto la domanda di risarcimento del danno già nell’atto di citazione, ma riporta il contenuto delle sue conclusioni volte a ottenere il pagamento dei canoni di noleggio fino alla scadenza del contratto di noleggio; in questo modo conferma la correttezza della sentenza impugnata, laddove ha dichiarato che nell’atto di citazione la società si era limitata a formulare domanda di adempimento del contratto.
Per altro verso, si esclude che ricorrano le condizioni per verificare se, sulla base delle deduzioni dell ‘appellante odierna ricorrente, vi fosse spazio affinché il giudice di merito qualificasse le originarie domande come volte anche a ottenere l’indennizzo ex art. 1671 cod. civ. , unico diritto configurabile a seguito del rigetto del primo motivo di ricorso; ciò in quanto la Corte d’appello ha anche statuito in ordine alla mancanza di prova sul quantum spettante a titolo di indennizzo e in questo modo ha individuato la ragione che di per sé avrebbe impedito l’accoglimento della relativa domanda. La ricorrente non censura in modo pertinente questa statuizione, in quanto si limita a sostenere che il suo onere fosse soltanto quello di allegare l’inadempimento della controparte; al contrario, è già stato posto e deve essere condiviso il principio secondo il quale, in tema di recesso unilaterale del
committente dal contratto di appalto ex art. 1671 cod. civ., grava sull’appaltatore, che chieda di essere indennizzato dal mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere (Cass. Sez. 2 5-4-2017 n. 8853 Rv. 643543-02, Cass. Sez. 6-2 6-6-2012 n. 9132 Rv. 662655-01).
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Si compensano le spese di lite relative al giudizio di legittimità, in considerazione della novità della questione relativa all’applic abilità dell’art. 1671 cod. civ. al contratto d’appalto contenente termine e clausola di rinnovo automatico.
L’esito del ricorso impone la dichiarazione ex art. 13 co.1 quater 30 maggio 2002 n. 115 relativamente al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
compensa le spese del giudizio di legittimità
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione