Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15842 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33423/2018 R.G. proposto da:
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1814/2017 depositata il 10/10/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/10/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
NOME NOME, proprietario di alcuni immobili facenti parte del complesso immobiliare RAGIONE_SOCIALE, sito in Campofelice di Roccella (PA), espose che all’interno di detto complesso immobiliare vi era un’area in comproprietà alle singole unità abitative da sempre utilizzata dai condomini quale area “verde” per passeggiate e per svago fino a quando, nell’anno 2008, NOME COGNOME, in qualità di amministratore del condominio, aveva fatto eseguire, senza alcuna preventiva delibera dell’assemblea, opere di disboscamento e di realizzazione di due piattaforme in cemento armato, posizionandovi una casetta di legno adibita ad attività di vendita di gelati, bibite e prodotti dolciari e dotata di energia elettrica, acqua ed allacciamento fognario.
NOME COGNOME, rilevando che quelle opere erano da considerarsi illegittime ed eseguite in violazione degli artt. 1108 e 1120 c.c., chiedeva al Tribunale di accertare la responsabilità di NOME COGNOME, quale amministratore del condominio e con condanna del medesimo, alla rimozione delle stesse, con rimessione in pristino dei luoghi.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, in qualità di amministratore del RAGIONE_SOCIALE, per resistere alla domanda.
Con la memoria di cui al 183 c.p.c. n.1, l’attore precisava che la causa era da lui promossa nei confronti di COGNOME NOME in proprio e non nei confronti del condominio.
Il Tribunale di Termini Imerese accolse le domande formulate da NOME COGNOME e condannò COGNOME NOME, nella qualità di amministratore del RAGIONE_SOCIALE, a ripristinare a propria cura e spese lo stato dei luoghi.
La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale, accolse l’appello del RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, rigettò la domanda.
Il giudice d’appello ritenne che la realizzazione delle piattaforme in cemento armato eseguite dall’amministratore del condominio non aveva comportato alcuna modifica dell’area condominiale destinata a verde, atteso che tali manufatti erano stati installati in sostituzione delle piattaforme in legno ivi originariamente collocate e destinate alla funzione di attività ricreative sì da escludere la violazione dell’art. 1120 c.c., ma, al contrario, integrando tali opere un miglioramento nell’utilizzo della cosa comune.
La Corte d’appello rilevò, inoltre, che il condominio aveva in più occasioni ratificato l’operato dell’amministratore, approvando, in data 29.3.2009, il consuntivo delle spese sostenute dall’amministratore per l’esecuzione dei lavori di sostituzione delle “pedane” e deliberando, in data 10.5.2009, di resistere all’azione proposta dal COGNOME. La volontà del condominio in ordine a tali lavori aveva trovato esplicita conferma nelle decisioni assunte con le delibere del 30.11.2014 e del 7.11.2015, con le quali l’assemblea dei condomini, con la maggioranza di oltre 2/3 dei partecipanti, aveva deliberato di dotare l’area in questione di ulteriori impianti e strutture, destinate a finalità ricreative.
Per la ca ssazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 100 c.p.c., degli artt. 339 e 342 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. perché la sentenza d’appello sarebbe stata emessa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, mai evocato in giudizio, in quanto la domanda sarebbe stata svolta nei confronti dell’amministratore del condominio in proprio, quale persona fisica e non come rappresentante dell’ente. Il condominio non avrebbe, quindi, interesse a resistere alla domanda che non era stata svolta nei suoi confronti. L a Corte d’appello, anche d’ufficio, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello per difetto di legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE e, quindi, per carenza di interesse a resistere a una domanda che non sarebbe stata proposta nei suoi confronti, trattandosi di azione con cui il ricorrente avrebbe chiesto di sentire dichiarare la illegittimità del comportamento personale dell’amministratore e la condanna di questi, in proprio e personalmente, al ripristino a sua cura e spese dei luoghi comuni oggetto della non autorizzata attività.
Il motivo è inammissibile .
Poiché la sentenza di primo grado ha accertato la legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE ed ha condannato COGNOME NOME, nella qualità di amministratore del RAGIONE_SOCIALE a ripristinare a propria cura e spese lo stato dei luoghi, il ricorrente, vincitore in primo grado ma soccombente in ordine alla questione relativa alla titolarità passiva del rapporto, avrebbe dovuto proporre appello incidentale per contestare l’erroneità della decisione sotto il profilo della carenza della legittimazione passiva dell’amministratore.
Invero, come tra le ultime, ribadito dalla pronuncia 9505/24, in accordo alla sentenza SU 13195/2018, in tema di impugnazioni,
qualora l’eccezione fatta valere stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, richiede la proposizione di gravame incidentale, non essendo sufficiente la mera riproposizione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., utilizzabile solo quando l’eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure.
E detto principio vale anche in relazione alle questioni risolte dal Giudice la cui pronuncia è impugnata, in modo espresso o anche indiretto ma inequivoco.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.1120 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte di merito escluso che la costruzione di due piattaforme in cemento armato e un bar non costituissero innovazioni mentre, invece, avrebbero determinato una alterazione definitiva dello stato dei luoghi che erano destinati a verde. Secondo il ricorrente, in ragione della modifica irreversibile dell’area condominiale compiuta attraverso la realizzazione delle strutture sull’area verde, la zona sarebbe inservibile all’uso e al godimento del singolo condominio.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto degli artt.1120 c.c., 1130 c.c., 1136 c.c. e 1399 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’assenza di delibera assembleare autorizzativa di dette opere potesse essere oggetto di ratifica per facta concludentia.
I motivi che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente sono infondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, al quale il collegio intende dare continuità, deve considerarsi innovazione, agli effetti dell’art. 1120 c.c., non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente le modificazione materiali che ne alterino l’entità sostanziale o ne mutino la destinazione originaria (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 35957 del 22/11/2021, Sez. 2 , Ordinanza n. 20712 del 04/09/2017); inoltre, l’indagine volta a stabilire se in concreto si sia in presenza di un’innovazione ex art. 1120 c.c. è demandata al giudice di merito il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Sez. 2 – , Ordinanza n. 12805 del 14/05/2019).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che le modifiche strutturali apportate all’area destinata a verde non potessero essere qualificate come innovazioni: nell’affermare ciò, la Corte territoriale ha dapprima verificato la natura degli interventi in questione, che si sono risolti nella sostituzione delle pedane in legno in pedane in cemento e nella costruzione sulla superficie di un piccolo chiosco; ha poi accertato che tale intervento era destinato al godimento della cosa comune e non aveva mutato né la consistenza dell’area, comunque fruibile dai condomini, né la sua destinazione, potendo gli stessi continuare a beneficiare della zona in esame a fini ricreativi e di svago.
Con corretta e congrua motivazione, pertanto, la Corte d’Appello ha escluso che l’intervento in oggetto potesse qualificarsi come innovazione e che fosse applicabilità la disciplina prevista dall’art. 1120 c.c.
In ogni caso, l’assemblea condominiale ha espressamente ratificato l’operato dell’amministratore mediante l’adozione di delibere successiva, peraltro rispettose della maggioranza prescritta dalla legge per le innovazioni ( Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29924 del 18/11/2019). Infatti, l a Corte d’appello ha accertato che il condominio aveva in più occasioni ratificato l’operato dell’amministratore, approvando, in data 29.3.2009 , il consuntivo delle spese sostenute dall’amministratore per l’esecuzione dei lavori di sostituzione delle “pedane” e, con delibera del 10.5.2009, aveva manifestato la volontà di resistere all’azione proposta dal NOME. L’approvazione, da parte del RAGIONE_SOCIALE di tali lavori aveva trovato esplicita conferma nelle decisioni assunte con le delibere del 30.11.2014 e del 7.11.2015, con le quali l’assemblea dei condomini con la maggioranza di oltre 2/3 dei partecipanti, aveva deliberato di dotare l’area in questione di ulteriori impianti e strutture, destinate a finalità ricreative.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione