Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 7620 Anno 2019
Civile Sent. Sez. U Num. 7620 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2019
SENTENZA
sul ricorso 18148-2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– con troricorrente e ricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente all’incidentale –
avverso la sentenza n. 2013/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 25/05/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2019 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale;
uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE ottenne dal Tribunale di Como un decreto ingiuntivo nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
A fondamento del ricorso dedusse di essere legata da un rapporto di mandato, quale “rappresentante fiscale” per l’Italia ai sensi del d.P.R. 26/10/1972 n.633, con RAGIONE_SOCIALE e che, a seguito di notificazione da parte dell’Agenzia delle entrate di avviso d accertamento, avente a oggetto il recupero di I.V.A. non assolta, aveva, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, derito RAGIONE_SOCIALE a all’accertamento, pagando, a titolo di sanzione, la minor somma pari a un quarto della sanzione irrogata, della quale chiedeva la refusione.
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudic italiano e deducendo, nel merito, che l’emanazione dell’avviso di accertamento e l’irrogazione della sanzione erano conseguenza dell’inadempimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE dei propri obblighi d consulenza ed assistenza fiscale, contrattualmente assunti verso la RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n.1584 del 14.11.2012 il Tribunale di Como dichiarò inammissibile l’opposizione, per difetto di procura, in quanto l’autografia era stata autenticata all’estero da un avvocato italiano.
Con sentenza n.2013 del 25.5.2016 la Corte di Appello di Milano accolse, sul punto, il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE ritenendo che la nullità fosse stata sanata dal deposito, unitamente alla memoria di replica, di una valida procura.
La Corte di appello, rigettò, comunque, l’opposizione, ritenendo, preliminarmente, che la giurisdizione spettasse al giudice italiano, in quanto il rapporto dedotto nel ricorso monitorio aveva natura contrattuale, trovando la sua fonte nel mandato con rappresentanza posto in essere tra le parti, e, nel merito, che non vi fosse prova che la RAGIONE_SOCIALE avesse assunto obblighi di consulenza verso la RAGIONE_SOCIALE, essendo le prove richieste al riguardo “generiche e valutative”.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE resiste controricorso e propone ricorso incidentale, illustrati da successiva memoria, depositata ex art.378 cod.proc.civ.;
RAGIONE_SOCIALE resiste al ricorso incidentale con controricorso e ha, anch’essa, depositato memoria ex art.378 cod.proc.civ.
Con ordinanza, n.20332 del 31.7.2018, la Terza Sezione civile di questa Corte, rilevato che, con il ricorso, RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato il rigetto da parte della Corte di Appello della sollevat eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice italiano, ha rimesso l causa al primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.
Disposta la trattazione del ricorso innanzi a queste Sezioni Unite, il Procuratore Generale ha depositato requisitoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso e l’assorbimento del ricorso incidentale.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato ulteriore memoria.
Ragioni della decisione
1 Con l’unico motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE pone questione di giurisdizione e deduce, comunque, violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt.1719 e 1298 cod.civ.; artt. 2 e della Convenzione di Lugano; il tutto in relazione all’art.360, comma I n.3 c.p.c.).
In particolare, la ricorrente evidenzia l’errore in cui sarebb incorsa la Corte di Appello di Milano, nel rigettare l’eccezione d difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana, ritenendo il rapporto, dedotto nel ricorso monitorio, avesse natura contrattuale, con applicazione, quindi, dell’art.5 della Convenzione di Lugano dettante i criteri di collegamento per il caso di obbligazio contrattuali.
Secondo la prospettazione difensiva, invece, l’obbligazione adempiuta dalla RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti (ovvero il pagamento, quale rappresentante fiscale, delle sanzioni irrogate dall’Amministrazione finanziaria italiana per violazione di normativa tributaria) aveva natura legale, derivante dall’ art.17, comma III d.P.R.n.633/1972 il quale impone obblighi, diretti ex lege,in capo al rappresentante fiscale; ne conseguiva la natura legale anche dell’obbligazione, specificamente dedotta con il monitorio dalla RAGIONE_SOCIALEr.IRAGIONE_SOCIALE, ovvero il rimborso delle sanzioni tributarie pagat dal rappresentante fiscale in forza del vincolo solidale previsto dalla legge.
Da ciò conseguiva, sempre secondo la ricorrente, che avrebbe dovuto trovare applicazione l’art.2, comma 1, della Convenzione di Lugano che prevede il criterio generale del foro del convenuto, nella specie la Confederazione Elvetica, avendo essa Società sede in Lugano.
2 Il ricorso è infondato.
2.1 E’ pacifico, in atti e incontestato tra le parti, che RAGIONE_SOCIALE società di diritto svizzero, con sede in Lugano, rilasciò in data 7 febbraio 2003, alla RAGIONE_SOCIALE società italiana, un procura speciale ” per rappresentare RAGIONE_SOCIALE per tutti gli adempimenti previsti dal D.P.R. 6710/1972 n.633 e successive modifiche, e pertanto ad assumere la veste di rappresentante fiscale come previsto dal disposto del comma 2 dell’art.53 del DPR 633 del 26/10/1972″.
2.2. La figura del rappresentante fiscale è disciplinata dall’art.17, comma 3, d.P.R. n.633/1972 il quale prevede, ai fini delle operazioni IVA, la facoltà, per i soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato di esercitare gli obblighi diritti derivanti dall’applicazione della normativa in materia IV tramite un loro rappresentante residente nel territorio nello Stato nominato nelle forme previste dall’art.1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997 n.441 (ovvero, tra le altre, atto pubblico o scrittura privata registrata). Il citato a prevede, poi, che il rappresentante fiscale risponde in solido con il
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rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto.
2.3. La solidarietà, che lega il rappresentante fiscale al suo rappresentato, rientra nel particolare tipo di solidarietà tributar detta dipendente, che si differenzia da quella più comune, denominata paritetica. In particolare, nella solidarietà paritetica (a esempio, comproprietari obbligati in solido all’imposta di registro) s rinviene un vincolo di solidarietà nei confronti di più debitori, appunt co-obbligati, in cui è a tutti riferibile la realizzazione del presuppo del tributo, cioè quella fattispecie che denota la capacità contributiv giustificativa del prelievo fiscale ex art 53 Costituzione. Nell’ipote invece, della solidarietà dipendente, detta anche responsabilità d’imposta, il legislatore tributario ha unito con un vincolo solidarietà per il pagamento del tributo, oltre quei c000bbligati che hanno realizzato la fattispecie principale (il presupposto), persone le quali, lungi dall’aver realizzato il presupposto, hanno semplicemente posto in essere un’attività collaterale, detta fattispecie secondaria.
All’ipotesi della solidarietà tributaria cd. dipendente possono ricondursi schemi tra di loro profondamente diversi, che non si prestano ad un inquadramento sistematico uniforme ma che hanno, in comune, l’esigenza di garanzia, nei confronti dell’Erario, per la riscossione del tributo ancorata ad un nesso di pregiudizialitàdipendenza. Detto nesso consegue, nei vari tipi, o indipendentemente da una scelta delle parti o, soltanto, in presenza di una precisa opzione e di una indicazione in tal senso operata dalle parti stesse.
Rientra, in quest’ultimo tipo, l’istituto della rappresentanz fiscale, di cui al d.P.R. n.633/1972, che ha trovato consenso anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza 19/02/2009 C1/08), la quale ha sottolineato che la designazione di un rappresentante fiscale, come quello menzionato, in particolare, all’art. 2, n. 3, della tredicesima direttiva e all’art. 17 del decreto rela all’IVA, è, di per sé, irrilevante ai fini della natura imponibile o m delle prestazioni ricevute o effettuate dalla persona rappresentata, giacché il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero.
3 Alla luce del quadro normativo di riferimento come sopra delineato, se non appare revocabile in dubbio che l’obbligazione tributaria adempiuta dalla RAGIONE_SOCIALE è sorta dalla legge, pu ritenersi, con altrettanta certezza, che l’obbligazione azionata con i decreto ingiuntivo non rivesta la natura “legale”, invocata dalla ricorrente, ma trovi la sua fonte nel mandato, posto in essere volontariamente tra le parti con il conferimento della sopra citata procura.
4. Ne consegue che correttamente la Corte di Appello ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano i applicazione dell’art. 5 della Convenzione di Lugano, anzicchè dell’art. 2 stessa Convenzione, come invocato dall’odierna ricorrente.
5.L’art.2 della Convenzione di Lugano (del 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la quale ha esteso ai paesi membri dell’Area europea di libero scambio, AELEEFTA, la disciplina uniforme già introdotta in materia tra gli Sta membri della Comunità europea tramite la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, e ribadita, quanto alle disposizioni che qui interessano, dalla Convenzione conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007) stabilisce, fatte salve le disposizioni della presente convenzione, che le persone domiciliate nel territorio di uno Stato vincolato dal presente convenzione sono convenute, a prescindere dalla cittadinanza, davanti ai giudici di quello Stato.
Il successivo art.5, per la materia contrattuale, introduce una disposizione specifica, prevedendo, in deroga alla norma generale dell’art.2 che: La persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla presente convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla presente convenzione in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.
6. La Corte di Giustizia (C.G. 17.6.1992 in C-26/91, Handte; 27.10.1998 in C.-51/97 Reunion Europeenne, 5 febbraio 2004 causa C-265/02) ha delimitato l’ambito della “materia contrattuale” alle sole vicende di “obblighi liberamente assunti da una parte nei confronti di un’altra”.
7.L’interpretazione fornita dalla Corte europea è stata applicata da questa Corte a Sezioni Unite (sentenza n.13905 del 23 luglio 2014, resa con riferimento alla Convenzione di Bruxelles ma integralmente sovrapponibile, per l’identità delle disposizioni, con quella di Lugano) la quale ha specificato «che l’opzione offerta all’attore dall’art.5 n.3 della Convenzione trova il suo fondamento nell’esistenza di un collegamento particolarmente stretto tra una determinata controversia e giudici diversi da quelli dello Stato del domicilio del convenuto, tale da giustificare un’attribuzione di competenza, ai fini della buona amministrazione della giustizia e dell’economia processuale, impone invero un’interpretazione del criterio di collegamento di cui all’art.5 n.3 aderente all’esigenza che convenuto sia posto ragionevolmente in grado di prevedere davanti a quale giurisdizione, oltre a quello dello Stato del suo domicilio possa essere citato».
8. Applicando tali principi alla fattispecie, nella quale per come si è già detto l’obbligazione sorge da una libera determinazione delle parti -consacrata, avvalendosi della facoltà loro attribuita dall’art. del d.p.r. n.633/1972, nel mandato conferito con il rilascio della procura- l’azione esperita è certamente riconducibile alla “materia contrattuale” di cui al citato art.5 della Convenzione di Lugano con
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conseguente giurisdizione del giudice del luogo in cui l’obbligazione è stata o doveva essere eseguita, ovvero il giudice italiano.
9. Alla luce dei principi già espressi da questa Corte (Cass. Sez. U. n.7381 del 25 marzo 2013) il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale, in quanto è stato proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito e investe una questione preliminare, sicché ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento di quello principale, anche in mancanza di tale indicazione ad opera della parte, risultando detta questione oggetto di decisione da parte del giudice di merito e derivando dal rigetto del ricorso principale il difetto dell’attualità dell’interess ricorrente incidentale.
10.Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della RAGIONE_SOCIALE
11.Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale;
dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato;
dichiara la giurisdizione del giudice italiano;
condanna la ricorrente al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 6.000,00 oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge;
ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma de comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.