Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3143 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 30272/2021) proposto da:
Ditta Edilizia artigiana di COGNOME NOME (P.IVA: P_IVA, in persona del suo titolare COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO;
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 546/2020, pubblicata il 31 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
R.G.N. 30272/21
C.C. 21/01/2025
Appalto -Pagamento corrispettivo -Quietanza a saldo lavori eseguiti
FATTI DI CAUSA
1. -Previo espletamento del procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam , con atto di citazione notificato il 2 febbraio 2005, l’RAGIONE_SOCIALE artigiana di COGNOME NOME, in persona del suo omonimo titolare, conveniva, davanti al Tribunale di Oristano, Vinci Alberto al fine di sentire condannare il convenuto al pagamento del residuo corrispettivo dovuto per le opere eseguite in ordine alla realizzazione di un fabbricato ad uso agrituristico su un terreno di proprietà del Vinci sito in agro di Oristano, all’esito del terzo Sal completato, cui seguiva l’invito del committente a rilasciare il cantiere con l’impegno assunto di saldare quanto spettante per le opere realizzate, nella misura di euro 30.274,73 o della diversa somma determinata in corso di causa.
Si costituiva in giudizio NOME, il quale contestava, in fatto e in diritto, la fondatezza dell’avversa domanda, chiedendone il rigetto, in ragione dell’avvenuto saldo di quanto dovuto. Formulava altresì domanda riconvenzionale, con cui chiedeva che fossero accertati i vizi della costruzione segnatamente individuati, con il risarcimento dei danni anche per il ritardo nel rilascio del cantiere.
Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello e testimoniale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 849/2015, depositata il 19 novembre 2015, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore della ditta COGNOME NOME, della somma di
euro 17.437,71, oltre IVA e interessi legali dalla domanda al saldo, con il rigetto delle spiegate riconvenzionali.
2. -Con atto di citazione notificato il 31 ottobre 2016, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando che, quanto alle quietanze di pagamento rilasciate da COGNOME NOME, il termine ‘saldo’ utilizzato nelle due dichiarazioni liberatorie escludeva che, in ordine alle opere eseguite per le causali di cui alle fatture nn. 2 e 3, fosse dovuto alcunché.
Si costituiva in giudizio COGNOME DomenicoCOGNOME il quale instava per il rigetto dell’impugnazione e per la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Nel corso del giudizio di gravame era espletato un supplemento di consulenza tecnica d’ufficio.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello e in parziale riforma della pronuncia impugnata, condannava NOME Alberto al pagamento, in favore della Edilizia artigiana di COGNOME NOME, per il titolo emarginato, della somma di euro 4.812,83, oltre IVA e interessi legali dalla domanda al saldo.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, in limine , risultava dirimente chiarire la portata interpretativa delle scritture denominate ‘dichiarazione liberatoria’, entrambe datate 2 marzo 2004, relative alle fatture nn. 2 e 3, come sottoscritte da COGNOME NOME, prodotte dal Vinci nel corso del primo grado del giudizio; b ) che -contrariamente a quanto sostenuto dal
Tribunale -, attraverso l’interpretazione letterale dei documenti innanzi richiamati, nella parte in cui si dava atto che le fatture erano state pagate a saldo con assegno bancario e che nessuna somma sarebbe stata più dovuta in relazione ad esse, poteva evincersi che la portata liberatoria delle stesse si riferisse al pagamento delle lavorazioni in dette fatture specificate e non solo al pagamento delle somme ivi portate; c ) che, in proposito, non poteva attribuirsi rilievo, ai fini di ritenere che dette somme fossero un mero acconto e non il saldo, al fatto che, in sede di interrogatorio formale, l’appaltante, dopo il versamento dell’ultimo assegno di euro 5.000,00 del 12 marzo 2004, avesse manifestato, tramite il proprio legale, la propria disponibilità a corrispondere all’appaltatore le somme ancora dovute, avendo il Vinci precisato che tale disponibilità avrebbe avuto ad oggetto non già i lavori indicati nelle fatture, bensì ulteriori lavorazioni; d ) che, con il supplemento peritale espletato nel giudizio di gravame, era stato accertato che esistevano effettivamente ulteriori lavorazioni svolte, non comprese nelle indicazioni di cui alle fatture, per un ammontare di euro 9.812,83, comprensivo della manodopera e degli oneri accessori (come da ipotesi sub B elaborata dal consulente tecnico d’ufficio); e ) che l’ipotesi sub A -in cui era calcolato l’importo dei lavori e oneri non compreso nelle fatture, posto che la fattura n. 2/2004 era riferita alla sola manodopera, esclusi gli oneri accessori e di sicurezza -esulava dall’oggetto dell’indagine demandata alla Corte; f ) che la debenza degli oneri accessori e di sicurezza relativi alle lavorazioni di cui alla fattura n. 2/2004 era smentita dal tenore della dichiarazione liberatoria del 2 marzo 2004 e costituiva la prova dell’integrale pagamento
del committente in ordine a tutte le voci connesse alla prestazione contrattuale oggetto della fattura, ivi compresi i detti oneri, altrimenti non giustificandosi la dichiarazione del Perria di non avere null’altro da pretendere in relazione alla fattura in questione; g ) che, per l’effetto, il Vinci doveva essere condannato al pagamento esclusivamente della differenza tra l’importo relativo alle ulteriori lavorazioni eseguite non ricomprese nelle fatture nn. 2 e 3 e l’importo versato di euro 5.000,00, per un residuo dovuto di euro 4.812,83.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME Domenico, quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Domenico.
È rimasto intimato NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e 1371 c.c., per avere la Corte di merito interpretato le quietanze rilasciate dall’appaltatore in spregio al canone di buona fede oggettiva e correttezza, non avendo considerato che il corrispettivo per l’appalto eseguito avrebbe dovuto essere determinato a misura, con esclusione dei materiali, mentre nelle richiamate fatture non vi era alcun riferimento alle misurazioni, ma solo alle descritte voci di opere (tanto è vero che le somme portate nelle fatture risultavano nettamente inferiori rispetto a quanto indicato nel primo e nel secondo Sal), sicché le voci in fattura sarebbero state indicative delle opere ma non delle quantità.
Obietta l’istante che, in ogni caso, gli oneri accessori e di sicurezza non sarebbero stati citati nelle fatture, con la conseguenza che -secondo buona fede -non poteva ritenersi che il committente avesse saldato tali voci.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte territoriale dettato una motivazione manifestamente e irriducibilmente illogica, nella parte in cui aveva sostenuto che le due fatture quietanzate nn. 2 e 3 avessero la medesima portata liberatoria; e ciò in contrasto con il fatto che le due fatture non erano identiche: la fattura n. 2/2004 conteneva un espresso rinvio alla voce ‘manodopera’ mentre la fattura n. 3/2004 ne era priva; sicché a tali documenti non avrebbe potuto essere attribuita la medesima valenza liberatoria.
Osserva l’istante che, aderendo all’ipotesi sub A del consulente tecnico d’ufficio, sarebbero stati dovuti, oltre agli importi per le lavorazioni non indicate in nessuna delle fatture nn. 2 e 3 per euro 9.812,23, oltre IVA, anche gli oneri accessori e di sicurezza, da calcolarsi sulle lavorazioni indicate nella fattura n. 2/2004 per un importo di euro 9.665,45, oltre IVA, essendo gli importi in essa indicati limitati alla ‘sola manodopera’.
3. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono fondati, nei termini che seguono.
3.1. -Ed invero, pur aderendo all’orientamento espresso dalla sentenza impugnata, secondo cui le quietanze rilasciate avrebbero dovuto essere riferite non già alle somme fatturate, bensì alle causali contenute nelle fatture nn. 2 e 3, ossia alle lavorazioni ivi riportate, non è congruente, rispetto ai canoni ermeneutici evocati, l’affermazione secondo cui, benché la fattura n. 2/2004 si riferisse al solo onere accessorio della manodopera (‘solo manodopera’), la corrispondente dichiarazione liberatoria avrebbe dovuto intendersi estesa anche agli altri oneri accessori e di sicurezza, in spregio anzitutto allo stesso dato letterale indicato.
Ora, gli oneri accessori di diretta imputazione si identificano in tutti quelli collegati all’opera appaltata da un nesso di consequenzialità e, dunque, non ricomprendono i soli costi per la manodopera impiegata, ma anche le manutenzioni e i servizi connessi all’esecuzione dell’appalto.
Né da tali dichiarazioni liberatorie avrebbe potuto desumersi la volontà dell’assuntore di abdicare ad ogni ulteriore pretesa spettante in ordine ai lavori eseguiti in appalto.
In proposito, la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa deve essere intesa, di regola, come semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto alla stregua di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale, salvo che nella stessa non siano ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto, ove, per il concorso di particolari elementi di interpretazione -contenuti nella stessa dichiarazione o desumibili aliunde -, risulti che la parte l’abbia
resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 21400 del 19/07/2023; Sez. L, Sentenza n. 18094 del 15/09/2015; Sez. L, Sentenza n. 9120 del 06/05/2015; Sez. L, Sentenza n. 2146 del 31/01/2011; Sez. 3, Sentenza n. 729 del 20/01/2003).
3.2. -Del resto, è del tutto incomprensibile l’assunto della sentenza impugnata secondo cui l’ipotesi sub A prospettata dal supplemento di consulenza tecnica d’ufficio che appunto includeva nell’importo ancora dovuto anche gli oneri accessori non ricompresi nella fattura n. 2/2004 -sarebbe stata estranea all’oggetto dell’indagine della Corte.
Così come illogico è il rilievo successivo, secondo cui, pur riferendosi la fattura n. 2/2004 alla ‘sola manodopera’, il suo senso avrebbe dovuto essere esteso a tutte le voci connesse alle prestazioni contrattuali indicate in fattura.
4. -In definitiva, il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
‘In tema di appalto, ove la fattura quietanzata si riferisca al solo onere accessorio della manodopera, la conseguente liberazione non si estende agli ulteriori oneri accessori e di sicurezza di diretta imputazione dell’appalto, che si identificano in tutti quelli collegati all’opera appaltata da un nesso di consequenzialità e, dunque, non ricomprendono i soli costi per la
manodopera impiegata, ma anche le manutenzioni e i servizi connessi all’esecuzione dell’appalto’.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda