Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10770 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10770 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15108/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente- e contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la
-controricorrente- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 35538/2023 depositata il 19/12/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Il ricorso riguarda l’ordinanza con cui la Corte di Cassazione ha respinto il gravame proposto contro la sentenza n.1111/2022 con la quale la Corte d’appello di Roma aveva confermato la decisione resa in primo grado nel 2019 nel giudizio promosso, da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. L’attore, titolare di 1000 azioni privilegiate (del valore nominale di Lire 10.000.000) della società RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE ed infine RAGIONE_SOCIALE) trasferitegli da NOME COGNOME, aveva chiesto al Tribunale di « accertare e dichiarare la falsità della girata del titolo nominativo n. 2, rappresentativo di numero 1.000 azioni privilegiate della società già RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE in liquidazione) in favore del RAGIONE_SOCIALE, autenticata nella firma in data 9 ottobre 1992, repertorio n. 1450, dal AVV_NOTAIO di Roma ».
Il Tribunale aveva respinto la querela di falso rilevando che il querelante – sostenendo di non aver mai sottoscritto la girata suddetta, ma di avere, in realtà, apposto una firma su un foglio diverso dal suddetto certificato azionario n. 2 e senza la presenza di alcun pubblico ufficiale – aveva deAVV_NOTAIOo la falsità della girata del titolo nominativo, sotto due aspetti collegati tra loro: la sottoscrizione apposta sotto il timbro della girata, apparentemente a lui riconducibile, era in realtà, apocrifa; conseguentemente la autenticazione effettuata dal AVV_NOTAIO era frutto di una contraffazione
e/o alterazione, cosicché la girata di titoli nominativi era priva dei requisiti formali previsti dall’art. 2023 c.c. ed inidonea a costituire prova legale del trasferimento delle azioni privilegiate della società RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME al RAGIONE_SOCIALE.
Ciò precisato, il Tribunale aveva, anzitutto, ritenuto ammissibile la querela di falso proposta dal COGNOME, non avendo effetto preclusivo il giudicato intervenuto a definizione di altri due giudizi promossi in precedenza (nel 2001) dal RAGIONE_SOCIALE e svoltisi tra le parti sempre dinanzi al Tribunale di Roma (RG. n. 3526/2001 e n. 2327/2001) aventi ad oggetto, non l’ accertamento della autenticità della sottoscrizione apposta per girata sul certificato azionario in questione, ma l’annullamento del contratto di cessione delle azioni in questione per vizio del consenso, nonché la nullità del trasferimento per mancanza di formalità: domande respinte (con sentenza di primo grado, confermata in appello e passata in giudicato) essendo risultata insussistente la lamentata violenza e, per contro, presenti tutte le formalità previste dall’art. 2023 c.c. per l’efficacia del trasferimento, « essendo la girata apposta dal COGNOME autenticata da AVV_NOTAIO che fa fede fino a querela di falso e non può essere contrastata con altri elementi -peraltro insussistenti- introAVV_NOTAIOi dalla parte ».
Chiarito detto aspetto processuale, il Tribunale, nel giudizio in esame, richiamata la disciplina di trasferimento delle azioni (artt.2355 e 2022, comma 1, c.c.) e il principio di libertà delle forme del trasferimento (attenendo l’adempimento delle formalità di legge alla fase esecutiva, certificativa e pubblicitaria del trasferimento) nonché la modalità specifica di trasferimento per girata, ha ritenuto non provata dal querelante COGNOME la falsità della girata in oggetto, osservando che:
la CTU grafologica disposta (affidata ad un collegio di due periti, in cui era stato inutilmente ordinato il deposito dell’originale del certificato azionario impugnato di falso, che parte convenuta
aveva dichiarato di non aver potuto reperire) aveva concluso che la fotocopia in atti « non presenta[va] elementi che possano ricondursi ad un sospetto artificio » ed « anche il timbro notarile di autentica della firma in verifica è risultato conforme ai timbri coevi del AVV_NOTAIO », specificando che «i concordanti riscontri similari emersi tra il quadro comparativo autografo del sig. NOME COGNOME e la firma in verifica, nonché la spigliatezza del tracciato di quest’ultimo depongono per un giudizio di alta probabilità di autografia della firma in verifica . La disponibilità in fotocopia del documento non consente di accertare se detta firma in verifica sia stata realmente vergata di pugno sull’originale del documento (non disponibile) o sia frutto di traslazione per fotocomposizione, né l’autenticità del documento su cui è apposta »;
b) la firma in oggetto, perciò, non poteva ritenersi apocrifa, e ciò non solo sulla base delle predette conclusioni del collegio peritale, ma anche sulla base di altre risultanze, considerato che dalla consulenza non erano emersi elementi che potessero far sospettare un confezionamento artificioso della fotocopia del certificato azionario e, soprattutto, che nessuna spiegazione era stata data dal querelante in ordine alle contrastanti versioni della vicenda negoziale contenute nei diversi atti di citazione del 2001 e 2002 (in cui -come detto – era stata avanzata da COGNOME domanda di annullamento del contratto di cessione delle azioni in questione per vizi del consenso e di declaratoria di nullità del trasferimento per mancanza di formalità), laddove il COGNOME non aveva lamentato la apocrifia della sua firma, sostenendo, anzi, di avere firmato la girata « perché inAVV_NOTAIOo in errore » in ordine al valore effettivo delle partecipazioni e perché pressato da NOME COGNOME;
c) quanto alla autenticazione della firma da parte del AVV_NOTAIO, le consulenti avevano affermato che anche il timbro notarile di autentica risultava conforme ai timbri coevi del predetto AVV_NOTAIO e, comunque, « l’autentica notarile della sottoscrizione della
girata non integra[va] un requisito essenziale ai fini della validità del trasferimento della titolarità delle partecipazioni, avendo il solo scopo di attribuire fede privilegiata alla provenienza della dichiarazione di girata dal soggetto che ne risulta il sottoscrittore »; cosicché l’accertamento relativo alla autenticità della sottoscrizione, effettuato nel presente giudizio, sostituiva e teneva luogo della autenticazione del AVV_NOTAIO, il che rendeva superflua la prova testimoniale del AVV_NOTAIO stesso sulla circostanza dell’apposizione dell’autentica.
3.- La Corte d’appello ha respinto il gravame contro detta decisione affermando: a) che era infondata la doglianza in punto di valenza della consulenza grafologica eseguita non sull’originale ma su una copia del certificato azionario, in quanto non ricorreva un’ipotesi di nullità della consulenza, a suo tempo nemmeno eccepita ex art.157 c.p.c.; b) le conclusioni della consulenza, espresse in termini probabilistici della genuinità della sottoscrizione, erano state vagliate dal giudice, nel contesto degli altri elementi acquisiti, in primis , la contraddittorietà del comportamento processuale tenuto dal COGNOME che, nel giudizio previamente istaurato dallo stesso, non aveva deAVV_NOTAIOo alcunché sulla falsità della relativa girata (pur potendo la querela di falso essere proposta anche in via incidentale), contegno processuale valutabile dal giudice ai sensi dell’art.116 c.p.c., considerato che la prova della apocrifia della firma ricadeva soltanto sul querelante COGNOME; c) doveva condividersi la valutazione del Tribunale di irrilevanza della prova testimoniale del AVV_NOTAIO sulla mancata autentica della firma apposta sulla girata, riguardando il giudizio la paternità della relativa sottoscrizione da parte del COGNOME e non i successivi adempimenti dell’autentica e della registrazione.
3.- La Corte di Cassazione -adita dal COGNOME per fare valere la nullità della sentenza sotto diversi profili (per nullità della CTU
svolta su una fotocopia della girata azionaria; per violazione dell’art.116 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto di poter desumere un argomento di prova dalla presunta conAVV_NOTAIOa tenuta dal sig. COGNOME nell’ambito di un precedente giudizio; per motivazione contraddittoria, avendo la Corte d’appello respinto la querela di falso per carenza probatoria circa la falsità della girata, senza ammettere la prova testimoniale richiesta dal COGNOME né valutato gli altri «mezzi istruttori» deAVV_NOTAIOi quali le prove documentali rappresentate dal registro delle girate del AVV_NOTAIO) – ha respinto il ricorso ritenendo:
a) che l’accertamento giudiziale della falsità materiale della girata per apocrifia della sottoscrizione del COGNOME era da ritenersi ammissibile anche se il documento impugnato di falso (una scrittura privata, autenticata nella firma da AVV_NOTAIO, di cui il RAGIONE_SOCIALE non aveva contestato la conformità all’originale ex art. 2719 c.c.) era stato da questi proAVV_NOTAIOo solo in copia, salvo « il grado di probatoriet à che gli accertamenti in tal caso possono raggiungere», e ciò in quanto: (i) « l’efficacia probatoria (piena) della copia fotostatica della scrittura privata conforme all’originale alterato o contraffatto si presta ad essere rimossa con il giudizio di falso. Invero, la sentenza che, definendolo, dichiari tale copia affetta da falsit à materiale, riverbera i propri effetti anche sull’originale eventualmente presente, perch é se è il fatto rappresentato (la prova), non il documento in s é (il mezzo di prova), a costituire il fulcro del giudizio di verit à /falsit à , esso si presenta identico, per effetto della loro giuridica corrispondenza, tanto nella copia, quanto nell’originale » (Cass. 8718/2023); (ii) la disciplina, che si trae dagli artt. 223, 224, 226 c.p.c., evidenzia che « il giudizio sul falso concerne il documento originale », ma detta disciplina non è applicabile nel caso di smarrimento dell’originale, invero « se si ritenesse che per il giudizio sul falso è sempre necessario l’originale si finirebbe con l’affermare che le menzionate copie in caso di
smarrimento dell’originale rivestirebbero efficacia probatoria più pregnante dello stesso, poichè esse diverrebbero insuscettibili di impugnazione con querela di falso: conclusione, questa, priva di alcun supporto logico – giuridico. Va peraltro rilevato che una diversa interpretazione consentirebbe a chi ha falsificato un documento, e poi ha beneficiato degli effetti dello stesso a lui favorevoli, a causa del dichiarato riconoscimento implicito di una fotocopia dello stesso, esibita in giudizio – potrebbe evitare il giudizio di falso adducendo di aver smarrito l’originale del documento, in tal modo precludendo l’accertamento della di lui responsabilità per la falsificazione » (Cass. n. 5350/1996); (iii) La mancanza dell’originale non impediva che si potesse valutare la veridicità del documento attraverso la sua comparazione con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo (v. Cass. 887/2018; Cass. 12695/2008)
b) era infondata la censura relativa all’affermazione della Corte d’appello per cui che non ricorreva un’ipotesi di nullità della CTU per essere stata svolta la perizia grafologica su di una semplice fotocopia, poiché la Corte territoriale, rilevando che detta nullità non era stata a suo tempo eccepita ex art. 157 c.p.c., aveva aderito a quell’orientamento di legittimità secondo cui, incombe « su colui che abbia disconosciuto la sottoscrizione in calce al documento invocato ex adverso l’onere di dedurre che, in sede di verificazione, sia stata sottoposta all’indagine la mera copia del documento e che su detta copia, e non sull’originale, si sia svolto l’esame peritale, nonostante la formulata eccezione di inutilizzabilità al proposito sollevata », restando precluso alla parte del processo nel corso del quale si sia svolta la procedura di verificazione e che nulla abbia deAVV_NOTAIOo in ordine alla indebita utilizzazione di copie, di eccepirla in seguito , « trattandosi di una nullità relativa la cui denunzia è rimasta preclusa dalla tacita
rinunzia a formularla (art. 157 c.p.c., comma 3) insita nell’inequivoco comportamento defensionale tenuto innanzi al Giudice del merito » (Cass. 11434/2002; Cass. 6022/2007); nella specie, pertanto, la Corte di merito aveva correttamente delibato, poiché le censure relative al procedimento della consulenza tecnica d’ufficio, in quanto nullità relative, sono soggette al regime di preclusione di cui all’art. 157 c.p.c., che impone alla parte nel cui interesse è stabilito un requisito dell’atto, di opporre la relativa nullità per la mancanza del requisito stesso entro il termine di decadenza costituito dalla prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso;
c) che il giudice di merito, in difetto di particolari divieti normativi, può utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche prove e, più in genere, risultanze istruttorie, formate in un diverso giudizio, tra le stesse parti o anche tra altre parti, da considerare quali semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizi, ai sensi dell’art.116 c.p.c.; e nella specie, la Corte d’appello aveva rilevato, confermando il giudizio del giudice di primo grado, la contraddittorietà emersa nel comportamento del COGNOME, rilevando che egli – dopo avere impugnato, nel giudizio anteriore, la cessione delle azioni per vizio del consenso – con la citazione del 2002 aveva, invece, deAVV_NOTAIOo la falsità della firma apposta dal medesimo sul certificato azionario, sostenendo che la firma era stata apposta, su di un « foglio diverso dal certificato azionario n. 2 oggetto del presente giudizio », « al fine di assecondare la richiesta proveniente direttamente dal sig. COGNOME (al quale era riconducibile la proprietà sia della società cessionaria sia della società delle cui azioni si chiedeva la cessione)…senza la presenza di alcun pubblico ufficiale, … consapevole che si trattava di un atto senza effetto alcuno, anche perché privo delle formalità richieste dalla legge »; né la
motivazione sul punto ex art. 116 c.p.c. – in alcun modo illogica era sindacabile in sede di legittimità;
che era inammissibile la doglianza relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale del AVV_NOTAIO e dell’omessa valutazione di risultanze documentali, poiché « il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell’art. 356 cod. proc. civ., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio non siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio » (Cass. 7700/2007; conf. Cass. 1754/2012); né ricorreva il vizio di motivazione apparente (cfr. Cass. Sez.Un.22232/2016), avendo la Corte d’appello confermato quanto espresso dal Tribunale in ordine al fatto che, non essendo stata provato che era apocrifa la sottoscrizione apposta dal COGNOME sulla girata delle azioni, risultava superflua la prova sull’autentica del AVV_NOTAIO, non essendo oggetto del giudizio ciò che il AVV_NOTAIO non avrebbe annotato nel suo Registro delle autentiche o ciò che egli avrebbe dichiarato, nel 2014, rispetto a fatti del DATA_NASCITA;
-Contro detta sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per revocazione affidato a due motivi. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza impugnata in relazione all’articolo 395 n. 3 c.p.c. per non aver la Corte fondato la propria decisione su documenti decisivi, che l’odierna parte ricorrente non ha potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, ed, in
particolare, la copia dell’atto del AVV_NOTAIO del 30.09.1992 rep. n. 1450.
Afferma il ricorrente che per fatto della parte convenuta RAGIONE_SOCIALE, l’intero giudizio si è fondato sulla mera fotocopia del documento impugnato di falso, non avendo quest’ultima proAVV_NOTAIOo l’originale dello stesso, e tantomeno il presunto atto notarile di autentica del AVV_NOTAIO, oggi rinvenuto e depositato nell’interesse del AVV_NOTAIO. Il deposito del documento, pertanto, porrebbe la Corte nella condizione di valutare il fatto sulla base di un panorama istruttorio che il giudice a quo – a causa di un evento sottratto alla sfera di controllo dell’odierna parte ricorrente – aveva conosciuto in modo incompleto; documento anteriore alla pronuncia della decisione revocanda, nonché del precedente giudizio di merito e decisivo ai fini della prova di quanto oggetto di gravame, in quanto assolutamente idoneo ad orientare diversamente l’esito della decisione, fornendo prova diretta dei diversi fatti di causa. Evidenzia ancora il ricorrente che la produzione del documento si è resa necessaria in ragione del comportamento ostativo di controparte, ed, in particolare, in ragione della mancata ottemperanza da parte di RAGIONE_SOCIALE all’ordine di esibizione dell’originale della girata, pronunciato in data 28.06.2016 dal Giudice istruttore della Corte d’Appello di Roma, senza, peraltro, che la medesima RAGIONE_SOCIALE abbia mai aAVV_NOTAIOato sul punto alcuna specifica giustificazione; né la mancata ovvero tardiva acquisizione del documento oggi depositato sarebbe stata determinata da una negligenza dell’odierna parte ricorrente.
1.1Il motivo è inammissibile sotto diversi profili:
E’ assorbente, in senso preclusivo, la considerazione che, essendo la pronuncia impugnata per revocazione una ordinanza della Corte di cassazione di rigetto del ricorso, non è deducibile il caso di revocazione di cui all’art. 395, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. (‘se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più
documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario’). Ai sensi del combinato disposto degli artt. 391bis e 391ter cod. proc. civ., infatti, la revocazione ai sensi del n. 3 dell’art. 395 è possibile solo avverso il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito.
Ad abundantiam , si osserva comunque che il motivo:
è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza in violazione art. 366 comma 1 n. 4 e 6 c.p.c., dato che il ricorrente non precisa in effetti quale sia il documento proAVV_NOTAIOo e quale ne sia il contenuto e l’oggetto: non si comprende, invero, a cosa si riferisca il ricorrente quando parla del documento «oggi rinvenuto e depositato». E, comunque, non può essere onere della Corte quello di ricercare i documenti rilevanti e di associarli alle imprecise affermazioni svolte dal ricorrente; inoltre in calce all’odierno ricorso non vi è neppure un elenco dei documenti proAVV_NOTAIOi e sottoposti all’attenzione di questa Suprema Corte; dal fascicolo d’ufficio si evince la produzione dell’esito di una ricerca presso l’archivio notarile;
è inammissibile per violazione dell’art. 398 c.p.c., dato che il ricorrente non dice quando essa abbia rinvenuto il documento decisivo che afferma di avere proAVV_NOTAIOo e quali sarebbero le ragioni di forza maggiore o dipendenti dalla controparte che avrebbero impedito la produzione del predetto titolo azionario in originale prima d’ora;
è inammissibile poiché l’atto oggi proAVV_NOTAIOo con il ricorso per revocazione che certamente non è l’originale del documento sulla cui copia si sarebbe svolta una perizia grafologica nulla, sì da determinare la nullità della sentenza confermata con l’ordinanza che qui si intende revocare, vale a dire il certificato azionario ceduto con girata – non ha niente a che vedere né con la decisione di merito né con quella di legittimità chiamata a vagliare il profilo di
nullità della sentenza predetta, giacché la ratio decidendi della sentenza di merito prescinde dall’atto di autentica notarile e riguarda l’accertamento della paternità della sottoscrizione che tale è stata ritenuta in ragione della perizia svolta nel giudizio di primo grado (donde la ritenuta irrilevanza della richiesta istruttoria della testimonianza in proposito del AVV_NOTAIO); e questa Corte – che era stata investita, per quanto qui interessa, della questione della nullità di detto accertamento in quanto compiuto su una fotocopia e non sull’originale dell’atto, già respinta dalla Corte Romana anche ex art. 157 c.p.c., ha ritenuto i motivi di cassazione deAVV_NOTAIOi infondati (illegittimità dell’espletamento della perizia sulla copia dell’atto) o inammissibili (mancata ammissione della prova testimoniale del AVV_NOTAIO e omessa valutazione di risultanze documentali).
2.Il secondo motivo denuncia nullità dell’ordinanza impugnata in relazione all’articolo 395 n. 4 c.p.c. essendo stata la decisione fondata sulla supposizione di fatti la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero sarebbe effetto di una serie di errori di fatto risultanti dagli atti o documenti della causa, senza che gli stessi abbiano costituito punti controversi sui quali la sentenza ebbe a pronunciare.
2.1- Il Primo di detti errori riguarda « la supposizione (con riferimento ai fatti di causa) dell’esistenza dell’atto del AVV_NOTAIO del 30.09.1992 rep. n. 1450, oggi, invece, incontrastabilmente esclusa dal deposito di copia del predetto atto, che dimostra come il medesimo abbia a riferimento tutt’altro oggetto » ; l’inesistenza dell’autentica della girata sarebbe stata, peraltro, già ben rinvenibile in sede di causa, avendo l’odierno ricorrente depositato in giudizio: (i) la dichiarazione resa in data 4 aprile 2008 dal medesimo AVV_NOTAIO, il quale aveva riferito che, da un riscontro sul proprio registro delle girate di certificati di partecipazioni societarie, non risultava riportata alcuna
annotazione effettuata nel 1992 e relativa a titoli di partecipazione della RAGIONE_SOCIALE (cfr. doc. 6 Cassazione); (ii) il registro delle girate del AVV_NOTAIO (cfr. doc. 7 Cassazione), da cui emerge chiaramente che al numero di repertorio 1450, indicato nel titolo contestato come repertorio dell’autentica, non corrisponde il trasferimento del sig. COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE della proprietà delle azioni della RAGIONE_SOCIALE; (iii) il verbale relativo alle sommarie informazioni rese dinanzi alla Guardia di Finanza dal AVV_NOTAIO in data 28 marzo 20142, in cui il medesimo dichiarava: « Come risulta dal mio registro delle girate di certificati di partecipazioni azionarie (…) non ho mai autenticato il trasferimento delle azioni privilegiate della società RAGIONE_SOCIALE detenute dal sig. NOME COGNOME a favore della società RAGIONE_SOCIALE (…). Non ero a conoscenza della avvenuta cessione delle azioni del NOME COGNOME in quanto da me mai autenticate e quindi fuori dalla mia conoscenza » (cfr. doc. 9).
2.1.1 -Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
Giova ricordare che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, n. 4), cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia inAVV_NOTAIOo, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un.,
27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto;
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata: ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929).
Ciò posto, nel caso di specie -anche a prescindere dall’inammissibilità del motivo per difetto di specificità ed autosufficienza in violazione dell’art. 366 comma 1, n.4 e 6 c.p.c.,
dato che la controparte non dice in quale parte della decisione impugnata questa Corte avrebbe fatto le affermazioni di cui sopra nella decisione di cui la ricorrente chiede ora la revocazione non vi è spazio per il riconoscimento dell’errore revocatorio non essendosi la decisione affatto basata sulla « supposizione » invocata (dell’esistenza dell’atto di autentica del AVV_NOTAIO del 30.09.1992 rep. n. 1450, che oggi proAVV_NOTAIOo -non si sa dove dimostrerebbe che detto atto non aveva ad oggetto la girata del certificato azionario). Detta supposizione non c’entra nulla con la ratio decidendi della sentenza di merito, né con quella dell’ordinanza qui impugnata , le quali prescindono da quest’atto, giacché -al contrario -l’accertamento della paternità della sottoscrizione mediante l’autentica notarile nel giudizio di merito è stata ritenuta sostituita dall’accertamento compiuto con perizia nel giudizio di primo grado (donde la ritenuta irrilevanza della richiesta istruttoria della testimonianza in proposito del AVV_NOTAIO), accertamento di cui questa Corte ha vagliato la legittimità sotto il profilo della nullità deAVV_NOTAIOo dal ricorrente per essere lo steso avvenuto su una fotocopia e non sull’originale (non disponibile) del certificato azionario recante la firma per girata.
Posto che una questione è quella dell’aprocrifia della firma in sé, altra questione è che detta firma fosse stata autenticata, e che, quindi, la cessione del titolo rispettasse il requisito di forma di cui all’art. 2355 comma 3 c.c., la stessa sentenza di primo grado aveva osservato che l’attore poneva la questione della falsità della girata sotto i due profili: sottoscrizione apocrifa, assenza dell’autentica. Ciò posto, aveva ritenuto non apocrifa la sottoscrizione in ragione della consulenza tecnica e considerato irrilevante l’assenza dell’autentica notarile giacché: « l’autentica notarile della sottoscrizione della girata non integra un requisito essenziale ai fini della validità del trasferimento della titolarità delle partecipazioni, ma ha il solo scopo di attribuire fede privilegiata alla provenienza
della dichiarazione di girata dal soggetto che ne risulta il sottoscrittore »; cosicché l’accertamento relativo alla autenticità della sottoscrizione, effettuato in giudizio per mezzo della perizia grafologica, sostituiva e teneva luogo della autenticazione del AVV_NOTAIO, il che rendeva superflua la prova testimoniale del medesimo: ragionamento decisorio, quest’ultimo, confermato in secondo grado, avendo la Corte d’appello romana affermato che doveva condividersi la valutazione del Tribunale di irrilevanza della prova testimoniale del AVV_NOTAIO sulla mancata autentica della firma apposta sulla girata, riguardando il giudizio la paternità della relativa sottoscrizione da parte del COGNOME e non i successivi adempimenti dell’autentica e della registrazione.
Detta ratio decidendi non è stata impugnata specificamente dal ricorrente in sede di legittimità, ove questi non ha mai censurato la decisione del giudice di merito perché questi avrebbe ritenuto estranea al thema decidendi la questione della sussistenza e dell’autenticità degli adempimenti di autenticazione e registrazione agli effetti dell’efficacia dell’atto di cessione, o che il Tribunale avesse omesso di pronunciare sulla pretesa falsità dell’autenticazione.
Ed, invero, questa Corte, con l’ordinanza qui gravata, ha ritenuto corretta la decisione della Corte romana di non ammettere una prova testimoniale relativa all’autentica apposta dal AVV_NOTAIO in quanto la Corte d’appello, confermando la decisione del Tribunale, aveva rilevato che « risultava superflua la prova sull’autentica del AVV_NOTAIO non essendo oggetto del giudizio ciò che il AVV_NOTAIO non avrebbe annotato nel registro delle autentiche e ciò che egli avrebbe dichiarato nel 2014 rispetto a fatti del 1992 (pag. 15 sentenza)» .
Pertanto -in conclusione – il ricorrente pretende di far valere in questa sede una questione che, non solo non costituisce in sé un errore revocatorio, ma risulta «coperta » dal c.d. giudicato interno
su dette affermazioni del Tribunale e della Corte d’appello di Roma, il che rende ulteriormente inammissibile ogni censura del ricorrente relativa alle vicende riguardanti l’autentica del AVV_NOTAIO e che conferma ulteriormente l’inammissibilità del motivo. Infatti la questione della sussistenza delle formalità previste dalla legge per l’efficacia della cessione tra cui l’autentica notarile e le relative registrazioni – era stata già oggetto di un accertamento definitivo nei giudizi definiti anteriormente a quello per cui è causa, nei quali era stata respinta tanto la domanda di annullamento (per vizio del consenso) quanto quella di nullità (« per mancanza di formalità ») dell’atto di trasferimento delle azioni, sussistendo tutte le formalità previste dall’art. 2023 c.c., « essendo la girata apposta dal COGNOME autenticata da AVV_NOTAIO che fa fede fino a querela di falso »; tanto che la querela di falso era stata ritenuta ammissibile in questo giudizio dal Tribunale – nonostante il giudicato formatosi sul rigetto di tali domande -poiché la contestazione mossa dall’attore nei precedenti giudizi riguardava la validità del contratto di cessione delle azioni per i vizi predetti, e non l’autenticità della sottoscrizione per girata, oggetto del nuovo giudizio.
2.2- Il secondo di detti errori riguarda « La supposizione della cessata qualifica di socio del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME a seguito della firma della girata nella presunta data del 09.10.1992 », laddove i documenti di causa avrebbero invece dimostrato che, ancora tredici giorni dopo tale presunta girata azionaria, il COGNOME aveva partecipato, nella qualità di socio, all’assemblea dei soci della RAGIONE_SOCIALE tenutasi in data 22 ottobre 1992, il cui verbale era stato redatto dallo stesso AVV_NOTAIO NOME COGNOME (cfr. doc. 4), circostanza – secondo il ricorrente -che renderebbe evidente l’errore di fatto commesso dalla RAGIONE_SOCIALE su un punto decisivo della controversia.
2.2.1- Anche questo profilo di revocazione è inammissibile: la circostanza di fatto invocata come oggetto di errore non è un
«fatto» presupposto della decisione impugnata, essendo, semmai, la conseguenza giuridica dell’accertata infondatezza della domanda di accertamento della falsità della sottoscrizione per girata dei titoli; sicché sotto tale profilo la censura mossa per revocazione riguarda, in effetti, la valutazione compiuta dal giudice di merito delle risultanze probatorie (essendo il verbale di assemblea tenutasi in data 22 ottobre 1992, già allegato sub doc. 4 al fascicolo di primo grado), ed avrebbe dovuto essere proposta con ricorso per cassazione ex art. 360 comma 1 n. 4 o n.5 come omesso esame di un fatto storico decisivo e discusso dalle parti.
-Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle parti controricorrenti, liquidate, per ciascuna, nell’importo di euro 7.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione