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Querela di falso su fotocopia: La Cassazione chiarisce

Un azionista proponeva una querela di falso contestando la propria firma su un atto di trasferimento di azioni, di cui era disponibile solo una fotocopia. Dopo aver perso in primo e secondo grado, e vista respinta l’impugnazione in Cassazione, tentava la via della revocazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso per revocazione inammissibile, ribadendo che tale rimedio non può essere utilizzato per rimettere in discussione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito. La decisione chiarisce che il procedimento di querela di falso può svolgersi anche su una copia, la cui efficacia probatoria è liberamente apprezzata dal giudice.

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Querela di falso: è valida su una fotocopia? La parola alla Cassazione

Quando un documento originale viene smarrito, è possibile contestarne la validità attraverso una querela di falso basandosi unicamente su una fotocopia? Questa è la domanda cruciale al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha offerto importanti chiarimenti sui limiti di questo strumento processuale e sui presupposti per la revocazione di una sentenza. Il caso analizzato riguarda la contestazione della firma apposta su un certificato azionario, un tema delicato con significative implicazioni in ambito societario e processuale.

I Fatti di Causa: Una Firma Contestata e un Originale Scomparso

La vicenda trae origine dalla pretesa di un azionista di accertare la falsità della firma di girata apposta su un certificato azionario, con la quale le sue quote societarie sarebbero state trasferite a un’altra società. L’elemento centrale della controversia era che il documento originale era andato perso e il giudizio si basava su una sua fotocopia. L’attore sosteneva di non aver mai apposto quella firma sul certificato, ma di aver firmato un foglio diverso, inducendolo in errore. Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la domanda, ritenendo non provata la falsità sulla base di una CTU grafologica che, pur eseguita su copia, aveva concluso per un’alta probabilità di autografia della firma. Questa decisione era stata poi confermata dalla Corte d’Appello.

Il Percorso Giudiziario e la Querela di Falso

Esauriti i gradi di merito, l’azionista si era rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando vizi procedurali, tra cui la nullità della CTU svolta su fotocopia. Anche in quella sede, il ricorso era stato respinto. La Corte aveva ritenuto ammissibile l’accertamento giudiziale della falsità anche solo su copia, salva la valutazione del giudice sul grado di probatorietà raggiungibile. Non pago, il ricorrente ha tentato l’ultima via processuale disponibile: il ricorso per revocazione della precedente ordinanza della Cassazione, basandolo su due motivi: la scoperta di un documento decisivo che non aveva potuto produrre prima e un presunto errore di fatto dei giudici.

La Revocazione e i suoi Stretti Limiti

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di revocazione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i confini invalicabili di questo rimedio straordinario.

L’inammissibilità della revocazione per nuovi documenti

In primo luogo, la Corte ha specificato che la revocazione per scoperta di nuovi documenti non è ammissibile contro le decisioni della Cassazione che, come nel caso di specie, si sono limitate a respingere il ricorso per ragioni procedurali senza decidere nel merito della causa. Si tratta di un limite fondamentale per preservare la funzione di nomofilachia della Suprema Corte.

L’insussistenza dell’errore di fatto

In secondo luogo, e con maggiore enfasi, la Corte ha smontato la tesi dell’errore di fatto. Il ricorrente sosteneva che i giudici avessero erroneamente ‘supposto’ l’esistenza di un atto di autentica notarile. La Cassazione ha chiarito che l’errore di fatto revocatorio è solo quello percettivo, una ‘svista’ evidente (es. leggere una parola per un’altra), e non un errore di valutazione o di interpretazione delle prove. Nel caso in esame, la questione dell’autentica notarile era stata oggetto di dibattito e valutazione da parte dei giudici di merito, i quali l’avevano ritenuta irrilevante rispetto all’accertamento principale, ovvero la paternità della firma. Non si trattava quindi di una svista, ma di un giudizio di merito, non sindacabile tramite revocazione.

Le Motivazioni della Corte

La ratio decidendi della pronuncia risiede nella netta distinzione tra l’accertamento della paternità di una sottoscrizione e la validità formale del trasferimento del titolo. La sentenza di merito, confermata in appello, aveva fondato la sua decisione sulla perizia grafologica, che aveva giudicato la firma come molto probabilmente autentica. Di fronte a questo accertamento, la questione della presenza o meno di un’autentica notarile diventava secondaria. L’accertamento giudiziale della genuinità della firma, infatti, sostituisce di per sé l’autenticazione, rendendo superflua la prova testimoniale sul punto. La Corte di Cassazione, nella precedente ordinanza, aveva semplicemente verificato la correttezza di questo percorso logico-giuridico, senza cadere in alcun errore percettivo. Pretendere di rimettere in discussione tale valutazione attraverso la revocazione equivale a un tentativo inammissibile di ottenere un terzo grado di giudizio nel merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che una querela di falso può essere legittimamente promossa e decisa anche sulla base di una semplice fotocopia, qualora l’originale non sia disponibile. L’efficacia probatoria degli accertamenti svolti sulla copia (come una CTU grafologica) è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, che la valuterà nel contesto di tutti gli altri elementi di prova. La seconda lezione è un monito sulla natura eccezionale del rimedio della revocazione: non può essere utilizzato come un’ulteriore istanza per contestare il modo in cui il giudice ha valutato le prove o interpretato i fatti. L’errore che apre le porte alla revocazione deve essere una palese e incontestabile svista materiale, non un presunto errore di giudizio.

È possibile avviare un procedimento di querela di falso basandosi solo su una fotocopia di un documento?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’accertamento giudiziale della falsità materiale di un documento è ammissibile anche se questo è prodotto solo in copia, specificando che spetta al giudice di merito valutare il grado di probatorietà che tali accertamenti possono raggiungere.

Quando è possibile chiedere la revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione per un errore di fatto?
La revocazione per errore di fatto è possibile solo quando la Corte sia incorsa in un errore puramente percettivo, ovvero una svista materiale su un fatto che emerge in modo incontrovertibile dagli atti di causa e che non ha costituito punto controverso oggetto di valutazione. Non è ammissibile per contestare l’interpretazione o la valutazione delle prove.

Se l’autentica notarile di una firma su una girata è assente o contestata, la firma è automaticamente considerata falsa?
No. Secondo la decisione, la questione dell’autentica notarile e quella della paternità della firma sono distinte. L’accertamento giudiziale sull’autenticità della sottoscrizione, ad esempio tramite una perizia grafologica, può sostituire e tenere luogo dell’autenticazione del notaio, rendendo irrilevante la questione della sua assenza o falsità ai fini della prova della provenienza della firma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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