Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1965 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1965 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22510/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
-intimato- avverso PROVVEDIMENTO di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4008/2022 depositata il 11/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso per decreto ingiuntivo, depositano davanti al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALESocietà italiana per le imprese all’estero), esponeva di agire quale gestore di un fondo pubblico destinato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese subordinati al rilascio di polizze fideiussorie a semplice richiesta ed a garanzia del credito. Deduceva che in ragione della risoluzione per inadempimento di un contratto di finanziamento a tasso agevolato stipulato con la RAGIONE_SOCIALE in data 14 febbraio 2002 vantava un credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, sulla base di cinque polizze fideiussorie rilasciate in favore della ricorrente, per l’importo di euro 1.220.000 circa. Lamentava che la compagnia aveva corrisposto solo l’impor to relativo alla prima delle polizze, per la somma di euro 200.000 sostenendo la falsità delle firme apposte sulle altre quattro polizze. Per tale motivo aveva presentato querela per i reati di falso e di truffa che sarebbero stadi commessi dai rappresentanti di RAGIONE_SOCIALE e il procedimento penale si era concluso con archiviazione per prescrizione.
Avverso il decreto ingiuntivo, emesso il 9 agosto 2012, proponeva opposizione RAGIONE_SOCIALE deducendo la falsità delle quattro polizze, proponendo querela di falso civile e chiedendo disporsi perizia grafologica. Si costituiva NOME contestando i motivi di
impugnazione. Il consulente d’ufficio nominato dal Tribunale concludeva per la autenticità delle firme.
Con sentenza del 14 maggio 2016 il Tribunale rigettava l’opposizione.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE insistendo per la falsità delle firme sulla base di elementi probatori ulteriori e diversi rispetto agli esiti della consulenza tecnica. Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della impugnazione. Interveniva volontariamente in giudizio NOME COGNOME al quale erano apparentemente riferibili le firme in contestazione, chiedendo l’accoglimento dell’appello promosso da RAGIONE_SOCIALE e ribadendo di non avere mai sottoscritto le polizze fideiussorie.
Disposta la rinnovazione della consulenza, il collegio dei periti incaricati perveniva ad una differente valutazione, concludendo per la falsità delle otto firme apposte sulle quattro polizze fideiussorie.
La Corte d’appello di Roma con sentenza datata 26 aprile 2022 Prono e, in accoglimento della querela di falso, accertava la falsità delle polizze, revocava il decreto ingiuntivo condannando RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme già corrisposte da Vittoria Assicurazioni e dichiarava inammissibile l’intervento volontario di al pagamento delle spese di lite sostenute dalla compagnia.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti depositano memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione degli articoli 2700 e 2702 c.c. la cui applicazione sarebbe stata travisata perché il giudice di appello avrebbe deciso sulla querela di falso ritenendo le polizze fideiussorie disconosciute in giudizio, quali atti pubblici e non quali scritture private. A causa di ciò avrebbe erroneamente affermato la falsità ideologica delle polizze
fideiussorie, mentre avrebbe dovuto occuparsi del falso materiale della sottoscrizione. La decisione violerebbe anche le norme che regolano il procedimento per la querela di falso (articoli 221 e seguenti c.p.c.) e il divieto di nuove questioni in appello previsto all’articolo 345 c.p.c., oltre al principio del contraddittorio, utilizzando materiale istruttorio che era stato escluso in appello e, successivamente, considerato rilevante ai fini della decisione. La Corte territoriale avrebbe adottato una decisione a sorpresa sulla base di argomenti di prova differenti rispetto agli esiti della lacunosa consulenza di secondo grado.
In particolare, la querela di falso poteva ritenersi ammissibile solo per censurare la contraffazione della sottoscrizione e quindi la provenienza delle dichiarazioni di firma, ma non anche per impugnare la falsità ideologica e cioè per dimostrare la non veridicità delle polizze fideiussorie.
Sotto altro profilo la decisione sarebbe errata perché la Corte territoriale avrebbe posto a fondamento della decisione un quadro probatorio ulteriore e diverso rispetto alle risultanze della consulenza. Si tratterebbe di prove nuove, riguardanti i profili diversi dalla autenticità o meno della firma. Sia in primo che in secondo grado erano state rigettate le richieste di prova diverse dalla consulenza tecnica.
La prima censura contenuta nel primo motivo di ricorso è inammissibile perché non si confronta con la motivazione della Corte territoriale.
In primo luogo, deve evidenziarsi la correttezza della decisione adottata sia dal Tribunale che della Corte d’appello in ordine alla possibilità di presentare querela di falso al fine di negare definitivamente la genuinità di una scrittura privata. Milita in questo senso l’orientamento della Corte di legittimità secondo cui ‘alla parte alla quale sia riferita una scrittura privata è sempre consentito non solo disconoscerla, così facendo carico alla controparte della
verificazione, ma anche e proprio di proporre direttamente alternativamente la querela di falso, al fine di negare definitivamente la genuinità del documento; in difetto di limitazioni di legge, non può negarsi addetta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso, ma rivolto al perseguimento di un risultato più ampio definitivo, quale quello della concreta rimozione del valore dell’atto con effetti erga omnes’ e non limitati alle sole parti del giudizio (Cass. n. 15823 del 2020).
L’effetto dell’accertamento è stato quello di dichiarare la falsità della firma di NOME COGNOME, dirigente della Vittoria Assicurazioni, apparentemente apposta sulle polizze fideiussorie. Pertanto, la Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ha accertato il falso materiale relativo all’apposizione di una firma apocrifa. Ha poi esaminato una pluralità di elementi probatori alla luce dei quali ha affermato ‘l’inesistenza della pretesa creditoria della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della V ittoria’.
Anche il secondo profilo evidenziato in ricorso è destituito di fondamento. Non sussiste alcuna violazione dell’articolo 101 c.p.c. in quanto (secondo la ricorrente) la Corte territoriale avrebbe preso in esame ‘un quadro probatorio ulteriore diverso rispe tto ai rigorosi limiti delle prove della querela di falso ammessa in primo in secondo grado’.
Anche in questo caso dalla lettura della complessa e argomentata motivazione della decisione impugnata emerge che la Corte territoriale ha condiviso la ricostruzione tecnica e scientifica della consulenza d’ufficio disposta in grado di appello ed ha esamin ato una serie di prove documentali che erano già presenti in giudizio e che sarebbero state obliterate dal Tribunale. La rilevanza della decisività di tali prove sfugge al sindacato di legittimità trovando applicazione il consolidato orientamento secondo cui la valutazione delle prove costituisce prerogativa esclusiva del giudice di merito.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c., la violazione di articoli 115 112 c.p.c. per la insufficienza e irrilevanza del quadro probatorio considerato dalla Corte territoriale di Roma per dimostrare la contraffazione della sottoscrizione apposta sulle fideiussioni.
Le prove poste a sostegno della decisione sarebbero irrilevanti e la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunziarsi sulle eccezioni della odierna ricorrente. Secondo la ricorrente le prove utilizzate per fondare la decisione impugnata non consentivano di dimostrare la contraffazione della sottoscrizione poiché le stesse, al più, avrebbero potuto avere un rilievo riguardo alla falsità ideologica dei documenti. Come già evidenziato con riferimento al motivo precedente tutte le censure oggetto del secondo motivo riguardano la valutazione del materiale probatorio rendendo così inammissibile il motivo. Dalla lettura della decisione di appello emerge che la Corte ha compiutamente e ragionevolmente valutato gli elementi probatori che, al di là delle risultanze della consulenza tecnica collegiale, sono stati ritenuti idonei a fondare la tesi della falsità delle firme e dell’insussistenza del credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. La Corte territoriale ha precisato che la perizia grafologica collegiale espletata in secondo grado avrebbe confermato quanto già era emerso dagli altri elementi probatori relativi alla falsità delle quattro polizze contestate, ritenendo poi insufficienti i rilievi formulati da COGNOMEin sede di comparsa conclusionale’.
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalle risultanze della consulenza disposta in secondo grado e, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c., l’omessa pronuncia sulle eccezion i difensive della odierna ricorrente contenute nella comparsa conclusionale e nella memoria avverso le risultanze della consulenza tecnica. La decisione impugnata avrebbe, altresì, violato l’articolo 190 c.p.c. che riguarda la finalità della comparsa conclusionale e delle memorie di replica.
In particolare, la consulenza disposta in secondo grado avrebbe utilizzato nuovi e diversi argomenti tecnici, senza però sconfessare quelli utilizzati dal consulente di primo grado. Pertanto, la consulenza non avrebbe contrapposto nuove e più pregnanti considerazioni per superare di argomenti tecnici utilizzati nella prima consulenza pervenendo a un risultato inammissibile di coesistenza di considerazioni tecniche tra loro non contrastanti.
Sotto altro profilo la seconda consulenza sarebbe illogica ed erronea giacché le anomalie individuate tra i gruppi di sottoscrizioni, rispettivamente, contestate e comparative, riguardavano anche il gruppo delle sottoscrizioni comparative. Con ciò rendendo incerti gli elementi grafologici utilizzati.
La censura è inammissibile poiché tende a sottoporre alla valutazione della Corte di legittimità il ragionamento posto a sostegno, rispettivamente, della prima e della seconda consulenza tecnica d’ufficio. Si tratta di considerazioni che attengono alla val utazione del materiale probatorio di esclusiva competenza del giudice di merito non sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate.
Sotto tale profilo la decisione della Corte territoriale non appare censurabile poiché la stessa ha motivatamente condiviso gli esiti della seconda consulenza sulla base di aspetti tecnici, anche differenti rispetto a quelli esaminati dal primo consulente e tenendo conto dei rilievi sollevati, per la prima volta dall’odierno ricorrente, nelle difese conclusive depositate davanti alla Corte d’appello.
Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dal legittimo affidamento della ricorrente sulla validità delle cinque polizze fideiussorie emesse da Vittoria Assicurazioni e la conseguente responsabilità extracontrattuale di quest’ultima ai sensi dell’articolo 2049 c.c., come dedotto nel giudizio di primo e secondo grado da Simest. La sentenza avrebbe anche travisato l’applicazione
dell’articolo 345 c.p.c. ritenendo nuova la domanda di accertamento della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE proposta dalla odierna ricorrente.
Al contrario, nella comparsa di costituzione di primo grado era stato precisato che ‘il comportamento di RAGIONE_SOCIALE rileva perciò nella fase successiva al rilascio delle garanzie a corredo del finanziamento erogato ed è fonte di responsabilità contrattuale e-o aquiliana considerati i comportamenti omissivi tenuti’.
Nella comparsa di costituzione in appello l’odierna ricorrente avrebbe dedotto che ‘il risarcimento garantito alla RAGIONE_SOCIALE le spetta anche per aver fatto legittimo affidamento sulle polizze, a causa del comportamento della RAGIONE_SOCIALE‘ e nella c omparsa conclusionale in appello la odierna ricorrente aveva sostenuto che l’avere ingenerato l’affidamento incolpevole della RAGIONE_SOCIALE sulla validità delle polizze avrebbe comportato un pregiudizio che avrebbe dovuto essere ‘interamente rimborsato dalla Vitt oria Assicurazione ai sensi dell’articolo 2049 c.c.’.
Il motivo è infondato. In primo luogo, il presente giudizio nasce come opposizione a decreto ingiuntivo nella quale il ruolo di creditore sostanziale è rappresentato dalla società RAGIONE_SOCIALE la quale ha fondato la propria pretesa, necessariamente vincolata ai presupposti richiesti dal procedimento monitorio, su elementi probatori documentali. Il ricorso per decreto ingiuntivo non consente la prospettazione di una pretesa risarcitoria e tale domanda non è stata nemmeno formulata all’esito dell’opposizione a decr eto ingiuntivo proposta da Vittoria Assicurazioni.
Secondo la tesi della odierna ricorrente la stessa avrebbe proposto una domanda risarcitoria subordinata all’accoglimento della opposizione. Orbene la tesi è formulata in questa sede in violazione l’articolo 366, n. 6 c.p.c. poiché parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere compiutamente le conclusioni presentate davanti ai giudici di merito e, in particolare, sottoposte alla valutazione della
Corte territoriale. Al contrario, i passaggi rilevanti della comparsa di costituzione in primo grado si riferiscono ad una mera argomentazione tesa a sostenere il profilo dell’affidamento incolpevole della società RAGIONE_SOCIALE fondato sul comportamento della compagnia Vittoria Assicurazioni, ma alcuna specifica conclusione e domanda di risarcimento del danno, eventualmente subordinata all’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, è stata allegata, trascritta e localizzata all’interno del fascicolo di uf ficio.
Analoghe considerazioni riguardano il giudizio di secondo grado nel quale il riferimento ad una responsabilità risarcitoria della compagnia di assicurazione viene inserito all’interno di un ragionamento giuridico più ampio teso a prospettare un profilo di apparenza del diritto in capo alla odierna ricorrente. Solo la comparsa conclusionale contiene un riferimento specifico ad una pretesa risarcitoria che però viene formulata in maniera oltre modo tardiva, così come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE liquidandole in complessivi € 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 8 ottobre 2024
Il Presidente NOME COGNOME