Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9523 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9523 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 219/2024 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE
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contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
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CONTRORICORRENTE – nonché
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME, COGNOME NOME, MOSCA NOME, MOSCA COGNOME, MOSCA NOME, COGNOME NOMECOGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOME con domicilio digitale in atti.
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CONTRORICORRENTI – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2908/2023 depositata il 13/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME dichiaratasi erede universale di NOME COGNOME in virtù del testamento olografo del 25.05.2016, ha convenuto in giudizio NOME COGNOME chiedendo il rilascio per occupazione sine titulo di talune unità immobiliari facenti parte dell’asse ereditario . Il convenuto ha proposto in via incidentale querela di falso del testamento. Sono intervenuti volontariamente COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, eredi legittimi della de cuius, instando per la falsità della scheda.
Il Tribunale di Milano ha accolto la querela e ha respinto la domanda di rilascio.
L’ appello della COGNOME è stato rigettato dalla Corte distrettuale, che ha condiviso le conclusioni del c.t.u. espressosi per la falsità del testamento, evidenziando che sia il convenuto che gli intervenuti avevano interesse a proporre querela di falso del testamento, il primo per far accertare l’inesistenza del diritto in base al quale era stato chiesto il rilascio del bene, e gli intervenuti per far accertare la falsità del testamento volto ad ottenere la condanna della COGNOME alla ricostruzione dell’ asse ereditario e , per l’effetto, l’apertura della successione legittima.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
Il Consigliere delegato, ravvisati profili di infondatezza del ricorso per cassazione, ha proposto la definizione del giudizio a norma dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c., sostenendo che il convenuto non aveva interesse e non era legittimato a proporre la querela per far dichiarare la falsità del testamento, non potendo vantare diritti successori.
Il motivo è infondato.
La domanda introdotta in causa si fondava sulla pretesa qualità di unica erede vantata da NOME COGNOME qualità che dipendeva dalla validità del testamento, condizionando il diritto al rilascio.
L’occupante aveva interesse a proporre la querela, potendo contestare l’efficacia probatoria del documento su cui si basava l’azione proposta nei suoi confronti (Cass. 8575/2019; Cass. 3260/1971; Cass. 3305/1997).
Non ha rilievo che il convenuto occupasse il bene sine titulo poiché la sentenza poteva esser emessa solo a favore del titolare della qualità in base alla quale era stato chiesto il rilascio.
A nulla rilevano le deduzioni svolte dalla ricorrente sul rapporto di amicizia che la legava alla de cuius , data l’accertata falsità della scheda, né ha rilievo la sentenza penale che ha assolto la ricorrente dal reato di cui all’art. 591 c.p., ritenendo indimostrata la falsificazione, non risultandone il passaggio in giudicato.
2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 329 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per aver la sentenza omesso di considerare che il tribunale, con statuizione passata in giudicato, aveva ritenuto proponibile la querela di falso in virtù dell’intervento in causa degli eredi legittimi della de cuius, negando che il resistente potesse proporla autonomamente.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 105 c.p.c. e l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio , per aver la Corte d’appello qualificato l’intervento in causa dei parenti della de cuius , terzi chiamati all’eredità, come ‘adesivo autonomo’ e non come ‘adesivo dipendente’, non tenendo conto degli elementi allegati da NOME COGNOME, potendo gli intervenuti assumere solo una posizione
subordinata a quella della parte che però non era legittimata ad agire.
I motivi sono infondati.
Le censure ripropongono, infondatamente, la questione dell’inammissibilità della querela per carenza di interesse ad agire di NOME COGNOME ritenuta ostacolo per l’intervento dei terzi, privi di autonoma legittimazione a contraddire.
L’esame della sentenza di primo grado conduce ad escludere che il Tribunale abbia negato in capo a NOME COGNOME un autonomo interesse a contestare l ‘autenticità del testamento (cfr. sentenza, pag. 9); la carenza di interesse a proporre la querela di falso era stata oggetto dei motivi di impugnazione proposti dal ricorrente, soccombente in primo grado, e su tale aspetto la Corte era tenuta a pronunciare con cognizione estesa ad ogni aspetto rilevante.
In ogni caso, i terzi intervenuti potevano vantare la qualità di eredi legittimi ove il testamento fosse ritenuto falso ed erano litisconsorti necessari del giudizio di falso, dovendo essere comunque chiamati in causa qualora non fossero intervenuti: nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento (anche se con querela di falso) sono litisconsorti necessari, oltre agli eredi istituiti dal “de cuius”, anche tutte le persone che gli succederebbero per legge in seguito alla caducazione dell’atto di ultima volontà, stante l’unitarietà del rapporto dedotto in giudizio e l’efficacia erga omnes della sentenza dichiarativa della falsità (Cass. 2671/2001; Cass. 4533/1986; Cass. 8575/2019).
Il ricorso è quindi respinto.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione anticipata, trovano applicazione il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c. L’integrale conformità dell’esito decisorio alla proposta ex art. 380-bis c.p.c. costituisce, invero, indice della colpa grave della condotta processuale della ricorrente, per lo svolgimento di un giudizio di
cassazione rivelatosi del tutto superfluo, con conseguente condanna dello stesso al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dei controricorrenti nonché di altra somma in favore della cassa delle ammende, negli importi indicati in dispositivo (Cass. SU 9611/2024; Cass. 36069/2023; Cass. 27195/2023).
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre3 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €. 4700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre ad €. 2000 ,0 0 ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c., e Iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15% in favore dei controricorrenti, ed € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione