Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32642 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32642 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31126/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE , che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2818/2019, depositata l ‘ 8/07/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. Il Tribunale di Padova ha ingiunto alla società RAGIONE_SOCIALE di pagare alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 40.453,33, a titolo di pagamento del residuo prezzo della fornitura di un macchinario. L’ingiunta ha proposto opposizione, deducendo che secondo le intese intercorse il macchinario doveva servire per la foratura di prodotti realizzati in acciaio e che pertanto era fondamentale che fosse dotato di un impianto di ‘raffreddamento e mantenimento a temperatura costante dei cinematismi interni’, che al momento di dare corso alla produzione si era accorta che il macchinario non possedeva le caratteristiche tecniche concordate e aveva contestato la circostanza alla venditrice; chiedeva quindi di revocare il decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, di risolvere il contratto di compravendita ai sensi degli artt. 1497 e 1453 c.c. ovvero, in via subordinata, di annullare il medesimo per errore o dolo. Il Tribunale di Padova ha revocato il decreto ingiuntivo e ha pronunciato la risoluzione del contratto per inadempimento dell’opposta e ha condannato l’opposta alla restituzione della somma di euro 83.626,67. Ad avviso del Tribunale, dalla documentazione e dalle prove testimoniali esperite era risultato che la venditrice era a conoscenza delle caratteristiche che doveva possedere il bene e che l’attore aveva provato la mancanza di qualità del macchinario che lo rendeva inidoneo all’uso cui era destinato; che non ricorrevano le condizioni per annullare il contratto non discutendosi di raggiro, ricorrendo invece quelle per la risoluzione del medesimo per inadempimento della venditrice all’obbligo di consegnare un bene con la caratteristica pattuita in sede di conclusione del contratto.
La sentenza di primo grado è stata appellata da RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 2818/2019, ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE e l’ha condannata a pagare in favore di Visual la somma di euro 40.453,33.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE nella loro qualità di soci della società RAGIONE_SOCIALE che è stata cancellata dal registro dell’imprese in data 22 dicembre 2017.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c.: l’impugnata sentenza è errata per non avere il giudice d’appello correttamente valutato che nel corso del giudizio di primo grado il Tribunale ha ritenuto ammessi e pacifici una serie di fatti che la Corte d’appello non ha ritenuto tali, assumendo che gli stessi non solo dovessero essere provati, ma che il relativo onere gravasse in capo alla Lavorazione RAGIONE_SOCIALE; in ragione delle difese svolte dalla Visual, che non solo ha ammesso che vennero consegnati dei disegni di valvole e che ha aderito alla richiesta di ammissione della consulenza tecnica volta ad accertare se ‘in caso di riscontrata assenza di sistema di refrigerazione interna ad alta pressione tramite linea mandrino è possibile con lo stesso eseguire fori su beni in acciaio’, nessun ulteriore onere probatorio poteva e doveva gravare sull’acquirente del bene in relazione alle caratteristiche dello stesso e/o sull’uso che lo stesso era destinato ad avere; inconferente è il richiamo al collaudo effettuato presso la sede della Visual dove non si trovavano
certamente acciai speciali e dove non è stato certo possibile effettuare delle prove di foratura bensì delle mere indagini di funzionamento a secco.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello, a differenza del Tribunale, ha ritenuto non provato che fosse stato pattuito che il macchinario dovesse avere un determinato sistema di raffreddamento (ossia un ‘sistema di refrigerazione interna ad alta pressione tramite linea mandarino’), risultando dal contratto che era stato pattuito un diverso sistema di raffreddamento; non provato poi, ad avviso della Corte, è che Visual avesse garantito la possibilità di eseguire lavorazioni su specifici acciai speciali, essendo al riguardo generiche le prove testimoniali assunte, né assumendo rilievo quanto dichiarato da Visual nella propria comparsa di risposta nel giudizio di opposizione ed assumendo invece rilievo la sottoscrizione da parte della RAGIONE_SOCIALE del verbale di collaudo e in particolare della positiva verifica funzionale. Si tratta di valutazioni del materiale probatorio operate in modo argomentato dalla Corte d’appello, valutazioni diverse da quelle poste in essere dal Tribunale e che i ricorrenti contestano. Si tratta però di valutazioni che spettava al giudice di merito compiere e che sono come tali insindacabili da parte di questa Corte di legittimità.
2) Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 1453 c.c.: la Corte d’appello ha ritenuto che il ritardo nella consegna della dichiarazione di conformità non incide sulla validità del contratto, potendo al più costituire un inadempimento comunque non così grave da giustificare la risoluzione del contratto che infatti non era stata chiesta per tale ragione; il consulente tecnico d’ufficio ha invece detto che l’attestazione di conformità è stata consegnata il 17 gennaio 2013, quindi oltre due anni dalla consegna del macchinario; la Visual è quindi stata del tutto inadempiente,
avendo la stessa fornito un bene non conforme alle richieste formulate e peraltro privo della necessaria documentazione.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello (cfr. la pag. 15 della sentenza impugnata) ha osservato come la RAGIONE_SOCIALE, parte appellata, abbia riproposto ‘domanda di nullità del contratto perché il macchinario non era conforme alla normativa antinfortunistica’ e che ‘la consulenza tecnica d’ufficio ha accertato che era stata rilasciata la dichiarazione di conformità ai sensi dell’art. 71 del d.lgs. 81/2008, per cui si doveva presumere che il macchinario avesse i requisiti minimi di sicurezza’. Il ritardo nella consegna della dichiarazione di conformità -ha proseguito la Corte -‘non incide sulla validità del contratto, potendo al più costituire un inadempimento, comunque non così grave da giustificare la risoluzione del contratto, che infatti non era stata chiesta per tale fatto’. I ricorrenti non contestano il giudizio di infondatezza della domanda di nullità del contratto; contestano invece alla Corte d’appello di avere sostenuto che si trattava di un inadempimento ‘non così grave da giustificare la risoluzione del contratto’. La ratio decidendi della pronuncia della Corte è però costituita dal giudizio di infondatezza della domanda di nullità del contratto, mentre l’osservazione relativa alla non gravità dell’inadempimento ha valore meramente rafforzativo, dato che RAGIONE_SOCIALE -secondo l’interpretazione della Corte -aveva domandato la risoluzione del contratto a causa della mancanza delle qualità promesse del bene, domanda che è stata accolta dal Tribunale e invece rigettata dalla Corte d’appello. I ricorrenti sostengono nel motivo che RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la risoluzione del contratto anche per il ritardo del deposito della documentazione; in tal modo contestano però non la violazione denunciata, ossia il giudizio di rilevanza dell’inadempimento, ma l’interpretazione della domanda operata
dai giudici di merito, interpretazione che d’altro canto a questi spettava svolgere.
3) Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione a ‘quota parte della somma ingiunta’: in sede di opposizione al decreto ingiuntivo l’opponente aveva eccepito, alla pag. 3 dell’atto, che nella fattura, oltre a quanto convenuto per il pagamento del macchinario, era stato indicato l’importo di euro 6.000 richiesto in ragione della sostituzione di un soffietto rotto in sede di collaudo e che il citato importo è stato contestato immediatamente, in quanto non pattuito; la Corte d’appello ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma residua rispetto alla fattura, omettendo completamente di considerare che Visual non ha mai dimostrato di essere creditrice della somma di euro 6.000.
Il motivo non può essere accolto. I ricorrenti rimproverano alla Corte d’appello di non avere considerato la contestazione formulata nel giudizio di opposizione in relazione alla richiesta del pagamento di euro 6.000, ma non dicono -con conseguente difetto di specificità del motivo -che la censura sia stata riproposta con l’atto di appello. Nulla viene riportato al riguardo nell’esposizione del motivo e neppure nel resto del ricorso, limitandosi la ricorrente, alla pag. 9 dell’atto, a dire che ‘nel costituirsi RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado’.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 5.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione