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Qualità imprenditore commerciale: statuto decisivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società consortile dichiarata fallita. La Corte conferma che la qualità di imprenditore commerciale non è esclusa dalla mera finalità mutualistica, ma si desume dall’oggetto sociale previsto nello statuto e dall’effettiva attività economica svolta, come la stipula di contratti di appalto. La precedente richiesta di concordato preventivo da parte della società è stata considerata un ulteriore elemento a sostegno della sua natura commerciale.

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Qualità Imprenditore Commerciale: Quando lo Statuto e l’Attività Contano più dell’Intento

Determinare la natura di un’impresa è cruciale, specialmente quando si tratta di procedure concorsuali come il fallimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per stabilire la qualità di imprenditore commerciale di un consorzio, non basta la sua dichiarata finalità mutualistica, ma occorre un’analisi concreta dello statuto e dell’attività effettivamente svolta. Approfondiamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società consortile a responsabilità limitata, operante nel settore della logistica e del catering, veniva dichiarata fallita dal Tribunale. La società presentava reclamo alla Corte d’Appello, sostenendo di non poter essere soggetta a fallimento in quanto la sua attività era puramente mutualistica, ovvero diretta a fornire appalti ai propri consorziati, e non a scopo di lucro.

La Corte d’Appello rigettava il reclamo. I giudici di secondo grado osservavano che la natura commerciale dell’impresa emergeva chiaramente dallo stesso atto costitutivo, che prevedeva attività come l’assunzione di appalti per pulizie, l’acquisto, la vendita e la gestione di locali pubblici. Inoltre, la Corte valorizzava il fatto che la stessa società avesse in precedenza presentato domanda di ammissione al concordato preventivo, una procedura riservata agli imprenditori commerciali. Contro questa decisione, la società proponeva ricorso in Cassazione.

Qualità Imprenditore Commerciale: L’Analisi dei Giudici

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito che le argomentazioni della società ricorrente costituivano “censure di merito”, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti (nello specifico, una diversa interpretazione dello statuto) che non è consentita in sede di legittimità.

La Corte ha sottolineato che l’interpretazione dello statuto, essendo un contratto, è un’operazione riservata al giudice di merito e può essere contestata in Cassazione solo per violazione delle regole legali di interpretazione o per l’omesso esame di un fatto decisivo, circostanze non adeguatamente dedotte dalla ricorrente.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su tre pilastri:

1. L’Oggetto Sociale nello Statuto: La Corte d’Appello aveva correttamente rilevato che lo statuto stesso descriveva attività tipicamente commerciali, come la gestione di locali pubblici e la somministrazione di bevande, che vanno oltre il mero scopo mutualistico interno.
2. L’Attività Concretamente Svolta: I giudici di merito avevano accertato che il consorzio svolgeva effettivamente attività commerciale, facendo riferimento a contratti di appalto stipulati dalla società.
3. La Domanda di Concordato Preventivo: Sebbene non costituisca una confessione formale, la richiesta di accedere a una procedura come il concordato preventivo è un elemento fattuale che il giudice può legittimamente considerare per formare il proprio convincimento sulla natura commerciale dell’impresa.

La Suprema Corte ha quindi concluso che la ricorrente, nel sollecitare una diversa ricostruzione dello statuto e dell’attività, stava impropriamente chiedendo un riesame del merito della controversia, esulando dalle competenze del giudizio di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del diritto commerciale e fallimentare: la qualità di imprenditore commerciale non dipende dall’intento soggettivo (scopo di lucro vs. scopo mutualistico), ma dall’oggettiva natura economica dell’attività esercitata. L’analisi deve basarsi su elementi concreti come il contenuto dell’atto costitutivo e i rapporti economici effettivamente intrattenuti con terzi. Per un consorzio, quindi, svolgere attività che si rivolgono al mercato esterno, e non solo a beneficio dei propri soci, è un indicatore decisivo della sua natura commerciale e della sua conseguente assoggettabilità al fallimento.

Quando un consorzio può essere considerato un imprenditore commerciale e quindi essere soggetto a fallimento?
Un consorzio è considerato un imprenditore commerciale quando il suo statuto o la sua attività concreta non si limitano al solo scopo mutualistico a favore dei soci, ma includono attività economiche oggettive, come la stipula di appalti o la gestione di servizi rivolti a terzi.

La presentazione di una domanda di concordato preventivo dimostra automaticamente la natura commerciale di un’impresa?
No, non ha il valore di una confessione con efficacia legale. Tuttavia, è un elemento fattuale rilevante che il giudice può legittimamente scrutinare, insieme ad altri fatti, per formare il proprio convincimento sulla natura commerciale dell’impresa.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione dello statuto societario fatta da un giudice di merito?
È possibile solo a condizioni molto strette. Il ricorso deve specificamente denunciare la violazione delle norme di legge sull’interpretazione dei contratti o l’omesso esame di un fatto storico decisivo. Non è ammissibile chiedere alla Corte di Cassazione semplicemente una diversa e più favorevole interpretazione dello statuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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