Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1644 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1644 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
Oggetto: arbitrato clausola compromissoria vessatorietà
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36943/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Milano, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il loro studio, sito in Milano, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 4029/2019, depositata il 3 ottobre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 3 ottobre 2019, di reiezione del l’impugnazione del lodo arbitrale che aveva accertato l’assenza di una giusta causa nella revoca del mandato conferito alla RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE) per il recupero di somme investite in titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica argentina e, conseguentemente, condannato il medesimo al pagamento in favore di quest’ultima della somma di euro 341.318,60, nonché quella di USD 25.900,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi e spese;
la Corte di appello ha riferito che l’unico motivo di impugnazione verteva sulla non arbitrabilità della controversia ex art. 829, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., in ragione della vessatorietà della clausola compromissoria, avuto riguardo alla dedotta qualità di consumatore dell’appellante ;
-ha, quindi, disatteso l’impugnazione escludendo che l’instaurazione sia del rapporto di mandato oggetto del procedimento arbitrale, sia di tale procedimento fosse riconducibile alle ordinarie esigenze di vita dell’investitore , ritenendo piuttosto che rispondesse al l’esigenza di recuperare proventi di un’attività imprenditoriale, per cui non poteva riconoscersi all’ impugnante la rivendicata qualità di consumatore;
il ricorso è affidato a un unico motivo;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo il ricorrente deduce la «falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per aver la sentenza impugnata escluso la sua qualità di consumatore all’esito di « valutazioni e considerazioni … generiche e sprovviste di supporti probatori»;
evidenzia, sul punto, che secondo la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiamata in tale sentenza la qualità di consumatore va riconosciuta quando il collegamento del contratto
concluso con l’attività professionale dell’interessato sia talmente tenue da divenire marginale e, dunque, da assumere un ruolo trascurabile; aggiunge che l’accertamento di siffatta qualità prescinde dalle circostanze o dalle informazioni di cui l’interessato può realmente
-disporre;
critica la decisione della Corte di appello per aver escluso la sua qualità di consumatore pur in assenza di elementi che rivelassero un legame tra il contratto concluso e la sua attività professionale e, in particolare, la provenienza delle somme investite da tale attività;
inoltre, sottolinea che quand’anche venisse negata la sua qualità di consumatore la contestata clausola compromissoria andrebbe comunque considerata vessatoria agli effetti di cui agli artt. 1341 e 1342, secondo comma, cod. civ., essendo stata prevista in un contratto redatto secondo un modulo predisposto dall’altro contraente , con la conseguenza che la stessa sarebbe inefficacia per difetto della specifica sottoscrizione;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello, dopo aver richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e di questa Corte formatasi sul punto della nozione di consumatore, ha negato la ricorrenza di una siffatta qualità in capo all’odierno ricorrente, r itenendo che l’operazione posta in essere non era riconducibile alle ordinarie esigenze della vita quotidiana, ma era finalizzata al recupero dei proventi della propria attività imprenditoriale;
-ha, dunque, affermato che, l’attività negoziale fosse preordinata alla gestione non di risparmi, ma di utili di attività di impresa o professionale, giungendo a tale conclusione alla luce degli elementi probatori a disposizione, in particolare, valorizzan do l’importo elevato dell’investimento, la natura altamente speculativo dell’operazione, la presenza di un consulente finanziario alla stipula del contratto di mandato, nonché l’assenza di elementi di segno contrario;
ciò posto, si osserva che l ‘ accertamento della qualità di consumatore deve compiersi con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale (cfr. Corte Giust. UE 21 marzo 2019, causa C-590/17, RAGIONE_SOCIALE ; Corte Giust. UE 14 settembre 2016, causa C-534/15, COGNOME ; Corte Giust. UE 19 novembre 2015, causa C -74/15, Tarcău ), non assumendo, dunque, rilievo che la persona fisica rivesta la qualità di imprenditore o di professionista, bensì lo scopo perseguito al momento della stipula del contratto (cfr., altresì, sul versante nazionale, Cass. 10 marzo 2021, n. 6578);
la qualifica di consumatore spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale può essere considerata alla stregua del semplice consumatore soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività (così, (cfr. Cass. 10 marzo 2021, n. 6578; Cass. 26 marzo 2019, n. 8419; Cass. 23 settembre 2013, n. 21763);
da ciò consegue che va considerato professionista anche la persona fisica che utilizza il contratto sia nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, sia per scopi connessi a tale attività; – orbene, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto ha accertato che il contratto in oggetto fosse stato concluso dall’odierno ricorrente non per soddisfare esigenze della vita quotidiane, ma per scopi connessi con l’attività professionale dallo stesso esercitata, in relazione alla gestione (in funzione recuperatoria) dei ricavi investiti;
sotto altro aspetto, la doglianza si risolve in una critica alla valutazione degli elementi probatori operata dal giudice di merito che non può essere prospettata in questa sede (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
non pertinente è il profilo di censura con cui si contesta che il giudice
di appello ha posto a carico della parte ricorrente l’onere di dimostrare la sua qualità di consumatore in quanto, indipendentemente da ogni considerazione in ordine all’individuazione del soggetto onerato della prova della qualità di consumatore, siffatto assunto non è veritiero;
in realtà, la Corte di appello si è limitata ad affermare che gli elementi probatori a sua disposizione deponevano nel senso della insussistenza della vantata qualità di consumatore e che non vi erano prove che confutavano la conclusione raggiunta;
-quanto, infine, alla prospettata inefficacia della clausola compromissoria ai sensi degli art. 1341 e 1342 cod. civ., la questione non risulta essere stata affrontata dal giudice di merito, né vi è evidenza di una siffatta deduzione dinanzi a lui, per cui, sotto tale profilo, la doglianza non può essere esaminata, non essendo questa Corte messa in condizione di escludere la novità della questione medesima (cfr. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038);
pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 20 dicembre 2023.