Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22634 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13835/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
CONDOMINIO NOME COGNOME, in persona del suo amministratore pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensori;
-controricorrente –
e
COGNOME NOME
-intimata- avverso la sentenza n. 882/2024 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/03/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
Il Condominio ‘Le Betulle Torre INDIRIZZO‘ convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano, la RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, NOME COGNOME e l’Arch. NOME COGNOME, ai quali, nelle rispettive qualità di appaltatore e direttore del lavori, aveva affidato l’esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria della facciata dell’edificio, chiedendo che venisse accertata e dichiarata l’esistenza di vizi e difetti per come descritti dal c.t.u., nominato nel prodromico procedimento di accertamento tecnico preventivo, e la riconducibilità degli stessi all’inadempimento ed alla responsabilità dei convenuti, con la conseguente condanna di costoro al risarcimento dei danni subiti dall’attore .
1.1. La RAGIONE_SOCIALE si costituì eccependo l’avvenuta decadenza e prescrizione del Condominio dalle azioni esercitate e, nel merito, negando la sua responsabilità per i difetti denunciati, contestandone la riconducibilità al paradigma dell’art. 1669 cod. civ. In via riconvenzionale chiese condannarsi il Condominio al pagamento della somma di € 8.800,00 , costituente corrispettivo per l’esecuzione di lavori non previsti dal contratto, resisi necessari in corso d’opera.
Anche l’Arch. COGNOME preliminarmente eccep ì la decadenza e la prescrizione di tutte le domande proposte dal Condominio, al quale, comunque andava attribuito concorso di colpa. In via riconvenzionale chiese che la parte attrice fosse condannata al pagamento della somma di € 3.213,13 , a titolo di compensi non corrisposti.
1.2. Il Tribunale accolse la domanda attorea nei soli confronti di RAGIONE_SOCIALE, che condannò a corrispondere al l’attore , ex
art. 1668 cod. civ., l’importo di € 126.155,70 , oltre IVA, rivalutazione e interessi; rigettò, invece, le domande avanzate dal Condominio nei confronti del Direttore dei lavori; rigettò, infine, le domande riconvenzionali avanzate da entrambi i convenuti.
Per quel che qui ancora rileva va ricordato che il Tribunale ritenne che i vizi, per come erano stati riscontrati dal c.t.u. nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, non erano così gravi da poter essere ricondotti alla previsione di cui all’art. 1669 cod. civ., dovendosi, di contro, applicare l’art. 1667 cod. civ.
In particolare, alcuni vizi, aventi natura apparente, non erano stati tempestivamente denunciati, con conseguente decadenza del committente dalla garanzia; altri, invece, dovevano considerarsi occulti, per cui l’eccezione di decadenza e prescrizione non era fondata, poiché il ‘dies a quo’ , per far valere la garanzia prevista dall’art. 1667 cod. civ., cominciava a decorrere dalla loro scoperta.
Propose appello RAGIONE_SOCIALE fondato su due motivi. Con il primo motivo lamentò la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., poiché il Tribunale aveva erroneamente ritenuto infondata l’eccezione di decadenza e prescrizione sollevata in relazione alla pretesa discromia dei colori delle facciate, non essendovi stato alcun riconoscimento del vizio da parte della società appaltante.
Con il secondo motivo denunciò violazione dell’art. 112 cod . proc. civ., sottolineando come il Condominio non avesse proposto un’azione disciplinata dall’art. 1667 cod. civ. (anzi, nella memoria di replica aveva chiarito di aver agito esclusivamente ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. , e in via subordinata, dell’art. 2043 cod. civ.). Il Tribunale, pertanto, era incorso nel vizio di ultrapetizione.
2.1 La Corte d’appello di Milano accolse il primo motivo di appello e per l’effetto riformò parzialmente la sentenza di primo grado.
Considerò infondato il secondo motivo d’appello, ritenendo che la sentenza di primo grado, nel riconoscere la fondatezza della domanda risarcitoria del Condominio limitatamente ai vizi occulti, ex art. 1667 cod. civ., non avesse statuito in ultrapetizione.
I Giudici di secondo grado, pur non condividendo il ragionamento del giudice di prime cure, secondo cui la garanzia dell’art. 1667 cod. civ sarebbe risultata implicitamente invocata con il richiamo dell’art. 1668 cod. civ., ritennero che spettasse al giudice <>.
La Corte di merito giunge alla conclusione più sopra anticipata, dopo aver chiarito che <>.
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME propone ricorso fondato su un unico motivo. Resiste con controricorso il Condominio ‘INDIRIZZO. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Con l’unico motivo proposto il ricorrente denuncia la nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.
La Corte milanese, a dire dell’ appaltante, sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione per averla condannata al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 1667 cod. civ.
Non condivisibile, era l’assunto dei Giudici di secondo grado, secondo cui <>.
Se, infatti, prosegue la ricorrente, il giudice ha il potere di qualificare i fatti di causa, non può, di contro, prescindere da quanto allegato e provato dalle parti e qui dal Condominio. Di conseguenza, non avrebbe potuto <>.
Inoltre, sia il Tribunale che la Corte d’appello, introducendo ‘ ex novo’ una domanda ai sensi dell’art. 1667 cod. civ., avevano del tutto omesso di considerare che RAGIONE_SOCIALE aveva sollevato, sin dal primo grado di giudizio, eccezione di prescrizione.
Con altro profilo di censura la ricorrente lamenta che la Corte locale che <>.
Il motivo è infondato e in parte inammissibile.
La natura occulta dei vizi non costituisce, al contrario di quel che pare ritenere la ricorrente, materia di specifica allegazione, in difetto della quale il giudice esorbiterebbe dai propri compiti accertandola. Si tratta, invece, di un elemento della fattispecie della garanzia per vizi descritta dall’art. 1667 cod. civ., della quale il giudice è chiamato a conoscere.
Sotto altro profilo, l’apprezzamento in concreto della natura occulta costituisce valutazione di merito in questa sede non censurabile.
Viene evocata a sostegno della tesi impugnatoria la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 c.c., in vista del rafforzamento della tutela del committente; ne consegue che, ove a fondamento della domanda siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice è sempre tenuto, ove le circostanze lo richiedano, a qualificare la domanda, in termini di risarcimento per responsabilità extracontrattuale (art. 1669 c.c.), ovvero contrattuale di adempimento o riduzione del prezzo e risoluzione (art. 1667 c.c.). (Nella specie la S.C., in riforma della pronuncia di merito, ha affermato l’obbligo per il giudice, di fronte a denuncia tardiva ex art. 1667 c.c. di verificare la riconducibilità della domanda nell’ambito della garanzia per responsabilità ex art. 1669 c.c.) -Sez. 2, n. 20184, 25/07/2019, Rv. 654978 -. Nonché, quella secondo la quale il giudice può qualificare la domanda proposta ricollegandola all’art. 1669 cod. civ. invece che considerarla quale richiesta di adempimento contrattuale ex art. 1667 cod. civ., allorché a suo fondamento siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli
elementi essenziali dell’opera stessa (Sez. 2, n. 7537, 20/04/2004, Rv. 572194).
A fronte delle ricordate statuizioni di legittimità, secondo la ricorrente, <>.
Non è così. Questa Corte, prendendo le mosse dalla duplicità di tutela assegnata dalla legge al committente, ha, esattamente all’opposto di quanto sostenuto in ricorso, ritenuto che il giudice, cui compete la qualificazione del fatto, è tenuto, pur in presenza di domanda contrattuale (art. 1667 cod. civ.) avanzata tardivamente, ove ne ricorrano i presupposti, riconoscere la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore (art. 1669 cod. civ.), non rilevando l’apparenza del vizio e per il ben più lungo termine di decadenza.
Qui, addirittura, a fronte di una domanda per responsabilità extracontrattuale, il Giudice del merito ha riconosciuto sussistere quella della responsabilità contrattuale, che ha presupposti, per alcuni versi, più onerosi per il committente.
Infine, risulta inammissibile il profilo di doglianza con il quale si addebita alla decisione di avere omesso di esaminare la proposta eccezione di prescrizione.
In primo grado venne accolta la domanda, previa qualificazione in contrattuale, con condanna della società appaltante a corrispondere la somma occorrente per eliminare i vizi, ai sensi dell’art. 1668 cod. civ., a riguardo dei quali il committente non fosse risultato decaduto (art. 1667 cod. civ.).
La sentenza impugnata, a pag. 6, dà conto dell’eccezione di prescrizione, sollevata però in relazione al solo vizio di discromia della facciata, in relazione al quale la medesima Corte ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione, accogliendo il motivo d’appello, diminuendo così il quantum della condanna.
Ora, a fronte di detta specifica delimitazione del gravame proposto dall’appellante relativo al vizio consistente nella disomogeneità del colore della facciata, come indicata dalla sentenza della Corte d’appello, l’odierna ricorrente avrebbe dovuto allegare specificamente, richiamare nel ricorso e depositare l’atto col quale avrebbe, in tesi, sollevato in appello l’eccezione di prescrizione relativamente a tutti i vizi fatti valere ex adverso, così ottemperando al disposto dell’art.346 cod.proc.civ. La parte, invece, nell’ultima parte del motivo, si è limitata a richiamare genericamente l’eccezione preliminare in oggetto fatta valere in primo grado e in appello; in tal modo la parte non ha rispettato il principio di specificità del ricorso.
Vale ricordare la pronuncia delle Sezioni unite, la quale ha spiegato che nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla l. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell’autoresponsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel “thema probandum” e nel “thema
decidendum” del giudizio di primo grado (S.U. n. 7940, 21/03/2019, Rv. 653280).
Infine, per completezza va ricordato che non c’è più materia di contrasto a riguardo dei vizi per i quali il Tribunale aveva escluso la natura occulta e maturata la decadenza, non avendo sul punto il Condominio proposto appello.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del Condominio controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno