Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO/2019) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, hanno eletto domicilio;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, nel cui studio in INDIRIZZO, INDIRIZZO, hanno eletto domicilio;
-controricorrenti –
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE;
-intimato –
R.G.N. 12645/19
C.C. 16/4/2024
Vendita –
Transazione –
Nullità –
Conversione –
Azione revocatoria
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6705/2018, pubblicata il 24 ottobre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, chiedendo: a ) che fosse accertata, in accoglimento della proposta azione revocatoria, l’inopponibilità dell’atto pubblico di transazione stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e gli RAGIONE_SOCIALE il 17 luglio 2007, nei confronti RAGIONE_SOCIALE parti attrici, in quanto creditrici della RAGIONE_SOCIALE a titolo di spese giudiziali liquidate per l’importo di euro 6.422,71, in forza di sentenza n. 2574/2009 della Corte d’appello di Roma, in favore di COGNOME NOME, e per l’importo di euro 2.251,78, in forza di sentenza n. 10228/2008 del Tribunale di Roma, in favore di COGNOME NOME; b ) che, in ogni caso, fosse accertata la nullità dell’atto pubblico di transazione per difetto del requisito essenziale della causa propria della transazione o, comunque, che ne fosse dichiarata l’inefficacia per simulazione relativa, in quanto l’atto avrebbe dissimulato una vendita.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali -eccepita in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza del petitum e RAGIONE_SOCIALE ragioni della domanda RAGIONE_SOCIALE la carenza di legittimazione attiva degli attori -, nel
merito, contestavano la fondatezza RAGIONE_SOCIALE pretese avversarie, rilevando, in particolare, che l’atto impugnato era stato stipulato antecedentemente alle sentenze evocate del 2008 e del 2009 di liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali, su cui gli istanti avevano fondato le loro ragioni creditorie.
Rimaneva contumace la RAGIONE_SOCIALE.
Con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c. vigente ratione temporis , gli attori assumevano di essere creditori nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, a far data dall’anno 2001, ovvero in epoca anteriore alla alienazione dell’immobile, a titolo di risarcimento danni per l’ingiustificata permanenza della trascrizione di un atto di pignoramento, nonostante l’annullamento della sentenza della Corte d’appello n. 2945/1997, vicenda per la quale era pendente altro giudizio dinanzi al Tribunale di Roma.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 723/2012, depositata il 16 gennaio 2012, accertava la natura giuridica di vendita dell’atto concluso il 17 luglio 2007 e rigettava le domande proposte dagli attori.
In specie, la pronuncia di prime cure disattendeva la spiegata azione revocatoria, poiché, trattandosi di alienazione a titolo oneroso anteriore al sorgere del credito, difettava la prova che l’atto dispositivo fosse frutto di una dolosa preordinazione volta a pregiudicare le ragioni creditorie future degli istanti e, quanto alle domande di nullità per difetto di causa e di simulazione relativa, in applicazione del generale principio di conservazione degli atti, riteneva che, per via interpretativa, dovesse attribuirsi al negozio
una portata conforme all’effettiva volontà del suo autore, ancorché manifestata in forma impropria ed imprecisa, sicché nell’atto difettavano i requisiti soggettivi e oggettivi della transazione e piuttosto si ravvisavano i requisiti di un contratto di vendita.
2. -Proponevano appello COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali lamentavano: 1) l’erronea disposizione d’ufficio della conversione del negozio nullo, con la conseguente necessità di accertare la nullità del negozio traslativo; 2) in via subordinata, la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di inopponibilità della vendita, con la conseguente facoltà di agire in via esecutiva sul cespite trasferito, essendo i loro crediti insorti prima del perfezionamento dell’atto traslativo.
Rimanevano contumaci nel giudizio di impugnazione NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, respingeva l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la conversione avrebbe potuto riguardare non solo il mutamento della qualificazione giuridica del negozio, ma anche una modificazione del regolamento negoziale; b ) che, come già rilevato dal Tribunale, il contratto in questione possedeva tutti i requisiti soggettivi e oggettivi di un contratto di vendita, in ragione della sua efficacia reale e della corresponsione del prezzo, sicché avrebbe potuto p rocedersi alla conversione dell’atto negoziale; c )
che con riferimento al contestato difetto dell’istanza di parte, ai fini della conversione, era stata la stessa parte appellante a richiedere la dichiarazione di inefficacia del contratto del 17 luglio 2007, così sopperendo a tale difetto; d ) che, quanto alla spiegata azione revocatoria, mancava la prova che la RAGIONE_SOCIALE avesse posto in essere la cessione dell’immobile con la consapevolezza della futura insorgenza dei crediti nel 2008 e nel 2009, a titolo di debiti per spese giudiziali relative a giudizi pendenti, i cui esiti erano assolutamente incerti; e ) che, peraltro, al momento della cessione, era la RAGIONE_SOCIALE a vantare un credito nei confronti dello COGNOME; f ) che le ulteriori ragioni di credito, asseritamente risalenti al 2001, erano state fatte valere tardivamente.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Hanno resistito, con controricorso, NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME.
È rimasto intimato COGNOME NOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1424 c.c. e 324 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa valutazione di una circostanza determinante, per avere la Corte di merito ritenuto che la conversione del contratto nullo potesse avvenire anche in mancanza di istanza di parte, stante che la conversione
del negozio nullo non avrebbe potuto essere disposta d’ufficio e i convenuti non avevano mai richiesto tale conversione.
Né sarebbe stata valutata la circostanza determinante in ordine al fatto che la volontà indirizzata alla stipulazione del contratto nullo potesse ritenersi orientata anche verso gli effetti di un contratto diverso.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che la declaratoria di inefficacia del contratto del 17 luglio 2007 avanzata dagli stessi attori avesse legittimato la disposta conversione, mentre la richiesta di accertamento della invalidità del negozio non avrebbe contenuto in re ipsa una domanda di conversione del negozio nullo in un altro negozio.
Osservano gli istanti che nessuna domanda di conversione era stata mai formulata dai convenuti, che si erano limitati a richiedere il rigetto RAGIONE_SOCIALE domande attoree.
2.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Infatti, benché la pronuncia impugnata abbia fatto riferimento all’istituto giuridico della conversione del negozio nullo ex art. 1424 c.c., dalla disamina RAGIONE_SOCIALE argomentazioni esposte, anche con riferimento alla motivazione della sentenza del Tribunale, emerge pacificamente che il giudicante si è limitato a svolgere una mera operazione di qualificazione giuridica dell’effettivo contenuto del testo negoziale, il quale -sebbene nominato quale transazione -aveva il contenuto di una vendita ad efficacia reale,
alla stregua del disposto trasferimento immobiliare contro il versamento di un prezzo in denaro.
Secondo la ricostruzione della Corte d’appello, il contratto in questione possedeva tutti i requisiti soggettivi e oggettivi di un contratto di vendita, in ragione della sua efficacia reale e della corresponsione del prezzo, sicché avrebbe potuto procedersi alla conversione dell’atto negoziale, recte alla sua qualificazione giuridica quale vendita e non già quale transazione, come riportato nel contratto.
Non ricorrono, dunque, le condizioni della conversione del contratto nullo, consentita, a norma dell’art. 1424 c.c., solo quando, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, possa ritenersi che esse, ove avessero avuto conoscenza della nullità del negozio concluso, ne avrebbero voluto uno diverso, i cui requisiti di sostanza e di forma fossero già contenuti in quello nullo.
SeRAGIONE_SOCIALE, per stabilire se ricorra la possibilità della conversione, deve farsi luogo ad una duplice indagine, l’una rivolta ad accertare la sussistenza di un obiettivo rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che lo dovrebbe sostituire e l’altro diretta a stabilire se, avuto riguardo agli interessi pratici perseguiti dai contraenti, la volontà che li indusse a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del contratto diverso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6004 del 05/03/2008; Sez. 2, Sentenza n. 23145 del 27/10/2006; Sez. 2, Sentenza n. 5451 del 11/10/1980; Sez. 2, Sentenza n. 536 del 07/03/1967).
Nella fattispecie tale duplice verifica è difettata, stante che, a fronte di un regolamento negoziale rimasto immutato, l’operazione ermeneutica svolta è consistita nella mera attribuzione al programma ivi contemplato della qualificazione giuridica di vendita, anziché del mero nomen iuris in tale atto scritto previsto di transazione.
Ossia, a dispetto della classificazione giuridica operata dalle parti, nel regolamento negoziale non vi era alcun riferimento alle reciproche concessioni volte a risolvere una lite in corso o a prevenire una lite che avrebbe potuto insorgere, sicché -a fronte della previsione di uno scambio sinallagmatico tra trasferimento immobiliare e prezzo -la ‘modificazione’ è consistita nella semplice operazione di attribuzione del corretto inquadramento sistematico al regolamento negoziale pattuito e rimasto immutato.
E il richiamo alla nullità per difetto della causa di una transazione ha avuto il mero ruolo di escludere che nel caso in disputa si trattasse di un accordo atto a comporre una lite.
D’altronde, non avrebbe potuto configurarsi una transazione con funzione traslativa, la quale postula che l’accordo abbia riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione RAGIONE_SOCIALE parti, dovendosi ritenere inconcepibile il trasferimento tra le parti in lite, mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perché oggetto di contestazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14432 del 15/07/2016; Sez. 1, Sentenza n. 18737 del 17/09/2004).
Né è stato fatto alcun riferimento ad un contratto avente ad oggetto il trasferimento a titolo oneroso di un bene e la
contemporanea definizione, in via transattiva, di alcune pendenze fra le parti, riconducibile all’ambito del contratto misto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26874 del 20/09/2023; Sez. 2, Sentenza n. 2217 del 05/04/1984).
Pertanto, all’esito dell’attività interpretativa, quale operazione ermeneutica governata da criteri giuridici cogenti, che tende alla ricostruzione del significato del contratto in conformità alla comune volontà dei contraenti, il negozio è stato sussunto in un determinato paradigma disciplinatorio ( recte , la vendita), sì da apprezzarne l’aderenza ad una fattispecie astratta, tra quelle preventivamente delineate dal legislatore.
Ora, ai fini della corretta qualificazione di un contratto di cui le parti abbiano convenuto un determinato inquadramento ( nomen iuris ) con atto scritto, è di norma priva di rilievo la disciplina dall’art. 1424 c.c. per la conversione del negozio nullo, poiché la questione della identificazione del reale tipo di negozio deve essere affrontata in relazione alle effettive caratteristiche dello stesso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12781 del 14/06/2005; Sez. L, Sentenza n. 14294 del 28/07/2004; Sez. L, Sentenza n. 3048 del 02/04/1996).
Ne discende che la non rilevabilità d’ufficio della conversione del contratto nullo, che deve essere sollecitata dall’una o dall’altra parte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17905 del 06/07/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 13286 del 28/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 17352 del 13/07/2017; Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014), non spiega alcun effetto nell’odierno contenzioso.
Ebbene, in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia , di cui all’art. 113, primo comma, c.p.c.,
fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, RAGIONE_SOCIALE all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, nei limiti della domanda e RAGIONE_SOCIALE eccezioni proposte dalle parti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 5832 del 03/03/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 30607 del 27/11/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 8645 del 09/04/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 11629 del 11/05/2017; Sez. L, Sentenza n. 12943 del 24/07/2012).
Né sussiste un interesse qualificato dei ricorrenti a rivendicare tale indebita ‘conversione’, poiché gli stessi ricorrenti, sin dal primo grado di giudizio, hanno sostenuto che il contratto qualificato come transazione fosse in realtà una vendita, invocandone, in via principale, la sua inopponibilità ai creditori e, in via subordinata, la sua nullità ovvero la sua simulazione relativa per dissimulazione, appunto, di una vendita.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. RAGIONE_SOCIALE dell’art. 2697 c.c. e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa valutazione di una circostanza determinante, per avere la Corte distrettuale ritenuto che i crediti vantati dagli istanti risalissero al 2008 e al 2009, mentre il credito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE sarebbe insorto, non già con la sentenza n. 10228/2008, bensì già con il decreto ingiuntivo del 5 giugno 2003.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
E infatti, il titolo creditorio fatto valere dagli attori nel giudizio di prime cure era rappresentato dalle spese giudiziali liquidate per l’importo di euro 6.422,71, in forza di sentenza n. 2574/2009 della Corte d’appello di Roma, in favore di COGNOME NOME, e per l’importo di euro 2.251,78, in forza di sentenza n. 10228/2008 del Tribunale di Roma, in favore di COGNOME NOME, e non già dal provvedimento monitorio richiamato nella censura.
Peraltro, secondo la descrizione dei fatti di cui alla citata sentenza n. 10228/2008 del Tribunale di Roma, il cui testo è stato allegato al ricorso, il decreto ingiuntivo opposto è stato revocato dal Giudice di Pace, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE.
4. -In conseguenza RAGIONE_SOCIALE considerazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese di lite, che
liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda