Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18402 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18402 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 4522/24
C.C. 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4522/2024) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da sé medesimo ex art. 86 c.p.c., con domicilio digitale eletto presso il suo indirizzo PEC;
Vendita -Abbonamento aggiornamento professionale -Qualificazione giuridica -Termine prescrizione -Interruzione
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5358/2023, pubblicata il 26 luglio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11 giugno 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 24322/2013, il Tribunale di Roma intimava a COGNOME NOME il pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 5.418,60, oltre interessi di cui al d.lgs. n. 231/2002, a titolo di corrispettivo dovuto per le forniture editoriali rese nell’ambito dei rapporti intrattenuti dall’ingiunto dal 1° novembre 1997 sino al 23 luglio 2005.
Con atto di citazione notificato il 21 maggio 2014, COGNOME NOME si opponeva all’emesso provvedimento monitorio, esponendo che, in realtà, la pretesa azionata doveva essere ricondotta ad un contratto misto di abbonamento, in cui prevaleva la disciplina della locazione di cosa mobile a tempo determinato, sicché, ai sensi dell’art. 2948, nn. 3 e 4, c.c., avrebbe operato la prescrizione breve quinquennale, con l’effetto che il credito ingiunto per il pagamento alle singole scadenze delle somme specificate doveva ritenersi perento.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale contestava le difese avversarie, rilevando che, in base ai contratti sottoscritti dall’opponente che erano all’uopo depositati , si trattava di una fornitura di prodotti editoriali riconducibile alla vendita. Chiedeva, per l’effetto, che, ai sensi dell’art. 186 -ter c.p.c., fosse emessa ordinanza-ingiunzione per il pagamento dell’importo di euro 5.418,60, ordinanza che era adottata all’udienza dell’11 dicembre 2014.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 6148/2018, depositata il 21 marzo 2018, qualificato il contratto come vendita, accoglieva per quanto di ragione l’opposizione e, per l’effetto,
revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava l’opponente al pagamento, in favore dell’opposta, della minore somma di euro 5.038,71, in ragione della prescrizione ordinaria decennale delle rate maturate prima del 6 maggio 2001, alla stregua dell’efficacia interruttiva della lettera a/r del 28 aprile 2011, recapitata il 6 maggio 2011, oltre che dell’avvenuto pagamento del 18 maggio 2011.
2. -Con atto di citazione notificato il 26 giugno 2018, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea interpretazione del contratto, propedeutica alla successiva qualificazione giuridica quale mera fornitura di prodotti editoriali, riconducibile invece ad un contratto misto di abbonamento per l’aggiornamento professionale, disciplinato, secondo la teoria dell’assorbimento, dalla normativa prevalente della locazione di cosa mobile a tempo determinato; 2) la violazione, ai fini della prescrizione, del criterio generale relativo al computo del termine dal giorno in cui poteva essere esercitato il diritto di credito, piuttosto che a ritroso con effetti retroattivi dal giorno dell’atto interruttivo della prescrizione; 3) l’illogicità e apparenza della motivazione adottata dalla sentenza del Tribunale.
Si costituiva nel giudizio di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto dell’appello, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che non poteva essere condivisa la ricostruzione dell’appellante, secondo cui si sarebbe trattato di contratto atipico con causa mista di locazione e fornitura, poiché, proprio facendo applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale invocati da tale appellante -e segnatamente del criterio letterale -, emergeva che i tre contratti prodotti, stipulati il 30 gennaio 1997, il 26 ottobre 2000 e il 2 novembre 2001, facevano riferimento al concetto di fornitura di merce, utilizzando le seguenti locuzioni: ‘Con la presente vi commissiono quanto sotto elencato accettando integralmente le Vostre condizioni di vendita’, mentre nelle condizioni generali applicate vi era la clausola rubricata ‘Prezzi di vendita’; b ) che il corrispettivo dovuto all’editore era in tali accordi concordato e previsto unitariamente per l’intera fornitura, sia pure con l’appendice che ne consentiva il pagamento rateizzato, di talché l a predetta rateizzazione era solo una modalità di adempimento concessa all’obbligato, all’evidenza non idonea ad incidere e snaturare il patto cui accedeva, al pari della consegna ripartita del materiale informativo in siffatto modo acquistato; c ) che, quanto poi alle deduzioni relative alla concessione in uso dei programmi e supporti informatici che consentivano la fruizione digitale del materiale informativo acquistato, appariva altrettanto evidente che l’appellante avesse sovrapposto il piano giuridico d ella qualificazione di tali contratti con quello meramente fattuale delle relative modalità attuative; d ) che, infatti, la concessione in uso di programmi per i quali erano stati acquistati, a sua volta, i relativi diritti di uso e diffusione, unitamente alla consegna dei supporti
informatici che consentivano l’accesso e la fruizione alle banche dati fornite mediante password, per il tempo convenuto nei contratti, atteneva solo alle modalità, per l’appunto digitali, attraverso cui era stata messa a disposizione la merce acquistata, analogamente a quanto avveniva prima della digitalizzazione delle banche dati mediante l’invio, a mezzo del servizio postale, delle riviste settimanali e/o mensili acquistate dal cliente; e ) che, pertanto, le poste creditorie erano soggette alla prescrizione ordinaria decennale, e non a quella quinquennale eccepita dall’appellante; f ) che era corretto il computo a ritroso dalla data della ravvisata interruzione del termine, ai fini dell’individuazione delle rate il cui relativo diritto al pagamento poteva ritenersi ancora non prescritto, rimanendo del tutto irrilevante l’individuazione del termine a partire dal quale era iniziata a decorrere la prescrizione decennale, in mancanza dell’allegazione, prima ancora che della prova, della circostanza che la data di scadenza dei ratei pretesi in pagamento, come convenuta nei contratti in atti, non fosse ancora venuta a scadenza; g ) che, di contro, essendo dato non controverso l’inadempimento dell’appellante al pagamento dei ratei dovuti secondo la tempistica contrattualmente convenuta, e quindi la scadenza di ciascuna delle relative rate, doveva ritenersi corretta la valutazione del Tribunale.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME Francesco.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1370 c.c., per avere la Corte di merito -nel qualificare la fornitura di prodotti editoriali come vendita -adottato un criterio di interpretazione atomistica, anziché circolare, senza avere verificato la portata intrinseca e il contenuto negoziale in modo coerente e convergente con le previsioni complessive di cui alle clausole contemplate nei singoli contratti predisposti su moduli prestampati, avendo le parti stabilito: – il divieto di riproduzione, di cessione e di trasferimento, anche gratuito, a terzi di ogni CDROM oggetto dell’abbonamento; – la concessione soltanto in uso del programma informatico, quale bene immateriale; -l’adeguamento Istat; -la possibilità di rinnovo dell’abbonamento alla scadenza convenuta; – il patto di riservato dominio in contrasto con la licenza d’uso del programma; – il servizio di aggiornamento; la comunicazione del cambio d’indirizzo.
Osserva l’istante che la lettura del contratto offerta dalla sentenza impugnata avrebbe violato i canoni ermeneutici in ordine alla considerazione del senso globale del contratto, risultante dall’esame di tutte le clausole negoziali rimaste inesplorate, il criterio di buona fede, il principio di conservazione del contratto, l’ interpretatio contra stipulatorem .
1.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la sentenza impugnata ha dato adeguata contezza delle ragioni giustificatrici dell’interpretazione della fornitura di prodotti editoriali quale vendita.
Ora, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c., per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralità e dalla periodicità delle prestazioni, aventi un titolo unico ma ripetute nel tempo, ma non è applicabile alle prestazioni derivanti da un unico debito rateizzato in più versamenti periodici, per le quali opera la ordinaria prescrizione decennale (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 30546 del 20/12/2017; Sez. 1, Sentenza n. 26161 del 06/12/2006; Sez. 5, Sentenza n. 18432 del 16/09/2005; Sez. 3, Sentenza n. 14080 del 01/07/2005; Sez. 1, Sentenza n. 3348 del 06/03/2003).
Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha evidenziato i plurimi elementi da cui ha ricavato che il debito complessivo preteso fosse riferibile ad un unitario contratto di compravendita di materiale editoriale, la ripartizione rateizzata del cui corrispettivo era stata dalle parti predisposta unicamente al fine di giovare alle esigenze del debitore, con la conseguente esclusione di alcuna previsione di obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralità e dalla periodicità delle prestazioni, aventi un titolo unico ma ripetute nel tempo (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 18412 del 09/07/2019).
Precisamente, facendo applicazione del criterio letterale, è stato chiarito che i tre contratti prodotti, stipulati il 30 gennaio 1997, il 26 ottobre 2000 e il 2 novembre 2001, facevano riferimento al concetto di fornitura di merce, utilizzando le seguenti locuzioni: ‘Con la presente vi commissiono quanto sotto
elencato accettando integralmente le Vostre condizioni di vendita’, mentre nelle condizioni generali applicate vi era la clausola rubricata ‘Prezzi di vendita’.
Inoltre, è stato puntualizzato che il corrispettivo dovuto all’editore era in tali accordi concordato e previsto unitariamente per l’intera fornitura, sia pure con l’appendice che ne consentiva il pagamento rateizzato, di talché la predetta rateizzazione era solo una modalità di adempimento concessa all’obbligato, all’evidenza non idonea ad incidere e snaturare il patto cui accedeva, al pari della consegna ripartita del materiale informativo in siffatto modo acquistato.
Quanto poi alle deduzioni relative alla concessione in uso dei programmi e supporti informatici che consentivano la fruizione digitale del materiale informativo acquistato, la pronuncia impugnata ha rilevato che tale aspetto atteneva alla mera esecuzione del contratto, trattandosi di prodotti digitalizzati (senza alcun obbligo di restituzione al termine del rapporto).
Né sono dirimenti i rilievi del ricorrente ai fini di smentire tale ricostruzione, poiché il divieto di riproduzione, di cessione e di trasferimento, anche gratuito, a terzi di ogni CD-ROM oggetto dell’abbonamento (ai fini della tutela del diritto d’autore), l’adeguamento Istat (quale accessorio del prezzo), la possibilità di rinnovo dell’abbonamento alla scadenza convenuta (con la conseguente conclusione di una nuova vendita), il patto di riservato dominio (emblematico della natura traslativa differita del contratto ex art. 1523 c.c.), il servizio di aggiornamento (quale servizio accessorio rispetto all’oggetto dell’acquisto), la comunicazione del cambio d’indirizzo (relativo all’acquirente) non
sono affatto condizioni incompatibili con la pattuizione di una vendita dei prodotti editoriali.
Per l’effetto, si rammenta che l’interpretazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
In tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata esige necessariamente la deduzione attraverso specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi, altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti in una mera proposta di interpretazione alternativa rispetto all’interpretazione censurata, operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 353 del 08/01/2025; Sez. L, Ordinanza n. 18214 del 03/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017; Sez. 1, Sentenza n. 15471 del 22/06/2017; Sez. L, Sentenza n. 13067 del 17/06/2005; Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003).
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2934, primo comma, 2935, 2962 e 2963, primo e secondo comma, c.c., per avere la Corte territoriale computato erroneamente a ritroso il termine di prescrizione con
effetti retroattivi decorrenti dalla data dell’atto interruttivo, anziché dalle singole richieste di pagamento già scadute, così come dedotte e allegate nel ricorso monitorio.
Obietta l’istante che avrebbe dovuto tenersi conto nel computo della prescrizione, a decorrere dal momento in cui il diritto di credito poteva essere esercitato, ossia dalle singole scadenze dedotte.
2.1. -Il mezzo di critica è inammissibile.
E tanto perché non è dato ravvisare l’interesse sotteso a tale doglianza, a fronte del rilievo del giudice di merito secondo cui, per effetto dell’efficacia interruttiva della lettera del 28 aprile 2011, recapitata il 6 maggio 2011, dovevano ritenersi prescritte tutte le pretese la cui scadenza era maturata prima del 6 maggio 2001.
In specie, il ricorrente non ha affatto addotto un computo diverso della prescrizione rispetto ai contratti evocati in causa e alle scadenze delle relative rate, ai fini di giustificare una diversa portata estintiva della prescrizione eccepita.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la nullità della sentenza e/o del procedimento, per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118, secondo comma, disp. att. c.p.c. nonché dell’art. 111, sesto comma, Cost. ovvero, in subordine, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in ragione della motivazione soltanto apparente ovvero incomprensibile della pronuncia d’appell o, per avere la Corte distrettuale mancato di specificare a quale dei tre contratti di vendita richiamati in modo generico fossero
riconducibili gli effetti interruttivi della prescrizione di cui alla lettera a/r del 28 aprile 2011, recapitata il 6 maggio 2011.
3.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la pronuncia impugnata ha sostenuto che l’efficacia interruttiva della citata lettera era riconducibile al credito azionato in forza dei contratti del 30 gennaio 1997, del 26 ottobre 2000 e del 2 novembre 2001, aventi tutti ad oggetto la fornitura di prodotti editoriali dalla stessa società nei confronti dello stesso destinatario, a titolo di corrispettivo preteso per i prodotti acquistati attraverso ciascuno di tali contratti.
4. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda