Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6895 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 6895 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6093/2022 R.G. proposto da
EREDE NOME COGNOME , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente – contro
ABA LIDIA E LE ALTRE 31.887 PARTI INDICATE NELL’ELENCO ALLEGATO AL CONTRORICORSO, rappresentate e difese da ll’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME e dall’ AVV_NOTAIO
-controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 3107/2021 della CORTE DI APPELLO DI MILANO, depositata il giorno 27 ottobre 2021.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 19 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME E NOME COGNOME, per parte ricorrente;
uditi gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza num. 824 del 2012 la Corte d’appello di Bologna dichiarò NOME COGNOME responsabile del reato previsto e punito dall’art. 224, num. 2, legge fallimentare e lo condannò al risarcimento dei danni da liquidarsi in un separato giudizio nei confronti delle costituite parti civili, « nonché al pagamento in favore di tutte le altre parti civili di una provvisionale pari allo 0,3% dell’importo nominale del valore delle obbligazioni od azioni acquistate, quale risultanti dagli atti di costituzione di parte civile e relativi allegati ».
In forza di detta pronuncia, NOME COGNOME e le altre parti civili (in numero totale di 31.888 soggetti) intimarono a NOME COGNOME precetto per il pagamento dell’importo di euro 1.244.425,99, a titolo di sorte capitale determinata sulla base della provvisionale, oltre spese e compensi di intimazione.
Avverso tale precetto NOME COGNOME dispiegò opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, cod. proc. civ.: in estrema sintesi, contestò il diritto degli intimanti di procedere alla minacciata esecuzione sul rilievo dell ‘ inesistenza di qualsivoglia credito risarcitorio (nemmeno a titolo di provvisionale) nei suoi confronti da parte degli obbligazionisti di società diverse da RAGIONE_SOCIALE e dei soggetti divenuti obbligazionisti di tale società (o di qualsiasi altra società del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) in data successiva al 30 aprile 2001.
L’opposizione è stata disattesa in ambedue i gradi di merito.
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Ricorre per cassazione NOME COGNOME COGNOME affidandosi a due motivi cui resistono, con unitario controricorso, NOME COGNOME e le altre 31.887 persone di cui all’elenco allegato al controricorso .
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate con cui ha domandato il rigetto del ricorso.
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia « violazione o falsa applicazione degli artt. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, 2909 cod. civ., 185 cod. pen., 651 e 652 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., per avere l’impugnata sentenza erroneament e interpretato il titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza penale, laddove ha condannato l’AVV_NOTAIO al pagamento di una provvisionale in favore degli obbligazionisti costituiti parte civile nel processo penale, estendendola anche agli obbligazionisti di società del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE diverse da RAGIONE_SOCIALE o titolari di obbligazioni di questa società acquistate dopo il 30.04.2001, sebbene la sentenza penale, con statuizione coperta da giudicato, avesse affermato la responsabilità penale dell’AVV_NOTAIO per i l reato di cui all’art. 224, n um. 2, l. fall., unicamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, assolvendolo nei confronti delle altre società del RAGIONE_SOCIALE, oltre che per i fatti avvenuti dopo il 30.04.2001 ».
Assume il ricorrente che l’interpretazione « estensiva » offerta al titolo esecutivo giudiziale dalla gravata sentenza, da quest’ultima inteso come riferito, in punto di legittimazione ad agire in via esecutiva, a tutti gli obbligazionisti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ed altresì agli acquirenti di obbligazioni in epoca successiva al 30 aprile 2001), si fondi « su un assunto (la pretesa responsabilità dell’AVV_NOTAIO per il dissesto dell’intero RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non della sola RAGIONE_SOCIALE) in insanabile contrasto con quanto statuito, con autorità di giudicato, dalle sentenze penali », le quali, diversamente da quanto opinato dalla Corte di merito,
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non hanno accertato, anzi hanno addirittura escluso un concorso dell’AVV_NOTAIO (riconosciuto penalmente responsabile del reato di bancarotta colposa semplice circoscritta alla sola RAGIONE_SOCIALE e al periodo – sino al 30 aprile 2001- di svolgimento della carica di Consigliere di Amministrazione) nel determinare l’aggravamento del dissesto dell’intero RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Da ciò l’impugnante inferisce violazioni, dallo stesso reputate sussumibili nella fattispecie di cui a ll’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « delle norme che presiedono alla interpretazione della legge (norme applicabili anche all’interpretazione dei titoli esecutivi giudiziali) e, comunque, delle regole sul giudicato ».
1.1. Il motivo è infondato.
Per dare conto della enunciata conclusione, occorre muovere dalla peculiare efficacia precettiva della condanna provvisionale pronunciata dal giudice penale, ovvero, più precisamente, del provvedimento con cui quest’ultimo, accertata la responsabilità penale dell’imputato, pronuncia a suo carico condanna generica al risarcimento del danno e contestualmente assegna alla parte civile una somma di danaro da imputarsi nella liquidazione definitiva del pregiudizio.
Alla stregua dell’indirizzo euristico espresso sull’istituto dal giudice della nomofilachia, la caratteristica di siffatto provvedimento (del tutto singolare, sino a rappresentare un vero e proprio unicum nel nostro ordinamento) può, con sincretistica definizione, essere individuata come una ontologica, diuturna ed indefinita, sostanzialmente definibile come istituzionale, provvisorietà.
Si vuol dire che l a mancata previsione nell’ordito positivo di uno specifico rimedio impugnatorio (o comunque di riesame o controllo) sottoposto a termini decadenziali di proposizione rende il provvedimento di condanna provvisionale insuscettibile di passare in cosa giudicata e non impugnabile con ricorso per cassazione (Cass. pen., sentenza n. 44859 del 17/10/2019, dep. il 05/11/2019; Cass.
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pen., sentenza n. 43886 del 26/04/2019, dep. il 29/10/2019; Cass. pen., sentenza n. 50746 del 14/10/2014, dep. il 03/12/2014; Cass. pen., sentenza n. 40410 del 16/09/2014, dep. il 30/09/2014).
L’illustrata premessa evidenzia come la questione devoluta e scrutinata dal giudice territoriale (l’individuazione dei soggetti abilitati alla coattiva attuazione della provvisionale in danno di NOME) si risolva, al fondo, in un’attività di e segesi di un titolo esecutivo di formazione (indubitabilmente) giudiziale, ma (per sua natura) sempre non definitivo: e tanto esclude in radice che qui possa venire in rilievo il valore giuridico del giudicato, nell’accezione e con le ricadute declinate da questa Corte nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia (Cass., Sez. U, 21/02/2022, n. 5633), cui invece ha fatto richiamo parte ricorrente, a suffragio della sua argomentazione.
Non si ravvisa, pertanto, la denunciata inosservanza delle regole sul giudicato e sull’interpretazione della legge.
La Corte territoriale, evocata quale giudice di un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., ha, piuttosto, assolto il compito di determinare, in via euristica, l’esatta portata precettiva del titolo esecutivo azionato sulla scorta del principio di unità strutturale del provvedimento, cioè a dire in forza di una lettura coordinata e combinata delle statuizioni del dispositivo (recante condanna in favore indistintamente di tutti gli obbligazionisti costituiti parte civile, senza alcun discrimen relativo alla società partecipata o al periodo di acquisto delle obbligazioni) e dei passaggi argomentativi della motivazione (in specie, di quelli con cui è stato ricondo tto al contegno dell’COGNOME – per il collegamento tra il dissesto della RAGIONE_SOCIALE e l’insolvenza delle altre società del RAGIONE_SOCIALE – un danno al patrimonio di tutte le società emittenti i titoli, e, quindi, a tutti gli obbligazionisti).
Orbene, l’interpretazione di un titolo di formazione giudiziale non definitivo compiuta dal giudice adito con l’opposizione all’esecuzione si risolve nell’apprezzamento di un fatto, come tale incensurabile in sede
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di legittimità qualora esente da vizi motivazionali (orientamento consolidato: cfr. Cass. 02/08/2023, n. 23581; Cass. 09/09/2022, n. 26542; Cass. 31/08/2020 n. 18067; Cass. 05/06/2020 n. 10806; Cass. 12/12/2018 n. 32196; Cass. 13/06/2018 n. 15538; Cass. 19/12/2014, n. 26890; Cass. 31/05/2013, n. 13811; Cass. 06/07/2010, n. 15852; orientamento non scalfito dalla recente innovativa presa di posizione della già richiamata Cass. Sez. U. 5633/22, relativa esclusivamente al titolo giudiziale definitivo o passato in giudicato), vizi nella specie nemmeno adombrati dal ricorrente.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia « nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 539 cod. proc. pen., 323 e 615 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale affermato essere precluso nel giudizio di opposizione a precetto l’accertamento dell’inesistenza del diritto al risarcimento del danno in relazione a un titolo esecutivo rappresentato da una provvisionale pronunciata nel processo penale, avendo ritenuto che tale accertamento sia riservato al giudizio civile di liquidazione del danno, da equipararsi ad un mezzo di impugnazione non sovrapponibile all’opposizione a precetto ».
Si sostiene che il principio secondo cui, in presenza di un titolo giudiziale, il riesame in ordine all’esistenza del diritto sostanziale azionato è precluso nelle opposizioni esecutive può valere « quando l’accertamento del diritto portato dal titolo esecutivo giudiziale è riservato al giudizio in cui lo stesso titolo si è formato e alle sue successive articolazioni rappresentate dai mezzi di impugnazione ». Ove il titolo sia costituito da una provvisionale contenuta in una sentenza penale, provvedimento insuscettibile di passare in giudicato, « anche all’esito del giudizio penale (e della consumazione di tutti i mezzi di impugnazione per esso previsti) il diritto al risarcimento del danno riconosciuto con la provvisionale non è coperto dal giudicato ma può essere rimesso in discussione anche dal danneggiante/debitore in
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sede civile con un giudizio di accertamento negativo »: e questo ben può essere costituito dalla opposizione all’esecuzione .
2.1. La doglianza, pur diffusamente e rigorosamente sviluppata, non può condurre all’auspicata cassazione della gravata pronuncia.
Dal rilievo di ordine processuale della (sopra illustrata) indefinita provvisorietà della provvisionale discende, quale portato di ordine sostanziale, che l’accertamento sulla esistenza e sulla entità del danno operato dal giudice penale non assurge a immutabile irretrattabilità, non diviene la legge del caso concreto, potendo essere sine tempore rimesso in discussione in un ordinario giudizio civile, ed anzi risultando suscettibile di restare travolto (o comunque superato) dagli esiti di quest’ultimo .
Ma questa tendenziale « instabilità » non investe ogni possibile aspetto del rapporto risarcitorio: la condanna provvisionale emessa in àmbito penale è munita di una – pur circoscritta – efficacia preclusiva nel giudizio civile avente ad oggetto il danno derivante dal reato.
Univoco in tal senso l’orientamento di questa Corte.
Si ponga mente, al riguardo, al principio di diritto enunciato da Cass. 14/02/2019, n. 4318 (cui si fa ampia relatio per la citazione di ulteriori arresti): la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza – desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità – di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, mentre resta impregiudicato l’accertamento, riservato al giudice civile, in ordine all’ an – in concreto – ed al quantum del danno da risarcire; entro tali limiti, detta condanna, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sulla azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad
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ogni profilo di pregiudizio scaturito dal reato, ancorché non espressamente individuato nell’atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali, che il giudice non abbia formalmente dichiarato di escludere nel proprio dictum .
Tanto esplicato (ed ulteriormente ribadito), la contestazione del diritto a procedere in executivis sollevata dal ricorrente – per come riportata nel libello di adizione di questa Corte, in ossequio al principio di autosufficienza – si incentra sulla postulazione dell’assenza del nesso di causalità tra il reato oggetto di condanna e i danni lamentati dagli obbligazionisti delle altre società del RAGIONE_SOCIALE e di quelli della RAGIONE_SOCIALE per i titoli emessi dopo il 30 aprile 2001.
Sostenendo in tal guisa la non riconducibilità alla sua condotta della lesione dell’interesse giuridicamente protetto (alla conservazione dell’integrità dei titoli acquistati) di detti obbligazionisti, NOME COGNOME ha richiesto al giudice adito con l’ opposizione all’esecuzione una valutazione sulla causalità materiale, fondativa della sua responsabilità: ma un accertamento del genere, nei precisi termini in cui è stato concretamente formulato, era irrimediabilmente precluso dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna penale, cui accede la provvisionale azionata, la quale è retta da principi non immediatamente ricavabili da quelli (pure oggetto di ampio e recente approfondimento da parte della giurisprudenza civile e penale di questa Corte) che regolano l’istituto della condanna generica disciplinata dal primo co mma dell’art. 539 cod. proc. pen.; sicché esso non poteva costituire legittimo thema decidendum della causa ex art. 615 cod. proc. civ..
E la ora formulata considerazione risulta all’evidenza dirimente, se non altro in virtù del principio della ragione più liquida, rispetto alla questione (sulla quale si è soffermata la Corte territoriale, sul punto attinta dalle critiche del ricorrente) concernente gli eventuali riverberi ostativi a lla proposizione dell’opposizione all’esecuzione derivanti dalla
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antecedente iniziativa processuale dell’opponente, ovvero della instaurazione, nelle forme della cognizione ordinaria e prima della notificazione dell’atto di precetto poi opposto, di un giudizio ordinario di accertamento negativo di qualsiasi credito risarcitorio di spettanza degli obbligazionisti intimanti.
Nei descritti termini emendata la motivazione dell’impugnata sentenza, conforme a diritto nella parte dispositiva, va rigettato il motivo di ricorso in scrutinio.
Il ricorso è rigettato.
Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza, con liquidazione operata secondo tariffa professionale, come in dispositivo.
Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio, che liquida nella complessiva misura di euro 40.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione