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Provvigione mediatore: spetta anche al collaboratore?

Un acquirente si opponeva al pagamento della provvigione a un’agenzia immobiliare, sostenendo che il collaboratore che gli aveva mostrato l’immobile non era iscritto all’albo. La Corte di Cassazione ha stabilito che la provvigione mediatore è dovuta, poiché è sufficiente l’iscrizione dell’agenzia. L’attività del collaboratore, se meramente materiale e accessoria, non necessita di iscrizione personale e non invalida il diritto alla provvigione dell’impresa mandante.

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Provvigione Mediatore: Spetta Anche se il Collaboratore Non è Iscritto all’Albo?

Nel settore immobiliare, è prassi comune che le agenzie si avvalgano di collaboratori per mostrare gli immobili ai potenziali acquirenti. Ma cosa succede se questo collaboratore non è un mediatore iscritto all’albo? L’agenzia ha comunque diritto alla provvigione mediatore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto cruciale, stabilendo un principio chiaro a tutela del lavoro delle agenzie regolarmente costituite.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Provvigione e l’Opposizione del Cliente

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento di una provvigione di 50.000 euro da parte di un’agenzia immobiliare nei confronti di un cliente, per l’intermediazione nell’acquisto di due immobili di pregio. Il cliente si opponeva alla richiesta, sostenendo che l’attività di mediazione era stata di fatto svolta da un collaboratore dell’agenzia non iscritto al ruolo dei mediatori. Secondo la tesi del cliente, questa circostanza avrebbe reso nulla la richiesta di compenso, in virtù della Legge n. 39 del 1989 che regola la professione.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’agenzia, condannando il cliente al pagamento. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Provvigione Mediatore

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del cliente, confermando il suo obbligo di pagare la provvigione. La decisione si fonda su un’interpretazione sistematica della normativa in materia di mediazione, chiarendo la distinzione tra gli obblighi dell’impresa di mediazione e il ruolo dei suoi collaboratori.

I giudici hanno stabilito che, ai fini del diritto alla provvigione, l’elemento essenziale è che l’impresa di mediazione (sia essa in forma societaria o individuale) sia regolarmente iscritta nel registro delle imprese. L’attività svolta dal collaboratore non iscritto non inficia questo diritto, a condizione che si tratti di un’attività meramente accessoria e strumentale.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Collaboratore e l’Iscrizione dell’Agenzia

La Corte ha spiegato che la normativa sulla mediazione, anche dopo le riforme che hanno soppresso il vecchio “ruolo”, impone l’iscrizione nel registro delle imprese solo a coloro che svolgono l’attività mediatizia in senso proprio, con rilevanza esterna e capacità di impegnare l’ente per cui operano.

Non rientrano in questa categoria i collaboratori che compiono mere attività materiali o accessorie, come il reperimento di informazioni, l’organizzazione di visite o il contatto telefonico. La visita all’immobile, sebbene un segmento importante dell’attività, è stata considerata un’attività ausiliaria che non richiede l’iscrizione personale del collaboratore. L’intera operazione, infatti, resta giuridicamente imputabile all’agenzia, che è l’unico soggetto titolare del diritto al compenso.

Nel caso specifico, era stato dimostrato che:
1. L’agenzia immobiliare era regolarmente iscritta.
2. Il cliente era pienamente consapevole di trattare con una struttura di intermediazione professionale.
3. L’attività del collaboratore era riconducibile all’incarico conferito all’agenzia.

Di conseguenza, il nesso causale tra l’attività dell’agenzia e la conclusione dell’affare era provato, rendendo irrilevante la qualifica formale del singolo collaboratore che aveva materialmente mostrato gli immobili. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile un altro motivo di ricorso basato su una presunta omessa valutazione di fatti, applicando il principio della “doppia conforme”, che limita il sindacato di legittimità quando due gradi di merito giungono alla medesima conclusione sui fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Clienti e Agenzie Immobiliari

Questa ordinanza fornisce un’importante chiave di lettura per il mercato immobiliare. Per le agenzie, conferma la legittimità di organizzare il proprio lavoro avvalendosi di collaboratori per compiti specifici, senza che ciò pregiudichi il diritto alla provvigione, a patto che l’agenzia stessa sia in regola con l’iscrizione e che il suo ruolo sia trasparente per il cliente. Per i clienti, chiarisce che non è possibile sottrarsi al pagamento della provvigione eccependo la mancata iscrizione di un ausiliario, quando è evidente che ci si è avvalsi dell’intera struttura e dell’organizzazione di un’impresa di mediazione professionale per concludere l’affare.

Un’agenzia immobiliare perde il diritto alla provvigione se l’immobile viene mostrato da un collaboratore non iscritto all’albo?
No. Secondo la Cassazione, il diritto alla provvigione spetta all’agenzia regolarmente iscritta nel registro delle imprese. Un collaboratore può svolgere attività materiali o accessorie, come mostrare l’immobile, senza essere personalmente iscritto, purché la sua attività sia riconducibile all’operato complessivo dell’agenzia.

Qual è il requisito fondamentale perché un’agenzia possa richiedere la provvigione mediatore?
Il requisito essenziale è che l’impresa di mediazione, sia essa individuale o societaria, sia iscritta nel registro delle imprese. Inoltre, è necessario che il cliente sia consapevole di avere a che fare con una struttura di intermediazione professionale e che vi sia un nesso causale tra l’attività dell’agenzia e la conclusione dell’affare.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti se Tribunale e Corte d’Appello hanno deciso allo stesso modo?
Generalmente no. L’ordinanza conferma l’applicazione del principio della “doppia conforme”, secondo il quale il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile se le decisioni di primo e secondo grado si basano sulla medesima valutazione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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