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Provvigione mediatore: quando non è dovuta

La Corte di Cassazione ha stabilito che la provvigione del mediatore non è dovuta se il contratto preliminare è sottoposto a una condizione sospensiva che non si realizza entro il termine pattuito. Nel caso specifico, la compravendita era condizionata all’ottenimento di pareri favorevoli da parte di enti pubblici. Poiché tali pareri non sono arrivati in tempo, e non è stata provata una colpa del promissario acquirente nel causare il ritardo, il diritto alla provvigione non è sorto. Il ricorso dell’agente immobiliare è stato dichiarato inammissibile.

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Provvigione Mediatore e Contratto Condizionato: Quando Non Spetta?

La questione della provvigione mediatore è centrale in ogni compravendita immobiliare, ma cosa accade se il contratto è vincolato a una condizione che poi non si verifica? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un caso emblematico, chiarendo quando l’agente immobiliare non ha diritto al compenso. La decisione ruota attorno al principio della condizione sospensiva e alla diligenza delle parti nell’eseguire il contratto, offrendo importanti spunti pratici per tutti gli operatori del settore.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di pagamento di una provvigione da parte di un’agenzia immobiliare nei confronti di un promissario acquirente. Le parti avevano stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di un terreno su cui realizzare un allevamento avicolo. Il contratto, tuttavia, era sottoposto a una precisa condizione sospensiva: la sua validità era subordinata al rilascio di un parere favorevole da parte del Comune, del servizio di Igiene Pubblica e del Servizio Veterinario entro una data specifica (30 settembre 2012).

Il promissario acquirente si era attivato presentando la richiesta di parere preventivo, ma entro la data pattuita, le amministrazioni non si erano espresse. Di conseguenza, la condizione non si era avverata e il contratto preliminare era diventato inefficace. Nonostante ciò, l’agente immobiliare ha agito in giudizio per ottenere il pagamento della sua provvigione, sostenendo che il mancato avveramento della condizione fosse imputabile a un comportamento negligente del promissario acquirente.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno rigettato la domanda del mediatore. I giudici di merito hanno ritenuto che il contratto fosse effettivamente sottoposto a condizione sospensiva e che, non essendosi questa verificata, il diritto alla provvigione non fosse mai sorto, come previsto dall’art. 1757 del codice civile. Inoltre, non hanno ravvisato elementi per applicare la cosiddetta “finzione di avveramento” della condizione (art. 1359 c.c.), non essendo stata dimostrata alcuna colpa o malafede da parte del promissario acquirente.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla provvigione mediatore

L’agente immobiliare ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge, in particolare delle norme sulla buona fede contrattuale (art. 1375 c.c.) e sulla finzione di avveramento della condizione (art. 1359 c.c.). A suo avviso, il promissario acquirente avrebbe ritardato colpevolmente il deposito della documentazione integrativa richiesta dagli uffici, causando così il decorso del termine.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorso, pur denunciando formalmente una violazione di legge, mirava in realtà a ottenere un riesame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La valutazione sul comportamento del promissario acquirente e sulla sua diligenza rientra infatti nell’apprezzamento di merito del giudice, non sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivato.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nella distinzione tra violazione di legge e valutazione del fatto. I giudici hanno ribadito che, secondo l’art. 1757 c.c., in un contratto sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione mediatore sorge solo quando la condizione si avvera.

Per poter applicare l’art. 1359 c.c. (finzione di avveramento), sarebbe stato necessario dimostrare che il promissario acquirente avesse agito con l’intento di far fallire la condizione. La Corte d’Appello, con una valutazione insindacabile in questa sede, aveva invece concluso che il comportamento dell’acquirente era stato diligente. Egli aveva presentato l’istanza cinque giorni dopo la stipula del preliminare e aveva fornito la documentazione integrativa richiesta in tredici giorni, un tempo ritenuto congruo. L’affermazione del ricorrente secondo cui l’integrazione avrebbe richiesto un solo giorno di lavoro è stata considerata un mero apprezzamento di fatto, non deducibile in sede di legittimità.

La Cassazione ha inoltre ritenuto inammissibili gli altri motivi di ricorso, tra cui quello relativo alla presunta perdita di una caparra, giudicandolo irrilevante ai fini della decisione sulla provvigione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nei contratti condizionati, il diritto alla provvigione è strettamente legato al destino dell’affare principale. Se la condizione sospensiva non si avvera, per ragioni non imputabili a dolo o colpa grave di una parte, il contratto non produce effetti e, di conseguenza, il mediatore non ha diritto ad alcun compenso.

Questa decisione sottolinea l’importanza di provare in modo concreto e oggettivo la condotta contraria a buona fede di una delle parti. Non è sufficiente un semplice ritardo nell’espletamento di una pratica burocratica per presumere una volontà ostativa. La parte che invoca la finzione di avveramento della condizione ha l’onere di dimostrare che il mancato avveramento è stato causato da un comportamento doloso o colposo della controparte. Per i mediatori immobiliari, ciò significa che il rischio del mancato avveramento di condizioni complesse, come l’ottenimento di permessi, ricade anche sulla loro attività, a meno che non riescano a provare un comportamento scorretto del cliente.

Un mediatore ha diritto alla provvigione se il contratto preliminare sottoposto a condizione sospensiva non si conclude?
No, secondo l’art. 1757 del codice civile, il diritto alla provvigione sorge solo nel momento in cui la condizione si verifica. Se la condizione non si avvera, l’affare non si conclude e, di regola, nessuna provvigione è dovuta.

Cosa succede se il mancato avveramento della condizione è causato dal comportamento di una delle parti?
Se la condizione non si avvera per colpa della parte che aveva un interesse contrario al suo avveramento, la legge considera la condizione come se si fosse verificata (art. 1359 c.c.). In questo scenario, il mediatore avrebbe diritto alla provvigione, ma è necessario fornire una prova rigorosa della colpa o del dolo della parte.

Nel caso esaminato, perché la Corte ha escluso la colpa del promissario acquirente?
La Corte ha ritenuto che il promissario acquirente si fosse comportato in modo diligente. Aveva depositato l’istanza per ottenere i pareri amministrativi subito dopo la stipula del contratto e aveva fornito la documentazione integrativa richiesta in un tempo considerato congruo (tredici giorni). Non è stata trovata alcuna prova di un ritardo colposo o di un’intenzione di far fallire l’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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