Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31998 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31998 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 31650/2020 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso gli avv. COGNOME, nel loro studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n.428/2020 della Corte d’Appello di Brescia, depositata in data 8-5-2020,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3-122024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 2057/2017 il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME titolare dell’Agenzia
OGGETTO:
mediazione
RG. 31650/2020
C.C. 3-12-2024
RAGIONE_SOCIALE‘ , nei confronti di NOME COGNOME al fine di ottenere il pagamento di Euro 13.500,00, oltre iva, a titolo di provvigione per l’attività di mediazione svolta in relazione al contratto preliminare concluso da NOME COGNOME con NOME COGNOME e NOME COGNOME e alla proposta di acquisto dello stesso COGNOME accettata da NOME COGNOME.
NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Brescia ha integralmente rigettato con sentenza n. 428/2020 pubblicata in data 8-5-2020
Tale sentenza ha considerato che il contratto preliminare intercorso in data 8-6-2012 tra il promissario acquirente COGNOME e i promittenti venditori NOME COGNOME e NOME COGNOME prevedeva la clausola per cui ‘ la parte promittente venditrice dichiara di autorizzare la parte promittente acquirente a presentare a nome e per conto dell’Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME Mario presso Comune di Lonato una richiesta di parere preventivo relativo alla realizzazione di un nuovo ricovero per avicoli (polli) per verificare la reale possibilità di ampliamento dell’allevamento da un punto di vista urbanistico, igienico-sanitario e veterinario (aviaria). Tutte le spese relative alla richiesta di parere preventivo saranno a carico della parte promittente acquirente. La parte promittente venditrice e la parte promittente acquirente concordano che il presente preliminare di compravendita immobiliare sarà valido solo e unicamente se l’Amministrazione di Lonato (BS), il servizio di Igiene pubblica e il servizio Veterinario esprimeranno parere favorevole alla richiesta di parere preventivo relativo alla realizzazione di un nuovo ricovero per avicoli (Polli). La validità del presente contratto preliminare di compravendita immobiliare è pertanto condizionata al rilascio del parere favorevole alla realizzazione di un nuovo ricovero per avicoli da parte dell’Amministrazione di Lonato (BS), del servizio di Igiene Pubblica di Brescia e del Servizio Veterinario. Nel caso in cui l’Amministrazione di
Lonato (BS) e/o il Servizio di Igiene Pubblica di Brescia e/o il Servizio Veterinario di Brescia alla data del 30-9-2012 non dovessero avere espresso alcun parere e/o il parere preventivo risultasse negativo il presente contratto preliminare di compravendita immobiliare decadrà e sarà dichiarato automaticamente nullo ‘. A sua volta la proposta di acquisto condizionata sottoscritta da NOME COGNOME il 7-6-2012 e accettata da NOME COGNOME era ‘ subordinata al verificarsi della seguente condizione: che il so ttoscritto riesca a comprare l’azienda agricola adiacente al terreno in argomento…di proprietà dei signori COGNOME NOME e COGNOME NOME. La condizione deve trovare riscontro entro e non oltre il mese di settembre del corrente anno e, al verificarsi favorevole della condizione stessa, seguirà regolare preliminare di vendita ‘.
Quindi la sentenza ha dichiarato che il contratto preliminare e la proposta d’acquisto erano sottoposti a condizione sospensiva e ai sensi dell’art. 1757 , co. 1, cod. civ. il diritto alla provvigione sarebbe sorto nel momento in cui si fosse verificata la condizione; ha dato atto essere pacifico che i pareri previsti nel contratto preliminare non erano intervenuti entro il 30-92012 e ha escluso l’operatività dell’art. 1359 cod. civ. ai fini del riconoscimento della provvigione in favore del mediatore COGNOME, perché non vi erano elementi per ritenere che NOME COGNOME avesse interesse contrario all’avveramento della condizione. Ha considerato che il termine era stato concordato dalle parti e appariva quantomeno inverosimile e comunque indimostrato che attraverso la sua fissazione COGNOME perseguisse l’intento di ottenere uno sconto dai venditori dopo la sua scadenza; proprio la previsione della clausola, secondo la quale COGNOME era autorizzato dai venditori a chiedere il parere preventivo con spese a suo esclusivo carico, dimostrava l’interesse concreto che egli aveva all’avveramento della condizione; ha escluso che la scadenza del termine del 30
settembre fosse stata determinata dalla colposa inattività del COGNOME nel coltivare l’ iter per l’ottenimento del parere, perché l’istanza per il conseguimento del parere preventivo era stata depositata cinque giorni dopo la conclusione del contratto preliminare e il COGNOME aveva evaso in tredici giorni anche la richiesta di una modifica progettuale, senza che vi fosse prova che l’istanza fosse carente della do cumentazione necessaria all’ottenimento del parere.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In data 8-4-2024 il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione ex art. 380-bis cod. proc. civ., ravvisando l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi lo stesso in un dissenso nel merito della ricostruzione dei fatti eseguita dalla sentenza impugnata.
Il 16-5-2024 il difensore del ricorrente munito di nuova procura speciale ha chiesto la decisione del ricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 3-12-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. e ‘ fors’anche art. 360 n.5 del cod. proc. civ. ‘ (pag. 8 ricorso) il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ‘ di norme di diritto (molteplici norme in tema di contrattualistica civile, ivi compresa quella per la quale ‘il contratto dev’essere eseguito secondo buona fede’) e in particolare dell’art. 1359 codice civile laddove la sentenza d’appello ha ritenuto che n on vi sia stato colpevole ritardo da
parte del COGNOME nell’espletamento dell’iter burocratico volto ad ottenere gli auspicati pareri favorevoli ‘.
Il ricorrente evidenzia che solo in data 30-8-2012 COGNOME aveva depositato la documentazione integrativa che era stata richiesta, cioè dopo ben settantotto giorni dal deposito della prima istanza, a fronte di richiesta di modifica del 13-8-2012 che avrebbe potuto essere immediatamente riscontrata. Lamenta che la sentenza impugnata abbia prestato fede alla tesi di controparte in ordine all’inesistenza di ritardo, senza considerare che era COGNOME ad avere l’onere di dimostrare la propria assenza di colpa.
1.1. Il motivo, in quanto proposto ai sensi dell’art. 360 , co. 1, n. 5 cod. proc. civ., è – come già rilevato nella proposta di definizione accelerata – inammissibile, in via assorbente rispetto a ogni altra ragione, ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, perché il giudizio d’appello è stato instaurato successivamente all’11 -9-2012 (la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 3-72017) e il giudizio di cassazione è iniziato prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, in quanto la sentenza d’appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado.
Il motivo, in quanto proposto ai sensi dell’art. 360 , co. 1, n. 3 cod. proc. civ., può essere valutato esclusivamente nella parte in cui fa riferimento alla violazione degli artt. 1375 e 1359 cod. civ., poiché, per il resto, il riferimento alle ‘molteplici norme in tema di contrattualistica’ è evidentemente eseguito in violazione della previsione dell’art. 366 , co. 1, n. 4 cod. proc. civ., che impone la specifica indicazione delle norme su cui si fondano i motivi di ricorso.
Però, anche in riferimento alle violazioni predette, il motivo risulta inammissibile in quanto, sostenendo in sostanza la responsabilità di NOME COGNOME per il mancato rilascio dei pareri entro il termine fissato dalle parti e sostenendo perciò la sua responsabilità per il mancato
avveramento della condizione, sollecita un apprezzamento nel merito dei fatti che rimane estraneo al sindacato di legittimità. Basti richiamare il principio secondo il quale il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione da parte della sentenza impugnata della fattispecie astratta recata da una disposizione di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. Sez. 1, 13-10-2017 n. 24155, Cass. Sez. L, 11-1-2016 n. 195).
Come già osservato nella proposta di definizione accelerata, nella fattispecie la sentenza impugnata, sulla base delle risultanze istruttorie, ha concluso che COGNOME aveva tenuto un comportamento diligente nel corso dell’intero iter amministrativo finalizzato al rilascio del parere, in quanto aveva presentato la domanda subito dopo la conclusione del contratto preliminare e aveva eseguito l’integrazione documentale, non causata da una carenza originaria della domanda, in data 30-8-2023, e perciò nel termine del tutto congruo di tredici giorni. L’affermazione del ricorrente, secondo la quale l’integra zione richiesta avrebbe richiesto una giornata di lavoro, per cui averla presentata dopo tredici giorni era indice della colpa di NOME COGNOME involge un apprezzamento sul fatto non deducibile in sede di giudizio di legittimità.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. -la violazione di ‘norme di diritto’ , nonché dell’art. 2697 cod. civ., laddove la sentenza impugnata ha dichiarato che mancava la prova che COGNOME avesse perduto la caparra versata ai promittenti venditori all’atto della conclusione del contratto preliminare; evidenzia che la dazione di Euro 60.000,00 a titolo di caparra risulta documentalmente dal contratto e la controparte non ha
provato la propria allegazione secondo la quale la questione era stata risolta nell’ambito di un procedimento arbitrale.
2.1. Il motivo è inammissibile sotto distinti profili, tra i quali si rileva in via assorbente la mancanza di interesse del ricorrente a sostenere l’errore della sentenza impugnata sulla questione della caparra.
Come già evidenziato nella proposta ex art. 380-bis cod. proc. civ. del consigliere delegato, una volta accertato che la condizione non si era avverata, perciò l’affare era venuto meno e ai sensi dell’art. 1757 co. 1 cod. civ. il diritto alla provvigione non era sorto, risultava del tutto irrilevante accertare se il promissario acquirente COGNOME avesse o meno ottenuto dai promittenti venditori la restituzione della somma versata a titolo di caparra.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce – ex art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. -la violazione e falsa applicazione dell’art. 244 cod. proc. civ. laddove la sentenza ‘afferma che non vi è prova che il COGNOME avesse manifestato di non essere interessato alla conclusione della compravendita di cui al preliminare’; riconosce sia vero che non vi fosse tale prova, ma evidenzia come non poteva essere diversamente, in quanto COGNOME certamente non si era comportato da sprovveduto dichiarando di non essere più interessato all’affare ; ulteriormente aggiunge che il ritardo nel rilascio del parere c’era stato , ma a fronte del fatto che COGNOME sapeva che i tempi a disposizione erano ristretti, per cui egli avrebbe dovuto comportarsi di conseguenza e non lo aveva fatto.
3.1. Il motivo è inammissibile perché nessuna delle deduzioni svolte è utile a fare emergere una erronea interpretazione o applicazione dell’art. 244 cod. proc. civ. e gli argomenti sono ulteriormente finalizzati a ottenere una ricostruzione dei fatti diversa d a quella eseguita nel giudizio di merito, sull’erroneo presupposto che
il giudizio di legittimità sia il terzo grado del giudizio di merito, nel quale poter risollecitare una complessiva rivalutazione del materiale probatorio al di fuori di qualsiasi schema (Cass. Sez. 6-3, 04-04-2017 n. 8758).
In conclusione il ricorso è dichiarato inammissibile e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione, a favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, sempre a favore del controricorrente, di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 -bis, co. 3, cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione, a favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi, iva e cpa come per legge;
condanna, ai sensi dell’ art. 96, co. 3 e 4, cod. proc. civ., il ricorrente al pagamento di Euro 3.000,00 a favore del controricorrente e di Euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono , ai sensi dell’ art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115, i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione