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Provvigione mediatore: quando è esclusa per nuove trattative

La Corte di Cassazione ha negato il diritto alla provvigione a un mediatore immobiliare poiché la vendita di un immobile si è conclusa a seguito di nuove e autonome trattative, intervenute a distanza di mesi e per l’intervento di un terzo soggetto. La Corte ha stabilito che la ripresa delle negoziazioni su basi completamente diverse, con un prezzo maggiorato e nuove circostanze, interrompe il nesso di causalità tra l’attività originaria del mediatore e la conclusione finale dell’affare, rendendo non dovuta la provvigione mediatore.

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Provvigione Mediatore: Quando l’Intervento di un Terzo Interrompe il Diritto al Compenso

Il diritto alla provvigione mediatore è uno degli argomenti più dibattuti nel settore immobiliare. Non basta aver messo in contatto acquirente e venditore per garantirsi il compenso; è necessario che vi sia un legame diretto e causale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo che se le trattative si interrompono e riprendono successivamente su basi del tutto nuove, grazie all’intervento di un’altra persona, il diritto alla provvigione del primo mediatore viene meno.

I Fatti di Causa

Una titolare di un’agenzia immobiliare citava in giudizio i venditori e gli acquirenti di un immobile, chiedendo il pagamento della provvigione per l’attività di mediazione svolta. Il Tribunale, in primo grado, le dava ragione, condannando le parti al pagamento della somma richiesta.

Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la vendita finale non era una diretta conseguenza dell’operato dell’agenzia. Le trattative iniziali si erano interrotte e, circa otto mesi dopo, erano riprese grazie all’intervento di un terzo, un ingegnere amico di entrambe le parti. Queste nuove negoziazioni si fondavano su presupposti completamente diversi: era emersa una problematica di sconfinamento con una proprietà vicina e il prezzo finale di vendita era stato significativamente più alto (650.000 euro contro i 450.000 euro iniziali). Di conseguenza, la Corte d’Appello negava il diritto alla provvigione, ritenendo interrotto il nesso causale.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’agente immobiliare ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare i fatti e nell’escludere il suo diritto al compenso. La Suprema Corte, però, ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza di secondo grado.

Le Motivazioni: Analisi del Nesso Causale per la Provvigione Mediatore

La Corte di Cassazione ha articolato le sue motivazioni attorno al concetto fondamentale del nesso di causalità. Per avere diritto alla provvigione, non è sufficiente che il mediatore abbia fatto conoscere le parti, ma è indispensabile che la conclusione dell’affare sia il risultato diretto e consequenziale del suo intervento.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente identificato una serie di elementi che, nel loro insieme, costituivano una frattura insanabile con le trattative originarie. Questi elementi sono:

1. L’Intervento di un Nuovo Soggetto: La ripresa dei contatti non è avvenuta su iniziativa delle parti o del primo mediatore, ma grazie all’intervento di un terzo soggetto che ha facilitato un nuovo dialogo.
2. Il Lasso Temporale: Un periodo di otto mesi tra la fine delle prime trattative e l’inizio delle seconde è stato considerato un intervallo significativo, tale da indebolire la continuità dell’azione mediatrice.
3. Nuove Circostanze e Condizioni Economiche: L’affare si è concluso su basi completamente nuove. La scoperta di uno sconfinamento e la conseguente rinegoziazione del prezzo, aumentato di 200.000 euro, hanno trasformato la natura stessa dell’accordo, rendendolo un’operazione economicamente e fattualmente diversa da quella inizialmente mediata.

Secondo la Cassazione, l’insieme di questi fattori ha dato vita a una trattativa nuova e autonoma, svincolata da quella precedente. L’attività del primo mediatore si è quindi limitata a far conoscere l’esistenza dell’immobile, un contributo ritenuto insufficiente a fondare il diritto alla provvigione in assenza di un ruolo determinante nella conclusione effettiva del contratto.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per tutti gli operatori del settore immobiliare. La decisione sottolinea che il diritto alla provvigione mediatore non è un automatismo derivante dal primo contatto, ma è strettamente legato al contributo effettivo e causale che il professionista apporta alla conclusione dell’affare. Per i mediatori, diventa cruciale documentare la continuità della propria azione e il proprio ruolo attivo in tutte le fasi della negoziazione. Per i clienti, venditori o acquirenti, questa sentenza chiarisce che se un accordo viene raggiunto in circostanze completamente nuove e indipendenti, dopo il fallimento delle trattative iniziali, l’obbligo di pagare la provvigione al primo intermediario può legittimamente venir meno.

Quando un mediatore immobiliare perde il diritto alla provvigione?
Secondo la sentenza, un mediatore perde il diritto alla provvigione quando il nesso di causalità tra la sua attività iniziale e la conclusione effettiva dell’affare si interrompe. Questo accade se le trattative originarie falliscono e l’accordo viene successivamente raggiunto tramite una nuova e autonoma negoziazione, innescata da circostanze o persone diverse.

Il semplice fatto di aver messo in contatto le parti dà sempre diritto alla provvigione del mediatore?
No. La Corte ha chiarito che il solo fatto di aver messo le parti in relazione tra loro non è, di per sé, sufficiente a garantire il diritto alla provvigione. È necessario che questo contatto iniziale sia la causa efficiente che porta alla conclusione del contratto; se intervengono fattori nuovi e decisivi che portano a una trattativa autonoma, quel primo contatto perde la sua rilevanza causale.

Cosa interrompe il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare?
Il nesso di causalità può essere interrotto da una combinazione di fattori, come un significativo lasso di tempo tra le trattative, l’intervento decisivo di un nuovo mediatore o facilitatore, e la presenza di nuove circostanze (come la scoperta di problemi sull’immobile) che portano a una rinegoziazione completa dell’affare su basi economiche e contrattuali diverse da quelle iniziali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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