Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12629 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12629 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2530/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende.
-RICORRENTE- contro
NOME E COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME , rappresentati e difesi dall’avvocato NOMECOGNOME
-CONTRORICORRENTI- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2910/2021, depositata il 22/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 2910/2021 la Corte distrettuale di Venezia, riformando la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di pagamento delle provvigione avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE per aver intermediato l’acquisto , da parte di
NOME COGNOME e NOME COGNOME, di un immobile facente parte di un attivo fallimentare.
Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, la sentenza ha posto in rilievo che il bene era stato aggiudicato all’ esito di una procedura concorrenziale espletata dagli organi fallimentari e che la vendita non era stata effetto dell’intervento del mediatore, non giustificandosi il riconoscimento della provvigione nonostante la dichiarazione con cui NOME COGNOME si era impegnata a pagare anche in caso di acquisto diretto del bene presso il fallimento.
Per la cassazione della sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in due motivi, illustrati con memoria, cui hanno replicato con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 1322, 1750, 1372, 1362 e seguenti c.c..
La Corte d’appello avrebbe trascurato che l’atto di incarico conferito alla mediatrice aveva natura atipica e che i clienti si erano validamente impegnati a versare la provvigione anche se l’affare si fosse concluso mediante l’acquisto diretto in sede fallimentare e, quindi, in assenza del nesso di causalità tra l’attività di intermediazione e il risultato ottenuto, essendo l’impegno volto a perseguire interessi meritevoli di tutela. Risulterebbero violati i criteri di interpretazione del testo della dichiarazione da cui emergeva la consapevolezza della pendenza della procedura fallimentare e la volontà della parte di obbligarsi a versare la provvigione.
Il secondo motivo di ricorso denuncia l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, contestando alla Corte d’appello di non aver considerato sufficiente, per riconoscere la provvigione, la dichiarazione di impegno del 18 maggio 2011 sottoscritto da NOME COGNOME da cui emergeva che
quest’ultima era consapevole della pendenza della procedura concorsuale ed aveva riconosciuto l’utilità dell’attività svolta dalla società immobiliare, in deroga allo schema tipico della mediazione. I due motivi sono infondati.
Non è in discussione che sul l’acquisto , perfezionato nell’ambito della operazioni di liquidazione dell’attivo fallimentare mediante procedure concorrenziali, non abbia influito l’intervento della mediatrice.
NOME COGNOME, ricevendo la consegna delle planimetrie dalla società ricorrente, si era impegnata a corrispondere la provvigione anche in caso di acquisto diretto in sede fallimentare e, perciò, in assenza di un nesso eziologico tra l’ intermediazione svolta e la conclusione dell’affare , come delineato nell’art. 1755 c.c..
La norma, nel prevedere che il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento, è derogabile dalle parti, che possono prevedere il pagamento anche in caso di acquisto diretto, di revoca anticipata dell’incarico o a prescindere dell’attività svolta dall’ intermediario (Cass. 4339/1995; Cass. 2766/1997; Cass. 1630/1998; Cass. 6405/2001).
In queste ipotesi la provvigione non spetta, tuttavia, per il solo conferimento dell’incarico e inoltre, qualora le parti abbiano inteso derogare all’art. 1755 c.c., è necessario che il pagamento del compenso sia ricollegato ad un fatto diverso, quale l’avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di un terzo interessato all’affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine, o anche il non esservi pervenuto, nel caso che la parte ritiri l’incarico al mediatore prima della scadenza del termine; ipotesi, queste, in cui la provvigione costituisce il compenso per avere il mediatore assunto ed adempiuto l’obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all’affare (Cass. 7076/2002; Cass. 22357/2010; Cass. 5495/2021; Cass. 27505/2022).
Proprio tale carenza -che emerge con evidenza dall’esame del contenuto dalla dichiarazione trascritto in ricorso – è stata rilevata dalla Corte di merito, evidenziando che detta dichiarazione era volta a riconoscere la provvigione proprio per una mediazione che non era stata svolta, senza far riferimento ad attività diverse, eventualmente poste in essere dalla società, quali, ad es., la consulenza immobiliare.
Nessuna delle violazioni è, pertanto, sussistente. Il giudice ha valutato il contenuto della dichiarazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. Su 8053/2014), ed ha tenuto conto dei limiti ex art. 1322 c.c. che incontra l’autonomia privata nel prevedere deroghe all’art . 1755 c.c., senza violare i criteri di interpretazione, essendo il contenuto delle dichiarazioni coerenti con il dato letterale.
Appare soddisfatto l’obbligo di motivazione, essendo evidenziate, sia pure sinteticamente, le ragioni che hanno condotto il giudice ad escludere che la dichiarazione di impegno versata in atti fosse sufficiente per riconoscere il compenso, non sussistendo una giustificazione causale dell’ impegno assunto dalla dichiarante in assenza di un nesso sinallagmatico con una specifica controprestazione della ricorrente meritevole di essere remunerata. Il ricorso è respinto, con aggravio di spese.
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre3 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in €. 4 2000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre ad Iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione