Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18953 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21483 – 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona degli omonimi rappresentanti legali, elettivamente domiciliata presso lo studio in Sassari dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 642/2019 del TRIBUNALE DI SASSARI, pubblicata il 20/5/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
6/12/2023 dal consigliere COGNOME;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 20 maggio 2016, NOME COGNOME propose opposizione al decreto ingiuntivo n.254/16 provvisoriamente esecutivo, con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 3.900,00, oltre spese e accessori, in favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a titolo di provvigioni per l’attività di RAGIONE_SOCIALE asseritamente svolta in suo favore per l’acquisto di un appartamento sito in INDIRIZZO , a Sassari.
L’opponente rappresentò che la proposta, da lei sottoscritta e accettata dalla venditrice, era stata tuttavia subordinata all’ottenimento di un mutuo , con l’aggiunta a mano di una clausola sul modulo prestampato e che ella aveva comunicato l’impossibilità di concludere l’acquisto per non aver ottenuto il mutuo, pur essendosi attivata tempestivamente, perché l’immobile proveniva da una donazione ma risultava gravato da mutuo ipotecario, rimasto in capo alla donante.
Eccepì, pertanto, l’inesigibilità del credito azionato, rilevando che il mancato avveramento della condizione sospensiva inserita nel contratto escludeva il maturarsi del diritto del mediatore al pagamento della provvigione ai sensi di quanto previsto all’ art. 1757 cod. civ..
L’opposta RAGIONE_SOCIALE invocò la finzione di avveramento ex art. 1359 cod. civ., poiché il mancato ottenimento del mutuo derivava da causa imputabile all’opponente ; a sostegno della sua difesa, allegò che un funzionario di un istituto di finanziamento (Banca Credem)
aveva provveduto a comunicare ad un familiare della opponente l’avvenuta emissione di un «pre -parere favorevole».
Con sentenza n. 141 del 24 marzo 2018, il Giudice di pace rigettò l’opposizione, ritenendo che, per l’art. 7 della proposta contrattuale, il diritto del mediatore alla provvigione fosse maturato già all’accettazione della proposta da parte della venditrice.
Con sentenza n.642/2019, il Tribunale di Sassari, adito in via principale da NOME COGNOME e in via incidentale dalla RAGIONE_SOCIALE, in totale riforma dell’impugnata sentenza, accolse l’ appello principale e rigettò l’appello incidentale, revocando il decreto ingiuntivo.
In particolare, il Tribunale ritenne che l’art. 7 della proposta d’acquisto, qualificata quale contratto preliminare di vendita, dovesse essere interpretato unitamente all’intero testo contrattuale e che, in conseguenza, anche il diritto alla provvigione dovesse intendersi sottoposto dalle parti alla condizione sospensiva; ritenne, infatti, rilevante il disposto dell’art. 1342 cod. civ. che prevede, nei contratti conclusi con moduli e formulari, la prevalenza delle clausole aggiunte su quelle prestampate.
Quindi, dopo aver qualificato la condizione inserita in contratto quale condizione mista, il Tribunale stabilì che «l’assetto di interessi dedotto in contratto non consent di ritenere integrati i presupposti né dell’art. 1359 cod. civ. , non avendo l’acquirente un interesse contrario all’avveramento della condizione, né dell’art. 1358 cod. civ., non avendo l’acquirente l’obbligo giuridico di attivarsi (trattandosi di elemento potestativo)»; escluse in ogni caso qualsivoglia comportamento contrario a buona fede da parte della promissaria acquirente, essendosi la stessa prontamente attivata per ottenere il finanziamento.
Avverso questa sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a cinque motivi, a cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n.3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la violazione degli artt. 1321, 1322, 1358 e 1359 1175, 1176, 1218, 1342, 1346, 1375, 2697, 2727 cod. civ. e degli artt. 115, 116 del cod. proc. civ., in relazione all’art. 3 a) della proposta d’acquisto: in particolare, ha lamentato, con un primo profilo, che il Tribunale avrebbe errato nel non ritenere integrati i presupposti di cui agli artt. 1358 e 1359 cod. civ. e, con un secondo profilo, che non avrebbe adeguatamente valutato le prove.
Secondo la ricorrente, infatti, il Tribunale avrebbe dovuto considerare che il contratto sottoposto a condizione potestativa mista è comunque soggetto alla disciplina di cui all’art. 1358 cod. civ. e perciò all’obbligo di comportamento secondo buona fede in pendenza di condizione, a pena dell’applicazione della finzione di avveramento ex art. 1359 cod. civ. e valutare in tal senso gli elementi probatori emersi in primo grado, in particolare la dichiarazione di COGNOME del 30 dicembre 2015, con cui aveva comun icato l’impossibilità di reperire un istituto di credito che le concedesse un mutuo, la nota del 16 febbraio 2016, resa a mezzo del suo legale, con cui negava di aver chiesto un finanziamento alla Banca Credem, la testimonianza che aveva invece confermato la finanziabilità dell’acquisto da parte proprio della Banca Credem ; questi element i dimostrerebbero che l’acquirente non aveva più interesse al verificarsi della condizione e in tal senso avrebbero dovuto essere ritenuti rilevanti ai fini dell’applicabili tà della fictio iuris .
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n.4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società RAGIONE_SOCIALE ha prospettato la nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione: in particolare, il Tribunale avrebbe contraddittoriamente negato l’applicabilità degli articoli 1358 e 1359 cod. civ., pur avendo qualificato la condizione come mista e affermato che l’ottenimento del mutuo sarebbe dipeso anche dal comportamento del promissario acquirente.
I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché involgenti le medesime questioni giuridiche e di fatto, sono infondati.
Innanzitutto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (da ultimo, Cass. Sez. 1, n. 7090 del 03/03/2022).
Nella specie, il Tribunale ha reso una motivazione coerente e, come si dirà di seguito, conforme a principi di diritto consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
2.1. Ciò precisato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare può ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione s pecifica del negozio, nelle forme di cui
all’art. 2932 cod. civ., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato (in ultimo, Cass. Sez. 2, n. 31431 del 13/11/2023; Sez. 6 – 2, n. 28879 del 05/10/2022).
Nella specie, il preliminare era sottoposto alla condizione sospensiva dell’ottenimento di un mutuo bancario da parte del promissario acquirente, sicché il diritto alla provvigione, secondo il primo comma del l’art. 1757 cod. civ. sarebbe potuto «sorgere» nel momento in cui si fosse verificata la condizione (Cass. Sez. 2, n. 20192 del 2019).
La condizione è stata qualificata dal Tribunale -con interpretazione qui non censurata -come condizione mista «in quanto contenente sia elementi casuali, estranei alla volontà dei contraenti, sia elementi potestativi, legati alla condotta del promissario acquirente chiamato ad attivarsi al fine di ottenere il finanziamento necessario al pagamento del prezzo»; il Tribunale ha, quindi, rimarcato che «l’assetto di interessi dedotto in contratto non consente di ritenere integrati i presupposti né dell’art. 1359 cod. civ., non avendo l’acquirente un interesse contrario all’avveramento della condizione, né dell’art. 1358 cod. civ., non avendo l’acquirente l’obbligo giuridico di attivarsi, trattandosi di elemento potestativo».
Così decidendo, il Tribunale si è uniformato a principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte che ha rimarcato come l’art. 1359 cod. civ., secondo cui la condizione del contratto si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, detti una disciplina evidentemente eccezionale che, come tale, è insuscettibile di interpretazione analogica e necessita, perciò, di una precisa ricostruzione nei suoi presupposti di operatività.
Innanzitutto, allora, la finzione di avveramento di cui all’art.1359 cod. civ. è applicabile ad una condizione di natura casuale o, al più, mista perché consegue soltanto ad un comportamento attivo del contraente che sia titolare di un interesse contrario al perfezionamento dell’obbligazione condizionata: questo comportamento deve, infatti, essere stato idoneo ad impedire l’evento integrante la cosiddetta condizione causale o l’elemento causale della cosiddetta condizione mista.
Evidentemente, invece, questo comportamento non è identificabile nella sola mancata attuazione dell’elemento potestativo della condizione mista, perché in tal caso al contraente è stato attribuito in contratto il potere di fare o non quanto è posto in condizione.
D’altro canto, l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità -e rilevare in conseguenza anche nel 1359 cod. civ. – in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, mentre la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista (così Cass. Sez. 2, n. 17919 del 22/06/2023 con numerosi richiami).
In tal senso, allora, in questo giudizio avente ad oggetto unicamente il diritto alla provvigione e, perciò, a monte, l’efficacia del contratto oggetto di RAGIONE_SOCIALE, non è rilevante in sé, quale comportamento contrario a buona fede, che COGNOME non avesse inteso chiedere il finanziamento alla Banca Credem asseritamente disposta a finanziare l’operazione: come esplicitamente rilevato dal Tribunale, infatti, l’erogazione del mutuo era stato dedotto in condizione non quale «evento possibile in astratto», ma in concreto quale ottenimento da parte del promissario acquirente di un finanziamento da parte di un istituto di sua fiducia, sicché l’essersi rivolti a un primario istituto di
credito a livello europeo, ricevendone risposta negativa, è elemento sufficiente per dimostrare l’impossibilità concreta di ottenere un mutuo per quell’immobile (così a pag. 8 della sentenza).
In conseguenza, è irrilevante ogni questione relativa alla prospettata perdita di interesse al contratto sopravvenuta.
2.2. Quanto all’erronea valutazione delle prove e alla violazione del 115 e del 116, il profilo di censura risulta certamente inammissibile perché rivolto a sollecitare un nuovo esame dei fatti precluso in questa sede di legittimità.
Per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei
rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021).
Nessuna di queste ipotesi è stata formulata nella censura in esame che si limita ad offrire, invece, una diversa lettura delle prove, per giunta non conferente, come detto, alle soluzioni giuridiche adottate nella sentenza impugnata.
Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n.4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.: il Tribunale avrebbe considerato la presunta revocabilità dell’acquisto e il concetto di rischiosità dell’affare in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato perché mai dedotti né emersi dall’istruttoria; avrebbe sovrapposto la richiesta da parte della Banca Credem della stipula di un’assicurazione da parte della promittente venditrice e non della promissaria acquirente, avrebbe erroneamente considerato primario istituto a livello europeo la Banca Intesa (che aveva negato la finanziabilità dell’acquisto) invece della Banca Credem risultata più affidabile.
3.1. Il motivo -peraltro sviluppato su considerazioni sul merito del giudizio del tutto irrilevanti in questa sede di legittimità -è inammissibile per sua formulazione: per principio consolidato, il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, né di pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice, indipendentemente dalle opinioni, ancorché concordi, espresse in
proposito dai contendenti. Al riguardo non è configurabile un vizio di ultrapetizione, ravvisabile unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16608 del 11/06/2021).
Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n.4 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha sostenuto la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.: il Tribunale di Sassari avrebbe errato nel porre a fondamento della propria decisione alcune prove orali, in contraddizione con i documenti prodotti in primo grado avanti al Giudice di Pace.
4.1. Il motivo è evidentemente inammissibile per le ragioni già esposte sulla natura e la denunciabilità del vizio di violazione degli art. 112, 115 e 116 cod. proc. civ.: si risolve, infatti, in una richiesta di riesame dei fatti preclusa invece al giudice di legittimità.
Con il quinto motivo, RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto in relazione all’art. 360 n.5 cpc, l’omesso esame di due fatti decisivi : il primo consisterebbe nell’avere la controricorrente avviato, nello stesso periodo in cui avrebbe dovuto dare impulso alla pratica di finanziamento, trattative per l’acquisto di un altro immobile, tanto da aver stipulato altro contratto di compravendita in data 16 maggio 2016 per un altro immobile sito in Sassari; il secondo fatto decisivo sarebbe invece costituito, ancora una volta, dalla prova della finanziabilità dell’acquisto dell’immobile emersa dalla dichiarazione della banca Credem.
La valutazione di questi fatti avrebbe consentito di ritenere avverata la condizione per la finzione ex art. 1359 cod. civ..
5.1. Il motivo è inammissibile.
L a finanziabilità dell’acquisto da parte di Credem è infatti stata esaminata dal Tribunale e ritenuta irrilevante per le ragioni esposte a
pag. 8 lett. f) della sentenza, come rivalutate in questa decisione nei precedenti punti di motivazione, in particolare al punto 2.1.
Per le medesime ragioni, è esclusa la decisività del fatto delle t rattative per l’altro acquisto.
Il ricorso è perciò rigettato, con conseguente condanna della ricorrente RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali in favore di NOME COGNOME, liquidate in dispositivo in relazione al valore della causa.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda