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Provvigione mediatore: quando è dovuta?

La Corte di Cassazione chiarisce quando sorge il diritto alla provvigione del mediatore. Analizzando un caso di preliminare di vendita firmato da un solo comproprietario, la Corte stabilisce che la conclusione di un ‘affare’, inteso come qualsiasi atto che crei un vincolo giuridico tra le parti, è sufficiente a far maturare il diritto alla provvigione. L’ordinanza sottolinea inoltre un importante principio processuale: se la decisione di merito si fonda su due autonome ragioni, l’appellante deve contestarle entrambe, pena l’inammissibilità del ricorso.

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Provvigione Mediatore: Diritto al Compenso Anche Senza Vendita Definitiva

Quando sorge il diritto alla provvigione mediatore? È necessario che la compravendita si concluda con il rogito notarile o è sufficiente la firma di un contratto preliminare? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, confermando un orientamento consolidato: il diritto al compenso matura con la conclusione di un ‘affare’, inteso come qualsiasi accordo che crei un vincolo giuridico tra le parti, anche se l’esito finale non è quello sperato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia legata alla compravendita di un immobile. Una società di mediazione immobiliare aveva messo in contatto una promissaria acquirente con i comproprietari di un appartamento. Le parti giungevano alla firma di un contratto preliminare. Tuttavia, l’accordo veniva sottoscritto, per la parte venditrice, da uno solo dei comproprietari, il quale apponeva la sua firma sotto la dicitura generica ‘Eredi’.

Successivamente, la promissaria acquirente si rifiutava di corrispondere la provvigione all’agenzia, sostenendo che non si fosse concluso un affare valido ed efficace, in quanto il firmatario non aveva speso formalmente il nome degli altri comproprietari né era stata prodotta una procura scritta che lo autorizzasse a vendere per conto loro. Secondo la sua tesi, in assenza di un vincolo giuridico perfetto, nessuna provvigione era dovuta.

La Decisione della Corte d’Appello: Una Doppia Motivazione

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione alla società di mediazione, condannando l’acquirente e i venditori al pagamento delle rispettive provvigioni. La decisione dei giudici di secondo grado era però fondata su due autonome e distinte rationes decidendi (ragioni della decisione):

1. Prima Ragione: Il contratto preliminare era pienamente valido ed efficace perché il comproprietario firmatario aveva agito in rappresentanza degli altri, munito di una procura scritta.
2. Seconda Ragione (alternativa): Anche se il firmatario avesse agito senza poteri (falsus procurator) o senza spenderne il nome, si sarebbe comunque concluso un ‘affare’ rilevante ai fini del diritto alla provvigione. Questo perché si sarebbe comunque creato un vincolo giuridico tra le parti, qualificabile alternativamente come contratto concluso da un falso rappresentante (con responsabilità risarcitoria), preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui o vendita di un bene in comunione stipulata da un solo comproprietario. In ogni caso, un’operazione economica idonea a far sorgere il diritto del mediatore.

L’Ordinanza della Cassazione e la provvigione mediatore

La promissaria acquirente ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra le altre cose, una presunta contraddittorietà della motivazione, proprio a causa delle diverse qualificazioni giuridiche prospettate dalla Corte territoriale.

La Suprema Corte ha tuttavia respinto il ricorso, basando la propria decisione su un fondamentale principio processuale. Quando una sentenza si regge su due o più ragioni giuridiche autonome, ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione finale, chi impugna ha l’onere di contestarle tutte. Nel caso di specie, la ricorrente aveva concentrato le sue censure sulla prima ratio decidendi (la validità del contratto basata sulla procura), ma non aveva mosso una specifica critica alla seconda e alternativa ragione.

Di conseguenza, la seconda motivazione, non essendo stata validamente contestata, è passata in giudicato, rendendo superfluo l’esame delle altre doglianze. Questa ragione, da sola, era sufficiente a sorreggere la condanna al pagamento della provvigione mediatore.

Le Motivazioni

Al di là dell’aspetto processuale, la Corte di Cassazione ribadisce il principio sostanziale secondo cui, ai fini del diritto alla provvigione mediatore (art. 1755 c.c.), per ‘conclusione dell’affare’ non si deve intendere necessariamente la stipula del contratto definitivo, ma qualsiasi operazione di natura economica che generi un rapporto obbligatorio tra le parti. È sufficiente che si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna parte ad agire per l’esecuzione del contratto o per il risarcimento del danno.

Un contratto preliminare, anche se affetto da vizi legati alla rappresentanza, rientra pienamente in questa nozione. Esso crea un nucleo di interessi che obbliga le parti e che è il risultato diretto dell’attività di mediazione. Pertanto, il mediatore che ha messo in contatto le parti ha diritto al suo compenso.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni. La prima, di carattere sostanziale, è una conferma per gli operatori del settore immobiliare: il diritto alla provvigione è un diritto robusto, che sorge nel momento in cui l’attività del mediatore porta alla creazione di un vincolo giuridico, a prescindere dagli sviluppi futuri della trattativa. La seconda, di natura processuale, è un monito per i legali: quando si impugna una sentenza, è fondamentale analizzare attentamente la sua struttura motivazionale e assicurarsi di contestare ogni singola ratio decidendi su cui si fonda, per evitare che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

Quando matura il diritto alla provvigione per il mediatore immobiliare?
Il diritto alla provvigione matura con la conclusione dell’ ‘affare’, inteso come la costituzione di un vincolo giuridico tra le parti che le abiliti ad agire per l’esecuzione specifica del patto o per il risarcimento del danno. La firma di un contratto preliminare è considerata sufficiente.

Se un contratto preliminare viene firmato da uno solo dei comproprietari, l’agente immobiliare ha comunque diritto alla provvigione?
Sì. Secondo la Corte, anche in questa ipotesi si costituisce un vincolo giuridico idoneo a far sorgere il diritto alla provvigione. L’accordo può essere qualificato come preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui o come contratto concluso da un ‘falsus procurator’, ma in ogni caso genera un rapporto obbligatorio frutto dell’attività di mediazione.

Cosa succede se in appello non si contestano tutte le ragioni su cui si basa la sentenza impugnata?
Se una sentenza si fonda su più ragioni giuridiche autonome e l’appellante ne contesta solo alcune, le ragioni non contestate passano in giudicato. Se anche una sola di queste ragioni è sufficiente a sorreggere la decisione, il ricorso viene respinto per inammissibilità delle censure sulle altre ragioni, che diventano irrilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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