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Provvigione mediatore: no se l’affare è diverso

Una società di mediazione mette in contatto due aziende per la locazione di un immobile. La trattativa fallisce. Mesi dopo, le stesse aziende concludono un affare diverso (affitto di ramo d’azienda) con l’aiuto di un secondo mediatore. La Corte d’Appello di Firenze nega la provvigione mediatore al primo agente, ritenendo interrotto il nesso causale tra la sua attività e la conclusione dell’accordo finale, data la sostanziale diversità dell’operazione.

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Provvigione Mediatore: Quando un Affare Diverso Interrompe il Diritto al Compenso

Il diritto alla provvigione mediatore è uno dei temi più dibattuti nel diritto immobiliare e commerciale. Non basta aver messo in contatto due parti perché scatti automaticamente il diritto al compenso. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha chiarito un punto fondamentale: se le trattative iniziali falliscono e le parti, mesi dopo, concludono un affare sostanzialmente diverso grazie a un secondo mediatore, il primo agente non ha diritto ad alcuna provvigione. Analizziamo insieme questo caso per capire il principio del ‘nesso di causalità’.

I Fatti del Caso: Una Mediazione Iniziale Senza Successo

Una società di mediazione immobiliare veniva incaricata di trovare un soggetto interessato a subentrare in un contratto di locazione per un prestigioso immobile commerciale nel centro di Firenze. Il mediatore individuava un’azienda potenzialmente interessata e facilitava i primi contatti.

Nonostante lo scambio di comunicazioni e la presentazione di una proposta, la trattativa per il subentro nel contratto di locazione si arenava e veniva di fatto abbandonata. Mesi dopo, le stesse due aziende, tramite l’intervento di una seconda agenzia di mediazione, stipulavano un contratto completamente diverso: un affitto di ramo d’azienda. Questa nuova operazione includeva non solo l’uso dei locali, ma anche l’avviamento, le attrezzature e le autorizzazioni, a condizioni economiche e di durata differenti.

A questo punto, il primo mediatore agiva in giudizio per ottenere il pagamento della provvigione, sostenendo che la conclusione dell’affare fosse comunque merito del suo intervento iniziale.

La Decisione di Primo Grado e la Provvigione Mediatore

Il Tribunale di Firenze, in prima istanza, aveva riconosciuto un diritto parziale alla provvigione. Secondo il giudice, l’attività del primo mediatore costituiva un ‘antecedente necessario’ per la conclusione dell’affare, anche se poi finalizzato con l’aiuto di un altro. Di conseguenza, aveva condannato le parti a versare al primo agente una quota ridotta del compenso, pari al 15% della provvigione totale.

Insoddisfatte, tutte le parti impugnavano la decisione: il primo mediatore con appello principale per ottenere l’intera provvigione, e una delle aziende convenute con appello incidentale per negare qualsiasi compenso.

Le Motivazioni della Corte d’Appello: Il Nesso Causale Spezzato

La Corte d’Appello di Firenze ha ribaltato la decisione di primo grado, accogliendo l’appello incidentale e respingendo quello principale. Il fulcro della decisione risiede nell’analisi del nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, come richiesto dall’art. 1755 c.c.

Secondo la Corte, per far sorgere il diritto alla provvigione, non è sufficiente che il mediatore abbia messo le parti in relazione tra loro. È indispensabile che la conclusione dell’accordo sia una conseguenza diretta e adeguata del suo intervento. Nel caso di specie, questo legame causale era stato interrotto.

La Corte ha evidenziato che:
1. Le trattative iniziali erano fallite: Il primo tentativo di accordo si era concluso senza successo, portando a un abbandono delle negoziazioni.
2. L’affare finale era sostanzialmente diverso: L’operazione conclusa non era un semplice subentro nella locazione, ma un affitto di ramo d’azienda. Questa tipologia contrattuale ha un oggetto, una causa, una struttura e condizioni economiche (canone annuo, durata) del tutto diverse rispetto alla proposta iniziale.
3. L’intervento del secondo mediatore è stato decisivo: È stato il secondo agente a impostare e condurre a termine la nuova e diversa operazione negoziale, creando un punto di contatto nuovo e indipendente tra le parti.

In sostanza, la Corte ha stabilito che l’affare finale era un risultato autonomo e indipendente dall’attività del primo mediatore. Il suo ruolo si era limitato a un contatto iniziale che non aveva prodotto risultati concreti, rendendo il suo contributo non più causalmente rilevante per l’accordo finale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Provvigione Mediatore

Questa sentenza offre importanti spunti pratici per i professionisti della mediazione. Il principio affermato è chiaro: il semplice fatto di aver presentato le parti non garantisce il diritto alla provvigione. È necessario dimostrare che il proprio lavoro è stato un fattore determinante e diretto nella conclusione di quello specifico affare.

Se una trattativa si interrompe e le parti, in un secondo momento, concludono un accordo su basi completamente nuove e con l’ausilio determinante di un altro professionista, il primo mediatore rischia di perdere il diritto al compenso. Per tutelarsi, è fondamentale documentare accuratamente ogni fase della trattativa e il proprio ruolo attivo nel superamento degli ostacoli, al fine di poter provare, in un eventuale contenzioso, la sussistenza di un solido e ininterrotto nesso di causalità.

Un mediatore ha sempre diritto alla provvigione se le parti che ha messo in contatto concludono un affare?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente aver messo in contatto le parti. È necessario che la conclusione dell’affare sia una conseguenza diretta e causalmente adeguata dell’intervento del mediatore. Se le trattative iniziali falliscono e le parti concludono successivamente un accordo diverso e indipendente, il diritto alla provvigione viene meno.

Cosa si intende per ‘interruzione del nesso di causalità’ nella mediazione?
Si ha un’interruzione del nesso di causalità quando, dopo l’intervento del primo mediatore, si verificano eventi nuovi e autonomi che portano alla conclusione dell’affare. Nel caso esaminato, questi eventi sono stati il fallimento della prima trattativa e l’intervento di un secondo mediatore che ha impostato un’operazione economica del tutto nuova e diversa dalla precedente.

Se due mediatori contribuiscono allo stesso affare, come si divide la provvigione?
La sentenza richiama l’art. 1758 c.c., secondo cui se l’affare è concluso con l’intervento di più mediatori, ciascuno ha diritto a una quota della provvigione. Tuttavia, questo principio si applica solo se entrambi hanno contribuito causalmente allo stesso affare. Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che il primo mediatore non aveva alcun diritto, poiché il suo contributo non era causalmente collegato all’affare finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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