Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9431 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9431 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
Oggetto: Mediazione – Immobile in costruzione – Mancato rilascio di fideiussione ex art. 2, d.lgs. n. 122 del 2005 – Diritto alla provvigione Insussistenza.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25330/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOMECOGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME deceduto il 29/6/2018, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio a Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. prof. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato.
-controricorrente – avverso la sentenza n. 4677/2021, emessa dalla Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 24/6/2021 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25
marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Roma in favore di RAGIONE_SOCIALE per la somma di € 17.080,00 a titolo di provvigione maturata per effetto dell’attività di mediazione svolta da quest’ultima in relazione alla compravendita dell’immobile sito in Roma, INDIRIZZO lotto Z29H, in corso di costruzione, sostenendo che il credito non fosse esistente in quanto le parti non erano addivenute alla stipula del preliminare in seguito alla revoca della proposta di acquisto effettuata dal promittente acquirente.
Costituitasi in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiese il rigetto dell’opposizione, sostenendo che il diritto alla provvigione fosse insorto nel momento della comunicazione al proponente dell’accettazione della proposta da parte del venditore.
Il Tribunale rigettò l’opposizione.
Il giudizio di gravame, instaurato da NOME, quale erede testamentaria dell’originario opponente nel frattempo deceduto, si concluse, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE, che eccepì il difetto di legittimazione attiva della COGNOME per non aver provato né il decesso di NOME NOME né la sua qualità di erede unica di quest’ultimo, con la sentenza n. 4677/2011, pubblicata il 24/06/2011, con la quale la Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello.
Contro la predetta sentenza, NOMECOGNOME NOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. RAGIONE_SOCIALE si difende con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 183 e 345 cod. proc. civ. e del combinato disposto degli artt. 2 e 6 d.lgs. n. 122 del 2005, nonché
la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3-4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito erroneamente qualificato come eccezione in senso stretto e ritenuta nuova e di conseguenza inammissibile l’allegazione secondo cui la mancata prestazione della fideiussione da parte del venditore, nonostante la compravendita avesse ad oggetto un immobile in costruzione, avrebbe comportato la nullità delle pattuizioni e di conseguenza impedito il perfezionamento dell’affare e la maturazione del diritto della società resistente alla provvigione.
1.2 Il primo motivo è fondato.
Preliminarmente, si rigettano le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente, per avere il ricorso violato il protocollo di intesa con questa Corte, in ragione delle dimensioni dei caratteri e della mancata indicazione del numero delle pagine, per avere la ricorrente omesso di richiamare gli allegati senza riprodurli nel ricorso e per avere la stessa provveduto ad una doppia notifica.
Quanto al primo punto, va richiamato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui il protocollo d’intesa fra la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense non può radicare, di per sé, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonea giustificazione nelle regole del codice di rito (Cass., Sez. 1, 29/7/2021, n. 21831).
Quanto al secondo punto, si osserva come il n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ. imponga di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2015, n. 23575; Cass., Sez. 5, 15/01/2019, n. 777), mediante la riproduzione diretta o indiretta del contenuto che sorregge la censura, precisando, in quest’ultimo caso, la parte del documento cui quest’ultima corrisponde (Cass., Sez. 5, 15/07/2015, n. 14784; Cass., Sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679) e i
dati necessari all’individuazione della sua collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2015, n. 23575; Cass., Sez. 5, 15/01/2019, n. 777).
Quanto al terzo punto, la controricorrente non ha chiarito in che termini sia stato violato il principio del contraddittorio o di difesa.
1.3 Venendo al merito, occorre, innanzitutto, osservare come, ai sensi dell’art. 1754 cod. civ., si qualifichi mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare e come il diritto alla provvigione ex art. 1755 cod. civ. sorga tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale (c.d. causalità adeguata) con l’attività intermediatrice (Cass., Sez. 2, 5/1/2024, n. 403; Cass., 08/04/2022, n. 11443; Cass. 3134/2022, 7029/2021, 5495/2021, 4644/2021, 3055/2020; Cass., Sez. 3, 20/12/2005, n. 28231).
Per ‘conclusione dell’affare”, deve intendersi, in particolare, ciò che, nel linguaggio comune, è l’equivalente del contratto (Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519) e, dunque, il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti, nel loro complesso, a realizzare un unico interesse economico, quand’anche con pluralità di soggetti (Cass., Sez. 2, 30/11/2015, n. 24397; Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519; Cass., Sez. 2, 22/3/2001, n. 4111).
La condizione perché il diritto alla provvigione sorga è, dunque, l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale (Cass., 06/04/2022, n. 11127) -purché vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti
originarie, tenute al pagamento della provvigione (Cass., 06/04/2022, n. 11127) -, né quando non vi sia una coincidenza totale tra oggetto iniziale delle trattative ed oggetto conclusivo dell’affare (Cass., Sez. 3, 9/12/2014, n. 25851) per essere stati bene e prezzo modificati in esito alle trattative intavolate per effetto dell’opera del mediatore (Cass., Sez. 3, 9/12/2014, n. 25851).
Occorre, in sostanza, il compimento di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, purché sufficiente a far sorgere tale diritto (come, ad esempio, un preliminare di vendita di un immobile; vedi tra le tante Cass., Sez. 2, 24/1/2024, n. 2359; Cass., Sez. 2, 30/11/2015, n. 24397; Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519; Cass., Sez. 2, 22/3/2001, n. 4111; Cass., Sez. 2, 3/10/1997, n. 9676).
L’indagine diretta a stabilire se le parti siano rimaste nell’ambito delle trattative ovvero abbiano concluso un contratto preliminare è rimessa al giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica, esauriente e non inficiata da violazione di norme di ermeneutica contrattuale (Cass., Sez. 2, 30/11/2015, n. 24397; Cass. 29/3/1996, n. 2924; Cass. 4/8/1990, n. 7871).
1.4 Tutto ciò premesso, si evidenzia come l’insorgenza del diritto alla provvigione non possa, tuttavia, prescindere dalla validità del contratto concluso e dal rispetto dei requisiti prescritti, come quello della forma scritta richiesta ad substantiam ex artt. 1350 e 1351 cod. civ. (Cass., Sez. 3, 19/10/2007, n. 22000; Cass., Sez. 3, 26/9/2005, n. 18779), derivando altrimenti dalla presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell’affare la perdita ex art. 1757, terzo comma, cod. civ., del diritto al compenso (Cass., Sez.
3, 10/05/2002, n. 6731; Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519; Cass., Sez. 3, 19/12/2013, n. 28456).
Tra questi requisiti può farsi rientrare anche quello previsto dall’art. 2 del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, recante ‘Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210’ (testo non direttamente variato dalle modifiche alla disciplina sostanziale della fidejussione ivi prevista introdotte dal d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 -, applicabili comunque ai contratti aventi ad oggetto immobili da costruire per i quali il titolo abilitativo edilizio sia stato richiesto o presentato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso – 16/3/2019 – giusta il disposto dell’art. 5, comma 1 ter , d.lgs. n. 122/2005, introdotto dall’articolo 387 d.lgs. n. 14/2019), il quale sancisce, al comma 1, che « All’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’art, 1939 cod. civ., di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento », onde garantire, come precisato al successivo art. 3, « la restituzione delle somme e del valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscossi e dei relativi interessi legali maturati fino al momento in cui la predetta situazione si è verificata », nel caso in
cui « il costruttore incorra in una situazione di crisi di cui al comma 2 o, nel caso di inadempimento all’obbligo assicurativo di cui all’articolo 4 ».
La nullità derivante dall’inadempimento a tale obbligo, che, ai sensi dell’art. 1, lett. d), del citato d.lgs., si estende anche agli « immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità », è stata considerata da questa Corte in termini di nullità relativa, la cui declaratoria è rimessa all’esclusiva iniziativa dell’acquirente, ed evidentemente di protezione, in quanto finalizzata a preservare l’interesse dell’acquirente a recuperare, tramite apposta garanzia, le eventuali somme versate in favore del venditore (e ciò in vista del pericolo di insolvenza di quest’ultimo).
Come osservato da Cass., Sez. 2, 22/11/2019, n. 30555, la soluzione legislativa a favore della nullità è orientata dall’esigenza non solo di predisporre una forma “forte” di controllo sulla regolarità dell’operazione nel suo complesso, in chiave di funzionalizzazione dell’esercizio dell’atto di autonomia alla tutela di specifici interessi (considerati “deboli” sul piano negoziale e pertanto suscettibili di protezione attraverso meccanismi in qualche misura correttivi dello squilibrio di potere contrattuale), ma anche di assicurare l’interesse generale tipico (pubblico) della società di massa.
Proprio in ragione di ciò, è stata affermata l’ammissibilità del rilievo officioso di siffatte nullità, essendo le stesse funzionali al perseguimento di interessi che possono addirittura coincidere con valori costituzionalmente rilevanti, quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) e l’uguaglianza quantomeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.), atteso che lo squilibrio
contrattuale tra le parti altera non soltanto i presupposti dell’autonomia negoziale, ma anche le dinamiche concorrenziali tra imprese (sulla possibilità del rilievo officioso delle nullità c.d. di protezione, anche virtuali, vedi Cass., Sez. U, 12/12/2014, n. 26243, che si rifà anche alle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia, come, ad esempio, sentenza Pannon 4 giugno 2009, in causa C243/2008; richiama l’ordine pubblico comunitario proprio con riguardo alla nullità di protezione derivante dalla violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 122 del 2005 e l’obbligo degli arbitri, nell’ambito del procedimento arbitrale, di segnalare alle parti l’esistenza di essa, Cass., Sez. 2, 6/5/2022, n. 14405; vedi anche Cass., Sez. 2, 5/2/2019, n. 3308).
Alla stregua di tali principi, deve allora considerarsi errata la decisione dei giudici di merito, allorché hanno ritenuto inammissibile la questione della nullità dell’accordo conclusosi per effetto dell’accettazione, da parte della venditrice, della proposta di acquisto avanzata dall’acquirente, siccome privo del rilascio della fidejussione di cui al ridetto art. 2, per non essere stata la stessa sollevata entro le scansioni temporali di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., ed essere, dunque, connotata da novità.
Né può dirsi all’uopo dirimente quanto evidenziato nel controricorso in ordine alla inapplicabilità di siffatto obbligo alla specie, essendo l’immobile oggetto dell”affare’ già concluso.
La questione, infatti, di natura squisitamente meritale, risulta smentita dalla stessa sentenza, allorché, nella parte descrittiva della domanda, rappresenta che l’oggetto della compravendita per la quale era stato avanzata la domanda di pagamento della provvigione, era costituito da un ‘ immobile, sito in Roma, alla INDIRIZZO Lotto INDIRIZZO, in corso di costruzione ‘, così da rientrare astrattamente nella nozione di ‘ immobili da costruire ‘ descritta dal citato art. 1, lett. d) del d.lgs. n. 122 del 2005.
Deve allora ritenersi che la decisione assunta dai giudici di merito si scontri con il principio secondo cui il diritto del mediatore alla provvigione può rimanere escluso, ai sensi dell’art. 1757, terzo comma, cod. civ., in presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell”affare’, come in caso di mancato rilascio di garanzia fideiussoria ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 122 del 2005 qualora il relativo oggetto ricada su un bene in costruzione non ancora ultimato e tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità, senza che rilevi la mancata proposizione di apposita eccezione da parte dell’acquirente legittimato a far valere la relativa nullità di protezione, dovendo la questione essere sollevata d’ufficio.
2.1 Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367, 1370 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ignorato e violato il canone ermeneutico connesso al comportamento successivo tenuto dalle parti e adottato l’interpretazione più favorevole al soggetto che aveva predisposto il modulo-formulario, anziché quella più favorevole all’altro contraente, privando al contempo di senso una clausola contrattuale.
2.2 Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 marzo 2025.