Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25493 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25493 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11080/2022 R.G., proposto da
COGNOME HATHAWAY INTERNATIONAL INSURANCE LIMITED ,
Rappresentanza Generale per l’Italia, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
-controricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione,
–
Mediazione -Broker assicurativo -Provvigione -Diritto al compenso
ad. 17.6.2025
intimata –
per la cassazione della sentenza n. 2644/2021 della CORTE d’APPELLO di Venezia pubblicata il 19.10.2021; udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17.6.2025 dal
Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1017/2018, pubblicata il 26.4.2018, il Tribunale di Verona rigettava la domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in avanti indicata come RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di Berkshire RAGIONE_SOCIALE (in seguito, Berkshire Hathaway), Rappresentanza generale per l’Italia, e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (a seguire RAGIONE_SOCIALE).
A sostegno della domanda l’attrice deduceva che il 14.11.2013 aveva ricevuto un mandato, quale broker in esclusiva dell ‘ Azienda ULSS 21 di Legnago (VR), per la stipulazione di una polizza per la responsabilità civile RCT/O dell’azienda ospedaliera. L’attrice affermava di aver richiesto, anche per il tramite della società Lonham, la quotazione di polizza a diverse compagnie, tra le quali Berkshire Hathaway. Dopo aver valutato le diverse offerte, l’attrice aveva ritenuto la quotazione indicata da Berkshire COGNOME come la migliore tanto che l’Azienda ULSS 21 di Legnago provvedeva – con delibera del 15 novembre 2013 ad accettare l’offerta e alla stipulazione del contratto di assicurazione.
Tale attività di mediazione, considerato che i premi dovuti erano stati regolarmente corrisposti dall’assicurata , avrebbe dovuto essere remunerata interamente dalla compagnia di assicurazione in misura pari al 12,5% dei premi annuali, da dividersi al 50% tra l ‘attrice e COGNOME Berkshire Hathaway, pertanto, avrebbe dovuto corrispondere il complessivo importo di euro 374.143,18 a titolo di provvigioni, di cui euro 187.071,59 da imputarsi a quanto maturato da Arena (euro 17.849,59 per il rateo relativo al periodo dal 16.11.2013 al l’1.2.2014 ; euro 84.611,00 per il rateo relativo al periodo dal l’1.2.2014 all’1.2.2015 2015; euro 84.611,00 per il rateo relativo al periodo dal l’1.2.2015 all’1.2.2016).
Sennonché, Berkshire Hathaway aveva corrisposto il primo rateo in favore di Lonham, per l’intero importo di euro 35.699,18 (per il periodo dal 16.11.2013 al l’1.2.2014 ), senza nulla versare ad Arena. Di qui la domanda di pagamento formulata da ll’attrice nei confronti delle convenute.
Berkshire Hathaway si costituiva e contestava di dovere alcunché a titolo di provvigione per la indicata attività di mediazione per la stipulazione della polizza 20013RCG00046-638169. Il contratto di assicurazione era stato stipulato direttamente tra le parti, nell’ambito di una trattativa privata, senza intermediazione di Arena come riportato nella stessa delibera di aggiudicazione della ULSS 21 di Legnago del 15.11.2013. Berkshire negava l’esistenza di qualsiasi contatto diretto o incarico conferito ad Arena per la stipula della polizza con la ULSS 21 di Legnago. L ‘incarico «esplorativo» di broker , conferito in assenza di gara pubblica, lo si sarebbe dovuto ritenere inidoneo a far sorgere il diritto di Arena a chiedere le provvigioni alla compagnia e l’assenza « clausola broker » nella polizza non consentiva alla compagnia il pagamento di provvigioni ad Arena, la quale non aveva avuto alcun contatto con essa.
Anche COGNOME nel costituirsi contestava la domanda, data la nullità dell’incarico conferito ad Arena per la violazione delle norme sugli appalti pubblici, e chiedeva il differimento della prima udienza al fine di procedere alla chiamata in causa dell’Azienda ULSS 21 di Legnago.
Il Tribunale di Verona, pur ritenendo provato lo svolgimento di una attività finalizzata alla conclusione della polizza, a nulla rilevando che in essa non fosse presente la clausola broker , notava che l’incarico di Arena era nullo per il mancato ricorso alla procedura dell’evidenza pubblica, né sarebbe stato possibile derogare al l’art. 33 D.Lgs. 163/2006 per ragioni di urgenza, ai sensi dell’art. 57 , comma secondo, lett. c), perché mancava la prova della non imputabilità all’amministrazione del deter minarsi di una situazione di urgenza.
La Corte d’Appello di Venezia con sentenza pubblicata il 19.10.2021, accogliendo l’impugnazione proposta da COGNOME accertato il diritto di
quest’ultima a percepire a titolo di provvigione per attività di mediazione euro 187.071,59, condannava Lonham al paga mento dell’importo di euro 17.489,59 e Berkshire Hathaway al pagamento di euro 169.222,00, gravandole delle spese di lite di ciascun grado.
Osservava la corte marciana che per il sorgere del diritto al compenso di NOME, richiesto a parti private, era irrilevante che essa avesse ricevuto un regolare incarico dall’AUSSL 21 di Legnago secondo le regole previste per i contratti con le pubbliche amministrazioni. Infatti, trovavano applicazione le comuni regole codicistiche sulla mediazione e sul mediatore, cui sono riconducili il contratto di brokeraggio e il broker assicurativo, in forza delle quali il diritto al compenso del mediatore/ broker sorge per il solo fatto dello svolgimento materiale di un’attività determinante per la conclusione dell’affare, senza che occorra ulteriormente la presenza di un incarico e ciò anche nel caso in cui l’intervento del mediatore sia stato richiesto da una pubblica amministrazione.
Ad ogni modo, l ‘incarico conferito ad Arena dall’AUSL 21 di Legnago, senza la preventiva effettuazione di una gara, sarebbe stato comunque valido, poiché, in ragione delle due precedenti gare, andate deserte, per l’individuazione di una compagnia assicuratrice con cui stipulare la nuova polizza assicurativa RCT/O, e vista l’imminente scadenza della vecchia polizza (il 15.11.2013), sussistevano le condizioni di cui all’art. 57, comma secondo, lett. c), del Codice degli Appalti per ricorrere alla trattativa privata tanto per la stipulazione del contratto di assicurazione, quanto per la nomina di un broker , che la conclusione di quel contratto doveva favorire. Aggiungeva la Corte d’appello che tale ultimo incarico, conferito per un periodo di quindici giorni, aveva ad oggetto il solo piazzamento della polizza scadente il 15.11.2013.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre Berkshire Hathaway, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che si è costituita quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE Lonham è rimasta intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1754, 1755 c.c., art. 1, legge 28 novembre 1984, n. 792, art. 109, c. 2, lett. b), d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private), artt. 2, 11 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti Pubblici, nel testo vigente ratione temporis ), art. 121 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. Codice del Processo Amministrativo, nel testo vigente ratione temporis ) ‘.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto che il diritto al compenso del broker assicurativo, in quanto figura speciale di mediatore, sorga, anche nel caso in cui l’incarico sia conferito da una pubblica amministrazione per il solo «piazzamento» di una polizza assicurativa, unicamente in presenza delle condizioni previste dalle norme del codice civile in materia di mediazione, senza che vi sia anche la necessità di un valido incarico conferito nel rispetto delle regole sull’evidenza pubbl ica.
La natura dell’attività svolta dal broker non esclude che si pongano anche in relazione a tale servizio le esigenze di trasparenza, regolarità, imparzialità e buona amministrazione che impongono, a pena di nullità, l’applicazione delle regole sui contratti con la pubblica amministrazione e, segnatamente, dei contratti di appalto all’epoca regolati dal D.lgs. 163/2006. L’inosservanza di tali disposizioni integra una delle ipotesi di inefficacia previste dall’art. 121 D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), tanto più che il broker , diversamente dal mediatore, ai sensi dell’art. 1 l. 792/1984 è soggetto che «collabora» con gli assicurandi per la determinazione del contenuto del contratto e collabora, eventualmente, alla sua gestione ed esecuzione.
Né sarebbe sostenibile che il rispetto delle norme del codice degli appalti possa riguardare solo il rapporto con la PA, perché, così opinando, il dettato normativo si presterebbe a una comoda elusione da parte delle amministrazioni, poste al riparo da pretese del broker , e minerebbe l’unitarietà dell’attività svolta da quest’ultimo. Ancora, vana sarebbe l’osservazione secondo cui la provvigione del broker sarebbe dovuta, per uso normativo, sempre e solo dalle compagnie di assicurazioni, atteso che queste, riversando la provvigione pagata al broker nel premio assicurativo, esporrebbero la PA a un onere non dovuto.
Preliminarmente, deve essere osservato che il motivo in esame non si presta al rilievo di inammissibilità prospettato dalla resistente, ossia di incomprensibilità della censura. Viceversa, la censura svolta è perfettamente comprensibile, assumendosi che i vincoli all’azione contrattuale della pubblica amministrazione (trasparenza, regolarità, imparzialità e buona amministrazione) non avrebbero permesso all’Azienda ULLS 21 di Legnago di attribuire l’incarico ad Arena se non nel rispetto delle regole dell’evidenza pubblica.
È stato reiteratamente affermato da questa Corte che ‘ Il broker assicurativo svolge un’attività che, pur connotata da profili di intellettualità, risulta riconducibile alla mediazione in forma di impresa commerciale, e che, non risultando astrattamente incompatibile con le procedure ad evidenza pubblica può essere legittimamente svolta in favore della p.a. o di un ente pubblico allo scopo di garantirli ed assisterli nella stipula di un contratto di assicurazione, sub specie di una collaborazione esterna la cui fonte è legittimamente identificabile (non nell’art. 380 d.p.r. n. 3 del 1957, ma) nell’art. 9 d.leg. n. 80 del 1998 ‘ (v. Cass., sez. III, 7 febbraio 2005, n. 2416; Cass., sez. II, 10 gennaio 2023, n. 341; cui adde , in merito alla natura dell’attività del broker e alla relativa responsabilità Cass., sez. III, 10 ottobre 2018, n. 25167; Cass., sez. III, 27 maggio 2010, n. 12973).
Ciò nonostante, il motivo è inammissibile ai sensi 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., poiché non è stata attinta in modo pertinente la
motivazione espressa dalla corte marciana nei paragrafi 3.2 e 3.3., là dove, sulla premessa che la pretesa azionata da Arena volta al pagamento della provvigione per l’attività di mediazione, svolta insieme a Lonham , in relazione al contratto per la copertura della RCT/O dell’Azienda ULLS 21 di Legnago, è stato affermato che si è in presenza di una ‘causa ordinaria tra soggetti privati (risultandone del tutto estranea l’Azienda sanitaria), attinente ad una pretesa creditoria che trova la sua diretta fonte normativa nell’art. 1755 cod. civ. ‘ .
Ha aggiunto la Corte d’appello che ‘ risulta di immediata evidenza l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado, che non ha adeguatamente considerato che il diritto del broker di ricevere il compenso dall’impresa assicuratrice che ha concluso l’affare assicurativo grazie alla sua mediazione è collegato solamente alla conclusione dell’affare, mentre non rilevano eventuali irregolarità della procedura di affidamento dell’incarico allo stesso broker da parte del suo cliente (anche se questo si identifichi, come nel caso in esame, in un Ente pubblico), essendo sufficiente lo svolgimento in concreto dell’attività di mediazione svolta su input dello stesso ‘.
Sul presupposto dell’ assimilazione dell’attività del broker a quella del mediatore e della conseguente applicabilità della disciplina contenuta nel codice civile, la Corte d’appello ha poi affermato ulteriormente che ‘ Ora, l’art. 1755 c.c., come già ricordato, dispone che «Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento», sicché il fondamento del diritto del mediatore al compenso per l’attività di mediazione svolta va individuato, non già nello specifico incarico eventualmente ricevuto dal s oggetto interessato (l’art. 1754 c.c. prevede infatti che il mediatore possa anche non essere legato da «rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza»), ma nel dato obiettivo e causalmente autosufficiente che le parti siano state messe in relazione d’affari proprio grazie alla sua attività L’incarico risulta, dunque, un elemento accessorio e meramente eventuale, rilevando esclusivamente la «messa in relazione» delle parti; né può sostenersi che l’incarico ricevuto
neutralizzi l’applicazione delle norme del codice civile in materia di mediazione (artt. 1754 e ss. c.c.), poiché, come chiarito dalla S.C. «È configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni» (Cass. civ., Sez. Un. 2 agosto 2017, n. 19161). Ne consegue che nella fattispecie in esame ogni considerazione sulla regolarità della procedura amministrativa a suo tempo seguita dalla A.U.L.S.S. n. 21 per assegnare ad RAGIONE_SOCIALE l’incarico di ricercare per suo conto una Compagnia assicuratrice disposta a stipulare un contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo per la copertura RCT/O dell’Azienda sanitaria a seguito di procedura negoziata andata deserta risulta inconferente, trattandosi di una circostanza comunque irrilevante ai fini di causa, essendo indubbio che fu proprio RAGIONE_SOCIALE a mettere in relazione la ARAGIONE_SOCIALE con la Berkshire Hathaway e quindi a curare la stipulazione della polizza’.
Nella lunga citazione tratta dalla sentenza impugnata è evidente il richiamo all’antica disputa sulla natura della mediazione , ossia se essa abbia natura contrattuale (v., ex multis , Cass., sez. III, 20 agosto 2009, 18154), o si tratti di fattispecie di matrice non negoziale collegata all’attività del mediatore, funzionale rispetto alla conclusione del contratto, autonomamente disciplinata dalla legge e scaturente dalla semplice opera di intermediazione. Da ciò conseguendo che, quando questa viene svolta a favore di un ente pubblico, il mediatore ha diritto al compenso, senza che per il conferimento dell’incarico sia necessaria la forma scritta, che resta obbligatoria per la stipulazione dei contratti da parte degli enti pubblici (Cass., Sez. III, 25 ottobre 1991, n. 11384).
Dalla natura non negoziale della mediazione, in quanto derivante dalla prestazione di un attività materiale, ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione non è dunque necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca del contraente, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore e se ne sia avvantaggiato (v., Cass., sez. II, 14 maggio 2018, n. 11656; Cass., sez. III, 9 dicembre 2014, n. 25851; Cass., sez. III, 22 ottobre 2010, n. 21737; v. altresì Cass., sez. II, 26 agosto 2019, n. 21712, a proposito della non imprescindibilità di un preventivo incarico , assumendo rilievo ‘ una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto ‘, fermo restando che l’apporto causale del mediatore deve apprezzarsi in termini di adeguatezza causale, v. Cass., sez. II, 8 aprile 2022, n. 11443; Cass., sez. II, 2 febbraio 2023, n. 3165; Cass., sez. II, 8 gennaio 2024, n. 538; Cass., sez. II, 24 gennaio 2024, n. 2389).
Mette conto ricordare, inoltre, come sia stato anche affermato da questa Corte che ‘ configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cd. atipica, fondata su contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cd. mediazione unilaterale), qualora una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite cond izioni’ (v., Cass., Sez. Un., 2 agosto 2017, n. 19161).
Sulla scia di tale statuizione più di recente, proprio in una vicenda relativa a un incarico di mediazione conferito da un ente pubblico non economico, è stato statuito da questa Corte che la mediazione tipica ‘ricade tra gli atti a forma libera, per i quali non è prevista la forma scritta ad substantiam , atteso che il rapporto che si viene a creare non ha natura necessariamente contrattuale, ma costituisce atto giuridico in senso stretto, inserito nella categoria dei rapporti contrattuali di fatto o contatti sociali
rilevanti, rispetto ai quali l’incarico non ha portata dirimente’ (v. Cass., sez. II, 27 luglio 2022, n. 23422).
La censura svolta dalla ricorrente prescinde totalmente dallo snodo argomentativo sviluppato dalla Corte d’appello nella prima ratio espressa nella sentenza , facendo leva solo sull’inscindibilità tra agire contrattuale dell’amministrazione e le regole di evidenza pubblica, la cui pregnanza sarebbe tale da paralizzare la pretesa di pagamento azionata dall’allora attrice/mediatrice sulla base ‘del dato obiettivo e causalmente autosufficiente che le parti siano state messe in relazione d’affari proprio grazie alla sua attività’.
La ricorrente ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito al consolidato principio di diritto, in base al quale ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6 -I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074, che ribadisce il principio di diritto similare affermato da Cass. n. 359 del 2005, nel senso che «Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non
possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo»; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
In secondo luogo, si deve rilevare che quanto detto dalla ricorrente a chiusura del motivo a proposito dell’esistenza di uso normativo fa leva su un profilo coperto dal giudicato intern o. Infatti, la Corte d’appello a pagina 28 (secondo capoverso) si è così espressa: ‘Va in ogni caso sottolineato come il corrispondente uso normativo che pone il pagamento del compenso direttamente a carico della società assicuratrice in misura percentuale al premio imponibile è stato espressamente riconosciuto in sentenza (v. pag. 9, primo cpv.) e non è stato, per contro, minimamente smentito dalle appellanti ‘.
Ad ogni modo, fermo quanto appena detto, l ‘assunto della ricorrente, a cui dire ‘le compagnie assicurative riversano poi la provvigione pagata al broker sul premio corrisposto dalla controparte’, sia pur evocato nel quadro della richiamata applicazione della normativa sull’evidenza pubblica , pone una questione nuova non menzionata nella menzionata nella sentenza impugnata.
Secondo un indirizzo costante di questa Corte (v., indicativamente, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Sez. Un., 29 gennaio 2024, n. 2607; 17 febbraio 2023, n. 5131; 23 settembre 2021, n. 25909; 24 gennaio 2019, n. 2038; 13 giugno 2018, n. 15430; 28 luglio 2008, n. 20518), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella
fase di merito né rilevabili d’ufficio (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; 24 gennaio 2019, n. 2038; 9 agosto 2018, n. 20694; 18 ottobre 2013, n. 23675). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; 12 settembre 2000, n. 12025). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (v. Cass. 13 settembre 2007, n. 19164; 9 luglio 2013, n. 17041; 25 ottobre 2017, n. 25319; 20 maggio 2018, n. 20712; 6 giugno 2018, n. 14477).
Nella specie, essendo la prospettazione del riversamento della provvigione nel premio basata su circostanze fattuali, è palese che si sarebbe dovuto indicare se, dove e come il giudice di appello ne fosse stato investito.
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 11, 33 e 57 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti Pubblici, nel testo vigente ratione temporis ).
Berkshire Hathaway si duole per avere la Corte d’appello ritenuto la sussistenza delle condizioni richieste dal codice degli appalti per conferire ad RAGIONE_SOCIALE a trattativa privata, sulla base di una semplice lettera firmata dal Direttore Generale dell’Azienda ULSS 21 di Legnago , l’incarico per il solo ‘piazzamento’ di una polizza assicurativa.
Alla possibilità del piazzamento della polizza osta la previsione dell’art. 33, comma terzo, D.lgs. 163/2006, secondo cui ‘ le amministrazioni aggiudicatrici e i soggetti di cui all’articolo 32, comma 1, lettere b), c), f), non possono affidare a soggetti pubblici o privati l’espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici ‘. L ‘Azienda
ULLS 21 non avrebbe potuto affidare ad NOME l’incarico di individuare la compagnia con cui stipulare il contratto di assicurazione.
La decisione impugnata, inoltre, è stata resa in violazione dell’art. 11, comma 13, D.Lgs. 163/2006, là dove è stato ritenuto sufficiente per il conferimento dell’incarico la sola lettera a firma del direttore generale dell’Azienda ULLS 21 di Legnago. I contratti della pubblica amministrazione, anche quando conclus i senza l’osservanza delle procedure di evidenza pubblica, devono essere stipulati nel rispetto delle forme previste dalla legge , ossia l’atto pubblico notarile informatico ovvero in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante.
La lettera di incarico del direttore generale n on costituiva né un ‘atto pubblico notarile informatico o elettronico’, né una ‘ scrittura privata’. Si trattava, al più, di una semplice proposta alla quale, ai fini del valido perfezionamento del contratto in ossequio alle forme imposte dalla legge per i contratti con la p.a., sarebbe dovuta seguire una successiva accettazione scritta di Arena, che non era mai intervenuta.
Il motivo investe una seconda ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello , con la quale è stata ritenuta la sussistenza di una situazione di urgenza, legata al fatto che le due gare precedenti per la individuazione di un operatore in grado di offrire la copertura RCT/O erano andate deserte e che era imminente la scadenza della polizza in essere, tale da giustificare il ricorso alla trattativa privata ai sensi dell’art. 57 D.Lgs. 163/2006 , sia per la stipulazione della polizza, sia per l’affidamento dell’incarico al broker .
Tuttavia, l’esito dello scrutinio del primo motivo è tale da far sì che in ogni caso l’esame d i quello in esame non inciderebbe sull’esito della lite.
7.1. Va però notato che la ricorrente, anche a prescindere dalla novità della questione della necessità della successiva accettazione scritta da parte di Arena a seguito dell’incarico da parte del Direttore generale dell’Azienda ULLS 21 di Legnago, là dove denuncia la violazione dell’art. 33 , comma terzo, D.Lgs. 163/2006 sul rilievo che non sia possibile per la PA affidare a un soggetto privato l’espletamento delle funzioni e delle attività di stazione
appaltante e, quindi, l ‘amministrazione non avrebbe potuto attribuire ad Arena l’incarico del «piazzamento della copertura della responsabilità civile», non coglie la ratio palesata dalla Corte d’appello .
A pagina 23 della sentenza (penultimo capoverso) la Corte d’appello ha scritto : ‘ l’incarico al broker aveva ad oggetto proprio ed esclusivamente il piazzamento della copertura della responsabilità civile scadente il 15.11.2013, tant’è che la lettera di incarico prevedeva una durata dello stesso di soli 15 giorni. Non si trattava, quindi, di un incarico stabile e continuativo, come lo sono i tradizionali incarichi di brokeraggio per l’assistenza alla gestione e all’esecuzione dei contratti assicurativi dell’Ente o gli incarichi di consulenza per la predisposizione dei bandi di gara per l’aggiudicazione di po lizze, ma di un incarico conferito per un unico specifico scopo da conseguire in un limitatissimo spazio temporale in vista e in funzione di un preminente interesse dell’Amministrazione conferente’.
Con tale notazione il giudice di secondo grado ha evidenziato come il compito del broker non fosse quello tipizzato dall’art. 109 cod. ass. (data l’abrogazione già all’epoca della legge 792/19 84), ma solo quello di reperire in un termine ristretto un operatore sul mercato assicurativo, con cui l’Azienda RAGIONE_SOCIALE di Legnago avrebbe poi stipulato il contratto, sì che nessuna attribuzione delle funzioni di stazione appaltante è intervenuta. Tanto più che COGNOME, come precisato dalla corte territoriale, ‘svolse congiuntamente ad RAGIONE_SOCIALE l’incarico di ricerca e mediazione del servizio assicurativo di cui si tratta (e l’accordo tra le parti prevedeva, non a caso, che la provvigione sarebbe stata divisa tra i due broker), sicché non appare sostenibile la tesi secondo cui l’attività posta in essere al riguardo da Lonham RAGIONE_SOCIALE sarebbe legittima (e meritevole di retribuzione), mentre non lo sarebbe quella (sovrapponibile e documentata) svolta da RAGIONE_SOCIALE‘.
La ricorrente, pertanto, per un verso, quanto alla violazione dell’art. 33, comma terzo, D.Lgs. 163/2006 ha svolto una motivazione eccentrica rispetto alla ratio decidendi , per un altro, non ha impugnato l’intera ratio
decidendi nella parte in cui è stata ritenuta la sussistenza di una situazione di urgenza prevista dall’art. 57, comma secondo, lett. c), D.Lgs. 163/2006 vigente all’epoca dei fatti.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.050. per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 17 giugno 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME