Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3332 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 6254 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 5748/2022 depositata il 20 settembre
2022 della Corte di appello di Roma.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
LA CORTE OSSERVA
1. ─ RAGIONE_SOCIALE ha domandato al Tribunale di Roma di dichiararsi l’inefficacia dell’ordinanza cautelare pronunciata in data 22 marzo 2018, confermata all’esito del giudizio di reclamo con provvedimento collegiale del 6 luglio 2018; con tale provvedimento cautelare il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda da RAGIONE_SOCIALE, aveva inibito a RAGIONE_SOCIALE l’utilizzo del segno distintivo «RAGIONE_SOCIALE» e di ogni altro segno distintivo contenente il marchio «RAGIONE_SOCIALE», aveva ordinato la rimozione di tale segno distintivo dall’insegna di RAGIONE_SOCIALE e aveva disposto una penalità per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento, con decorrenza dalla notifica dello stesso in forma esecutiva.
Secondo la ricorrente il provvedimento cautelare aveva perso efficacia a norma dell’art. 132, comma 3, c.p.i. , in quanto COGNOME, dopo aver ottenuto la pronuncia di inibitoria, non aveva iniziato il giudizio di merito volto all’accertamento del proprio diritto.
Nella resistenza di Villa INDIRIZZO, il Tribunale di Roma, con sentenza dell’8 luglio 2020, ha respinto la domanda di declaratoria di inefficacia dell’ordinanza e ciò in considerazione del dispos to dell’art. 132, comma 4, c.p.i -d.lgs. n. 30 del 2005
-secondo cui la sanzione dell’inefficacia per la mancata tempestiva proposizione del giudizio di merito non opera con riguardo ai provvedimenti cautelari di natura anticipatoria: disposto che ha reputato compatibile con l’art. 9 della direttiva dir. 2004/48/CE e con l’art. 50 dell’accordo TRIPs ( The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights ) in quanto tali prescrizioni andavano riferite esclusivamente ai provvedimenti per loro natura provvisori, non anche a quelli idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito.
2. ─ M.RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la decisione e la Corte di appello di Roma, pronunciando nel contraddittorio con INDIRIZZO, costituitasi in giudizio, ha respinto il gravame.
Dopo aver precisato che tra i provvedimenti cautelari anticipatori rientra il provvedimento di inibitoria di cui all’art. 131 c.p.i., il Giudice distrettuale ha osservato che i provvedimenti presi in considerazione dall’art. 9 dir. 2004/48/CE « sono caratterizzati dall’intento di conservare integro uno stato di fatto in attesa ed allo scopo che su di esso il provvedimento principale possa in futuro esercitare i suoi effetti », mentre il provvedimento di inibitoria « non risulta necessariamente strumentale all’emissione di un successivo provvedimento in quanto idoneo a realizzare pienamente l’interesse dell’odierna appellata ed a tutelarne in via definitiva il diritto, in virtù delle statuizioni che può contenere, una volta che abbia acquistato stabilità ». Ha aggiunto che la disciplina dei provvedimenti anticipatori è dettata dal principio di economia dei giudizi , il quale è regolato dall’art. 3 della citata direttiva, secondo cui le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà
intellettuale sono « leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati ».
– Per la cassazione della sentenza della Corte di Roma RAGIONE_SOCIALE ha proposto un ricorso basato su due motivi, cui resiste, con controricorso, INDIRIZZO.
4 . -Col primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 10 Cost., de ll’art . 9 della dir. 48/2004/CE e dell’all’art . 132 c.p.i.. Si assume che l’ art. 9 della direttiva sarebbe stato malamente interpretato dalla Corte di appello; si deduce, in proposito, che la previsione della norma includerebbe « anche i provvedimenti a contenuto anticipatorio quali le ingiunzioni volte a prevenire o ad interrompere le violazioni »; secondo la ricorrente, il disposto dall’art. 3 della medesima direttiva non confliggerebbe con la prescritta caducazione dei provvedimenti anticipatori e, in ogni caso, non vi sarebbe correlazione tra il principio di economicità dei giudizi e la soluzione interpretativa perorata dalla Corte di appello.
Col secondo mezzo, si lamenta la nullità del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c.. Ci si duole che la sentenza di appello non abbia reso alcuna statuizione con riguardo alla censura, da essa proposta, con cui era stato contestato che la misura della penalità, adottata dal primo Giudice, avesse natura anticipatoria.
5 . -La controricorrente ha denunciato la carenza di autosufficienza del ricorso , ma l’eccezione va disattesa.
La verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. deve compiersi con riguardo ad ogni singolo
motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887). Il ricorso non prospetta tali carenze.
6. -Il ricorso per cassazione pone la questione del coordinamento tra l’art. 9 , paragrafo 5, della dir. 48/2004/CE (c.d. direttiva enforcement , sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale) e la norma nazionale di cui all’art. 132, comma 4, c.p.i..
7 . – L’art. 9 , paragrafo 5, della direttiva prevede: « Gli Stati membri assicurano che le misure provvisorie di cui ai paragrafi 1 e 2 siano revocate o cessino comunque di essere efficaci, su richiesta del convenuto, se l’attore non promuove un’azione di merito dinanzi all’autorità giudiziaria competent e entro un periodo ragionevole che sarà determinato dall’autorità giudiziaria che ordina tali misure quando la legislazione dello Stato membro lo consente oppure, in assenza di tale determinazione, entro un periodo che non deve superare 20 giorni lavorativi o 31 giorni di calendario, qualora questi rappresentino un periodo più lungo ».
Tra le misure provvisorie menzionate nei paragrafi 1 e 2 rientra l’ « ingiunzione interlocutoria volta a prevenire qualsiasi violazione imminente di un diritto di proprietà intellettuale, o a
vietare, a titolo provvisorio e, imponendo se del caso il pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, ove sia previsto dalla legislazione nazionale, il proseguimento di asserite violazioni di tale diritto, o a subordinare l’azione al la costituzione di garanzie finalizzate ad assicurare il risarcimento del titolare »: ingiunzione interlocutoria che « può inoltre essere emessa, alle stesse condizioni, contro un intermediario, i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale » .
8 . -In origine, l ‘art. 13 4, comma 1, c.p.i. disponeva che nei procedimenti giurisdizionali in materia di proprietà industriale si applicassero le norme dei capi I e IV del titolo II e quelle del titolo III del d.lgs. n. 5 del 2003. Ciò comportava che nelle relative controversie fosse operante la regola, posta dall’art. 23 del detto decreto legislativo, per cui ai provvedimenti d’urgenza e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito non si applicasse l’art. 669octies c.p.c., dettato per il procedimento cautelare uniforme, ed essi non perdessero la loro efficacia se la causa non fosse iniziata : l’allora vigente art. 669octies disponeva, infatti, che l’ordinanza di accoglimento della domanda cautelare, ove proposta prima dell’inizio della causa di merito, dovesse sempre fissare un termine perentorio non superiore a trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito e che, in difetto, la causa stessa dovesse essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni: sicché ai provvedimenti di accoglimento della misura cautelare si applicava, in caso di inosservanza del termine perentorio suddetto (oggi esteso a sessanta giorni), la sanzione di inefficacia di cui
all’art. 669novies , comma 1, c.p.c..
L’art. 23 d.lgs. n. 5 del 2003 aveva dunque introdotto un regime derogatorio rispetto a quello all’epoca operante.
L ‘art. 134, comma 1, c.p.i. è venuto meno per effetto della sentenza n. 170 del 2007 della Corte costituzionale.
Prima di tale pronuncia, tuttavia, il legislatore italiano aveva direttamente trasfuso, all’interno del codice della proprietà industriale, la regola di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 5 del 2003: lo aveva fatto con l’art. 19 del d.lgs. n. 140 del 2006, recante norme di attuazione della dir. 48/2004/CE; il detto articolo aveva modificato l’art. 131 c.p. i., in tema di inibitoria cautelare, recependo la prescrizione della direttiva contenuta nel cit. art. 9, paragrafo 5, ma aveva, al contempo, introdotto un comma (1quater ) che escludeva la perdita di efficacia della misura, determinata dalla mancata tempestiva instaurazione del giudizio di merito, con riguardo ai cosiddetti provvedimenti anticipatori.
9. La regola della « ultrattività » dei provvedimenti cautelari anticipatori è stata ribadita dal d.lgs. n. 131 del 2010. Questo ha modificato il testo degli artt. 131 e 132 c.p.i., trasponendo, per quanto qui rileva, la regola dell’ultrattività dei provvedimenti cautelari anticipatori nella nuova formulazione dell’art. 132 , il quale oggi riproduce, al terzo comma, la regola generale per cui il provvedimento cautelare perde efficacia se il giudizio di merito non è iniziato nel termine perentorio prescritto (venti giorni lavorativi o trentuno giorni di calendario qualora questi rappresentino un periodo più lungo) e dispone, al quarto comma: « Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’ articolo 700 del
codice di procedura civile ed agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito. In tali casi ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito ».
10 . -La previsione replica il disposto del cit. art. 669octies , comma 6, c.p.c., che è frutto dell’intervento additivo attuatosi con la disciplina di riforma del codice di procedura civile e, segnatamente, con l’art. 2, comma 3 , del d.l. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, nella l. n. 80/2005.
Il particolare regime riservato a questi provvedimenti -il regime della cosiddetta « strumentalità attenuata » -è finalizzato a perseguire un obiettivo di economia processuale, facendo, peraltro, salva la posizione del convenuto soccombente, il quale può sempre introdurre il giudizio di merito. La scelta legislativa è frutto di un dato esperienziale: quello per cui nel campo industrialistico ─ ma non solo in tale ambito ─ le parti raramente hanno interesse a ottenere una pronuncia atta al passaggio in giudicato sul diritto controverso, onde la controversia esaurisce la sua « spinta » nella fase cautelare, con l’accoglimento o il rigetto del ricorso.
11 . -Il problema della compatibilità de ll’art. 132, comma 4, c.p.i. con l’art. 9 , paragrafo 5, della direttiva enforcement assume piena rilevanza nel presente giudizio, dal momento che in sede cautelare è stata disposta l’inibitoria all’utilizzo di un segno distintivo, ordinandosene la rimozione, ed è stata fissata una penalità di mora.
Il citato paragrafo 5 prevede infatti, come si è visto, che le misure provvisorie di cui ai paragrafi 1 e 2 siano revocate o cessino comunque di essere efficaci, su richiesta del convenuto,
se l’attore non promuove tempestivamente l’ azione di merito, mentre l’art. 9 , paragrafo 1, lett. a), menziona tra le dette misure l’ ingiunzione interlocutoria volta a prevenire le violazioni imminenti dei diritti di proprietà intellettuale e a vietare, se del caso con l’ausilio di una penale, il proseguimento delle violazioni di tale diritto. La detta ingiunzione interlocutoria è sovrapponibile alle « misure provvisorie immediate ed efficac i» atte a « impedire che abbia luogo la violazione di un diritto di proprietà intellettuale », già prese in considerazione dall’art. 50 dell’accordo TRIPs, cui la Corte di giustizia ha ricondotto il provvedimento che è diretto a far cessare violazioni di diritto di marchio (Corte giust. CE 16 giugno 1998, C/53-96, Hermés , punto 37) e coincide, come è del tutto evidente, con l’inibitoria prevista dall’art. 131 c.p.i. ; altrettanto chiaro è, poi, che la fissazione di « una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento » (art. 131 cit., comma 2) equivalga alla « pena pecuniaria » di cui è parola nella norma della direttiva.
Nell’occuparsi di una questione diversa da quella oggi in discussione (questione vertente sulla compatibilità della direttiva con una disciplina nazionale che escluda l’accoglimento delle istanze cautelari per contraffazione del brevetto quando la validità di questo non sia stata confermata da una decisione di primo grado), la Corte di giustizia ha ricordato che il legislatore dell’Unione ha previsto « strumenti giuridici che consentono di attenuare in modo globale il rischio che il convenuto subisca un danno a causa dei provvedimenti provvisori e, pertanto, di tutelarlo » ricomprendendo tra questi, le misure di cui al cit. art.
9, paragrafo 5 (Corte giust. UE 28 aprile 2022, C-44/21, Phoenix Contact , punti 44 e 45). Ha osservato, al riguardo, che « tali strumenti giuridici costituiscono garanzie che il legislatore dell’Unione ha ritenuto necessarie per controbilanciare le misure provvisorie celeri ed efficaci da lui stesso previste »: delle garanzie, cioè, « previste dalla direttiva 2004/48 a favore del convenuto, per controbilanciare l’adozione di una misura provvisoria che abbia pregiudicato i suoi interessi » (Corte giust. C-44/21, cit., punto 48, ove il richiamo a Corte giust. UE 16 luglio 2015, C-681/13, Diageo Brands, punti 74 e 75). In particolare, la previsione circa la revoca o l’inefficacia del provvedimento per l’ipotesi della mancata introduzione del giudice di merito entro un dato termine rappresenta, secondo la Corte di giustizia, « una misura di salvaguardia contro l’abuso dei diritti di proprietà intellettuale, prevedendo una procedura semplice per eliminare le misure provvisorie ingiustificate qualora non sia stato iniziato un procedimento di merito entro il termine prescritto » e « ale meccanismo assume ancor più importanza qualora il convenuto contesti i provvedimenti provvisori disposti dall’autorità giudiziaria e voglia costringere il titolare dei diritti ad avviare un giudizio di merito, nel corso del quale il convenuto sarà in grado di far valere tutti i propri motivi difensivi » (Corte giust. CE 13 settembre 2001, C-89/99, NOME COGNOME , punti 42 e 43, con riguardo all’analoga prevision e contenuta nell’art. 50, paragrafo 6, TRIPs).
12 . -Posta la centralità che assume, nel sistema del procedimento cautelare definito dalla direttiva enforcement , la previsione che impone all’attore di far luogo all’ introduzione del
giudizio di merito « entro un periodo ragionevole », ci si può chiedere quali posizioni abbiano assunto la dottrina e la giurisprudenza italiane davanti alla divergenza della disposizione nazionale (il vigente art. 132, comma 4, c.p.i. e i precedenti egualmente conformati) rispetto alla previsione della norma comunitaria.
13 . -I responsi della giurisprudenza sull’argomento non sono molti.
14 . -Tra questi sono da considerare anzitutto le pronunce rese, in questo giudizio, dal Tribunale e dalla Corte di appello di Roma: pronunce la cui motivazione è stata in precedenza riassunta.
Con sentenza dell’8 giugno 2016 , il Tribunale di Firenze ha mostrato di muoversi su di un tracciato argomentativo parzialmente diverso, nel convincimento che la disposizione nazionale non possa leggersi in contrasto con la dir. 2004/48/CE della quale costituisce norma di attuazione: ha quindi ritenuto che l’eccezione contemplata dall’art. 132, comma 4, c.p.i . debba « intendersi riferita a quei diversi provvedimenti cautelari atipici ed a contenuto anticipatorio, tra cui non rientrano l’inibitoria e la penale che alla stessa, ai sensi del comma 2 dell’art. 131 c.p.i., è riferita ».
Più di recente, con sentenza del 5 gennaio 2024, il Tribunale di Milano ha valorizzato la circostanza per cui il destinatario del provvedimento cautelare ingiustificatamente emesso mantiene il possesso delle garanzie difensive, sia all’interno del procedimento cautelare, potendosi avvalere del reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c., sia nel periodo successivo, « dando corso al
giudizio di merito, nell’ambito del quale nessun vincolo graverà a suo carico rispetto alla possibilità di rimettere in discussione l’ intero merito della controversia e dunque la stessa legittimità del provvedimento cautelare emesso ante causam , destinato dunque a perdere potenzialmente la sua relativa stabilità ». In tal senso, secondo il detto Giudice, « il limite invalicabile che il legislatore interno non potrebbe superare sarebbe in buona sostanza quello di impedire che un provvedimento reso in un giudizio a cognizione sommaria possa divenire definitivo senza che il soggetto soccombente abbia la possibilità di eliminarne il consolidamento instaurando il giudizio ordinario, possibilità che nel nostro ordinamento rimane del tutto integra ed impregiudicata ». La tesi è sovrapponibile, nella sostanza, al l’opinione dottrinale per cui la normativa italiana, prevedendo ampie garanzie difensive all’interno del giudizio cautelare e legittimando non solo la parte vittoriosa, ma anche quella soccombente nel giudizio cautelare ad avviare il giudizio di merito, dovrebbe ritenersi pienamente legittima.
Il numero poco consistente di decisioni della giurisprudenza sul tema riflette la scarsa frequenza con cui la questione si pone nei giudizi di merito. Di fatto, stante la previsione contenuta nell’art. 132, comma 4, c.p.i., poche sono le occasioni in cui si dibatte processualmente della mancata o intempestiva introduzione del giudizio di merito a seguito dell’emanazione di un provvedimento anticipatorio , quale l’inibitoria di cui all’art. 131 c.p.i.; e ancora meno sono i casi in cui, sollevata detta questione, si prospetti il problema del corretto recepimento, da parte del legislatore italiano, della prescrizione contenuta ne ll’art. 9,
paragrafo 5, della direttiva.
15 . -Più ricco è lo scenario offerto dalla dottrina.
16 . -Alcuni autori hanno sostenuto l’opinione secondo cui la disciplina introdotta dal legislatore italiano quanto ai provvedimenti cautelari anticipatori sarebbe senz’altro contrastante con quella della direttiva enforcement .
Merita ricordare la posizione di chi ha evidenziato che la norma comunitaria « non prevede alcuna attenuazione della strumentalità cautelare » e di chi ha sottolineato come, a questo riguardo, il contrasto tra la legge italiana e la direttiva « non potrebbe essere più evidente ».
17 . -Sul fronte opposto, da alcuni sostenuto, si è affermato che la revoca su richiesta del convenuto e la decadenza per la mancata instaurazione tempestiva della causa di merito – quindi l’ inefficacia di cui all’art. 9, paragrafo 5, della direttiva e dall’art. 50, paragrafo 6, del TRIPs -« siano previste in via disgiuntiva, e che dunque sia sufficiente che le norme nazionali prevedano o l’una o l’altra possibilità », aggiungendosi che la prima condizione risulterebbe soddisfatta dalla previsione relativa alla possibilità di richiedere la revoca o la modifica della misura concessa (possibilità prevista dall’ab rogato art. 23, comma 3, d.lgs. n. 5 del 2003 e attualmente dall’art. 669decies c.p.c).
Si è obiettato che la congiunzione « o » seguita dalla parola « comunque » , nella formulazione dell’art. 9, paragrafo 5, della direttiva, non sottenderebbe un’alternativa, quanto, all’opposto, la necessità che il provvedimento cautelare divenga inefficace in caso di tardiva instaurazione del giudizio di merito.
18 . -Altri ha esaltato la potenziale stabilità prevista dalla
disciplina italiana dei provvedimenti cautelari anticipatori, sottolineando come per le decisioni assunte inaudita altera parte sia contemplato, in via generale, dall’art. 669 -sexies c.p.c., un contraddittorio differito.
Si è ribattuto che l’art. 9, paragrafo 5 , non ha affatto riguardo ai provvedimenti emessi inaudita altera parte : e del resto, con riguardo a tale eventualità, l’art. 9, paragrafo 4 (come del resto l’art. 50, paragrafo 4, del TRIPs), già dispone che le parti destinatarie delle misure adottate ne vengano informate, senza indugio, al più tardi dopo l’esecuzione delle misure.
19 . -Sono state poi elaborate tesi fondate su principi generali enunciati dalla dir. 2004/48/CE. Si è così evocato l’art. 2, che consente agli Stati membri di conferire al titolare del diritto una protezione più intensa di quella prevista dalla direttiva e si è incluso tra dette facoltà quella che svincola il titolare della privativa dall’obbligo di introdurre il giudizio di merito entro un dato termine. Si è pure fatto riferimento all’art. 3 della direttiva, secondo cui le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale devono essere leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non devono comportare termini irragionevoli né ritardi ingiustificati: è stato sostenuto, al riguardo, che l’estensione all’inibitoria del regime della strumentalità attenuata risulterebbe funzionale rispetto a detti obiettivi. E’ un argomento , quest’ultimo che, come si è detto, risulta valorizzato dalla sentenza di appello impugnata in questa sede.
Le perplessità manifestate rispetto a tali soluzioni ricostruttive si basano sulla dubbia attitudine derogatoria che
disposizioni di carattere tanto generale presentano rispetto a una norma speciale e particolarmente puntuale nel contenuto precettivo quale quella contenuta nel paragrafo 5 del l’art. 9 della direttiva.
20 . -Diversa è la prospettiva assunta da quella parte della dottrina secondo cui i provvedimenti anticipatori previsti dall’art. 132, comma 4, c.p.i. non rientrerebbero tra le « misure provvisorie » prese in considerazione dal più volte citato art. 9, paragrafo 5. E’ , questa, la stessa visione assunta, nel giudizio di merito che precede quello di legittimità odierno, dalle due sentenze di merito del Tribunale e della Corte di appello di Roma.
Sul punto si è osservato, da un autore, che la Corte di giustizia, nell’interpretare l’art. 31 del reg. CE 44/2001 , e in precedenza l’art. 24 della Convenzione di Bruxelles, sembra accogliere una nozione ristretta di provvisorietà. E’ stato rilevato, in particolare, che secondo Corte giust. CE 26 marzo 1992, C261/90, Reichert , punto 34, per « provvedimenti provvisori o cautelari » ai sensi dell’art. 24 della Convenzione di Bruxelles devono « intendersi i provvedimenti volti, nelle materie oggetto della Convenzione, alla conservazione di una situazione di fatto o di diritto onde preservare diritti dei quali spetterà poi al giudice del merito accertare l’esistenza ».
Tale giurisprudenza, riferita, si ripete, all’inter pretazione dell’art. 24 della Convenzione di Bruxelles , risulta ribadita nella successiva giurisprudenza della stessa Corte (Corte giust. CE 17 novembre 1998, C-391/95, Van Uden , punto 37; Corte giust. CE 28 aprile 2005, C-104/03, RAGIONE_SOCIALE , punto 13), ma pare contraddetta dagli arresti che hanno riguardato l’art. 50,
paragrafo 6, TRIPs.
E’ stato notato, al riguardo, che avendo le parti il diritto, indipendentemente dal se ne facciano uso o meno, di promuovere, in seguito all’adozione del provvedimento cautelare, un giudizio di merito, « questo provvedimento non è concepito come giuridicamente definitivo » (Corte giust. C/53-96, cit., punto 38).
21 . -Quest’ultimo tema sollecita una riflessione.
Il fatto che si dibatta della natura provvisoria di alcune misure cautelari dipende dalla diversa forma che tali misure possono assumere: evenienza, questa, che è alla base della scelta del legislatore italiano di differenziarne il trattamento (e di differenziarlo sia sul piano generale, nello statuto del procedimento cautelare uniforme, sia in materia di proprietà intellettuale).
Alcuni dei provvedimenti cautelari, quelli denominati conservativi, sono finalizzati ad assicurare l’utilità pratica della futura esecuzione, così da impedire la dispersione dei beni che potranno esserne oggetto: in tale prospettiva, si dice che essi sono diretti a neutralizzare il pericolo da infruttuosità del provvedimento a cognizione piena. Tali provvedimenti, tra cui rientrano i sequestri, sono connotati, nell’ordinamento italiano, dalla cosiddetta strumentalità piena, la quale implica che il provvedimento cautelare perda efficacia non solo ove sia stato dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale la misura è stata concessa, ma anche, appunto, nell’ipotesi in cui il procedimento di merito non sia iniziato entro un termine perentorio.
I provvedimenti anticipatori sono invece qualificati
dall’essere preordinati a prevenire il cosiddetto pericolo da tardività: e cioè il pericolo che sia la mera durata del processo, attraverso cui si protrae lo stato di insoddisfazione del diritto da cautelare, ad essere, di per sé, causa di pregiudizio; e ad essi è riservato il regime della strumentalità attenuata, che trova espressione nell’art. 132, comma 4 , c.p.i..
Come rilevato efficacemente da un’autorevole voce del passato, i provvedimenti conservativi presentano il tratto comune di apprestare preventivamente i mezzi, che nella fase definitiva costituiranno l’oggetto della attività giurisdizionale , e sono fonte di un regolamento provvisorio che riguarda l ‘ indisponibilità dei beni che potranno essere a tempo debito oggetto di esecuzione forzata, ma non il rapporto sostanziale. I provvedimenti anticipatori, altrimenti denominati « innovativi », mirano invece « ad accelerare in via provvisoria la soddisfazione del diritto, perché il periculum in mora è costituito non dal temuto venir meno dei mezzi occorrenti per la formazione o per la esecuzione del provvedimento principale sul merito, ma proprio dal protrarsi, nelle more del processo ordinario, dello stato di insoddisfazione del diritto, di cui si contende nel giudizio di merito »; con riguardo ad essi il provvedimento provvisorio « cade direttamente sul rapporto sostanziale controverso: è un accertamento interinale di merito ».
22 . -La distinzione della disciplina dei provvedimenti cautelari conservativi e di quelli anticipatori ha, dunque, un preciso fondamento giustificativo: è stato osservato, in proposito, che il provvedimento cautelare anticipatorio impone alla controparte un comportamento parametrato su di una regula iuris
che è tratta dal diritto sostanziale, onde l’assetto di interessi che si realizza con l’esecuzione , spontanea o coattiva, del provvedimento cautelare è disciplinata dal diritto sostanziale; di contro, il provvedimento cautelare conservativo contiene una regula iuris che non è tratta dal diritto sostanziale, ma dal diritto processuale. In tale prospettiva , l’opzione legislativa di cui qui si discute riflette una diversa valutazione della potenziale dannosità delle due tipologie di provvedimenti: mentre non si considera pregiudizievole per la collettività riservare alle parti la scelta di domandare o meno la tutela dichiarativa quando la regolamentazione dei loro rapporti corrisponde a un assetto di diritto sostanziale, sarebbe sconveniente conservare vitalità per un periodo indefinito a una situazione giuridica che non trova corrispondenza nel diritto sostanziale.
23 . -Può comprendersi, così, il motivo per cui la dottrina e la giurisprudenza nazionali, consapevoli della razionalità di questo sistema di tutele, si siano sforzate di ravvisare elementi di compatibilità tra di esso e le richiamate disposizioni della direttiva 2004/48/CE e dell’accordo TRIPs : tanto più avendo riguardo alla facoltà -riconosciuta a ciascuna delle parti del procedimento cautelare dall’art. 132, comma 4, c.p. i. -di iniziare il giudizio di merito.
24 . – Questa Corte non può tuttavia risolvere la questione ad essa sottoposta attraverso gli strumenti ermeneutici di cui dispone.
In quanto organo giurisdizionale di ultima istanza, la Corte di cassazione è tenuta ex art. 267, paragrafo 3, TFUE a rivolgere il quesito interpretativo alla Corte di giustizia. La strada da
seguire è dunque segnata dalla richiamata previsione del Trattato, attraverso cui è riservato a detta Corte il compito di accertare se la norma di cui all’art. 132, comma 4, c.p.i., che ha un rilevante impatto sul contenzioso industrialistico italiano, sia coerente con la disciplina di cui al più volte citato art. 9, paragrafo 5. La funzione del detto organo di giustizia, deputato ad assicurare l’ interpretazione conforme delle norme comunitarie all’interno dell’Unione , si rivela del resto tanto più necessaria, nella vicenda in esame, ove si consideri che la direttiva enforcement è diretta ad assicurare « un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno » (considerando n. 10 della dir. 2004/48/CE) e che interpretazioni della norma comunitaria che dovessero rivelarsi errate, in quanto non conformi al testo e alla ratio della stessa, non potrebbero che alimentare quelle disparità tra gli ordinamenti dei singoli Stati membri che « pregiudicano il corretto funzionamento del mercato interno e rendono impossibile assicurare che i diritti di proprietà intellettuale beneficino di un livello di tutela omogeneo su tutto il territorio della Comunità » (considerando n. 8 della direttiva), portando « anche ad un indebolimento del diritto sostanziale della proprietà intellettuale e a una frammentazione del mercato interno in questo settore » (considerando n. 9).
25 . – Mette conto di aggiungere, da ultimo, che la decisione di sollevare la questione pregiudiziale interpretativa non è condizionata dal tema relativo all’ efficacia, diretta o meno, del l’art. 9, paragrafo 5, della direttiva enforcement nell’ ordinamento italiano (aspetto, questo, su cui si registra
qualche contrasto in dottrina).
Se è vero, infatti, che in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, in mancanza di tale efficacia diretta, il giudice italiano non dovrebbe far luogo alla disapplicazione della norma interna confliggente, ma dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale in ragione della sospettata violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. (per tutte: Corte cost. sent. n. 263 del 2022), ciò non esclude che, anche nel caso in cui la norma comunitaria sia priva di tale efficacia, il contrasto tra la detta disposizione e quella nazionale vada accertato dipanando il dubbio interpretativo che si addensi sulla prima, e che ciò vada fatto attraverso il preventivo ricorso alla Corte di giustizia (cfr. infatti, tra le tante, Corte cost. sent. n. 207 del 2013, ripresa da Corte cost. ord. n. 286 del 2014 e da Corte cost. sent. n. 269 del 2017, ove si legge che il giudice comune deve sollevare la questione di legittimità costituzionale in caso di contrasto, « accertato eventualmente mediante ricorso alla Corte di giustizia », della norma nazionale con la norma comunitaria priva di efficacia diretta). Tale esito è del resto conforme al principio, elaborato dalla giurisprudenza unionale, secondo cui, in termini generali, il funzionamento del sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, istituito dall’articolo 267 TFUE, e il principio del primato del diritto dell’Unione esigono che il giudice nazionale sia libero di sottoporre alla detta Corte, in qualsiasi fase del procedimento che reputi appropriata, qualsiasi questione pregiudiziale che esso consideri necessaria (Corte giust. UE 22 giugno 2010, C-188/10, COGNOME e COGNOME , C-188/10, punto 52; in senso conforme: Corte giust. 20 dicembre 2017, C -322/16, Global
Starnet , punto 22; Corte giust. 16 luglio 2020, C-686/18, Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Postali Assicurativi , punto 30; cfr. pure: Corte giust. CEE 16 gennaio 1974, C-166/73, Rheinmühlen-Düsseldorf , punto 3; Corte giust. CE 27 giugno 1991, C -348/89, Mecanarte , punto 44; Corte giust CE 16 dicembre 2008, causa C -210/06, Cartesio , punto 88; Corte giust. UE 11 settembre 2014, C-112/13, B e altri , punto 36).
In tal senso, la proposizione della questione pregiudiziale diretta a chiarire se esista contrasto tra la norma nazionale e quella contenuta nella direttiva è imposta dal dubbio interpretativo di cui si è detto e rappresenta un passaggio ineludibile nel presente giudizio.
26 . -In conclusione, deve essere chiarito se esista contrasto tra la disciplina comunitaria e quella italiana, che riserva ai provvedimenti cautelari anticipatori il regime della « strumentalità attenuata », connotato dalla facoltatività, non già dall’obbligatorietà, dell’introduzione del giudizio di merito .
Va dunque sottoposta alla Corte di giustizia la seguente questione interpretativa:
« Dica la Corte di giustizia se l’art. 9, paragrafo 5, della dir. 2004/48/CE del Parlamento e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, debba essere interpretato nel senso che osta alla previsione contenuta nella disposizione nazionale di cui all’art. art. 132, comma 4, c.p.i. d.lgs. n. 30 del 2005 e successive modifiche – secondo cui la prescrizione dell’inefficacia del provvedimento cautelare in caso di mancato inizio del giudizio di merito entro un termine perentorio, contenuta nel comma 3 dello stesso art. 132 c.p.i.,
non si applica ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c. e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, potendo tuttavia, in tali casi, ciascuna delle parti iniziare il predetto giudizio di merito ».
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’art. 295 c.p.c.,
richiede alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi sulla seguente questione pregiudiziale:
« Dica la Corte di giustizia se l’art. 9, paragrafo 5, della dir. 2004/48/CE del Parlamento e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, debba essere interpretato nel senso che osta alla previsione contenuta nella disposizione nazionale di cui all’art. art. 132, comma 4, c.p.i. -d.lgs. n. 30 del 2005 e successive modifiche -secondo cui la prescrizione dell’inefficacia del provvedimento cautelare in caso di mancato inizio del giudizio di merito entro un termine perentorio, contenuta nel comma 3 dello stesso art. 132 c.p.i., non si applica ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c. e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, potendo tuttavia, in tali casi, ciascuna delle parti iniziare il predetto giudizio di merito »;
dispone la sospensione del processo;
dispone che copia della presente ordinanza sia trasmessa alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a norma dell’art. 3 l. n. 204 del 1958.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª