Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30408 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30408 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma
-ricorrente-
Contro
CURATELA RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce n. 861/2022, pubblicata il 27.7.2022, notificata il 24.10.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto: Aumento capitale sociale imputazione di pagamento versamento decimi
FATTI DI CAUSA
-La RAGIONE_SOCIALE agiva, in sede monitoria, nei confronti di COGNOME NOME, per ottenere il pagamento della complessiva somma di € 17.822,93 oltre accessori e spese, per la quota del capitale sociale deliberata, sottoscritta e mai versata, nella qualità di socio della fallita società.
-Con sentenza n. 1866/2019 del 31.5.2019, il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta con atto di citazione del 10.11.2012, da COGNOME NOME -avverso il decreto ingiuntivo n. 216/12, provvisoriamente esecutivo, emesso in data 5.9.2012, con il quale gli veniva ingiunto di pagare, in favore della RAGIONE_SOCIALE, la somma di € 17.822,93, oltre interessi legali ex d.lgs. n.231/2002 e spese del monitoriorigettava l’opposizione e, per l’effetto, con fermava il decreto ingiuntivo opposto.
–COGNOME NOME ha proposto gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Lecce che, con la sentenza qui impugnata, ha respinto l’appello .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
con riferimento al versamento di € 40.000 – che parte appellante sostiene di aver effettuato il 6.8.2008 presso un conto corrente intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE – questo Collegio rileva come, sulla scorta dei documenti prodotti in giudizio, non possa ad esso conferirsi alcuna efficacia probante dell’avvenut a estinzione del debito assunto, poiché dall’ estratto del conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE– non si evince affatto chi abbia effettuato, in data 6.8.2008, il versamento annotato di € 40.000,00, né la sua causale. Perché tale somma potesse essere riconducibile ad un esborso patrimoniale del COGNOME, quest’ultimo avrebbe dovuto produrre l’estratto del proprio conto corrente, ovvero copia dell’assegno circolare o di altro mezzo di pagamento utilizzato per adempiere al versamento di sua spettanza;
b) la quietanza di pagamento rilasciata da NOME COGNOME, nella sua veste di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, attestante l’avvenuto versamento de quo , è inidonea a costituire valida fonte di prova dell’estinzione del credito, stante il rapporto di parentela tra le parti (padre-figlio), e la sua inopponibilità alla RAGIONE_SOCIALE. La quietanza non può produrre, nei confronti del curatore, gli effetti di confessione stragiudiziale del pagamento, atteso che lo stesso curatore, pur ponendosi nell’esercizio di un diritto del fallito nella stessa posizione di quest’ultimo, è una parte processuale diversa dal fallito medesimo;
c) né è degno di pregio il rilievo -evidenziato dalla difesa dell’appellante per cui il versamento di € 40.000, fosse stato registrato sul libro giornale societario dell’anno 2008 , scrittura contabile non più soggetta a vidimazione. Affinché possa conferirsi a questo la richiesta capacità probante del versamento in esso annotato e registrato, è necessario che vi siano ulteriori riscontri prodromici in tal senso, quali il libro inventari, il libro giornale e gli inventari dell’annualità successive, i cont i mastro o il bilancio depositato. Tutti documenti che non sono stati prodotti in giudizio;
d) l’eccezione sollevata dall’appellante, con la comparsa conclusionale ex art. 190 c.p.c., circa il paventato contrasto tra giudicati tra la decisione del presente gravame e la statuizione, tra le spesse parti, delibata dal Tribunale delle Imprese di Bari, con sentenza n. 1930/21, la stessa è assolutamente infondata in quanto, in base alla sentenza del Tribunale di Bari, l’odierno appellante NOME COGNOME è stato condannato, in solido con la sorella NOME, nella qualità di erede del padre NOME COGNOME, per la responsabilità di quest’ultimo nel fallimento della RAGIONE_SOCIALE ex art. 146 l. fall.
Ed invero, il Tribunale di Bari ha rilevato la responsabilità dell’amministratore della società fallita, rinvenendo le ragioni del dissesto societario, sfociato nell’insolvenza, nei comportamenti e negli inadempimenti perpetrati da NOME COGNOME, amministratore
unico della società, nella gestione dell’impresa. Conseguentemente i figli, nella loro qualità di eredi del defunto padre, sono stati condannati al risarcimento del danno a favore della RAGIONE_SOCIALE, forfettariamente quantificato con riferimento alla differenza tra attivo e passivo fallimentare. Tra le due sentenze vi è una evidente differenza di petitum e causa petendi .
4. ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con un motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 , nn. 3 e 5, c.p.c. in ordine: a) alla veridicità del versamento di € 40.000 effettuato dal ricorrente sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE in data 06.08.2008; b) alla imputazione del predetto versamento a decimi di capitale sociale sottoscritto; c) alla validità della ricevuta di versamento rilasciata dall’Amministratore d ella RAGIONE_SOCIALE e della registrazione del versamento sul libro giornale alla pag. 67 dell’anno 2008, riga 2614.
5.1 -Il motivo ripropone le stesse doglianze formulate nel giudizio di merito. Come lo stesso ricorrente precisa il motivo «inerisce alla valutazione effettuata dalla Corte territoriale, dei documenti acquisiti, ovvero la quietanzaricevuta rilasciata dall’Amministratore in favore del ricorrente e la successiva annotazione sul libro giornale con la imputazione del versamento in conto decimi di capitale», ed è, pertanto, inammissibile.
E’ indubitabile che si pretenda in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità
e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022; Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; ancora recentemente cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
La Corte ha analizzato analiticamente le doglianze esprimendo adeguata motivazione sulle sue decisioni; le doglianze sono attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass., n. 13238/2017; Cass., n. 26110/2015).
La censura lamenta, inoltre, la violazione dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c. senza precisare le motivazioni della violazione. In ogni caso, la censura non considera che la sentenza della Corte qui impugnata è conforme alla sentenza di primo grado, sicché trova applicazione l’art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c. (qui applicabile ratione temporis -pur essendo stato abrogato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., trattandosi di ricorso per cassazione proposto in data anteriore al 28 febbraio 2023), a mente del quale in caso di ‘doppia conforme’ non è ammesso il ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5
dell’art. 360 c.p.c. Sarebbe stato, dunque, onere -non assolto -della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014 e successive conformi). A tale onere dimostrativo, invece, la ricorrente si è completamente sottratta.
6. -Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 3.400 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione