Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15525 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15525 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5053/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI GENOVA n. 1194/2017, depositata il 28/09/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale della Spezia RAGIONE_SOCIALE – che le aveva commissionato la costruzione di un complesso residenziale costituito da venti appartamenti con relative pertinenze -per sentirla condannare al pagamento del saldo (€1.617.272,73) del prezzo convenuto, avendo ricevuto acconti pari ad €1.032. 727,27.
1.1. Costituitasi, RAGIONE_SOCIALE eccepiva di aver pattuito con l’attrice un prezzo di €1.180.000,00; formulava, altresì, domanda riconvenzionale per i vizi e i danni conseguenti a lavorazioni non correttamente eseguite e non completate.
1.2. Con sentenza n. 958/2013 il Tribunale adìto condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’attrice, di €449.732,73 (otre IVA e interessi legali, dalla domanda al saldo).
La sentenza veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Cor te d’Appello di Genova che, in parziale accoglimento del gravame, ritenendo provato che le parti avessero originariamente concordato un corrispettivo a corpo di €1.180 .000,00 (oltre IVA), come da preventivo dell’08. 09.2006 redatto da RAGIONE_SOCIALE, condannava l’appe llata al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 63.562,43 (otre interessi legali dalla sentenza al saldo), nonché al pagamento delle spese legali dei due gradi di giudizio.
La suddetta pronuncia veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE per la cassazione, e il ricorso affidato a cinque motivi.
Si difendeva RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 cod. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui afferma che il preventivo dell’08.09.2006 valga quale proposta
contrattuale accettata da RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il corrispettivo per la realizzazione dell’opera determinato a corpo in €1.180.000,00. Orbene, in tema di contratti , la Corte di legittimità ha chiarito che affinché sia configurabile una proposta occorre che la dichiarazione del proponente sia completa, nel senso di contenere tutti gli elementi del futuro contratto: il preventivo dell’08.09.2006 non fornisce alcuna prova in ordine al perfezionamento di un accordo sul prezzo del contratto. La circostanza che in atti non risulti il capitolato d’appalto cui il medesimo preventivo fa riferimento è una dimostrazione ulteriore che tale documento non possa essere qualificato come proposta contrattuale, in quanto carente degli elementi essenziali di cui la stessa deve essere composta. La conseguenza logico-giuridica del fatto che i documenti in atti non provino l’incontro della volontà delle parti sui rispettivi contenuti è che le odierne ricorrente e resistente – ferma restando l’esistenza di un accordo circa l’edificazione delle palazzine effettivamente eseguito non ne abbiano convenuto il corrispettivo. E, ‘ conseguentemente , indispensabile l’intervento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1657 cod. civ., affinché possa raggiungersi una determinazione giudiziale del prezzo d’appalto.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2721 cod. civ. e 132 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. Come già eccepito tempestivamente dal deducente nel corso del primo grado di giudizio, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, cod. proc. civ. non è ammissibile l’assunzione di prova per testimoni in relazione ad un contratto del valore di oltre un milione e mezzo di euro, ai sensi dell’art. 2721 cod. civ. Detta disposizione, infatti, fa salva l’ipotesi in cui vi sia un principio di prova scritta: anche a voler concedere di considerare il
preventivo quale principio di prova scritta, nel caso di specie esso non ha, tuttavia, un simile valore se si tiene conto che l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite di valore suddetto tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza. Orbene, come sottolineato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 4600 del 1984) il rilevante valore economico del contratto dovrebbe indurre il giudice ad escludere la prova testimoniale, poiché l’entità degli interessi in gioco potrebbe compromettere la genuinità dei testi: sotto questo profilo la Corte d’Appello non ha fornito alcuna motivazione.
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 116, 132 e 252 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che all’errore di ammettere la prova per testimoni del contratto in oggetto si aggiunge un ulteriore errore di ritenere attendibili le deposizioni testimoniali, omettendo oltretutto di corroborare tale decisione con una congrua motivazione. Si sostiene in tesi che la Corte d’Appello non abbia adeguatamente valutato l’inattendibilità dei testimoni sotto numerosi profili, ovvero da un punto di vista soggettivo per il valore del contratto, per la consequenziale rilevante entità degli interessi in gioco, per la posizione di vicinanza dei testi con la parte per cui sono stati chiamati a testimoniare ed il loro conseguente potenziale interesse nella lite, ma anche per aspetti di natura oggettiva, quali la contraddittorietà delle dichiarazioni rese da taluni testimoni con quanto affermato dagli unici testi sicuramente disinteressati e perciò attendibili.
I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto attengono alla questione dell’esistenza di un accordo sulla determinazione del prezzo di appalto, e sono tutti inammissibili. Correttamente la Corte d’Appello ha sintetizzato che le contestazioni
sollevate vertono sul prezzo dell’appalto, oltre che sull’esistenza di vizi e danni subíti nonché sulla mancata ultimazione delle opere commissionate.
4.1. Quanto al prezzo dell’appalto, la Corte d’Appello ha ritenuto dimostrato che le parti avessero originariamente concordato un corrispettivo a corpo di €1.180.000,00 (v. sentenza, p. 9, 2° capoverso; p. 11, 1° capoverso). Tale convincimento è fondato sull ‘attento esame delle risultanze probatorie disponibili, in particolare le prove testimoniali, non smentite, piuttosto avvalorate da prove presuntive (la circostanza che RAGIONE_SOCIALE abbia emesso fatture a titolo di acconto senza alcun riferimento allo stato avanzamento lavori; l’esistenza del progetto e del capitolato ai quali correlare il prezzo, presentati al Comune e da questo approvati in data 12.06.2007).
4.2. Sull’ammissibilità della prova testimoniale nel caso di specie: il contratto d’appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, nè ad substantiam , né ad probationem , potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia ; ne consegue la rilevanza della prova testimoniale, dedotta con riguardo all’effettiva esecuzione delle prestazioni per il cui corrispettivo la parte, in quanto creditrice, chieda l’ammissione al passivo della procedura di fallimento (Sez. 1, Sentenza n. 16530 del 05/08/2016, Rv. 641027 -01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22616 del 26/10/2009, Rv. 609894 – 01)
4.2.1. Quanto all’attendibilità delle prove testimoniali, questa Corte ha costantemente affermato che: «In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle
prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229 -01; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13054 del 10/06/2014, Rv. 631274 -01; Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004, Rv. 569765 – 01).
4.3. In definitiva, le doglianze si traducono in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tese all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019).
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 132 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, non fornendo adeguata motivazione, ha considerato provata la circostanza per cui vi fosse corrispondenza tra il progetto menzionato nel preventivo dell’08.09.2006 ( quest’ultimo non prodotto in atti), relativamente al quale le parti avrebbero raggiunto l’accordo sul prezzo, e l’opera effettivamente realizzata.
5.1. Anche il quarto motivo è inammissibile, in quanto attiene anch’esso al merito e alla valutazione delle prove.
La Corte d’Appello , infatti, avvalorando le risultanze della CTU, ha ritenuto che il preventivo di cui si discute, pur facendo riferimento ad un progetto e capitolato che in atti non risulterebbero, coincida con il progetto originariamente presentato al Comune e da quest’ultimo autorizzato (v. sentenza, p. 11). Del resto, proprio a valle del l’attento
esame del compendio probatorio, il giudice di seconde cure è stato in grado di confermare e valutare l’esistenza delle varianti (presentate l’08.11.2007 e autorizzat e dal Comune con DIA del l’08.08.2009) , ad esecuzione delle quali sono state realizzate sette nuove cantine, con un incremento della superficie complessiva del complesso immobiliare di circa mq70, che la stessa Corte distrettuale ha quantificato nel prezzo ulteriore rispetto a quello a corpo per l’importo di €70.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorrendo alle valutazioni espresse dal CTU (v. sentenza, pp. 12-13).
6. Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1667 cod. civ. e 132 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha affermato che RAGIONE_SOCIALE aveva tempestivamente denunciato i vizi lamentati. Come ammesso anche dalla Corte distrettuale, precisa la ricorrente, le denunce rilevate avvenivano prima che la deducente consegnasse il cantiere alla committente, e pertanto, in quanto c ontestazioni in corso d’opera, doveva semmai operare il rimedio di cui all’art. 1662 cod. civ. Successivamente, quando si è verificata la consegna – potendo farsi corrispondere tale evento con l’estromissione di RAGIONE_SOCIALE avvenuta in data 31/01/2010 -la committente non ha formulato alcuna doglianza in ordine ai detti vizi, se non per la prima volta nella comparsa di costituzione e risposta depositata nel procedimento di primo grado in data 28.11.2010, ovvero oltre il termine dei 60 giorni di cui all’art. 1667 cod. civ.
6.1. Anche l’ultimo mo tivo è inammissibile in quanto non attinge alla ratio decidendi . L ‘affermazione in virtù della quale le denunce dei vizi anche in corso d’opera possono essere considerate quale valide contestazioni, anche ai fini del 1667 cod. civ., è stata tratta dalla Corte
d’Appello da una serie di indici: il rifiuto della committente del pagamento di quanto ancora dovuto, tanto che l’appaltatrice aveva depositato ricorso in ATP ne l suo interesse all’accertamento del credito fino ad allora maturato; l’assenza di un’avvenuta consegna – che pure sarebbe stato onere dell’appaltatrice dimostrare -e, in luogo di essa, l’ estromissione dal cantiere di RAGIONE_SOCIALE da parte della committente; l’assenza di un’intervenuta accettazione senza riserve da parte della committente e l ‘invio di una prima – sia pur generica -lettera di contestazione già inviata l’ 11.12.2009; le successive contestazioni a ridosso dall’estromissione, sia a cura del Direttore dei Lavori con lettera datata 22.01.2010, sia a cura della committente con lettera del 27.01.2010 (v. sentenza p. 18, 3° – 4° capoverso; p. 19).
Del resto, come questa Corte ha avuto modo di chiarire: «Nel contratto di appalto il termine per la denunzia dei vizi ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti dell’opera quanto alla gravità degli stessi e alla riferibilità alla attività dell’appaltatore; la determinazione di detto momento che costituisce oggetto di valutazione riservata al giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esente da vizi logici e giuridici» (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4507 del 23/08/1985, Rv. 441971 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4619 del 18/05/1996, Rv. 497684 – 01).
7. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in € 12.000,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda