Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27048 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27048 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
OGGETTO:
compravendita
di cose mobili
RG. 20619/2022
C.C. 24-9-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20619/2022 R.G. proposto da:
COGNOME avv. COGNOME c.f. CODICE_FISCALE in proprio ex art. 86 cod. proc. civ.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. 01890760612, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME controricorrente avverso la sentenza n. 2274/2022 della Corte d’ appello di Napoli, depositata il 24-5-2022, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-9-
2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 3188/2017 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME COGNOME al decreto ingiuntivo con il quale lo stesso era stato condannato a pagare
Euro 6.805,75 oltre interessi e spese di procedura, a RAGIONE_SOCIALE a titolo di prezzo di materiali vari acquistati nel 2011.
Avverso la sentenza NOME COGNOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Napoli ha integralmente rigettato con sentenza n. 2274/2022 depositata il 24-5-2022.
La sentenza ha considerato che nel merito l’appellante riteneva che la vicenda andasse inquadrata nell’alveo del mandato con rappresentanza, perché dalle deposizioni testimoniali era emerso che era stato l’idraulico COGNOME a ordinare la merce in nome e per conto di NOME COGNOME COGNOME e che quindi la società venditrice avrebbe dovuto provare l’esistenza del rapporto tra COGNOME e COGNOME ; ha dichiarato che l’opponente COGNOME aveva validamente disconosciuto i documenti di trasporto e quindi quei documenti non erano utilizzabili ai fini della prova del credito; inoltre, che era incontestato che la merce di cui alle fatture era stata consegnata all’idraulico COGNOME il quale, qualificatosi come idraulico di fiducia di NOME COGNOME COGNOME si era presentato presso la sede della società con l’elenco della merce che aveva prelevato. H a considerato che l’addetto alle vendite NOME COGNOME aveva chiesto conferma in amministrazione e gli era stato risposto che poteva consegnare la merce a COGNOME perché vi erano accordi con NOME COGNOME COGNOME; la teste COGNOME responsabile dell’ufficio amministrazione , aveva riferito che COGNOME le aveva detto che l’ordine della merce era stato eseguito da COGNOME il quale aveva avvisato che la merce sarebbe stata ritirata da COGNOME e aveva dichiarato anche che lei in persona aveva chiamato NOME COGNOME COGNOME per sollecitare il pagamento di quella merce ritirata da COGNOME e questi aveva detto che sarebbe passato a pagare; il teste COGNOME la cui testimonianza era stata disposta dal Tribunale ex art. 257 cod. proc. civ., ha dichiarato che l’ordine era stato eseguito direttamente a lui dall’avv. COGNOME al telefono e che l’avv. COGNOME aveva precisato che il ritiro sarebbe stato
eseguito da COGNOME, aggiungendo di avere visto gli addetti consegnare la merce a COGNOME e di avere sollecitato il pagamento all’avv. COGNOME il quale non aveva obiettato nulla. La sentenza ha osservato che le testimonianze risultavano convergenti e univoche, oltre che credibili per la coerenza delle circostanze riferite, che avevano trovato reciproco riscontro, mentre non erano emersi elementi per dubitare dell’attendibilità dei testimoni. Ha rigettato anche l’ultimo motivo rilevando che, a prescindere dalla riconducibilità o meno della vicenda nell’alveo del mandato, le testimonianze avevano provato che l’ordine era stato impartito telefonicamente da NOME COGNOME COGNOME e la merce era stata ritirata da NOMECOGNOME
2.NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In data 11-12-2024 il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis cod. proc. civ. nel senso della manifesta infondatezza del ricorso. Il 16-1-2025 NOME COGNOME COGNOME ha chiesto la decisione, per cui il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ.
I n prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa e a ll’esito della camera di consiglio del 24-9-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che non sussiste l’incompatibilità del consigliere relatore per il fatto di essere stato anche l’estensore della proposta di definizione ex art. 380-bis cod. proc. civ., in forza dei principi enunciati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10-4-2024 (Rv. 670667-01), alla quale è sufficiente in questa sede rimandare.
2.Preliminarmente si dà altresì atto che non può essere accolta la richiesta del ricorrente di essere ‘tal giudizio discusso anche
oralmente’, perché l’art. 380 -bis cod. proc. civ. all’ultimo comma espressamente prevede che, nel caso in cui il ricorrente chieda la decisione dopo il deposito di proposta di definizione del giudizio, si procede ai sensi dell’art. 380bis. 1 cod. proc. civ ., e perciò in camera di consiglio.
3. Il primo motivo è intitolato ‘ violazione dell’art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 244 c.p.c. 257 c.p.c. e 2697 c.c.’ e con esso il ricorrente sostiene che erroneamente la Corte d’appello abbia rigettato l’appello sulla base delle dichiarazioni dei testimoni. Evidenzia che due testi, COGNOME e COGNOME hanno sostanzialmente riferito circostanze apprese da terzi e hanno mutato i fatti storici posti a base della pretesa, in quanto la società aveva allegato e chiesto di provare un rapporto diretto con l’ avv. COGNOME e mai aveva paventato la figura di un terzo che avesse agito spendendo il suo nome; dichiara che tale infedeltà nella rappresentazione dei fatti aveva comportato anche l’impossibilità di una adeguata difesa , perché se l’opponente avesse saputo fin dall’inizio che la merce era stata consegnata all’idraulico NOME COGNOME, qualificatosi come idraulico di fiducia dell’avv. COGNOME, lo avrebbe potuto chiamare in causa; aggiunge che la Corte ha male riferito le dichiarazioni del testimone COGNOME perché questo testimone aveva soltanto dichiarato che COGNOME non era mai venuto a richiedere merce per l’avvocato COGNOME aggiunge che anche il teste COGNOME era teste de relato e che la Corte ha errato pure nel ritenere attendibile il teste COGNOME che era sconosciuto al ricorrente e che, in contraddizione con il teste COGNOME, aveva affermato che vi erano stati altri casi in cui la merce era stata consegnata per conto dell’avv. COGNOME a COGNOME, mentre no n era mai stato consentito dalla società di ritirare la merce senza il contestuale pagamento; rileva che la Corte ha errato nel ritenere attendibile il teste COGNOME anche perché tale testimone non ha riferito di alcun rapporto
personale e diretto con l’avv. COGNOME ma di scambi di telefonate mai avuti e non provati.
3.1.Il motivo in primo luogo è inammissibile per le modalità con le quali è formulato in quanto il ricorrente, nel lamentarsi della lettura delle deposizioni testimoniali eseguita dalla sentenza impugnata, non fa riferimento al l’intero contenuto delle dichiarazioni rese dai testimoni, ma soltanto alle espressioni che ritiene favorevoli alla sua tesi, in violazione dell’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ.
Il motivo è altresì inammissibile in quanto è finalizzato a ottenere una complessiva rilettura del materiale probatorio in termini che sono estranei al giudizio di legittimità; ciò risulta evidente dal dato che il ricorrente si duole della valutazione di attendibilità dei testimoni eseguita dalla Corte d’appello, senza considerare che spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento e, a tal fine, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Sez. U 11-6-1998 n. 5802 Rv. 516348-01, per tutte).
Inoltre, da nessuna delle deduzioni svolte dal ricorrente è consentito enucleare la violazione delle disposizioni da lui richiamate.
Infatti, n on ricorre la violazione dell’art. 2697 cod. civ., che è configurabile solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata e non nel caso in cui oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia dato delle prove offerte dalle parti (Cass. Sez. 6-3 31-8-2020 n. 18092 Rv. 658840-01, Cass. Sez. 3 29-5-2018 n. 13395 Rv. 649038-01, Cass. Sez. Sez. 3 17-6-2013 n. 15107 Rv- 626907-01).
Nessuno degli argomenti è neppure volto a fare emergere la violazione dell’art. 244 cod. proc. civ. , per essere stati ammessi capitoli di prova che non avessero i requisiti richiesti dalla disposizione.
Ugualmente, in ordine al la violazione dell’art. 257 cod. proc. civ. , il medesimo ricorrente, allegando che il giudice di primo grado aveva ammesso d’ufficio la testimonianza del soggetto al quale si erano riferiti i testimoni, presuppone che il giudice abbia esercitato la facoltà discrezionale attribuitagli dall’art. 257 co. 1 cod. proc. civ.; l’esercizio o il mancato esercizio di tale facoltà di integrazione ex officio delle prove testimoniali spettante al giudice di merito, in quanto presuppone un apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 6-3 11-2-2020 n. 3144 Rv. 65675101). Gli argomenti del ricorrente in sostanza sono volti a lamentare che i capitoli di prova non contenessero la descrizione dei fatti poi accertati dal giudicante, con riguardo al dato che la merce era stata ritirata da tale COGNOME e non direttamente da NOME COGNOME COGNOME; però, si trattava di fatti che rimanevano nell’ambito degli accadimenti oggetto di capitoli di prova -consegna della merce al soggetto presentatosi per ritirarla al fine della dimostrazione dell’esecuz ione del contratto di compravendita- e lo stesso opponente poi appellante avrebbe potuto chiedere l’assunzione quale teste di riferimento del soggetto che i testimoni avevano indicato come suo incaricato al ritiro. Si esclude che le dichiarazioni dei testimoni, per essere utilizzabili ai fini della decisione, debbano rimanere circoscritte alla conferma o alla negazione del contenuto dei capitoli di prova; basti considerare che, se così fosse, non sarebbe stata neppure prevista la disposizione dell’art. 257 co. 1 cod. proc. civ., che si applica allorché nel corso di una testimonianza per la prima volta si palesi la conoscenza del fatto da parte del terzo.
4. Il secondo motivo è intitolato ‘ violazione dell’art. 360 n. 3 e 5. Mancanza di motivazione sul rapporto giuridico invocato art. 1388 c.c. e la diversa fattispecie, dedotta in giudizio ed emersa in corso di causa’; con esso il ricorrente sostiene che la prova testimoniale, per quanto ammissibile nelle richieste istruttorie, avrebbe dovuto essere
considerata inconferente ai fini della decisione, in quanto aveva mutato il fatto storico della pretesa; lamenta che la Corte d’appello non abbia dato risposta alla riconducibilità o meno della vicenda nell’alveo del mandato con o senza rappresentanza, incorrendo in omessa motivazione su punto decisivo e confermando il convincimento che le veniva dalle testimonianze in ordine al fatto che l’ordine era stato impartito telefonicamente. Aggiunge che, a parte che la prova è stata de relato, il Comparelli ha spe so il nome dell’avv. COGNOME per compiere gli acquisti, sottoscrivendo con due firme palesemente differenti e in momenti diversi i documenti, firmando come vettore e consegnatario; rileva che, per la regolarità formale dei documenti di trasporto, chi ritira per consegna deve sottoscrivere come vettore e deve riportare al venditore il documento sottoscritto dal consegnatario; quindi sostiene che, se vettore e consegnatario si identificano nella stessa persona, questa persona deve provare di avere avuto il potere di compiere atti in nome e per conto del terzo; lamenta che la Corte non abbia considerato, omettendo ogni motivazione sul punto, che la fattispecie è il tipico caso di contemplatio domini, che rende possibile l’imputazione degli effetti del contratto nella sfera di un soggetto diverso da quello che lo ha concluso, con onere della prova su chi afferma di avere assunto la veste di rappresentante.
4.1.Il motivo è inammissibile laddove proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme” perché la sentenza emessa in appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base,
rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario, il ricorrente si limita a lamentare che la Corte d’appello non abbia motivato sulla questione della rappresentanza, ma non vi è nella sentenza vizio di motivazione rilevante in sede di legittimità. A prescindere dal dato che il vizio della motivazione avrebbe dovuto essere dedotto ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 co. 2 cod. proc. civ., nella fattispecie la motivazione soddisfa ampiamente il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, perché la motivazione non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). Infatti, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la Corte territoriale ha motivato anche sulla questione della rappresentanza laddove (punto 3.3) ha dichiarato infondato l’ultimo motivo di appello perché, a prescindere dalla riconducibilità o meno della vicenda nell’alveo del mandato con o senza rappresentanza, le testimonianze avevano provato che l’ordine di acqui sto era stato dato da NOME COGNOME COGNOME e la merce era stata ritirata da COGNOME su incarico di COGNOME
Per questo, non sussiste neppure violazione delle disposizioni sulla rappresentanza, perché la sentenza impugnata ha accertato in fatto che era stato NOME COGNOME COGNOME ad acquistare la merce e a incaricare NOME soltanto del ritiro. Risultano irrilevanti in questa sede anche le deduzioni sulle modalità di sottoscrizione dei documenti di trasporto, perché la sentenza impugnata ne ha espressamente ritenuto valido e
tempestivo il disconoscimento (pag.7) e non li ha in alcun modo utilizzati ai fini della prova della conclusione e dell’esecuzione della compravendita, che ha tratto dalle dichiarazioni testimoniali.
Come già osservato nella proposta di definizione accelerata, la sentenza impugnata ha accertato che NOME COGNOME COGNOME aveva detto alla teste COGNOME che gli aveva telefonato per chiedere il pagamento di quelle fatture, che sarebbe passato a pagare. Ha altresì accertato che il teste COGNOME al quale si era riferita la teste COGNOME ha dichiarato nella sua deposizione che l’ordine della merce in questione era stato eseguito da ll’avv. COGNOME qualche giorno prima che venisse COGNOME a ritirare la merce ste ssa, aggiungendo che l’ordine era stato fatto telefonicamente, direttamente a lui e che COGNOME nell’eseguirlo aveva anche detto che il ritiro sarebbe stato eseguito da COGNOME, nonché aggiungendo che successivamente al ritiro della merce da parte di COGNOME lui stesso aveva sollecitato COGNOME al pagamento e lo stesso COGNOME nulla aveva obiettato. Da queste dichiarazioni, aventi a oggetto fatti attestati per conoscenza diretta dai testimoni -anche con riguardo alle telefonate da loro direttamente eseguite, delle quali i testimoni certamente potevano riferirecon deposizioni reciprocamente riscontrate, come evidenziato dalla sentenza impugnata, risultava che la merce era stata acquistata da NOME COGNOME COGNOME che lo stesso acquirente COGNOME aveva incaricato COGNOME del ritiro della merce e, quando gli era stato richiesto, aveva dichiarato che avrebbe eseguito il pagamento. Quindi, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, non vi è stata neppure una qualche modifica dei fatti posti a fondamento della domanda, perché non è stato accertato che il contratto fosse stato concluso da un rappresentante senza dimostrazione dei suoi poteri di rappresentanza, ma è stato esclusivamente accertato che COGNOME aveva acquistato la merce personalmente e aveva incaricato il terzo Comparelli soltanto del ritiro
della merce medesima; si ripete che tale accertamento in fatto, in quanto immune da qualsiasi vizio logico o giuridico, rimane estraneo al sindacato di legittimità.
5.In conclusione il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, con la distrazione richiesta.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento a favore della controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore della società controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.100,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario;
condanna altresì il ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. di Euro 2.000,00 a favore della controricorrente e di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME