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Prova scritta transazione: l’accordo va provato per iscritto

Una società fornitrice ha richiesto il pagamento di interessi di mora a una società cliente. Quest’ultima si è opposta sostenendo l’esistenza di un accordo transattivo per un pagamento rateale, provato dall’emissione di assegni. I giudici di primo e secondo grado hanno accolto questa tesi. La Corte di Cassazione ha però annullato la decisione, ribadendo che la prova scritta della transazione è un requisito di legge (art. 1967 c.c.) e non può essere sostituita da prove presuntive, come il comportamento delle parti.

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Prova Scritta Transazione: Perché un Accordo Verbale o Presunto Non Basta

Nel mondo degli affari, gli accordi per risolvere controversie sono all’ordine del giorno. Ma cosa succede se un accordo non viene messo nero su bianco? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda l’importanza fondamentale della prova scritta della transazione, stabilendo che la sua esistenza non può essere semplicemente presunta dal comportamento delle parti. Questa decisione offre una lezione cruciale per imprenditori e professionisti sulla necessità di formalizzare sempre gli accordi.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un rapporto commerciale tra una società fornitrice di legname e una società acquirente. A seguito del ritardato pagamento di alcune forniture, la società fornitrice otteneva un decreto ingiuntivo per circa 3.000 euro a titolo di interessi di mora.

La società acquirente si opponeva al decreto, sostenendo che le parti avevano raggiunto un accordo transattivo per un pagamento rateale del debito principale. A riprova di ciò, produceva 11 assegni a cadenza mensile, regolarmente onorati. Secondo la debitrice, tale accordo implicava la rinuncia della creditrice a pretendere gli interessi.

Sia il Giudice di Pace che, in appello, il Tribunale davano ragione alla società acquirente. I giudici di merito ritenevano che l’emissione e l’accettazione degli assegni costituissero una prova sufficiente dell’esistenza di un accordo transattivo, che includeva una rinuncia tacita agli interessi.

La Questione della Prova Scritta della Transazione in Appello

Il Tribunale, confermando la decisione di primo grado, ha basato il proprio ragionamento su una serie di presunzioni. L’emissione contestuale di 11 assegni con numerazione progressiva e scadenze mensili è stata interpretata come un chiaro segnale di un accordo complessivo per il rientro del debito. Secondo il giudice d’appello, accettando questo piano di pagamento rateale, la società fornitrice avrebbe implicitamente rinunciato a pretendere gli interessi di mora.

Questa interpretazione, tuttavia, si scontrava con un principio fondamentale del nostro ordinamento: la necessità della prova scritta della transazione, come previsto dall’articolo 1967 del Codice Civile.

L’Intervento della Cassazione: la Forma Scritta è Indispensabile

La società fornitrice ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, proprio la violazione dell’art. 1967 c.c. La Suprema Corte ha accolto questo motivo, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri.

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: la transazione è un contratto che richiede la prova scritta ad probationem. Questo significa che, sebbene il contratto sia valido anche se concluso oralmente, in un eventuale giudizio la sua esistenza e il suo contenuto possono essere dimostrati solo attraverso un documento scritto. Non è ammesso il ricorso a testimoni o, come nel caso di specie, a presunzioni.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che i giudici di merito hanno commesso un errore di diritto. Hanno utilizzato il ragionamento presuntivo (partendo dal fatto noto degli assegni) per desumere non solo il contenuto di un accordo, ma l’esistenza stessa della transazione e delle sue reciproche concessioni (pagamento rateale contro rinuncia agli interessi). Questo modo di procedere è vietato dalla legge quando è richiesta la prova scritta. Il ricorso a elementi esterni al documento è ammesso solo per chiarire o interpretare il contenuto di un accordo transattivo già provato per iscritto, non per dimostrarne l’esistenza. Poiché nel caso in esame non esisteva alcun atto scritto che formalizzasse la transazione, la decisione del Tribunale è stata ritenuta illegittima perché in contrasto con la norma specifica e con la costante giurisprudenza della stessa Corte.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale, in diversa composizione, affinché la riesamini applicando il corretto principio di diritto. La lezione pratica è inequivocabile: per evitare contestazioni e garantire la certezza dei rapporti, qualsiasi accordo transattivo deve essere formalizzato in un documento scritto. Affidarsi a intese verbali o a comportamenti concludenti, specialmente quando si tratta di rinunciare a propri diritti come quello agli interessi, espone a rischi significativi e a costosi contenziosi dall’esito incerto. La forma scritta non è un mero formalismo, ma una garanzia fondamentale per la tutela dei propri diritti.

È possibile provare un accordo di transazione senza un documento scritto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’art. 1967 del Codice Civile richiede che la transazione sia provata per iscritto. Non è possibile dedurne l’esistenza da elementi presuntivi, come il comportamento delle parti (ad esempio, l’accettazione di pagamenti rateali).

Il pagamento rateale di un debito tramite assegni dimostra che il creditore ha rinunciato agli interessi?
No, non di per sé. La Corte ha chiarito che il solo fatto di accettare un piano di rientro rateale non costituisce prova scritta di un accordo di transazione che includa la rinuncia a richiedere gli interessi di mora maturati sul ritardo.

Cosa significa che la prova della transazione è richiesta ‘ad probationem’?
Significa che la forma scritta non è un requisito per la validità del contratto di transazione (che è valido anche se verbale), ma è indispensabile per poterlo dimostrare in un processo. In assenza di un documento, non si possono utilizzare altri mezzi di prova come testimonianze o presunzioni per provare l’esistenza dell’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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