Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11321 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11321 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.23906/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rapprese ntata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso il suo studio e come da domicilio digitale;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , e per essa, quale mandataria alla gestione dei crediti,
Oggetto: Fideiussione – Polizza – Liberazione di uno dei fideiussori – S cadenza dell’obbligazione ex art. 1957 c.c. – Notificazione – Raccomandata – Avviso di ricezione.
CC 17.02.2025
Ric. n. 23906/2021
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale alle liti allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il suo studio e come da domicilio digitale;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n 526/2021 pubblicata in data 8 marzo 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 febbraio
2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di Unicredit aveva ingiunto con decreto n. 1515/2017, emesso in data 7/4/2017 dal Tribunale di Verona, alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e ai suoi fideiussori, pro quota , il pagamento della somma di euro 2.762.211,93, oltre accessori e spese della fase monitoria, a titolo di restituzione del finanziamento concesso con contratto di mutuo stipulato in data 30 settembre 2009;
i fideiussori, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, avevano proposto opposizione avverso il citato decreto monitorio (con cui era stato loro ingiunto il pagamento, rispettivamente, della somma di euro 625.000,000 e di euro 150.000,00, oltre accessori e spese) eccependo l’estinzione della fideiussione ai sensi dell’art. 1957 c.c. e la nullità del contratto di mutuo e della fideiussione ai sensi dell’art. 1939 c.c.; si era costituita RAGIONE_SOCIALE tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito già
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Ric. n. 23906/2021
Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
facente capo a Unicredit s.p.a., resistendo all’opposizione e chiedendone il rigetto;
il Tribunale di Verona con sentenza n. 2337/19 rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo e condannando le società opponenti alla rifusione delle spese di lite;
la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Verona, ha accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e revocato nei suoi soli confronti il decreto ingiuntivo opposto n. 1515/2017, confermando la sentenza di prime cure nei confronti RAGIONE_SOCIALE e rigettandone l’appello ; ha rigettato, infine, l’appello incidentale condizionato proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ha condannato l’appellante RAGIONE_SOCIALE a rifondere all’appellata FINO 2 RAGIONE_SOCIALE le spese del grado e la fino 2 RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE), a rifondere a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, le spese di entrambi i gradi del giudizio;
avverso la sentenza d’appello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d’impugnazione. Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria alla gestione dei crediti, RAGIONE_SOCIALE sebbene intimata, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale in data 6 giugno 2024 ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c. e parte ricorrente ha depositato memoria;
con ordinanza interlocutoria n.25337/2024 si è disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, mandando alla Cancelleria
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Pres NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
affinché la comunicazione dell’avviso della nuova fissanda udienza venisse effettuata personalmente alla controricorrente Fino 2 Securisation;
all’esito dell’incombente, per la parte controricorrente si è costituito nuovo difensore e la trattazione del ricorso è stata nuovamente fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
ha depositato nuovamente memoria parte ricorrente, ha depositato memoria anche parte controricorrente;
Considerato che
1. la società ricorrente con il primo motivo, censura la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1371 c.c. in relazione al motivo di cui al primo comma, n. 3, de ll’art. 360 c.p.c. sull’erronea inte rpretazione delle clausole di cui agli artt. 6 e 7 della fideiussione del 30.09.2009 sottoscritta dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE ; in particolare, assume che la Corte d’appello non abbia fatto buon governo dei criteri di interpretazione delle clausole contrattuali che le avrebbero imposto ‘ di arrestarsi al tenore letterale del contratto, senza cioè indagare una ipotetica ‘volontà delle parti’ diversa da quella derivante dal chiaro significato letterale delle pattuizioni intercorse tra le parti; in particolare, la Corte d’ appello, interpretando l’art. 7 della fideiussione (c. d. clausola ‘a prima richiesta’) , ha ritenuto che le parti avessero derogato all’art. 1957 c.c., consentendo alla creditrice la facoltà d’impedire la relativa decadenza con una mera diffida stragiudiziale, prescindendosi dall’azione giudiziaria, nonostante l’art. 7 predetto fosse silente sul punto, e senza indicare quale sarebbe il criterio ermeneutico seguito; contesta che ciò sarebbe peraltro in contrasto con l’art. 6 della stessa fideiussione, che a livello letterale (oltre ad avere esteso il termine decadenziale ex art. 1957 c.c. a 36 mesi) imponeva alla creditrice di ‘agire per l’adempimento’, riferimento testuale anche alle
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Est. I. Ambrosi modalità dell’azione per l’impedimento della decadenza riconducibile alla tradizionale esegesi dell’art. 1957 c.c. che impone di riferire il termine ‘azione’, al pari dell’equivalente termine ‘istanza’, ai mezzi di tutela giurisdizionale del diritto (viene richiamata, sul punto, Cass. n. 6823/2001, in memoria);
1.2. Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1 c.p.c.;
tanto si osserva a prescindere dal rilievo che, pure potrebbe svolgersi, nel senso che, nonostante la formale denuncia di plurimi vizi di violazione di legge, il mezzo in esame si risolve in una sostanziale proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, secondo una prospettiva critica non consentita in sede di legittimità;
difatti esso evoca, nella sostanza, profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 16/04/2024 n. 10161, Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
andrebbe pure osservato che in tema di interpretazione del contratto il sindacato di legittimità non può investire l’accertamento in sé che appartiene al Giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dalla Corte di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di
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Est. I. Ambrosi fatto da questi esaminati (cfr. Cass. 10.2.2015 n. 2465, Cass. 26.5.2016 n. 10891, Cass. 14.7.2016 n. 14355); in proposito, questa Corte ha più volte affermato come il ricorrente per cassazione, il quale intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di un contratto, ha l’onere di specificare i canoni che in concreto si assumono violati ed il punto ed il modo in cui il Giudice di merito si sia dagli stessi discostato; nello specifico, la società ricorrente si è limitata a reiterare con il ricorso di legittimità le doglianze già proposte dinanzi la Corte d’appello e lo ha fatto sostenendo solo in thesi , ma senza spiegare effettivamente come e perché sarebbero stati violati i criteri ermeneutici di cui la menta la violazione;
fermi tali rilievi si deve in realtà sottolineare che l’esegesi della due clausole cui si fa riferimento, cui ha proceduto la corte territoriale, pone la decisione in linea con quanto da questa Corte già ritenuto, anche di recente, e cioè che nei contratti come quello in esame ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire a ‘semplice richiesta scritta’, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957 c.c. deve intendersi riferito -proprio giusta l’applicazione del criterio ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c. esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione. Pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le clausole contrattuali, non potendosi considerare a prima richiesta l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio (Cass. Sez. 3, 26/09/2017 n. 22346; Cass. Sez. 3, 21/05/2008 n. 13078; più di recente, Cass. n. 660 del 2025);
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Est. I. COGNOME
nella specie le parti, per il tramite della due clausole in discorso, hanno voluto, pur estendendo convenzionalmente il termine, sempre e comunque attribuire efficacia alla richiesta stragiudiziale;
con il secondo motivo, denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1335 e 2729 c.c. in relazione al motivo di cui al primo comma n.3 dell’art.360 c.p.c. sull’erroneo accertamento presuntivo della ricezione della diffida stragiudiziale del 5.7.2011 da parte della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, della cui ricezione, invece, non vi sarebbe prova;
con il terzo motivo, lamenta la ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione al motivo di cui al primo comma n. 4 dell’art. 360 c.p.c.. Illogicità e omissione della motivazione (costituzionalmente rilevante da sussumersi nella violazione di legge) circa la riconducibilità esclusiva a poste italiane del numero di raccomandata apposto sull’avviso di ricevimento nonché circa l’affermazione apodittica dell’avvenuta ricezione ex art. 1335 c.c. della raccomandata da parte di Mistral entro il termine di 36 mesi ‘;
3.1. per ragioni di priorità logica e di connessione, vanno scrutinati congiuntamente il secondo e il terzo motivi che si rivelano fondati;
3.1.1. la Corte d’appello ha ritenuto provato rispetto alla fideiubente RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente, il rispetto del termine dei 36 mesi previsto dall’art. 6 del contratto di fideiussione de quo , con riferimento all’art. 1957 (pag. 11 della sentenza impugnata);
la Corte territoriale è pervenuta a tale convincimento affermando che era stato contestato dalla società RAGIONE_SOCIALE odierna ricorrente, «il ricevimento delle comunicazioni, in assenza di produzione dell’avviso di ricevimento» ma che, per altro verso, la predetta società fideiubente non aveva contestato la «spedizione»
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Est. I. Ambrosi della medesima comunicazione «né la conformità all’originale della copia delle comunicazioni ex artt. 2712-2719 c.c. e neppure la data», osservando, poi, in relazione all’avviso di ricevimento che «la copia della raccomandata indirizzata a RAGIONE_SOCIALE riproduce, oltre al testo contrattuale, un lato della copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata, dove si legge chiaramente la scritta ‘Poste RAGIONE_SOCIALE‘, il numero della raccomandata (n. NUMERO_DOCUMENTO), il nominativo e l’indirizzo del destinatario RAGIONE_SOCIALE (v. terza pagina del doc.9 fascicolo fase monitoria, depositato telematicamente da RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado, doc. H del presente grado)»;
ha poi ritenuto che « La produzione della copia dell’avviso di ricevimento, la cui conformità all’originale non è stata tempestivamente disconosciuta dalle odierne appellanti ex artt. 27122719 c.c., pur in assenza della copia del lato dell’avviso recante la sottoscrizione del destinatario, è idonea a provare l’avvenuta spedizione della raccomandata n. 13953632099.3, datata 9.7.2011, indirizzata a RAGIONE_SOCIALE» (pag. 10 della sentenza impugnata);
ha infine richiamato il principio affermato da due arresti di questa Corte (nn. 15762/2013 e 24054/2015) secondo cui l’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento -e ha poi soggiunto che spetta al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente, per ritenere che, nel caso di specie, «in presenza della copia dell’avviso di ricevimento recante il numero della raccomandata, che solo l’Ufficio postale può apporre
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al momento della spedizione del plico, può farsi applicazione dello stesso principio» (pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata);
3.1.2. da queste testuali affermazioni come sopra riportate risulta sussistere il denunciato vizio di motivazione ex art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c, tenuto conto che esso può essere fatto valere quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito, purché tali carenze risultino dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conf.; da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090);
questo vizio è riscontrabile nella motivazione in esame, la quale con un argomentare oggettivamente contraddittorio, da un lato, afferma la necessità della contestazione non soltanto della ricezione delle comunicazioni ma anche dell’avvenuta spedizione di esse, dall’altr o lato, la necessità del disconoscimento dell’avviso di ricevimento, sebbene ammetta al contempo la mancata produzione « della copia del lato dell’avviso recante la sottoscrizione del destinatario» e quindi l’assenza di dimostrazione della ricezione;
si tratta di un argomentare che – in primo luogo se apprezzato anche solo in termini di mera congruenza logica e a maggior ragione una volta apprezzato in iure -risulta manifestamente privo di congruenza e del tutto contraddittorio;
sotto il primo aspetto risulta assolutamente non spiegato come e perché dal fatto della spedizione debba evincersi la ricezione;
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sotto il secondo aspetto si palesa l’assoluta erroneità in iure di questa mancanza di spiegazione, volta che si considerino i seguenti principi di diritto enunciati da questa Corte;
3.1.3. ebbene, in tema di presunzione di conoscibilità di un atto giuridico recettizio inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, questa Corte ha affermato che l’atto si presume giunto a destinazione -sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento – ma che, qualora il destinatario contesti il fatto stesso della ricezione, sorge in capo al mittente l’onere della prova del detto ricevimento (Cass. Sez. L, n. 28580 del 2024 Cass. n. 6725 del 2018; in precedenza, Cass. n. 10849 del 2006);
l’indirizzo appena richiamato è stato, più di recente, rafforzato dalla pronuncia Cass. Sez. 3, 27/10/2022 n. 31845 che, argomentando anche da Cass. Sez. U, 15/04/2021 n. 10012, ha osservato come, anche in relazione ai casi in cui il procedimento di notificazione è, per legge, integrato (e completato) con l’invio di una comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, si è progressivamente affermato il principio di diritto per cui l’esito dello stesso va sempre documentato ai fini della verifica della regolarità della notificazione e -per quanto più rileva ai fini della problematica qui in esame- si è ritenuto che tale documentazione debba essere sempre fornita dal mittente, esclusivamente mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, fatta salva l’ipotesi che la mancata produzione sia adeguatamente giustificata e/o sussistano altri elementi di prova che dimostrino l’avvenuta consegna della raccomandata. In difetto, il giudice di merito non può ritenere dimostrata l’operatività della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod.civ., solo sulla base della prova dell’invio della raccomandata;
in particolare, l’arresto n. 31845 citato, pur evidenziando la peculiarità della tematica affrontata dalle Sezioni unite (relativa
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Est. I. COGNOME alla prova della notificazione degli atti processuali e impositivi) rispetto a quella che nel concreto veniva esaminata (che, come nella specie in esame, aveva ad oggetto l’operatività della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod.civ.), ne ha però evidenziato i punti di contatto come quelli relativi al piano della vicinanza della prova e all’individuazione, in caso di contrasto, della parte (il mittente) tenuta alla dimostrazione dell’esito dell’inoltro della raccomandata postale;
la Corte territoriale, pertanto, ha obliato i principii espressi dall’indirizzo giurisprudenziale di legittimità sopra richiamato, che qui va condiviso e ribadito;
4. dall’accoglimento del secondo e terzo motivi di ricorso, discende l’assorbimento dei restanti con cui, in particolare, parte ricorrente ha denunciato: – con il quarto motivo: l’ ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione al motivo di cui al primo comma n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Travisamento della prova e omesso esame della non riconducibilità a poste italiane del numero di raccomandata apposto sull’avviso di ricevimento nonché della mancanza sul documento della data (apoditticamente individuata al 9.7.2011) ‘ , con il quinto motivo: la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione al motivo di cui al primo comma, n. 3, dell’art. 360 c.p.c. sull’erroneità riconducibile al ‘fatto notorio’ dell’accertamento che l’Ufficio postale in via esclusiva possa apporre il numero d ella raccomandata sull’avviso di ricevimento ‘ ed, infine, col sesto motivo: la ‘ nullità della sentenza per omessa pronuncia su un motivo di appello in relazione al motivo di cui al primo comma n. 4 dell’art. 360 c.p.c. Omessa pronuncia sulla domanda declaratoria della nullità e inefficacia del contratto di finanziamento per cui è causa e della fideiussione accessoria concessa dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE alla creditrice ‘;
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5. si deve conclusivamente dichiarare inammissibile il primo motivo di ricorso, accogliere il secondo e il terzo motivi, assorbiti i restanti;
la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia che, comunque in diversa composizione personale, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legitittimità.
Per questi motivi
La Corte, dichiara inammissibile il primo, accoglie il secondo e il terzo motivi di ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa ad altra Sezione delle Corte d’appello di Venezia che, comunque in diversa composizione personale, provvederà anche per le spese del presente giudizio di legitittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della