Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25259 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2023 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. NOME COGNOME (P.IVA P_IVA), con sede in Castel San Giorgio INDIRIZZO), INDIRIZZO, rappresentata e difesa -in virtù di procura alle liti apposta su foglio separato ex art. 83 III comma c.p.c. -dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE), e domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME INDIRIZZO (fax NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata:
; EMAIL.
Ricorrente
contro
Regione RAGIONE_SOCIALE , in persona del suo legale rappresentante Presidente p.t. della RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO, c.f. 80011990639, rappresentata e difesa, dall’AVV_NOTAIO COGNOME -c.f. CODICE_FISCALE – in virtù di procura in calce ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’ufficio di
rappresentanza della Regione RAGIONE_SOCIALE, la quale dichiara che le comunicazioni potranno essere inviate al seguente numero di fax NUMERO_TELEFONO ovvero al seguente indirizzo di posta elettronica: EMAIL.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n° 3353 depositata il 19 luglio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che :
Il consigliere delegato ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio:
‘ RAGIONE_SOCIALE – riassumendo il giudizio già proposto innanzi al Tar RAGIONE_SOCIALE -Sez. di Salerno, dopo la declaratoria del difetto di giurisdizione – ha impugnato il decreto n. 379/2005, con il quale la Regione RAGIONE_SOCIALE aveva revocato il contributo per lire 2.960.000.000 (€ 1.528.712,43), concesso con decreto dirigenziale n° 18522 del 31.12.1999 per la realizzazione di una linea di produzione di mele solid pack e successivamente erogato, a causa delle irregolarità riscontrate dalla Guardia di finanza, che aveva segnalato che le fatture che documentavano i pagamenti effettuati per l’acquisto dell’impianto di cui al contributo erano in realtà relative a fatture per operazioni inesistenti e che la gran parte dei bonifici di pagamento indicati da CPC erano falsi e non erano mai stati eseguiti.
La CPC ha sostenuto che la revoca era illegittima in quanto il procedimento penale per l’emissione delle fatture inesistenti si era concluso con un provvedimento di archiviazione.
Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda di CPC, confermando l’impugnato decreto n. 379/2005, ed ha accolto la domanda ricon-
venzionale della Regione, condannando parte attrice alla restituzione delle somme percepite in forza del contributo revocato.
La Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello di CPC, con aggravio di spese.
Ricorre con due motivi CPA e resiste con controricorso la Regione RAGIONE_SOCIALE.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, del c.p.c.
Secondo la ricorrente, accertata la presenza nello stabilimento dell’impianto nuovo di fabbrica, regolarmente collaudato, e accertato l’incremento occupazionale, sarebbe stato del tutto illogico ritenere fondato il teorema della Guardia di finanza e della Regione RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente lamenta di conseguenza la non corretta applicazione degli artt. 2727 e soprattutto 2729 del codice civile, risultando del tutto assertiva, apodittica e sbrigativa la valutazione delle contro prove presuntive documentali allegate dalla RAGIONE_SOCIALE (cfr. i verbali di verifica della commissione, che accertavano sia la presenza in loco dei macchinari che l’avvenuto incremento occupazionale) e quindi sostanzialmente omessa la necessaria valutazione della loro portata probatoria.
Il motivo è inammissibile perché, sotto l’egida della denunciata violazione di legge, si ingerisce palesemente nella valutazione delle prove e nell’accertamento dei fatti, di competenza del giudice del merito, che ha conferito rilievo dirimente alla falsità dei bonifici indicati da CPA e all’accertata assenza di movimento in denaro fra i conti di CPC e del fornitore, sollecitando indebitamente questa Corte di legittimità ad ergersi a terzo giudice del fatto.
È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito. (Sez. U, n. 34476 del
27.12.2019).
Più in particolare, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. (Sez. 2, n. 9054 del 21.3.2022).
La valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassa-
zione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. (Sez. 2, n. 20553 del 19.7.2021; Sez. 6 – 1, n. 5279 del 26.2.2020).
La prova per presunzione semplice, che può anche costituire l’unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se coerentemente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 3, n. 5484 del 26.2.2019; Sez. 1, n. 3854 del 8.2.2019).
Quanto alla mancata valutazione della sentenza della Corte di appello di Salerno n. 456/2021, dallo stesso ricorso emerge che la produzione in questione è intervenuta tardivamente solo con la comparsa conclusionale di appello e comunque riguarda una vicenda diversa da quella oggetto di causa, relativa a fatti analoghi, invocata a supporto della proposta diversa valutazione degli elementi indiziari.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 e seguenti del codice civile nonché dell’art. 2697 del codice civile, in relazione all’art. 360, n. 3, del c.p.c.
Anche questo motivo appare riversato nel merito e inammissibile a fronte della valutazione di gravità dell’inadempimento formulata dal giudice del merito.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata
sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Sez.2, 24.1.2020, n. 1634; Sez. lav., 19.8.2020, n. 17313; Sez. 6, 23.10.2018 n.26769; Sez.3, 29.5.2018, n.13395; Sez.2, 7.11.2017 n.26366).
Inoltre, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito. (Sez. 6 – 2, n. 12182 del 22.06.2020: Sez. 3, n. 6401 del 30.03.2015; Sez. 3, n. 14974 del 28.06.2006 ‘.
Non sono state depositate memorie.
Considerato che :
La ricorrente ha chiesto la decisione con istanza datata 21 luglio 2023, nella quale non ha formulato alcuna controargomentazione alla motivazione del Consigliere delegato.
Non sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cpc.
La Corte non ravvisa pertanto alcun motivo per discostarsi dalla proposta di definizione del giudizio, con la conseguenza che il ricorso va respinto, in quanto manifestamente infondato.
Peraltro, va pure osservato in ordine al primo motivo, che -come già anticipato nella Proposta di definizione anticipata -la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cc, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 3, cpc, può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero
fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. 9054/2022).
Nel caso concreto, sub specie del vizio di violazione degli artt. 2727 e 2729 cc, il ricorrente tende ad una rivisitazione del merito, rendendo così il suo ricorso inammissibile, poiché il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 32505/2023; Cass. 9097/2017).
Quanto sopra vale anche per la sentenza che la Corte non ha valutato, poiché tardiva e riferentesi ad una diversa vicenda processuale.
Il secondo motivo (artt. 2697 c.c. e 1453 c.c.) è, del pari, inammissibile.
In primo luogo, col mezzo non viene svolta una critica alla sentenza d’appello, ma al provvedimento amministrativo di revoca del contributo.
Secondariamente, va ribadito che la violazione dell’art. 2697 cc si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe
dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie, basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass. 23/10/2018, n. 26769), non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., 19/08/2020, n. 17313). Nulla di tutto questo è avvenuto nel caso di specie.
Quanto alla risoluzione del contratto, anche sul punto la censura attinge il merito della lite.
In materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cc, costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Cass. 12182/2020; Cass. 6401/2015).
Alla soccombenza del ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente grado in favore del controricorrente, per la cui liquidazione -fatta in base al dm n° 55 del 2014, come modificato dal dm n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 1,5 milioni) -si rimanda al dispositivo che segue.
La parte ricorrente va inoltre condannata ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cpc.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 15.000,00 per onorari ed in euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Condanna, inoltre, la parte ricorrente a pagare alla controparte la somma equitativamente determinata di euro 15.000,00, nonché a pagare alla Cassa delle ammende l’importo di euro 2.500,00. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
C osì deciso in Roma l’11 luglio 2024, nella camera di consiglio della