Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5701 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5701 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
sul ricorso 23254/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1473/2020 depositata il 01/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Banca Monte dei Paschi di Siena ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’impugnata sentenza con la quale la Corte di appello di Bologna, adita in riassunzione dopo la cassazione di una sua pregressa pronuncia, ha accolto il gravame di NOME COGNOME ed, in riforma della decisione di primo grado che ne aveva respinto le domande, ha dichiarato la nullità del contrato 4you intercorso tra le parti ed ha condannato la banca, ritenendo che la prova degli esborsi si potesse ritrarre dalla presunzione in ordine alla continuità dei versamenti secondo il piano finanziario previsto dal contratto, alla restituzione della conclusiva somma di 32.139,79, oltre agli accessori, osservando altresì ad ulteriore conforto del decisum che la banca si era limitata solo a contestare che la somma reclamata in restituzione era superiore a quella domandata in primo grado e che la domanda dovesse di conseguenza giudicarsi nuova.
Il mezzo azionato dalla banca si vale di due motivi seguiti da memoria ed oppostamente resistiti da controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 2697, 2729 e 2033 cod. civ. poiché la Corte territoriale si era indotta ad accogliere il proposto gravame in punto di quantum sulla base di semplici presunzioni e quantunque l’attore non avesse provato documentalmente, mediante la produzione del contratto, degli estratti conto e delle quietanze l’avvenuto versamento delle somme accordate in restituzione e benché lo stesso attore, correggendo l’errore contenuto nella citazione in riassunzione, aveva quantificato la pretesa nella minore somma di euro 13.169,56 avendo interrotto ogni pagamento dopo la notifica dell’atto di citazione -è infondato e non merita perciò adesione.
Nessuna obiezione è per vero sollevabile, in merito alla contestazione che il credito non sarebbe stato documentalmente provato, circa il fatto che la Corte di appello abbia ritenuto di accogliere la domanda in forza di una prova presuntiva, la prova, a cui si perviene attraverso la valutazione degli elementi indiziari secondo gli indici di gravità, precisione e concordanza pretesi dall’art. 2729 cod. civ., essendo, infatti nel nostro ordinamento di diritto sostanziale provvista della medesima idoneità ad assolvere gli oneri di allegazione che si riconosce alle prove dirette e, segnatamente, alle prove documentali. Sicché, che la Corte di Appello abbia ritenuto provato l’assunto creditorio sviluppando un ragionamento presuntivo, che dal fatto noto, rappresentato dall’incontestato pagamento della somma inizialmente indicata, è pervenuto ad accertare il fatto ignoto che il COGNOME avesse continuato a pagare sino alla pronuncia della sentenza, così liquidandogli la maggior somma di cui si discute, non espone la sentenza alla specifica critica di cui lo rende oggetto il motivo.
Il ragionamento presuntivo si mostrerebbe, invece, viziato nel punto in cui approda al fatto ignoto, giacché esso è smentito dalle stesse difese attrici. Come ha invero eccepito la banca, senza che sul punto il COGNOME replicasse alcunché, l’allegazione che costui avesse proseguito ad effettuare i versamenti previsti dal piano finanziario allegato al contratto anche in corso di causa e sino alla pronuncia della sentenza di appello è stata frutto di un errore in cui l’attore è incorso in sede di riassunzione. E’ infatti lui stesso a darne atto nella comparsa conclusionale affermando che «l’odierno appellante, come ovvio, ha interrotto i pagamenti con la notifica dell’atto di citazione -per errore si è detto il contrario in riassunzione che aveva proseguito -con l’effetto che sono state corrisposte 34 rate per complessivi € 13.169,56 come richiesto in
citazione». E tuttavia, sebbene sia insegnamento di questa Corte che in tema di prove presuntive, ove una delle parti chieda di provare circostanze atte a smentire l’esistenza del fatto ignoto, che si pretende provare mediante presunzioni, il giudice non possa decidere la causa sulla base della presunzione senza prima aver dato corso alla prova del contrario, a meno che non ritenga e dimostri che la prova proposta è inammissibile o ininfluente (Cass., Sez. I, 15/04/1994, n. 3593), l’ammissione di cui si legge nell’atto processuale richiamato non ha alcuna efficacia, giacché seppur è vero che le dichiarazioni contenute negli atti processuali di parte indicati dall’art. 125 cod. proc. civ., siccome facenti parte del processo, possono assumere anche il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 cod. proc. civ., è tuttavia necessario che, potendo la confessione essere fatta solo da chi possa disporre del relativo diritto, affinché la dichiarazione resa in un atto del processo possa produrre tale efficacia probatoria è necessario che sia stata sottoscritta dalla parte personalmente, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell’atto (Cass., Sez. I, 1/12/2016, n. 24539).
Poiché l’allegazione sul punto è lacunosa in quanto la ricorrente, venendo meno all’onere di autosufficienza, pur riportando la detta dichiarazione ha omesso di precisare se essa fosse imputabile alla parte per essere stato l’atto che la contiene pure sottoscritto da costei -lacuna a cui non può supplire il collegio, procedendo alla consultazione degli atti, atteso che non si è in presenza di un vizio processuale -ne deriva l’infondatezza della censura ed il conseguente suo rigetto.
L’analoga circostanza si rende esaminabile considerando il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia, riguardo ad essa, l’omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti.
Ora, poiché sulla natura di fatto in senso storico-naturalistico della circostanza eccepita dalla ricorrente non si possono avere riserve di sorta atteso che essa si mostra idonea a provare un fatto modificativo della pretesa, così come del pari non si possono accampare dubbi né circa la sua decisività, essendo idoneo ad indirizzare diversamente l’esito della lite, né riguardo all’essere stato esso oggetto di confronto processuale risultando da un atto del processo, il motivo deve giudicarsi fondato ed in accoglimento di esso, debitamente cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata al giudice a quo per la necessaria rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Bologna che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 28 gennaio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME