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Prova presuntiva: limiti del sindacato in Cassazione

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso complesso tra un istituto di credito e una grande società in amministrazione straordinaria. La sentenza analizza i confini del giudizio di legittimità sulla prova presuntiva, dichiarando inammissibile il motivo che mirava a una rivalutazione dei fatti per dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca. Accoglie, invece, il motivo relativo alla corretta modalità di riproposizione in appello di un’eccezione assorbita in primo grado, cassando la sentenza impugnata su questo punto e rinviando alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Prova Presuntiva: I Limiti al Controllo della Cassazione e le Eccezioni Assorbite

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10240 del 2025, offre un’importante lezione sui confini del giudizio di legittimità, in particolare riguardo alla valutazione della prova presuntiva e alla corretta gestione delle eccezioni processuali. Attraverso l’analisi di una complessa vicenda finanziaria tra un noto gruppo alimentare e un istituto di credito internazionale, la Suprema Corte ribadisce la sua funzione di giudice di diritto, e non di fatto, e chiarisce le modalità con cui le eccezioni ‘assorbite’ in primo grado devono essere trattate in appello.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dall’opposizione allo stato passivo di una grande società alimentare in amministrazione straordinaria. Un istituto di credito internazionale aveva chiesto l’ammissione di un credito di decine di milioni di euro, derivante da undici contratti derivati. La società, in risposta, aveva formulato un’eccezione riconvenzionale per ottenere la revoca di alcuni di questi contratti, sostenendo che la banca fosse a conoscenza del suo stato di insolvenza al momento della stipula (la cosiddetta scientia decoctionis), basando la sua richiesta sull’art. 67, comma 2, della legge fallimentare. In via alternativa, chiedeva la revoca ai sensi del comma 1 dello stesso articolo.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente le ragioni della società, revocando sei contratti e rigettando la relativa richiesta di ammissione al passivo della banca. Aveva, di conseguenza, ritenuto assorbita l’eccezione revocatoria alternativa.

La Decisione della Corte d’Appello

L’istituto di credito ha impugnato la decisione di primo grado. La Corte d’Appello di Bologna ha ribaltato il verdetto, accogliendo l’appello della banca. I giudici di secondo grado hanno ritenuto non provata la scientia decoctionis in capo alla banca, anzi, hanno riscontrato elementi che deponevano per la sua inconsapevolezza. Inoltre, hanno dichiarato inammissibile l’eccezione revocatoria alternativa (ex art. 67, comma 1) poiché la società non l’aveva riproposta tramite un appello incidentale specifico.

L’Analisi della Cassazione sulla prova presuntiva

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi. Il primo, e più complesso, riguardava la presunta violazione dell’art. 2729 c.c. in materia di prova presuntiva. La ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nell’escludere la conoscenza dello stato di decozione, omettendo di valutare un ‘complesso di fatti’ decisivo, come la lunga e stretta cooperazione finanziaria tra le parti.

La Suprema Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile, svolgendo una approfondita disamina dei limiti del proprio sindacato. Ha chiarito che la critica al ragionamento presuntivo del giudice di merito non può consistere nella mera prospettazione di un’inferenza probabilistica diversa. Il controllo di legittimità sulla prova presuntiva non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti. Può intervenire solo se il ragionamento del giudice di merito è viziato da un errore logico macroscopico o se si basa su elementi fattuali palesemente privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge. Nel caso di specie, la censura della società mirava a un inammissibile riesame del merito, proponendo una diversa ricostruzione della quaestio facti.

Le Eccezioni Assorbite e il Rinvio

Il secondo motivo di ricorso si è invece rivelato fondato. La Cassazione ha ritenuto errata la decisione della Corte d’Appello di dichiarare inammissibile l’eccezione revocatoria alternativa. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 11799/2017), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando un’eccezione di merito non viene esaminata in primo grado perché ‘assorbita’ dall’accoglimento di un’altra domanda o eccezione, la parte vittoriosa non ha l’onere di proporre un appello incidentale per vederla esaminata in appello. È sufficiente che la riproponga espressamente nelle proprie difese.

La Corte d’Appello aveva quindi errato nel pretendere un appello incidentale. Di conseguenza, la Cassazione ha cassato la sentenza su questo punto, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che dovrà ora esaminare nel merito l’eccezione revocatoria precedentemente dichiarata inammissibile.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è duplice e chiara. Sul primo punto, si sottolinea che il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione, non sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. Criticare una prova presuntiva significa dimostrare un vizio logico-giuridico nel ragionamento del giudice, non semplicemente sostenere che dagli stessi indizi si sarebbe potuta trarre una conclusione differente. Sul secondo punto, la motivazione si fonda sul principio di economia processuale e sul diritto di difesa. Obbligare una parte, risultata vittoriosa in primo grado, a proporre un appello incidentale su un’eccezione assorbita sarebbe un onere sproporzionato. La semplice riproposizione dell’eccezione è sufficiente a devolvere la sua cognizione al giudice d’appello, nel caso in cui la ragione principale del suo successo in primo grado venga meno.

Le conclusioni

Questa sentenza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce che i ricorsi per cassazione basati sulla violazione delle norme in materia di prova presuntiva devono essere formulati con estremo rigore, concentrandosi sui vizi logici del ragionamento e non sulla ricostruzione dei fatti. In secondo luogo, conferma una regola procedurale essenziale per gli avvocati: le domande ed eccezioni assorbite in primo grado devono essere espressamente riproposte in appello per evitare che si intendano rinunciate, ma non richiedono la forma dell’appello incidentale.

Quando la Corte di Cassazione può sindacare il ragionamento basato su una prova presuntiva?
La Corte di Cassazione può sindacare il ragionamento presuntivo del giudice di merito solo se questo è viziato da un errore logico macroscopico o se si fonda su fatti che sono intrinsecamente privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Non può, invece, sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito semplicemente perché dai medesimi fatti si potrebbe trarre una diversa conclusione probabile.

Come deve essere riproposta in appello un’eccezione che il giudice di primo grado ha ritenuto ‘assorbita’?
Un’eccezione di merito che il giudice di primo grado ha ritenuto assorbita (cioè non ha esaminato perché ha accolto un’altra domanda o eccezione che ha reso superfluo il suo esame) deve essere espressamente riproposta in appello dalla parte interessata. Tuttavia, non è necessario un appello incidentale formale; è sufficiente la sua riproposizione nelle difese scritte, come la comparsa di costituzione e risposta.

La conoscenza dello stato di insolvenza di un’impresa (scientia decoctionis) può essere provata solo con prove dirette?
No, la scientia decoctionis può essere provata anche attraverso presunzioni, ovvero deducendo la conoscenza da una serie di fatti noti (indizi). Tuttavia, l’apprezzamento di tali indizi e la valutazione complessiva della prova presuntiva sono rimessi al giudice di merito e il suo convincimento è censurabile in Cassazione solo entro i ristretti limiti del vizio di violazione di legge o di motivazione apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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