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Prova presuntiva: la Cassazione e l’insider trading

L’Autorità di vigilanza ha sanzionato un amministratore di una società energetica per aver comunicato informazioni privilegiate. La Corte d’Appello ha annullato la sanzione, richiedendo un grado di ‘ragionevole certezza’. La Corte di Cassazione ha cassato tale decisione, stabilendo che per la prova presuntiva è sufficiente il criterio della ‘ragionevole probabilità’ e una valutazione complessiva degli indizi, non atomistica.

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Prova presuntiva: la Cassazione chiarisce i criteri per l’insider trading

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del diritto dei mercati finanziari: la prova presuntiva negli illeciti di abuso di mercato. La Suprema Corte ha cassato una sentenza di merito che aveva richiesto un grado di ‘ragionevole certezza’ per provare la comunicazione illecita di informazioni privilegiate, ribadendo che il corretto standard è quello della ‘ragionevole probabilità’ e della valutazione complessiva degli indizi. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso nasce da una sanzione amministrativa pecuniaria e interdittiva inflitta dall’Autorità di Vigilanza dei mercati finanziari all’amministratore delegato di una grande società energetica. L’accusa era di aver comunicato a un investitore un’informazione privilegiata. Nello specifico, l’informazione riguardava l’imminente promozione di forti discontinuità gestionali e organizzative all’interno della società, che avrebbero incluso anche le dimissioni dello stesso amministratore. Successivamente a tale presunta comunicazione, l’investitore aveva acquistato opzioni put sulle azioni della società, realizzando un ingente profitto.

La decisione della Corte d’Appello

L’amministratore sanzionato aveva proposto opposizione dinanzi alla Corte d’Appello, che aveva accolto il ricorso e annullato la sanzione. Secondo i giudici di secondo grado, gli elementi raccolti dall’Autorità di Vigilanza non erano sufficienti a fondare la condanna. La Corte d’Appello aveva ritenuto che non fosse possibile affermare con ‘ragionevole certezza’ che le informazioni possedute dall’amministratore avessero determinato la condotta dell’investitore. Inoltre, non si poteva escludere che quest’ultimo fosse venuto a conoscenza dei possibili cambiamenti al vertice tramite altre fonti, data la notorietà della notizia nel settore.

La prova presuntiva e il ricorso in Cassazione

Contro la decisione d’appello, l’Autorità di Vigilanza ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi principali. Il fulcro del ricorso era la falsa applicazione delle norme sulla prova presuntiva (artt. 2727 e 2729 c.c.) e sull’abuso di informazioni privilegiate (art. 187-bis TUF). L’Autorità ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse errato su due fronti:
1. Standard probatorio: Aveva richiesto un livello di prova troppo elevato (‘ragionevole certezza’) invece del corretto criterio della ‘ragionevole probabilità’.
2. Valutazione degli indizi: Aveva analizzato gli elementi indiziari in modo ‘atomistico’ e frammentato, invece di valutarli nel loro complesso per verificare la loro concordanza e la loro capacità combinata di fornire una prova valida.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto tutti i motivi del ricorso, cassando la sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di prova presuntiva negli illeciti di mercato.

Innanzitutto, la Corte ha chiarito che il ragionamento presuntivo non deve condurre a una ‘certezza’ assoluta del fatto ignoto, ma deve soddisfare il canone della ‘ragionevole probabilità’, basato su regole di esperienza e sulla normale sequenza degli accadimenti (‘id quod plerumque accidit’). Pretendere una ‘ragionevole certezza’ equivale a snaturare l’istituto della prova per presunzioni.

In secondo luogo, la Cassazione ha censurato l’approccio ‘atomistico’ della Corte d’Appello. Il giudice di merito, infatti, ha il dovere di compiere una valutazione complessiva e globale di tutti gli elementi indiziari. Anche indizi singolarmente deboli possono, se combinati e concordanti, acquisire una solida valenza probatoria. Limitarsi a negare valore a ciascun elemento senza considerarne la sintesi è un errore metodologico che vizia la sentenza.

Inoltre, la Corte ha precisato la nozione di ‘informazione precisa’ ai sensi dell’art. 181 del TUF. Non è necessario che l’informazione riguardi un evento ‘certo’. È sufficiente che si riferisca a un complesso di circostanze o a un evento futuro il cui verificarsi sia ‘ragionevolmente prevedibile’. Pertanto, l’incertezza dell’amministratore sulla data esatta della sua rimozione non rendeva l’informazione meno ‘precisa’ o privilegiata.

Infine, per quanto riguarda l’illecito di ‘tipping’ (comunicazione illecita di informazioni), la Corte ha specificato che esso si perfeziona con la mera comunicazione a terzi al di fuori del normale esercizio della professione. Non è necessario provare che tale comunicazione abbia avuto un’efficienza causale diretta sulla condotta illecita del ricevente.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati. Questa ordinanza rafforza gli strumenti a disposizione dell’Autorità di Vigilanza per contrastare gli abusi di mercato. Stabilendo che la prova presuntiva si fonda sulla ragionevole probabilità e sulla valutazione globale degli indizi, la Corte rende più efficace la repressione di condotte illecite che, per loro natura, sono spesso difficili da provare con prove dirette. La decisione rappresenta un importante monito per gli insider, chiarendo che il castello di indizi, anche se non conduce a una certezza assoluta, è sufficiente per fondare una sanzione quando la sua coerenza logica rende l’illecito ragionevolmente probabile.

Quale standard di prova è necessario per dimostrare un illecito di insider trading tramite prova presuntiva?
Non è richiesta la ‘ragionevole certezza’ del fatto, ma è sufficiente che il ragionamento presuntivo soddisfi il canone della ‘ragionevole probabilità’, basato su indizi gravi, precisi e concordanti.

Come deve comportarsi un giudice nella valutazione degli indizi?
Il giudice non deve valutare gli indizi in modo atomistico e frammentato, ma è tenuto a compiere una valutazione complessiva e globale di tutti gli elementi, per accertare se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva.

Un’informazione su un evento futuro incerto può essere considerata ‘privilegiata’?
Sì. Per essere ‘precisa’, un’informazione non deve riguardare necessariamente eventi certi. È sufficiente che si riferisca a un complesso di circostanze o a un evento futuro il cui verificarsi sia ‘ragionevolmente prevedibile’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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