Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 711 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 711 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
OGGETTO: contratto d’opera professionale
R.G. 30616/2019
C.C. 6-12-2023
sul ricorso n. 30616/2019 R.G. proposto da:
DI NOME COGNOME c.f. DMRGDU33D18D690V, DI NOME COGNOME c.f. DMRVCN35E03D690S, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con indirizzi pec avvEMAIL e EMAIL ricorrenti
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO controricorrente
avverso la sentenza n. 1272/2019 della Corte d’appello di L’Aquila pubblicata il 17-7-2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6-122023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 588 depositata il 15-10-2014 il Tribunale di Chieti rigettò la domanda proposta da ll’architetto NOME COGNOME volta a ottenere da NOME e NOME COGNOME il pagamento del compenso professionale riferito all’incarico di progettazione per la realizzazione di due palazzine su terreno di loro proprietà.
2. NOME COGNOME propose appello, che la Corte d’appello di L’Aquila ha accolto con sentenza n. 1272 depositata il 17 -7-2019, condannando in solido NOME e NOME COGNOME a pagare in suo favore, a titolo di compenso professionale, l’importo di Euro 81.90 1,28, con interessi legali dalla domanda, oltre alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza, per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, in primo luogo ha evidenziato l’estraneità dell’architetto COGNOME al rapporto contrattuale contratto d’opzione di preliminare -intercorso tra i COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE e in forza del quale i COGNOME avevano assunto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE l’impegno a sottoscrivere i progetti finalizzati alla realizzazione, sul terreno di proprietà COGNOME, di interventi edilizi dei quali la misura del 23% sarebbe rimasto in propr ietà dei COGNOME stessi all’esito della loro realizzazione; ha dichiarato che tale contratto non era opponibile all’arch. COGNOME proprio in quanto intercorrente tra i COGNOME e una società terza. La sentenza ha dichiarato che, invece, era estremamente rilevante la circostanza che la progettazione e le domande indirizzate all’ente locale ai fini del rilascio della concessione edilizia relativa agli edifici da costruire sul loro terreno fossero state sottoscritte dai COGNOME e che l’opera progettuale dell’architetto avesse raggiunto lo scopo di ottenere il titolo edificatorio a fronte del pagamento degli oneri connessi al rilascio del titolo; ha ritenuto altresì rilevante che i Di Marco non avessero provveduto a dare corso al pagamento degli oneri
concessori, facendo decadere il titolo che pure era stato ottenuto attraverso l’attività professionale dell’architetto, con una scelta reiterata attraverso l’inserimento in successivo contratto d ella previsione di non utilizzare i progetti dell’arch. COGNOME Quindi la sentenza ha dichiarato che doveva ritenersi raggiunta la prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico professionale da parte dei COGNOME, quale attestato dalla loro sottoscrizione apposta in calce ai progetti presentati per il rilascio della concessione, che doveva fare presumere che l’incarico fosse stato conferito al professionista in epoca precedente alla sottoscrizione dei progetti. Ha aggiunto che ulteriore argomento a dimostrazione dell’affidamento dell’incarico al professionista andava individuato proprio nella scrittura privata intercorsa tra i Di Marco e la società RAGIONE_SOCIALE, che dava conto di mandato irrevocabile dei Di Marco alla società al fine dell’espletamento dell e attività necessarie alla realizzazione del fabbricato sul terreno oggetto del patto di opzione; ciò in quanto il mandato irrevocabile alla COAF comportava, in applicazione delle regole sulla rappresentanza, che le attività poste in essere dalla mandataria fossero riferibili ai mandanti COGNOME, sicché anche l’eventuale conferimento dell’incarico di progettazione da parte della COAF -circostanza non dimostrata- doveva ritenersi riferibile ai mandanti COGNOME e non escludeva la responsabilità per l’incarico a COGNOME da parte dei mandanti COGNOME. Ha aggiunto che ciò era confermato proprio dalla pattuizione intercorsa tra i COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, non opponibile a Bosica, secondo la quale le obbligazioni relative alle attività svolte dalla società facevano carico sulla stessa, in quanto secondo le disposizioni sulla rappresentanza volontaria gli oneri dell’attività del rappresentante avrebbe ro fatto carico ai mandanti COGNOME. Ha dichiarato che nessuna rilevanza assumeva l’irrevocabilità del mandato conferito dai COGNOME a RAGIONE_SOCIALE, in quanto tale irrevocabilità evidenziava l’interess e del mandatario e
non che le attività fossero riferibili al mandatario. Ha aggiunto che anche l’intervento dell’architetto successivo al venire meno dell’interesse di RAGIONE_SOCIALE a esercitare il diritto di opzione non aveva valenza impeditiva alla dimostrazione dell’esistenza di i ncarico professionale facente capo ai COGNOME, in primo luogo in quanto successivo alla presentazione del progetto e alla sua approvazione e poi perché tale intervento evidenziava solo l’interesse di COGNOME alla realizzazione del progetto e alla più pront a remunerazione dell’attività da parte di altra società di costruzione.
3.NOME COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 6-12-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo ‘ art. 360 n.3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto -violazione dell’art. 1326 codice civile’ i ricorrenti evidenziano che l’art.11 co.1 d.P.R. 380/2001 prevede che unico soggetto legittimato all’ottenimento di permesso a costruire sia il proprietario del suolo e lo stesso art. 11 al co.2 prevede che il proprietario possa trasferire la titolarità del permesso a costruire unitamente alla proprietà dell’immobile. Quindi sostengono che ravvisare nella sottoscrizione del progetto e della domanda di permesso a costruire la conclusione di contratto d’opera professionale com porti errore di diritto, in quanto tale elemento da solo non è sufficiente a ritenere la conclusione del contratto secondo lo schema propostaaccettazione.
2.Con il secondo motivo ‘art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (omesso esame delle risultanze desumibili dagli atti e dall’attività processuale in ordine alla sussistenza di un fatto stor ico rilevante)’ i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata non abbia considerato l’esistenza del contratto tra di loro e la RAGIONE_SOCIALE, la lettera dell’avv. COGNOME che attestava il rapporto diretto di RAGIONE_SOCIALE con il tecnico, il fatto che i COGNOME avevano nominato un loro diverso tecnico di fiducia nella persona dell’ing. COGNOME il fatto che i COGNOME non conoscevano neppure l’arch. COGNOME, la lettera di RAGIONE_SOCIALE che qualifica l’arch. COGNOME come suo rappresentante ; sostengono che tali mancate valutazioni conducono a ritenere errata la conclusione della sentenza impugnata sull’avvenuto raggiungimento della prova.
3.Con il terzo motivo ‘ art. 360 n.3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto -violazione degli artt. 2697 e 2729 codice civile; violazione artt. 115 e 116 c.p.c. Art. 360 n. 4 error in procedendo’ i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata non abbia considerato che i De Marco nel 2006 non potevano attribuire a chicchessia incarico di progettazione di interventi edificatori, stante l’impegno contrattuale irrevocabile intervenuto con COAF; lamentano che la sentenza non abbia considerato che con la lettera 23-92008 COAF tramite l’avv. COGNOME aveva confermato l’attribuzione al geom. COGNOME dell’incarico progettuale in questione e che lo stesso attore COGNOME in atto di citazione aveva dichiarato di avere operato insieme al geom. COGNOME. Quindi sostengono che la sentenza impugnata abbia violato il principio sull’onere della prova, essendo stata valutata solo la sottoscrizione dei COGNOME al progetto e alla domanda di permesso a costruire, senza considerare gli elementi probatori a contrariis da loro forniti e la mancanza di richieste istruttorie della controparte al fine di dimostrare l’incontro delle volontà. Sostengono che la sentenza abbia
violato l’art. 2729 cod. civ., per non avere valutato che l’elemento presuntivo di attribuzione dell’incarico professionale dato dalle sottoscrizioni dei progetti non era accompagnato da elementi gravi, precisi e concordanti e anzi era contrastato dalla documentazione che dimostrava il contrario. Sostengono altresì la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in quanto non sono state poste a fondamento della decisione tutte le prove proposte dalle parti e le prove non sono state valutate adeguatamente.
4.Con il quarto motivo ‘art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 codice civile; violazione e falsa applicazione degli artt. 1793 e ss. codice civile; error in procedendo’ i ricorrenti lamentano che la sentenza abbia eseguito un richiamo del tutto inconferente alle disposizioni sul mandato, in quando l’accordo qualificato dalla sentenza come mandato irrevocabile non era un mandato, ma una cessione di legittimazione a richiedere il titolo abilitativo dai proprietari NOME a COAF.
5.Con il quinto motivo (rubricato come sesto) ‘art. 360 n. 3. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c.’ i ricorrenti lamentano che, con il richiamo alla disciplina del mandato, la sentenza impugnata abbia violato l’art.112 e l’art. 342 cod. proc. civ.; ciò in quanto la domanda proposta in primo grado dall’architetto era nel senso che i COGNOME Marco avevano conferito direttamente e non tramite mandatario incarico professionale all’architetto .
6.Il terzo motivo di ricorso è fondato sotto il profilo della violazione de ll’ art. 2729 cod. civ., in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente applicato i principi in tema di prova presuntiva.
Deve darsi continuità al principio secondo il quale, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto ai sensi dell’art. 2729 cod. civ. ad ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti, laddove il
requisito della precisione è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della gravità al grado di probabilità dell’esistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della concordanza richiede che il fatto ignoto sia -di regola- desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza; il giudice è tenuto ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, per verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva, non raggiungibile attraverso una analisi atomistica degli stessi; quindi la denuncia di violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2 21-3-2022 n. 9054 Rv. 664316-01, Cass. Sez. L 30-6-2021 n. 18611 Rv. 661649).
Nella fattispecie la sentenza impugnata non ha fatto applicazione dei principi esposti e il ricorrente ha censurato in modo pertinente la decisione in quanto, nel sovvertire la conclusione del giudice di primo grado che aveva escluso la prova della conclusione del contratto d’opera professionale tra i proprietari dell’immobile e l’architetto , la Corte d’appello ha ritenuto di porre a fondamento della decisione, quale prova del conferimento d i quell’ incarico, il dato di fatto che la domanda
per il rilascio della concessione edilizia e il progetto erano stati sottoscritti da NOME e NOME COGNOME e avevano raggiunto lo scopo dell’ottenimento della licenza edilizia . Testualmente, la sentenza ha dichiarato (pag. 7, punto 2.4) che la sottoscrizione apposta dai proprietari del terreno ai progetti presentati all’ente locale ai fini del rilascio della licenza edilizia ‘deve fare presumere che l’incarico stesso fosse stato conferito al professionista in epoca antecedente’. Però, in questo modo la sentenza ha fondato la presunzione di conclusione del contratto d’opera professionale tra i D i NOME e l’architetto COGNOME su un fatto storico privo di gravità e anche di concordanza con gli altri elementi emersi in giudizio.
Sotto il profilo della mancanza di gravità, in primo luogo si richiama quanto già statuito da questa Corte, secondo cui l’esigenza che il progetto di costruzione, per il quale sia chiesta la concessione edilizia, rechi la sottoscrizione del proprietario e dell’autore del progetto, corrisponde alla tutela degli interessi pubblicistici connessi all’esercizio dello ius edificandi e non è idonea alla dimostrazione dell’esistenza di un contratto di opera intellettuale intercorso tra i sottoscrittori; neppure all a presentazione del progetto all’autorità comunale può riconoscersi l’effetto di un mezzo idoneo all’incontro dei consensi per quel contratto e neanche il valore di atto ricognitivo di quel contratto, essendo alla presentazione stessa abilitato il proprietario del suolo in quanto tale e non anche quale committente dell’opera (così Cass. Sez. 3 5-9-1984 n. 4767, Rv. 436672-01). Quindi, la circostanza che i proprietari dell’immobile avessero sottoscritto i progetti al fine della presentazione della domanda per la concessione edilizia non è in sé elemento grave dal quale potere trarre la conseguenza della conclusione del contratto d’opera professionale tra i proprietari medesimi e il progettista.
Sotto il profilo della mancanza di gravità, si aggiunga quanto i ricorrenti hanno evidenziato in ordine al fatto che i consorti COGNOME non potevano attribuire alcun incarico a fronte dell’impegno contrattuale già assunto con RAGIONE_SOCIALE, nonché in ordine al fatto che l’avv. COGNOME per RAGIONE_SOCIALE con lettera 23-9-2008 aveva confermato che la società aveva conferito l’incarico al geom. COGNOME il quale secondo l’allegazione dello stesso arch. COGNOME nell’atto di citazione aveva ricevuto l’incarico unitamente a lui.
Non erano idonei a conferire il carattere di gravità al fatto della sottoscrizione dei progetti gli altri elementi evidenziati dalla sentenza, che non sono neppure concordanti e cioè convergenti a dimostrare la conclusione del contratto. La sentenza ha valorizzato il dato che i Di Marco non avessero provveduto a pagare gli oneri concessori con la conseguente decadenza della concessione e avessero concluso successivamente altro contratto preliminare relativo a quel terreno nel quale avevano anche previsto che non sarebbe stato utilizzato il progetto dell’arch. COGNOME entrambi quei dati sono pienamente in linea con la tesi dei convenuti appellati COGNOME, secondo la quale essi non avevano conferito l’incarico al professionista.
La sentenza impugnata di seguito (pagg.7-8 punto 2.5) ha dichiarato che era ‘ulteriore argomento’ a dimostrazione dell’incarico al professionista da parte dei COGNOME il dato della scrittura privata intercorsa tra i Di Marco e la COAF. Però, a tale fine la sentenza ha valorizzato un elemento che essa stessa ha ritenuto non univocamente convergente, laddove ha pure dichiarato che quella scrittura attestava un mandato dei COGNOME alla COAF, perché in questo modo la sentenza ha ritenuto o almeno presupposto che l’incarico al professionista fosse stato dato dalla COAF, seppure in forza del mandato.
La sentenza non è stata in grado di individuare altre presunzioni a sostegno dell’assunto della conclusione del contratto di prestazione
d’opera professionale tra i COGNOME e l’architetto COGNOME, in quanto per il resto la motivazione è finalizzata esclusivamente a svalorizzare gli elementi posti dal giudice di primo grado a fondamento della sua diversa conclusione, per cui, in conclusione, il ragionamento presuntivo non è stato svolto nei termini imposti dall’art. 2729 cod. civ .
7.Per le ragioni esposte, assorbenti su tutte quelle non esaminate e sugli altri motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, che esaminerà l’appello e le domande di NOME COGNOME sulla base dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione