Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27566 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27566 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6063/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME.
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, dall’avvocato NOME e dall’avvocato NOME COGNOME .
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 2154/2020, pubblicata il 31/07/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2025.
SANZIONI AMMINISTRATIVE
Rilevato che:
1. Con delibera n. 21044 del 12 settembre 2019 la RAGIONE_SOCIALE ha inflitto ad NOME COGNOME la sanzione amministrativa di euro 70.000,00 e quella interdittiva di cui all’art. 187 -quater, comma 1, del TUF, per la durata di sei mesi, per la violazione dell’art. 187 -bis, comma 4, del TUF, per aver comunicato, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, di una professione, di una funzione o di un ufficio, al fratello NOME COGNOME l’informazione privilegiata relativa ad un processo competitivo finalizzato alla cessione della partecipazione di controllo in RAGIONE_SOCIALE e al conseguente obbligo di promuovere un’OPA totalitaria sulle azioni di quest’ultima, informazione privilegiata a lui comunicata da NOME COGNOME.
NOME COGNOME ha proposto opposizione e la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio della RAGIONE_SOCIALE, ha -con la sentenza indicata in epigrafe – respinto la domanda, dopo avere disatteso le censure dell’attore in punto di: asserita insussistenza della violazione e, comunque, di mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte della RAGIONE_SOCIALE; infondatezza nel merito della ricostruzione dei fatti su cui si fondava la sanzione; inoffensività della condotta ed erronea quantificazione della sanzione.
In particolare, il giudice di merito ha condiviso l’accertamento della Commissione, basato sui seguenti elementi di fatto: il 10 agosto 2015 NOME COGNOME, in possesso dell’ informazione privilegiata, acquisita in circostanze connesse alla sua presenza su un’imbarcazione di proprietà di NOME COGNOME in Grecia, ha acquistato, utilizzando tale informazione, di cui conosceva o poteva conoscere coll’ordinaria diligenza il carattere privilegiato, 21.000 azioni RAGIONE_SOCIALE, per un controvalore di euro 52.394,55, a valere su un conto di deposito titoli a lui intestato presso Credit Suisse; NOME COGNOME ha illegittimamente comunicato la citata
informazione privilegiata ad NOME COGNOME; l’opponente, a sua volta, entrato in possesso dell’ informazione privilegiata, a lui comunicata da NOME COGNOME, ha comunicato la stessa al fratello NOME COGNOME; il 24 agosto 2015 NOME COGNOME, in possesso dell’ informazione privilegiata, che gli era stata comunicata dal fratello NOME, ha acquistato 72.000 azioni RAGIONE_SOCIALE, per un controvalore totale di euro 170.980,80, per conto di nove portafogli gestiti da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), utilizzando tale informazione, di cui conosceva o poteva conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato;
avverso la citata sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso, affidata a due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità della camera di consiglio le parti hanno depositato memorie.
Considerato che:
Prima dell’esame dei motivi di ricorso, è utile illustrare, nei seguenti termini, gli snodi cruciali della decisione (vedi pagg. 15-24 della sentenza) della Corte d’appello, la quale ha ritenuto provata la violazione amministrativa in forza del grave quadro indiziario, non efficacemente contrastato dagli argomenti difensivi dell’opponente:
(a) il possesso dell’in formazione privilegiata da parte di COGNOME è dimostrato da alcuni elementi probatori significativi: primo, l ‘ acclarata circostanza della presenza dello stesso COGNOME sull ‘ imbarcazione di NOME COGNOME nella giornata del 7 agosto 2015, come desumibile dal confronto tra il contenuto delle dichiarazioni rese dal COGNOME e dal COGNOME nelle rispettive audizioni. Infatti, è provato che ‘ COGNOME abbia intercettato la informazione privilegiata in quel contesto. In primo luogo, proprio in quelle giornate si stava concludendo l’accordo per la cessione della quota di maggioranza del
capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE. Infatti, il 7 agosto 2015 era stato sottoscritto un side letter agreement tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, recante l’impegno dei due contraenti di concludere la vendita non più tardi delle 5:00 p.m. del 24 agosto 2015, data in cui era prevista una riunione dell’organo di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE per ratificare l’operazione. Inoltre, NOME COGNOME, in sede di audizione, ha dichiarato di aver contattato telefonicamente, tra il 6 e il 7 agosto 2015, la sorella NOME, che pure si trovava in Grecia nel periodo dal 7 luglio all’8 agosto 2015, per chiederle di poter essere accompagnato in un viaggio di lavoro in Cina dal figlio più giovane, anch’egli il Mykonos in quei giorni. Il viaggio a Hong Kong era funzionale a partecipare alla riunione del 20 agosto 2015 in cui NOME COGNOME avrebbe presentato Wai Lap Yim, socio e membro del CdA della joint venture cinese RAGIONE_SOCIALE, attraverso cui RAGIONE_SOCIALE commercializzava i propri prodotti in Asia, all’alta dirigenza della RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, dagli elementi di fatto acquisiti agli atti emerge che De’ COGNOME si stava occupando sulla propria imbarcazione in Grecia, ove era presente anche il COGNOME, dell’organizzazione del suo viaggio ad Hong Kong, funzionale al suddetto incontro con gli esponenti RAGIONE_SOCIALE ‘ ; in secondo luogo, veniva in rilievo la circostanza dell’acquisto da parte di COGNOME di 21.000 azioni RAGIONE_SOCIALE in data 10 agosto 2015, primo giorno di negoziazione utile dopo il 7 agosto 2015, giorno dell’incontro con NOME COGNOME; in terzo luogo, era emersa l’anomalia degli acquisti per le tempistiche e le modalità utilizzate.
La Corte di appello ha ritenuto infondata l’allegazione dell’opponente secondo cui COGNOME avrebbe effettuato l’acquisto dei titoli a causa di alcuni rumors : in effetti, non risulta che, anche sulla stampa, fossero trapelate indiscrezioni sull’acquisizione societaria del
25 agosto 2015 . Né rilevano gli ‘studi’ sull’andamento delle azioni RAGIONE_SOCIALE o l’allegata esiguità dell’investimento, aspetto che, anzi, può essere giustificato dalla volontà di COGNOME di non esporsi eccessivamente sul piano finanziario e di fare passare sotto silenzio l’operazione;
(b) è provato che ‘ la comunicazione da COGNOME ad NOME COGNOME sia comunque avvenuta in tempo utile per sfruttare il privilegio informativo a danno del mercato. Nel caso di specie, la comunicazione dell’informazione privilegiata all’opponente è avvenuta il 23-24 agosto e, dunque, il giorno antecedente alla diffusione della informazione riferita alla RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 25 agosto 2015. In ogni caso, le tempistiche, appena illustrate, acquistano un significato univoco e appaiono funzionalmente indirizzate alla trasmissione dell’informazione, se inserite all’interno del complessivo quadro fattuale ricostruito dalla Commissione nell’Atto di accertamento. Deve, infatti, considerarsi l’evidente contestualità temporale tra i contatti telefonici intercorsi tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e quelli tra lo stesso NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE e il fratello NOME, analiticamente indicati nell’atto di accertamento , da un lato, e l’acquisto delle azioni Delclima, dall’altro lato ‘ ;
(c) la prova della trasmissione dell’informazione privilegiata da NOME a NOME COGNOME risulta dalle seguenti considerazioni: ‘ le chiamate di NOME COGNOME alla CGM sono state effettuate in un momento contestuale (immediatamente successivo) al contatto dell’opponente con NOME COGNOME, in possesso dell’informazione privilegiata; le interlocuzioni telefoniche dell’opponente, prima con la RAGIONE_SOCIALE, poi con il fratello NOME, sono avvenute in contemporanea con l’acquisto da parte della società di 72.000 azioni della RAGIONE_SOCIALE, a valere altresì su una polizza riconducibile allo stesso NOME COGNOME L’operatività sui titoli della RAGIONE_SOCIALE non può dunque
ritenersi dettata da mera casualità, quanto piuttosto, essendo contestuale a tale intreccio di comunicazioni, frutto di un coordinamento serrato tra i due fratelli che ha determinato scelte consapevoli di investimento, effettuate in virtù del privilegio informativo posseduto. Lo stretto intreccio delle comunicazioni intercorse tra il COGNOME (possessore e “utilizzatore” della informazione privilegiata, al fine dell’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME e poi tra quest’ultimo, la RAGIONE_SOCIALE e il fratello NOME, e la contestualità dell’acquisto delle azioni da parte di NOME COGNOME comprovano che tale acquisto fu effettuato in forza dell’informazione privilegiata de qua Ad escludere la responsabilità non vale l’argomento incentrato sull’assenza di un contatto diretto con NOME COGNOME, unico soggetto, a dire dell’opponente, legittimato ad effettuare acquisti. Infatti: vi sono stati sicuramente ben tre contatti telefonici tra NOME COGNOME e l’utenza del fratello NOME, due avvenuti alle ore 16:07, entrambi della durata di cinque secondi, il terzo alle 16:15, anch’esso della durata di cinque secondi. Quest’ultimo, in particolare, seppure verificatosi ‘ appena tre minuti prima rispetto alla completa esecuzione dell ‘ ultimo acquisto (h. 16.10 del 24 agosto 2015) ‘ , ben può spiegarsi con la necessità dell’opponente di avere conferma del buon esito degli ordini. In ogni caso, NOME COGNOME ha contattato più volte le utenze telefoniche della RAGIONE_SOCIALE. In proposito, non sono condivisibili le argomentazioni prospettate dall’opponente, secondo cui le telefonate alla CGM sarebbero state effettuate solo in ragione del contratto di consulenza in essere con la società, essendo dirimente la loro collocazione temporale a ridosso delle operazioni di acquisto sui titoli RAGIONE_SOCIALE, a valere altresì sulla polizza di cui lo stesso NOME COGNOME era titolare. Anzi, sostenendo (in sede di audizione) che vi fosse una così profonda conoscenza con i professionisti della sala operativa della CGM, parte opponente ha reso
ancora più plausibile la circostanza che lui ed il fratello si siano comunque parlati al telefono, seppur da un’utenza diversa dalla solita; ciò in ragione anche delle cautele che potrebbero aver deciso di osservare per il “particolare” tipo di operazione. Evidentemente, il fatto che le telefonate siano state indirizzate a due interni telefonici della CGM (int. 106 e int. 108) diversi rispetto a quello riconducibile al fratello NOME (int. 122), di per sé non esclude che nel giorno in questione quest’ultimo sia stato in ogni caso raggiungibile presso quelle utenze. Anche a volere ritenere non plausibile tale circostanza, occorre evidenziare che l’interno telefonico 106, materialmente contattato per sua stessa ammissione da NOME COGNOME, è risultato comunque riconducibile ad NOME COGNOME, il trader presso CGM, cioè il soggetto che ha proceduto a trasmettere, materialmente gli ordini di acquisto sulle azioni ai fini della loro esecuzione. Pertanto, non può escludersi la possibilità, visto il rapporto di stretta confidenzialità, palesato da parte opponente, che NOME COGNOME abbia contattato direttamente NOME COGNOME sulla utenza telefonica di quest’ultimo, al fine di dargli disposizioni o di informarsi sull’esito delle operazioni, tenuto conto che il materiale esecutore della trasmissione degli ordini di acquisto è stato proprio il COGNOME ‘ .
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., anche in considerazione di quanto disposto dagli artt. 192, comma 2, e 533, comma 1, c.p.p., nonché dall’art. 27 , secondo comma, Cost., nella parte in cui la Corte territoriale, nel giudicare in ordine alla sussistenza dell’illecito, ha ammesso e posto a fondamento della decisione presunzioni semplici, prive dei requisiti legali.
Ad avviso del ricorrente integrerebbe una mera presunzione il primo anello della catena del processo induttivo seguito dal giudice di merito, ossia il fatto che COGNOME si trovasse sull’imbarcazione di
NOME COGNOME in data 7 agosto 2015 e, dunque, in un momento antecedente all’acquisto delle azioni RAGIONE_SOCIALE sul mercato , avvenuto in data 10 agosto 2015.
Privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, continua il ricorrente, sono anche gli ulteriori elementi probatori, di natura presuntiva, rispetto all’asserita trasmissione dell’informazione privilegiata da COGNOME ad NOME COGNOME, in un primo momento, e da quest’ultimo al fratello NOME, in un secondo momento.
In particolare, il ricorrente sostiene che la Corte di merito non ha tenuto conto dell’abituale frequenza, in quel periodo, dei contatti tra i due amici NOME ed NOME COGNOME e, quanto all’asserita comunicazione dell’informazione privilegiata da NOME a NOME COGNOME, in assenza di un contatto diretto tra i fratelli prima dell’acquisto dei titoli, ha erroneamente aderito alla tesi della Commissione secondo cui il contatto poteva essere avvenuto in altro modo, e, sotto altro profilo, ha qualificato come ‘anomalo’ l’acquisto di azioni (senza neppure ammettere la c.t.u. che l’opponente aveva richiesto al fine di verificare la correttezza o meno di un simile giudizio alla luce dei profili tecnici del mercato), trascurando la professionalità di chi ha impartito l’ordine di acquisto, la coerenza con il profilo di gestione e la presenza di studi che attestavano le ottime performance delle azioni RAGIONE_SOCIALE.
Si ascrive al provvedimento impugnato di avere scartato, sulla base di una massima di esperienza generica, una plausibile ricostruzione alternativa, tralasciando che, secondo la giurisprudenza comunitaria e di legittimità, la violazione dell’art. 187 -bis TUF prevede una sanzione avente natura punitiva, sicché è necessario riconoscere le garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale assicurano alla materia penale, compresa quella per cui il giudice
penale pronuncia la condanna soltanto se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’;
con il secondo motivo è prospettata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., anche in considerazione di quanto disposto dagli artt. 192, comma 2, e 533, comma 1, c.p.p., nonché dall’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la Corte territoriale, nel giudicare in ordine alla sussistenza dell’illecito, ha fatto ricorso a presunzioni plurime sul presupposto di un fatto non noto rispetto al momento in cui esso è accaduto.
Il ricorrente critica il ragionamento presuntivo della Corte, fondato, a suo giudizio, su un fatto ‘non noto’, per non essere certo in quale giorno COGNOME si trovava sull’imbarcazione di De’ COGNOME.
La sentenza sarebbe viziata anche per avere desunto l’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE effettuato da NOME COGNOME facendo ricorso a presunzioni plurime nonostante che, come rilevato dalla giurisprudenza penale, la cosiddetta praesumptio de praesumpto o presunzione di secondo grado contrasti con la certezza dell’indizio, risolvendosi in un mero paralogismo giuridico, che non può assurgere al rango di fonte legale di prova indiziaria.
Ed infatti, prendendo le mosse da un fatto incerto sotto il profilo del quando , per l’incertezza del giorno in cui COGNOME si trovava sull’imbarcazione di COGNOME, il percorso induttivo si dipana nei seguenti quattro passaggi presuntivi, altrettanto incerti: (1) che COGNOME fosse su quell’imbarcazione in un momento antecedente all’acquisto dei titoli da lui stesso effettuato; (2) che egli abbia acquisito l’informazione privilegiata dal contesto percepito su tale imbarcazione; (3) che egli abbia trasmes so l’informazione privilegiata ad NOME COGNOME nelle telefonate intercorse tra i due; (4) che quest’ultimo abbia a sua volta trasmesso l’informazione privilegiata al
fratello NOME, quale circostanza basata non su un fatto noto, ma sull’ulteriore presunzione di un contatto indiretto tra i due fratelli.
La conseguenza dell’utilizzo, operato dalla Corte di Bologna, di una pluralità di elementi induttivi incerti, conclude il ricorrente, si concretizza nell a violazione della regola della certezza dell’indizio, con evidente carenza del requisito della ‘precisione’ della presunzione, e, quindi, in spregio agli artt. 2727 c.c. e 115 c.p.c.
I due motivi, suscettibili di esame congiunto perché pongono questioni tra loro connesse, sono infondati.
3.1. Va preliminarmente delineato, per sommi capi, il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, specialmente in tema di prova presuntiva:
(i) per la giurisprudenza di questa Corte (vedi Cass. Ord. n. 1147/2024, che ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la delibera sanzionatoria n. 21044/2019, oggetto del presente giudizio, sia per l’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE effettuato utilizzando l’informazione privilegiata, sia per la comunicazione della medesima informazione privilegiata ad NOME COGNOME), è ammissibile il sindacato di legittimità sul corretto utilizzo delle presunzioni per verificare se il giudice abbia valorizzato elementi certi ma privi di gravità, concordanza e significatività, per dedurre dal fatto noto un fatto ignoto da dimostrare, potendosi scrutinare la plausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze (Cass. Sez. U. n. 8053/2014). Verifica, questa, nella quale non è consentito accertare nuovamente i fatti posti a base dell’inferenza (fatti noti), né sostituire una diversa massima di esperienza a quella utilizzata dal giudice, che può essere disattesa non già quando l’interferenza probatoria non sia “necessitata”, ma solo quando non sia neppure minimamente sorretta o sia addirittura smentita dalle premesse del ragionamento decisorio
(configurandosi, in tal caso, una mera apparenza del discorso giustificativo; Cass. Sez. U. n. 8053/2014, cit.). È precluso, quindi, il confronto tra la sentenza impugnata e le risultanze istruttorie o l’apprezzamento di un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della decisione.
Spetta al giudice di merito non solo valutare l’opportunità di fare ricorso alla prova presuntiva, ma anche l’individuazione dei fatti da porre a fondamento del relativo processo logico: il relativo apprezzamento (che costituisce un giudizio di fatto) non può essere contestato con la semplice prospettazione di un convincimento diverso da quello espresso nel provvedimento impugnato, essendo invece necessario far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass. 27070/2022; Cass. n. 20421/2022; Cass. n. 5279/2020; Cass. 1234/2019). È, infine, da porre in rilievo che il giudizio sui requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi non va svolto atomisticamente, considerando ciascun fatto senza correlarlo agli altri, ma occorre una duplice operazione logico-valutativa, consistente nel prendere in esame gli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria (Cass. nn. 9054/2022, 9108/2012, 19894/2005, 13819/2003);
(ii) quanto al sindacato sulla prova presuntiva, Cass. n. 17457 del 2007 e, successivamente, Cass. n. 19485 del 2017 e, quindi, le Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 1785 del 2018 (in termini, in tema di sanzioni RAGIONE_SOCIALE, tra le altre, Cass. n. 19856/2024), hanno spiegato che «la denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 2729 cod. civ. si può prospettare sotto i
seguenti aspetti: aa) il giudice di merito (ma è caso scolastico) contraddice il disposto dell’art. 2729 cod. civ., primo comma, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni ( rectius : fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo è un errore di diretta violazione della norma; bb) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza.
Con riferimento a tale secondo profilo, si rileva che, com’è noto, la gravità allude ad un concetto logico, generale o speciale (cioè rispondente a princìpi di logica in genere oppure a princìpi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis ), che esprime nient’altro – almeno secondo l’opinione preferibile – che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico per cui dato un fatto A noto è probabile che si sia verificato il fatto B (n on è condivisibile, invece, l’idea che vorrebbe sotteso alla ‘gravità’ che l’inferenza presuntiva sia ‘certa’). La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti. La concordanza esprime almeno secondo l’opinione preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo (cioè di una applicazione ‘non falsa’ dell’art. 2729 cod. civ.), che non lo concerne
in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori considerati, volendo esprimere l’idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi. Ebbene, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, si deve senz’altro ritenere che il suo ragionamento sia censurabile alla stregua dell’art. 360 , n. 3, cod. proc. civ., e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729, cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta. Essa può, pertanto, essere investita ai sensi del citato art. 360, n. 3, cod. proc. civ., dell’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave una presunzione (cioè, un’inferenza) che non lo sia o sotto un profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi. La stessa cosa dicasi per il controllo della precisione e per quello della concordanza»;
(iii) è stato anche affermato (ad esempio, da Cass. n. 22311/2021) che la deduzione del vizio di falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. presuppone la puntuale spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito, per come enunciato in sentenza, non sia rispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza, mentre la critica al ragionamento presuntivo svolto dal giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando invece si concretizza o in
un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di un’inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dal primo comma dell’articolo 2729 (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se ancorata altresì ad altre circostanze fattuali); in tali casi, infatti, la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e si sollecita un controllo sulla motivazione finalizzato ad una diversa ricostruzione dei fatti che (piuttosto) pare sussumibile entro il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.;
(iv) a proposito delle cosiddette presunzioni di secondo grado, l’indirizzo d i questa Corte (vedi, di recente, Sez. 2, Ord. n. 14273/2025, in un giudizio per insider trading secondiario) è nel senso che, nel diritto processuale, non esiste un principio riassumibile con la locuzione praesumptum de praesumpto non admittitur (o divieto di doppie presunzioni o di presunzioni di secondo grado o a catena), non essendo tale divieto riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c., né a qualsiasi altra norma, ragione per la quale il fatto noto, accertato in via presuntiva sulla base di indizi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, può costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto ignoto. Infatti, come ben chiarito da Cass. n. 32829/2023, il
divieto delle doppie presunzioni è affermato nelle occasioni in cui si constata la scarsa idoneità inferenziale di determinati elementi, mentre sono sempre più frequenti le affermazioni di ordine generale secondo cui nel sistema processuale non esiste il richiamato principio praesumptum de praesumpto non admittitur , poiché esso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c., né a qualsiasi altra norma, cosicché nulla impedisce che il fatto noto, accertato in via presuntiva, possa costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. 6 /03/2024 n. 5992, Cass. n. 37819/2022, Cass. n. 27982/2020, Cass. n. 23860/2020, Cass. n. 20748/2019 e Cass. n. 15003/2017). In altri termini, prosegue la stessa giurisprudenza, laddove la prova inferenziale sia caratterizzata da una serie ‘lineare’ di inferenze, ove cioè per ogni singola inferenza il giudice apprezza, secondo i criteri di gravità, precisione e concordanza, che il fatto ‘noto’ sia in grado di attribuire un adeguato grado di attendibilità al fatto ‘ignorato’, quest’ultimo – secondo logica cessa di essere fatto ‘ignorato’ divenendo un fatto ‘noto’, smontando così l’equivoco logico che si cela dietro il divieto di doppia presunzione’ (così Cass. 27982/2020). Più che divieto di doppia presunzione, deve parlarsi, dunque, di insufficienza del grado di probabilità che fonda la relazione di inferenza logica (Cass. n. 5963 del 25/03/2015; Cass. n. 2123 del 29/01/ 2021, anch’essa resa nella materia delle sanzioni irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE per abusi di mercato; Cass. n. 37819 del 27/12/2022; Cass. n. 20748 del 01/08/2019; Cass. n. 23860 del 29/10/2020; Cass. n. 33961 del 19/12/2019; Cass. n. 33042 del 19/12/2019; Cass. n. 20748 del 1°/08/2019);
(v) è orientamento consolidato (vedi Sez. 2, Ordinanza n. 7647 del 16/03/2023; in termini, in relazione alla prova presuntiva: Sez. 2, Ordinanza n. 14273 del 28/05/2025; Sez. 3, Ordinanza n. 9059 del
12/04/2018) quello secondo cui, anche in tema di sanzioni irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, ai fini della prova della sussistenza dell’illecito contestato, il giudice di merito è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva;
(vi) la Cassazione penale (Sez. 6, Sent. n. 45506 del 2023) ha puntualizzato che «l canone dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” enuncia sia una regola di giudizio che definisce lo standard probatorio necessario per pervenire alla condanna dell’imputato, sia un metodo legale di accertamento del fatto che obbliga il giudice a sottoporre, nella valutazione delle prove, la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese, sicché la violazione di tali parametri rende la motivazione della sentenza manifestamente illogica»; è stato anche chiarito (vedi Cass. pen., Sez. 1, Sent. n. 34032 del 2022) che il canone dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, quale regola di giudizio che conforma la valutazione degli indizi e il metodo di accertamento del fatto, è da ritenersi rispettato anche nel caso in cui i comportamenti umani e le conseguenze da essi derivanti sono giudicati sulla base di regole di esperienza, quando non sono espressivi di una relazione di mera verosimiglianza e plausibilità, ma hanno una base razionale, seppur presuntiva;
(vii) in merito alla rilevanza della regola di decisione posta dall’art. 533 c.p.p., è stato recentemente ribadito (vedi Cass. pen.
Sez. 3, Sent. n. 27728 del 2025) che «il principio per il quale il giudice pronuncia sentenza di condanna ‘ al di là di ogni ragionevole dubbio ‘ non si riferisce alla necessità di considerare ovvero di confutare ogni possibile e diversa ricostruzione fornita dalle parti (Cass. pen. Sez. 2, n. 28957 del 3/04/2017). Il citato criterio di valutazione, infatti, impone al giudice di procedere ad una valutazione complessiva nella quale siano considerate in modo coerente e logico tutte le risultanze processuali e siano state valutate, anche implicitamente, solo le ipotesi che non siano frutto di ragionamenti congetturarli. In tale contesto, pertanto, la violazione dell’ ‘ oltre ogni ragionevole dubbio ‘ è configurabile esclusivamente quando il giudice, ancorando la decisione ad elementi privi di riscontro nelle emergenze processuali, non tenga in alcun conto della diversa e più coerente (in quanto fondata su elementi concreti, emersi ed acquisiti nel processo) ricostruzione alternativa, solo così idonea ad ingenerare un dubbio ragionevole. Tale principio, in sede di legittimità, però, non può essere dedotto invocando una diversa valutazione delle fonti di prova, ovvero un’attività esclusa dal perimetro della giurisdizione di legittimità, essendo necessario evidenziare vizi logici manifesti e decisivi del tessuto motivazionale, dato che oggetto del giudizio di cassazione non è la valutazione (di merito) delle prove, ma la tenuta logica della sentenza di condanna. Non ogni ‘ dubbio ‘ , infatti, sulla ricostruzione probatoria fatta propria dalla Corte di merito si traduce in una ‘ illogicità manifesta ‘ , essendo necessario che sia rilevato un vizio logico che incrini in modo severo la tenuta della motivazione, evidenziando una frattura logica non solo manifesta, ma anche decisiva, in quanto essenziale per la tenuta del ragionamento giudiziale giustificativo della condanna. Si ritiene, cioè, che il parametro di valutazione indicato nell’art. 533 cod. proc. pen., che richiede che la condanna sia pronunciata se è fugato ogni ‘ dubbio
ragionevole ‘ , opera in modo diverso nella fase di merito e in quella di legittimità; in tale ultima sede, tale regola rileva solo nella misura in cui la sua inosservanza si traduca in una manifesta illogicità del tessuto motivazionale (Cass. pen. Sez. 2, n. 18313 del 09/01/2020, COGNOME): infatti, può essere sottoposta al giudizio di cassazione solo la tenuta logica della motivazione, ma non la capacità dimostrativa delle prove, ove le stesse siano state legittimamente assunte. In sintesi: la ‘ regola BRAGIONE_SOCIALE ‘ (acronimo anglosassone per ‘ beyond any reasonable doubt ‘ ) in sede di legittimità rileva solo se la sua violazione ‘ precipita ‘ in una illogicità manifesta e decisiva del tessuto motivazionale, l’unico ad essere sottoposto al vaglio di un organo giurisdizionale che non ha alcun potere di valutazione autonoma delle fonti di prova. La nuova o diversa valutazione delle prove può, invece, essere invocata nei gradi di merito, quando il rispetto del criterio dell’ ‘ oltre ogni ragionevole dubbio ‘ non incontra il limite funzionale che caratterizza il giudizio di cassazione (Cass. pen. Sez. 2, n. 28957 del 3/04/2017, COGNOME). Come ogni altra doglianza che prospetti un vizio di motivazione, pertanto, anche la denuncia della violazione della regola dell’oltre ragionevole dubbio non può risolversi in un’inammissibile sollecitazione alla rinnovata valutazione delle risultanze istruttorie del giudizio, delle quali la ricorrente propone una lettura alternativa (Cass. pen. Sez. 6, n. 44148 del 10/10/2023)»;
(viii) infine, questa Corte ha affermato che «n tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove
proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall ‘ art. 116 c.p.c.» (in senso conforme, ex multis , Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass. 11/10/2016, n. 20382; Cass. 28/02/2018, n. 4699; Cass. 03/11/2020, n. 24395; Cass. 26/10/2021, n. 30173);
3.2. così fissate le coordinate normative e giurisprudenziali delle questioni all’attenzione del Collegio, è adesso possibile rispondere , rilevandone l’infondatezza , alle censure sottese ai due motivi in esame.
Anzitutto, non è fondatamente invocabile la violazione dell’art. 115 c.p.c. – norma che, in effetti, è richiamata in ricorso al solo fine di mettere in evidenza l’asserita carenza del requisito della ‘precisione’ degli elementi indiziari valorizzati dalla sentenza impugnata -per la decisiva ragione che alla Corte di merito non può essere rimproverato di avere posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi ad essa riconosciuti.
D’altra parte, alla luce dell’univoco indirizzo della Cassazione penale sopra sintetizzato, è ovvio che la violazione della regola decisoria, propria del giudizio penale, dell’accertamento della responsabilità dell’imputato ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ non è sussumibile entro il parametro (qui in esame) dell’ error in iudicando (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.), ma dovrebbe essere dedotta quale error in procedendo (art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.), ossia come nullità della sentenza per un deficit strutturale del suo apparato argomentativo, doglianza, quest’ultima, che in ricorso non è stata nemmeno prospettata e che, comunque, si appalesa manifestamente infondata poiché la motivazione della sentenza soddisfa senza dubbio il requisito del cosiddetto ‘minimo costituzionale’ .
Venendo adesso all’esame del fulcro dei motivi -l’asserita violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. – la premessa concettuale è che il ragionamento inferenziale richiede soltanto che, in presenza di una pluralità di eventi noti, anche se ciascuno di essi autonomamente considerato appare non significativo, la loro valutazione avvenga in modo complessivo e non atomistico, verificando se vi sia un’alta probabilità logica che l’evento possa essersi verificato .
Ciò precisato, ritiene il Collegio che il giudice di merito abbia ricostruito i fatti di causa alla stregua di un ragionamento induttivo stringente e inappuntabile, nel pieno rispetto delle norme sulle presunzioni, che abbia quindi correttamente esercitato la sua discrezionalità nell a rappresentazione e nell’apprezzamento della vicenda fattuale, e ancora che abbia chiaramente spiegato il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento (vedi sopra par. I).
Il procedimento argomentativo seguito nel provvedimento impugnato è stato correttamente impostato su due momenti valutativi: il primo, di tipo analitico, ha selezionato gli elementi probatori rilevanti; il secondo, di tipo sintetico, tendente ad una valutazione complessiva di tutte le emergenze precedentemente isolate, ne ha verificata la concordanza, e, dalla loro combinazione, in un rapporto di vicendevole completamento -superando, con adeguata motivazione, le obiezioni dell’opponente , focalizzate, soprattutto, sull’asserita incertezza della catena fattuale in punto di trasmissione dell’informazione privilegiata, rispettivamente, da COGNOME COGNOME a COGNOME, da quest’ultimo ad NOME COGNOME e, infine, dall’opponente al fratello NOME – ha tratto legittimamente la prova (presuntiva, ma non per questo meno rigorosa e meno certa) che il ricorrente si sia reso responsabile del l’illecito di trading secondario disciplinato d all’art. 187 -bis, comma 4, TUF.
In altri termini, la decisione di merito si è attenuta al principio di diritto, recentemente enunciato da questa Corte e che il Collegio intende riaffermare, secondo cui, in tema di abuso di informazioni privilegiate ex art. 187-bis del d.lgs. n. 58 del 1998, la condotta illecita può essere provata a mezzo di presunzioni semplici, nel cui apprezzamento il giudice di merito incontra il solo limite della probabilità; per l’effetto, l’inferenza del fatto ignoto non deve rispondere al canone della ragionevole certezza, in modo da far apparire tale fatto come l’unica conseguenza possibile di quanto accertato secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva, ma a quello della ragionevole probabilità con riferimento alla connessione degli accadimenti, la cui normale sequenza può verificarsi secondo regole di esperienza basate sull'” id quod plerumque accidit ” (Sez. 2, Ordinanza n. 6072 del 6/03/2025);
in conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, nella misura liquidata in dispositivo;
5 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 8.000,00, a titolo di compenso, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 8 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME