Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28575 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28575 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14217/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato presso lo studio indicato nella PEC dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato presso lo studio indicato nella PEC dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 633/2022 depositata il 22/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato l’11.10.2010, la società RAGIONE_SOCIALE aveva evocato in giudizio davanti al Tribunale di Verona il RAGIONE_SOCIALE deducendo di essere creditrice della convenuta. Con decreto emesso inaudita altera parte in data 26.01.2011, successivamente confermato con ordinanza del 3 marzo 2011, la attrice otteneva l’autorizzazione al sequestro conservativo in corso di causa dei beni immobili, mobili o crediti della società RAGIONE_SOCIALE.
Tale misura cautelare veniva eseguita in data 31.01.2011, mediante trascrizione del relativo provvedimento presso la Conservatoria dei RR.II. di Verona sugli immobili che al tempo erano di proprietà della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tutti situati all’interno del comples so commerciale, tra cui quello successivamente alienato alla odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale provvedimento il RAGIONE_SOCIALE proponeva reclamo che veniva accolto con conseguente revoca del provvedimento cautelare nel giugno 2011.
Con atto pubblico di compravendita del 27.03.2012 la società RAGIONE_SOCIALE vendeva alla società RAGIONE_SOCIALE, per il prezzo di € 240.000,00 oltre Iva, l’ultima unità immobiliare facente parte del predetto complesso commerciale.
Con sentenza del 2.03.2016 il Tribunale di Verona condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 871.652,30, oltre interessi moratori ex D.lgs. 231/2002 a decorrere dal 14.10.2010, a titolo di corrispettivo maturato a fronte delle opere edili realizzate nell’ambito dei lavori di ristrutturazione, con cambio d’uso, del
complesso immobiliare sito in Peschiera del Garda (INDIRIZZO), di proprietà della RAGIONE_SOCIALE.
N onostante l’originario affidamento in appalto di tutte le opere alla RAGIONE_SOCIALE di Soresina (Cr) in funzione di general contractor, il Tribunale di Verona ha ritenuto provato un parallelo rapporto di appalto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, tale da comportare il concorrente obbligo della prima di corrispondere il compenso maturato dalla seconda per i lavori eseguiti.
Con atto notificato in data 08.03.2017, la società RAGIONE_SOCIALE citava avanti il Tribunale di Verona la società RAGIONE_SOCIALE e l’odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE, al fine di chiedere la revoca e la conseguente inefficacia ex art. 2901 c.c. del predetto atto pubblico di compravendita del 27.03.2012, a tutela del credito di euro 871.652,30, oltre interessi moratori ex D.lgs. 231/2002, riconosciutole dalla citata sentenza del Tribunale di Verona del 02.03.2016.
Si costituivano le convenute, società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, le quali concludevano per il rigetto della domanda, stante l’asserita insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’ actio pauliana .
Con sentenza del 5.10.2019, il Tribunale di Verona accoglieva la domanda dell’attrice RAGIONE_SOCIALE, e dichiarava pertanto inefficace nei suoi confronti il predetto atto di compravendita.
RAGIONE_SOCIALE, in data 23.03.2020, notificava atto di citazione in appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Verona, sulla scorta di tre motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE si costituiva nel giudizio di appello con comparsa del 24.09.2020. Si costituiva in giudizio anche la società RAGIONE_SOCIALE, la quale, in via principale, aderiva all’accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, e, in via subordinata, pr oponeva ‘appello incidentale’, reiterando le conclusioni formulate dall’appellante principale.
La Corte d’Appello di Venezia con la sentenza del 22.03.2022 rigettava sia l’appello principale di COGNOME, che l”appello incidentale’ di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi ad un motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non svolge attività processuale in questa sede.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, co. 1, n. 2, e degli artt. 2697, 2727, 2729, 2668 c.c. e 679 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto provato dell’elemento soggettivo dell’azione pauliana, individuato nella ‘ scientia fraudis ‘, in capo alla terza acquirente sulla base di un unico elemento presuntivo privo dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, con un ragionamento censurabile che si risolve in una motivazione apparente, con violazione anche dell’art. 132, n. 4, c.p .c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Lamenta che ha ritenuto dimostrata la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo alla terza acquirente RAGIONE_SOCIALE, in base ad un solo elemento presuntivo, quello dell’avvenuta trascrizione nei RR.II., in data 31.01.2011, del sequestro conservativo concesso in favore della società RAGIONE_SOCIALE, che, se verificata da RAGIONE_SOCIALE, avrebbe permesso a quest’ultima di conoscere la pendenza della lite tra la medesima RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, laddove trattasi di elemento inconsistente perché ‘il sequestro, subito dopo essere stato concesso, era stato anche revocato per mancanza del fumus del buon diritto della ricorrente COGNOME‘ , e la trascrizione di quel sequestro è stata cancellata dai RR.II. nel successivo mese dell’agosto 2011.
Lamenta che la corte di merito ha frainteso il ‘particolare contesto della compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘, ossia tra due società immobiliari il cui scopo istituzionale è proprio quello di acquistare e vendere immobili e che avevano già avuto rapporti commerciali e avevano concluso un’ope razione immobiliare ben più consistente (secondo la ricorrente, per oltre quattro milioni di euro).
Si duole che l’impugnata sentenza sia motivata per relationem .
Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. La prova presuntiva è un mezzo di prova critica in relazione al quale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice la formulazione dell’inferenza dal fatto noto a quello ignoto; più specificamente, affinché si possa conseguire la prova del fatto ignoto, l’art. 2729 cod. civ. richiede che gli elementi presuntivi siano gravi, precisi e concordanti, venendo meno, in caso contrario, la garanzia di ragionevole certezza circa la verità del fatto stesso; in assenza di tali requisiti deve escludersi la correttezza del ragionamento logico che dal fatto noto risale a quello ignoto.
Come ribadito da questa Corte (Cass. Sez. U, n. 1785 del 2018) la denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 2729 cod. civ. si può prospettare (Cass. n. 19485 del 2017) deducendo che il giudice di merito abbia fondato la presunzione su un fatto storico, privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione.
In sostanza, si assume che il giudice di merito ha apparentemente applicato la regola della presunzione nel suo contenuto astratto laddove in concreto l’ha riferita a fattispecie che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza.
Come è noto, la precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti. In definitiva, la precisione evoca la non equivocità, implica, cioè, l’erroneità del ragionamento presuntivo ove da esso derivino conclusioni contraddittorie e non univocamente riferibili al fatto da provare.
La concordanza esprime – almeno secondo l’opinione preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo (cioè di una applicazione “non falsa” dell’art. 2729 cod. civ.), che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sé considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori considerati, volendo esprimere l’idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi. La concordanza, in definitiva, esprime la convergenza di più indizi.
La gravità è indice di un elevato grado di attendibilità della presunzione in relazione al convincimento che essa è in grado di produrre in capo al giudice, che non deve tradursi in certezza ma nella probabilità che l’esistenza del fatto ignoto sia maggior e di quella della sua inesistenza.
Ebbene, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, il suo ragionamento è censurabile alla stregua dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete.
Il motivo di ricorso, pertanto, va correttamente ricondotto a tale vizio e la Corte può, pertanto, essere investita ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 dell’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave, precisa o concordante una presunzione (cioè un’inferenza) che non lo sia o sotto un profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi.
Pparte ricorrente ha spiegato che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito -assunto in facto per come è stato enunciato- risulta non conforme al paradigma della gravità, della precisione, della concordanza.
In particolare, parte ricorrente ha evidenziato che il ragionamento presuntivo dei giudici di merito si fonda in realtà su un unico elemento, per ciò solo invero privo del requisito della concordanza.
Lamenta che il ravvisato elemento della ‘scientia fraudis ‘ in capo alla terza acquirente nella specie risulta fondato su unico elemento presuntivo privo dei caratteri di gravità e precisione.
Il dato fattuale ritenuto inadeguato è quello della trascrizione nei RR.II., in data 31.01.2011, del sequestro conservativo inizialmente concesso in favore della società RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente evidenzia al riguardo che il provvedimento di sequestro, subito dopo essere stato concesso, è stato annullato in sede di reclamo per mancanza del fumus in capo alla ricorrente COGNOME, e la trascrizione è stata conseguentemente cancellata.
Neppure è possibile valorizzare il ‘particolare contesto della compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e CFB’, trattandosi di società immobiliari che si occupano di acquistare e vendere immobili.
Emerge evidente come la censura nella specie riguardi la sussistenza dei requisiti di gravità e di precisione dell’unico elemento indiziante assunto dal giudicante a fondamento del ragionamento inferenziale. Il dato fattuale posto a sostegno della decisione non integra quell’elevato grado di attendibilità della presunzione in relazione al
convincimento che essa è in grado di produrre in capo al giudice (gravità) e soprattutto il dato fattuale difetta della non equivocità, e presta il fianco a conclusioni contraddittorie e non univocamente riferibili al fatto da provare.
La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa l’ impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 28 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME