Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13891 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13891 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9742/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso – ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e, in precedenza, RAGIONE_SOCIALE), con sede in Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore , in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, con sede in Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore depositato in data 28 marzo 2022 – controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Napoli n. 4234/2016 depositata il 29/11/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per € 1.156.858 in via privilegiata ipotecaria e per € 455.441,44 in chirografo, in virtù di un mutuo fondiario erogato dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 20 febbraio 1990.
Assumeva in particolare, a giustificazione RAGIONE_SOCIALE propria legittimazione all’insinuazione, che : i) la RAGIONE_SOCIALE aveva conferito al RAGIONE_SOCIALE il proprio complesso aziendale con atto a rogito del AVV_NOTAIO di RAGIONE_SOCIALE in data 27 febbraio 1991; ii) il RAGIONE_SOCIALE era stato fuso per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE, poi denominata RAGIONE_SOCIALE; iii) RAGIONE_SOCIALE era stata incorporata in RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva ceduto ex art. 58 T.U. 385/1993 i crediti in blocco ad RAGIONE_SOCIALE, società da essa incorporata con atto di fusione del 1°.1.2011.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava la domanda perché la creditrice istante , omettendo di produrre l’atto di trasferimento del ramo di azienda RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non aveva provato che detto trasferimento comprendesse il contratto di mutuo fondiario nella cui titolarità, dal lato attivo, affermava di essere subentrata.
L ‘appello proposto contro la sentenza da RAGIONE_SOCIALE veniva accolto dalla Corte d’appello di Napoli.
La corte distrettuale riteneva in primo luogo che l ‘appellante avesse dimostrato di essere l’attuale titolare del diritto di credito azionato . Rilevava che – incontestate tutte le altre vicende modificative, sotto il profilo soggettivo, del rapporto contrattuale dedotto in giudizio -: i) la prova dell’avvenuto conferimento dell’ azienda RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur in mancanza di produzione dell’atto, poteva trarsi in via presuntiva dal successivo
atto di fusione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nello stesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in cui si dava specificamente conto di detto conferimento, oltre che dalla visura camerale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dalla quale si evinceva che la banca era cessata sin dal 28 febbraio 1991; ii) poiché il conferimento aveva riguardato l’intero complesso aziendale dell’originaria contraente, doveva ritenersi provato, sempre in via presuntiva, il trasferimento anche RAGIONE_SOCIALE posizione relativa al contratto di mutuo fondiario controverso.
Osservava, peraltro, che il curatore aveva mosso al riguardo contestazioni generiche, in quanto si era limitato a eccepire la mancata produzione dell’atto di conferimento , ma non aveva mai dedotto che il conferimento non vi fosse stato, non fosse stato pubblicizzato a norma di legge o non comprendesse anche il rapporto di mutuo.
Nel merito, per ciò che in questa sede ancora interessa, la corte d’appello affermava che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, la circostanza che gli immobili sui quali era stata iscritta l’ipoteca non fossero stati acquisiti all’attivo del RAGIONE_SOCIALE non precludeva l’accoglimento d ella domanda di ammissione del credito con la collocazione ipotecaria richiesta, trattandosi di circostanza che, non incidendo sulla causa del credito o sulla qualificazione del privilegio, era irrilevante nella fase di formazione dello stato passivo ma rilevava unicamente nella fase attuativa del riparto, come impedimento di fatto all’esercizio del privilegio stesso.
Disponeva, pertanto, che il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE fosse ammesso al passivo del RAGIONE_SOCIALE per € 1.156.858 in via privilegiata ipotecaria e per € 455.441 in chirografo.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 29 novembre 2016, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso doRAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE), quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, attuale titolare del credito.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’ art. 380 bis .1 c.p.c..
Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ.
Il RAGIONE_SOCIALE contesta che il giudice potesse far ricorso al regime RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici per ritenere provata l’esistenza d ell’ atto di conferimento, che richiedeva la forma scritta ad substantiam e che pertanto avrebbe potuto essere provato solo mediante la produzione dell’atto notarile. Sostiene, inoltre, che i giudici distrettuali hanno valorizzato indizi che non presentavano i requisiti RAGIONE_SOCIALE gravità, precisione e concordanza ed hanno illegittimamente fatto ricorso alla c.d. praesumptio de praesumpto .
4.2 Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.: la corte del merito avrebbe erroneamente ritenuto generica la contestazione del curatore, limitata al rilievo RAGIONE_SOCIALE mancata produzione dell’atto di conferimento, a fronte RAGIONE_SOCIALE quale, invece, la creditrice avrebbe dovuto dimostrare tutti gli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALE propria pretesa.
Il primo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
5.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam operano esclusivamente quando tale contratto sia invocato in giudizio, tra le medesime parti negoziali, come fonte di reciproci diritti ed obblighi, e non anche quando se ne invochi l’esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione (v. Cass. 26003/2010, Cass. 5673/2003).
Pertanto nel caso in esame, in cui si versava nella seconda fattispecie, la corte di merito, pur in difetto di produzione d ell’atto di conferimento del complesso aziendale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE, ben poteva evincerne l’esistenza, nonché accertare che esso fosse comprensivo RAGIONE_SOCIALE cessione del contratto dedotto in giudizio, dal complesso RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie sottoposte alla sua valutazione e, in particolare, da due elementi indiziari noti (il contenuto del successivo atto di fusione per incorporazione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nel RAGIONE_SOCIALE e la certificazione dell’avvenuta estinzione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sin dal 1991) utilizzabili e valorizzabili quali fonte di prova presuntiva.
5.2. Va ancora puntualizzato che il giudice del merito non ha violato il divieto di utilizzo, a fini probatori, RAGIONE_SOCIALE c.d. praesumptio de praesumpto posto che, una volta accertato che l’operazione di conferimento concerneva l’intero complesso aziendale, il fatto che la stessa fosse comprensiva anche del rapporto di finanziamento in contestazione costituiva deduzione ovvia, non necessitante di alcuna prova specifica.
5.3 Costituisce, d’altro canto, principio consolidato che spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 8023/2009, Cass. 10847/2007, Cass. 1404/2001).
Ne consegue l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censura con la quale il RAGIONE_SOCIALE, lungi dal far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento probatorio RAGIONE_SOCIALE corte d ‘appello, si limita a contestare la portata dimostrativa dei documenti quanto al perimetro del compendio aziendale ceduto, proponendo una
diversa lettura degli elementi presi in esame dal giudice del merito al fine di valutarne la pregnanza in termini di prova presuntiva.
5.4 Il secondo motivo è invece inammissibile perché, qualora la decisione di merito si fondi -come nel caso di specie – su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure mosse a una di esse comporta il sopravvenuto difetto di interesse RAGIONE_SOCIALE parte a ottenere una pronuncia su quelle concernenti le ulteriori rationes decidendi , che, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre all ‘ annullamento RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata(Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
Il terzo motivo di ricorso prospetta la violazione degli artt. 2808 e 2878, comma 1, n. 2 e n. 7, cod. civ., 586 cod. proc. civ., 54, 93, 95, 101 e 111 l. fall., nel testo anteriore all’entrata in vigore del d. lgs. 5/2006 nonché, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti: la corte distrettuale non avrebbe potuto riconoscere il grado ipotecario al credito azionato in ragione del fatto che i beni ipotecati non erano presenti nell’asse fallimentare né lo sarebbero mai stati, dato che erano stati venduti nell’ambito di una procedura esecutiva fondiaria incardinata dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, dante causa RAGIONE_SOCIALE creditrice istante, con conseguente estinzione RAGIONE_SOCIALE garanzia, neppure rinnovata entro i termini di legge; il credito dell’appellante, perciò, avrebbe potuto essere ammesso solo in via chirografaria e, comunque, al netto di quanto ricevuto dall’esecuzione, che non era stata considerata dalla corte d’appello.
Il motivo non è fondato.
7.1 Lo stesso ricorrente ha espressamente rappresentato che RAGIONE_SOCIALE, il 15 marzo 2011, aveva proposto domanda di insinuazione tardiva al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza
n. 6503/1992, dopo che la cedente RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con atto di pignoramento notificato in data 27 febbraio 2002, aveva agito in via esecutiva sui beni ipotecati a garanzia del finanziamento fondiario, ottenendo l’assegnazione dell’intera somma ricavata, ad eccezione di € 7.302,94 attribuiti alla procedura a titolo di spese.
7.2 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l’art. 41, comma 2, d. lgs. 385/1993, nel prevedere che il creditore fondiario può iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, deroga al divieto di azioni esecutive individuali previsto dall’art. 51 l. fall., ma non anche alla norma imperativa di cui all’art. 52 l. fall., secondo la quale ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o esentato dal divieto di azioni esecutive, deve essere accertato nelle forme previste dalla legge fallimentare; l’insinuazione al passivo costituisce, pertanto, un onere per la banca mutuante (sancito espressamente, a seguito RAGIONE_SOCIALE riforma RAGIONE_SOCIALE legge fallimentare, anche per i creditori esentati dal divieto di cui all’art. 51 l. fall.) al fine dell’esercizio del diritto di trattenere definitivamente, nei limiti del quantum spettante a ciascun creditore concorrente all’esito del piano di riparto in sede fallimentare, le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione in sede esecutiva (Cass. 6377/2015; nello stesso senso Cass. 23482/2018, Cass. 17368/2012, Cass. 23572/2004).
Il privilegio di natura meramente processuale riconosciuto dall’ art. 41, comma 2, T.U.B. e il carattere provvisorio dell’assegnazione RAGIONE_SOCIALE somma disposta nell’ambito RAGIONE_SOCIALE procedura individuale imponevano quindi alla banca di insinuarsi al passivo del fallimento, in modo da consentire la graduazione dei crediti con il riconoscimento del privilegio ipotecario al credito fondiario, al fine di rendere poi definitiva al momento del riparto la provvisoria assegnazione avvenuta in sede esecutiva.
7.3 Né è possibile predicare l’omesso esame di un fatto potenzialmente decisivo con riferimento all’assegnazione al creditore procedente del provento RAGIONE_SOCIALE vendita coattiva.
L’ammissione al passivo del creditore fondiario, infatti, deve avvenire per l’inter o credito vantato, mentre solo in sede di riparto fallimentare vanno prese in considerazione le somme provvisoriamente percepite dal creditore a titolo di anticipazione in sede esecutiva, in modo che la provvisoria distribuzione RAGIONE_SOCIALE somme ricavate dalla vendita forzata da parte del giudice dell’esecuzione divenga definitiva (con obbligo di restituzione al curatore di quanto eventualmente percepito in eccedenza dal creditore fondiario a titolo di anticipazione in sede esecutiva; Cass. 23482/2018).
Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ.
Il ricorrente assume che il creditore istante, avendo già ottenuto parziale soddisfazione in sede esecutiva, avrebbe tenuto un comportamento abusivo nel chiedere il riconoscimento del proprio credito, con prelazione ipotecaria, anche in sede concorsuale.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata, infatti, non fa il minimo cenno a una simile questione, né il ricorrente specifica, secondo quanto impostogli dall’art. 366, 1° comma, cod. proc civ., di averla dedotta nel corso del giudizio di merito (nel qual caso, peraltro, sul punto avrebbe dovuto essere denunciato un vizio di omessa pronuncia).
Trova pertanto applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità RAGIONE_SOCIALE censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto,
onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito RAGIONE_SOCIALE suddetta questione (Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013).
10. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in RAGIONE_SOCIALE in data 11 dicembre 2023.