Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4919 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4919  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27846/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato  ex  lege  in  ROMA,  INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, MG  IMPIANTI DI  COGNOME NOME
-intimati- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  BOLOGNA  n. 2484/2020 depositata il 24/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con  sentenza  n.  2484/2020,  depositata  il  24.9.2020,  la  Corte d’Appello  di  Bologna  ha  rigettato  il  reclamo  proposto  da  RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 8/2020 con cui il Tribunale di Parma ne ha dichiarato il fallimento.
Il  giudice  di  secondo  grado  ha  evidenziato  che  quelli  che  la reclamante  ha  denominato  quali  ‘bilanci’  non  sono  altro  che stampe della contabilità interna dell’impresa fallita, che non corrispondono in alcun modo allo schema normativo previsto dagli artt. 2424 e 2425 c.c., essendo privi non solo della nota integrativa, ma anche della delibera di approvazione dell’assemblea.
Inoltre, il giudice d’appello ha, altresì, rilevato che i vari documenti contabili interni prodotti dalla reclamante (tra cui partitari, registri IVA, copia libro giornale e dei cespiti ammortizzabili) sono sprovvisti  di  qualsiasi  sottoscrizione  e  non  è  pertanto  possibile ricondurli con sicurezza alla contabilità della fallita.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  il  primo  motivo  è  stata  dedotta  la  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 1 legge fall.
La  ricorrente  ha  dedotto  di  aver  depositato  ben  60  documenti contabili  e  fiscali,  relativi  alle  tre  ultime  annualità,  attestanti  il mancato  superamento  delle  soglie  di  fallibilità  e,  segnatamente, schemi  di  bilancio  dal  2017,  libro  di  beni  ammortizzabili,  libro giornale,  liquidazione  IVA,  partitario  clienti,  partitario  fornitori, registri IVA acquisti e vendite, schede contabili.
Evidenzia la ricorrente che gli schemi di bilancio allegati, pur non essendo stati depositati presso la RAGIONE_SOCIALE, rappresentano un riepilogo di verifica della contabilità tenuta dalla società fallita e, pertanto, la Corte d’Appello è incorsa in errore nella valutazione dei documenti prodotti, atteso che, anche a considerare inattendibili gli schemi di bilancio, resterebbero validi i documenti presupposti. Né rileva la circostanza della mancata sottoscrizione dei documenti prodotti, in quanto nessuna norma prevede la sottoscrizione degli stessi.
Ad  avviso della ricorrente, la Corte d’Appello, nel dichiarare inattendibile la documentazione contabile prodotta, avrebbe omesso di indicare qualsivoglia elemento, anche solo indiziario, che potesse mettere in dubbio i dati contabili dalla stessa forniti.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che nella sentenza impugnata è assente l’iter logico    seguito per addivenire alla decisione di rigetto e, in ogni caso, la motivazione è carente e illogica.
Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentano concomitanti profili di infondatezza e inammissibilità.
Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 33091/2018, Cass. n. 13746/2017) quello secondo cui ‘ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, comma 4, l.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ex art. 2435 c.c., sicchè, ove difettino tali requisiti o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità’.
La  Corte  d’Appello  ha  quindi  fatto corretto uso  del principio enunciato da questa Corte, affermando che lo schema di bilancio, prodotto dall’odierna ricorrente, non poteva essere considerato un vero ‘bilancio’, in quan to, oltre a difettare la nota integrativa, esso era, altresì, privo della delibera di approvazione dell’assemblea.
Dunque,  la  ricorrente  non  ha  provato  la  sussistenza  dei  requisiti dimensionali, ex art. 1 comma 2° legge fall., con la produzione dei bilanci, atteso che, ove questi non  siano stati  regolarmente approvati e depositati, viene meno quella presumibile considerazione  di  –  almeno iuris  tantum –    attendibilità  che  li assiste,  con  la  conseguenza  che  l’imprenditore  rimane  onerato  di provare aliunde la (in)sussistenza dei requisiti di fallibilità.
Il giudice d’appello ha, altresì, motivato con argomentazioni che soddisfano il requisito del ‘minimo costituzionale’ (secondo i parametri della sentenza delle S.U. n. 8053/2014) e sono esenti da vizi logici, ancora quanto al l’inattendibilità delle altre scritture contabili prodotte dalla ricorrente. La corte bolognese ha, infatti, affermato che, pur essendo i partitari, i registri IVA, il libro giornale, il libro dei cespiti ammortizzabili e gli altri documenti manifestamente idonei, in astratto, alla dimostrazione della sussistenza dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1 legge fall., tuttavia, essendo, in concreto, tali documenti contabili interni prodotti dalla reclamante sprovvisti di qualsiasi sottoscrizione, non è stato possibile ricondurli con sicurezza alla contabilità della fallita. Trattasi di valutazione di fatto che, oltre a rispondere, come detto, al ‘minimo costituzionale’, è riservata al giudice di merito e, come tale, non può essere sindacata in sede di legittimità.
Non si liquidano le spese di lite, non essendosi la curatela costituita in giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R.  n. 115 del 2002, dà atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte del  ricorrente  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 15.1.2025