Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5992 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 5992 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22418/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso di loro in INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1760/2019, depositata il 5/12/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica del 12/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, il AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1760 del 2019, pubblicata il 5 dicembre 2019, che ha accolto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso la delibera del 31 ottobre 2018 n. 20666 e il relativo atto di accertamento e per l’effetto ha disposto l’annullamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 150.000 e della sanzione amministrativa interdittiva accessoria obbligatoria pari a mesi dieci; le sanzioni sono state irrogate a NOME COGNOME per avere raccomandato l’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE a sei clienti della Banca Esperia abusando di informazioni privilegiate, in violazione dell’art. 187 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 58 del 1998 (TUF).
Secondo l’accertamento compiuto da RAGIONE_SOCIALE, il 28 luglio 2015 alle 20:33 RAGIONE_SOCIALE ha diffuso un comunicato con cui annunciava di avere concluso un accordo con RAGIONE_SOCIALEHCRAGIONE_SOCIALE per l’acquisto da parte di quest’ultima della partecipazione detenuta da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE pari al 45% del capitale della RAGIONE_SOCIALE a un prezzo di euro 10,60 per azione, che rappresentava un premio del 70,6% rispetto al prezzo medio ponderato di RAGIONE_SOCIALE degli ultimi tre mesi; il perfezionamento della cessione della partecipazione azionaria di RAGIONE_SOCIALE, previsto entro la fine del 2016, avrebbe comportato l’obbligo per HC di
lanciare un’offerta pubblica di acquisto delle azioni RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 106, comma 1 TUF, e l’annuncio diffuso la sera del 28 luglio 2015 conteneva elementi di marcata price sensibility idonei a influenzare sensibilmente il prezzo delle azioni RAGIONE_SOCIALE. Le verifiche effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE hanno evidenziato la presenza di operatività da parte di un cospicuo numero di investitori, che sono risultati presentare collegamenti con le RAGIONE_SOCIALE coinvolte nel disegno industriale; tali investitori hanno, prima della diffusione del comunicato ufficiale, assunto posizioni ‘rialziste’ sulle azioni RAGIONE_SOCIALE, mediante acquisti di tali azioni o mediante operazioni in strumenti finanziari derivati su tali azioni. All’esito delle indagini svolte sono stati avviati da RAGIONE_SOCIALE cinque procedimenti sanzionatori; per quanto interessa il presente processo, con la delibera annullata dalla sentenza impugnata sono stati sanzionati NOME COGNOME, per l’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE e per la comunicazione dell’informazione a NOME COGNOME, NOME COGNOME per l’acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE effettuato utilizzando un’informazione privilegiata, NOME COGNOME per la raccomandazione di acquisto delle stesse azioni fatta a sei clienti di Banca Esperia. Secondo RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME -che dal settembre 2000 aveva lavorato in RAGIONE_SOCIALE, ricoprendo fino al 2014 la posizione di responsabile della Funzione politiche di gestione e sviluppo -tra il 20 e il 21 luglio 2015 era venuto in possesso dell’informazione privilegiata, grazie ai rapporti e contatti intrattenuti con i propri ex collaboratori e altri dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, e in data 22 luglio 2015 aveva acquistato 4.000 azioni RAGIONE_SOCIALE; NOME aveva inoltre comunicato l’informazione privilegiata a NOME COGNOME, suo private banker presso Banca Esperia e a NOME COGNOME, suo conoscente, i quali l’avevano a loro volta utilizzata, il primo per la raccomandazione di acquisto di azioni RAGIONE_SOCIALE fornita lo stesso giorno a sei clienti di Banca
Esperia, che avevano complessivamente acquistato 26.000 azioni RAGIONE_SOCIALE per un controvalore di euro 160.066,41.
Ad avviso della Corte d’appello gli eventi indicati da RAGIONE_SOCIALE non possono essere valutati congiuntamente, quali pluralità di indizi il cui insieme porterebbe a riconoscere il possesso da parte di COGNOME dell’informazione privilegiata per averla acquisita da NOME, a ciò ostando il carattere non sincronico, ma diacronico di essi, ponendosi l’uno rispetto all’altro in sequenza cronologica e causale; inoltre, anche scorporando i singoli processi deduttivi, non sempre gli stessi appaiono sorretti da una comprovata massima di esperienza o da un confacente giudizio di probabilità basato sull’ id quod plerunque accidit ; si sarebbe pertanto in presenza di una serie di deduzioni presuntive in sequenza, in violazione del divieto di praesumptio de praesunto , comunque fondate su dati incerti.
2. Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno depositato memoria prima dell’udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. Il ricorso è articolato in sei motivi:
1. Il primo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 187 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 58 del 1998, 6 del d.lgs. n. 150 del 2011, 2727 e 2729 c.c. e 192, comma 2 c.p.p. sulla legittima formazione della prova indiziaria nella materia sanzionatoria amministrativa, per avere confuso gli eventi da provare con gli indizi offerti a loro dimostrazione’: la Corte territoriale ha indebitamente trasferito la qualità diacronica propria degli eventi da provare al complesso dei fatti certi acclarati in sede di indagine, che invece non sono sequenziali tra loro e che perciò possono concorrere sincronicamente nel loro insieme a dimostrare lo svolgersi degli accadimenti così come ricostruito dalla ricorrente.
Il secondo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 187 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 58 del 1998, 6 del d.lgs.
n. 150 del 2011, 2727 e 2729 c.c. e 192, comma 2, c.p.p. sulla legittima formazione della prova indiziaria nella materia sanzionatoria amministrativa, che è governata dal canone della ragionevole probabilità e non della ragionevole certezza’: il riferimento operato dalla Corte d’appello alla necessità di una prova rigorosa tale da escludere una lettura ambivalente degli elementi acquisiti sembra sottendere che la Corte abbia erroneamente condotto il proprio ragionamento alla ricerca di una ragionevole certezza.
3. Il terzo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 187 -bis , comma 4, del d.lgs. n. 58 del 1998, sulla nozione di abuso di informazione privilegiata da parte del c.d. insider secondario che presuppone il possesso e non il passaggio dell’informazione privilegiata’: contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Brescia, per provare la commissione dell’illecito di cui all’articolo 187 -bis , comma 4, TUF non è necessario dimostrare la trasmissione dell’informazione privilegiata, ossia individuare le modalità attraverso le quali è avvenuto il passaggio dell’informazione privilegiata e dunque come questa è stata acquisita dall’ accipiens , avendo l’illecito ivi contemplato come fondamento il semplice possesso dell’informazione privilegiata non ulteriormente qualificato.
4. Il quarto motivo fa valere ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 187 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 58 del 1998, 6 del d.lgs. 150 del 2011, 2727 e 2729 c.c. e 192, comma 2, c.p.p. sulla legittima formazione della prova indiziaria nella materia sanzionatoria amministrativa, essendo mancato il necessario momento sintetico di valutazione degli indizi’: quanto al momento analitico la Corte d’appello ha omesso l’esame di più fatti controversi e decisivi per il giudizio ed è incorsa in un errore di percezione di risultanze istruttorie, quanto al momento sintetico le evidenze considerate dalla Corte sono state isolate e
separatamente analizzate, senza procedere alla loro valutazione complessiva in un quadro di insieme.
5. Il quinto motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 187 -bis , comma 4, del d.lgs. n. 58 del 1998, 6 del d.lgs. n. 150 del 2011, 2727 e 2729 c.c. e 192, comma 2, c.p.p. sulla legittima formazione della prova indiziaria, omesso esame dei fatti controversi e decisivi per il giudizio, violazione dell’art. 115 c.p.c. per avere ignorato più fatti storici, oggetto di prova diretta, costituenti altrettanti elementi indiziari’: la Corte d’appello ha omesso di esaminare fatti storici oggetto di prova diretta che avevano carattere decisivo, quali la pronuncia di NOME COGNOME della frase ‘addio arrivano i tedeschi’, frase che dimostra la conoscenza della medesima della informazione privilegiata, e i messaggi di posta elettronica del 14 luglio 2015 di Palermo, decisivi per la dimostrazione della conoscenza dell’informazione privilegiata da parte dei dipendenti di RAGIONE_SOCIALE.
6. Il sesto motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 187 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 58 del 1998, 6 del d.lgs. n. 150 del 2011, 2727 e 2729 c.c. e 192, comma 2, c.p.p. sulla legittima formazione della prova indiziaria, violazione dell’art. 115 c.p.c., in ragione dell’errore di percezione che inficia, sul piano metodologico, il ragionamento analitico della sentenza’: la sentenza ha ritenuto altrettanto plausibile la ricostruzione alternativa proposta da COGNOME, di avere formulato ai propri clienti la raccomandazione di acquisto delle azioni RAGIONE_SOCIALE, in ragione dell’interesse manifestato da NOME per le azioni di un’azienda presso la quale aveva per tanti anni lavorato; tale considerazione è frutto di un palese errore di percezione di risultanze istruttorie.
I motivi sono fondati, nei limiti di seguito evidenziati. Come sottolinea questa Corte in una fattispecie corrispondente a quella in esame (Cass. n. 32829/2023), fatti costitutivi del trading
secondario di cui all’art. 187 -bis , comma 4 TUF sono il possesso dell’informazione privilegiata, la conoscenza o la conoscibilità con l’ordinaria diligenza del carattere privilegiato dell’informazione, il compimento in strumenti finanziari utilizzando l’informazione privilegiata, oppure la comunicazione ad altri dell’informazione privilegiata (al di fuori delle situazioni che legittimano tale comunicazione), o ancora la raccomandazione o l’induzione di altri al compimento di tali operazioni. L’espressione «informazione» va intesa quale «conoscenza», indipendentemente dal fatto che essa sia stata conseguita da una comunicazione da parte di altri, poiché la fattispecie di illecito non richiede un collegamento causale orientato tra la conoscenza posseduta e la comunicazione ad opera di un informatore qualificato, bensì il nesso eziologico tra il possesso dell’informazione e l’utilizzo che se ne faccia compiendo operazioni su strumenti finanziari, profilo sottolineato dal terzo motivo di ricorso.
Rispetto all’accertamento della RAGIONE_SOCIALE, riassunto in premessa, la Corte d’appello ritiene che gli eventi, in considerazione del loro carattere non sincronico ma diacronico, non possano essere considerati congiuntamente quali pluralità di indizi da cui si inferisce che COGNOME avesse acquisito un’informazione privilegiata. Si tratta, secondo la Corte d’appello, di una sequenza di presunzioni non idonea a fondare il giudizio di esistenza del fatto oggetto di prova, ossia la raccomandazione dell’acquisto di azioni di RAGIONE_SOCIALE grazie all’acquisizione di informazioni privilegiate. Inoltre, sempre secondo la Corte d’appello, si è avuta anche l’inosservanza dell’art. 2729 c.c. quanto alla gravità e precisione di alcuni indizi facenti parte della sequenza presuntiva.
In realtà, non si tratta di fatti in sequenza che si sorreggono uno sull’altro, ma di fatti noti coesistenti, che nel loro insieme integrano gli estremi della gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c. Come sottolinea questa Corte nel precedente
sopra ricordato (Cass. n. 32829/2023), nei procedimenti per abuso di mercato il fatto ignoto da provare mediante inferenza logica è spesso un fatto composito, ovvero consistente in una serie di accadimenti nei quali sono coinvolti più soggetti, così che l’accertamento della responsabilità di ciascuno non è il risultato di una catena di presunzioni, ma il frutto di una ragionevole e plausibile ricostruzione in chiave unitaria di accadimenti complessi riferibili ad una pluralità di soggetti. Il giudice di merito, chiamato ad accertare la legittimità delle sanzioni irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE, si trova frequentemente in presenza di una pluralità di elementi, da valutare in un primo momento uno per uno nel loro essere gravi e precisi ex art. 2729 c.c. Tale prima fase valutativa ha una funzione essenzialmente negativa, nel senso che è diretta a scartare gli elementi integralmente privi di rilevanza e di efficacia probatoria rispetto al fatto principale da provare (al fine di conservare gli elementi che potenzialmente fondano un’inferenza, cioè che possono qualificarsi come secondari rispetto al fatto principale oggetto di prova). Alla prima fase analitica deve seguire una seconda fase sintetica, volta a valutare se gli stessi, in forza del loro combinarsi e intrecciarsi in un quadro d’insieme, possano fornire una convincente prova per presunzioni (v. al riguardo Cass. n. 7647/2023).
La motivazione della sentenza impugnata non solo è priva di siffatta seconda fase sintetica, ma appare piuttosto caratterizzata dall’intendimento contrario, cioè di frammentare e disarticolare un insieme di elementi che, in forza del loro reciproco atteggiarsi, già conducono verso una considerazione unitaria. A sostegno del proprio ragionamento, la Corte d’appello invoca il tradizionale brocardo praesumptum de praesumpto non admittitur, ma il richiamo non è conferente in quanto, come si è già detto, gli esiti dell’accertamento compiuto dalla RAGIONE_SOCIALE non costituiscono il risultato di una catena di presunzioni (sulla negazione della stessa
valenza del divieto della presunzione da presunzione si vedano d’altro canto le considerazioni espresse dalla citata pronuncia n. 32829/2023), ma un insieme di accadimenti complessi riferibili a una pluralità di soggetti.
II. Tali assorbenti considerazioni comportano la cassazione della sentenza impugnata con il rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, che dovrà procedere alla valutazione complessiva dei fatti secondari, così come dedotti e provati nel processo, alla luce dei criteri adottati da questa Corte in relazione all’art. 2729 c.c.
Il giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio seguita alla