Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13895 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13895 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11323/2020 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
NOME MEGLIO NOME, BUONO NOME, domiciliate ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 4813/2019 depositata il 04/10/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 15 maggio 2024.
PROPRIETÀ
Rilevato che:
con citazione notificata il 16/03/2011, NOME COGNOME e NOME COGNOME, assumendo di avere subìto lo spoglio del fondo in INDIRIZZO, distinto al C.T. al foglio 20, particella 367, hanno agito dinanzi al Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Ischia, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per sentire dichiarare la proprietà in capo agli attori del fondo, e la nullità e l’inefficacia nei loro confronti dell’atto per AVV_NOTAIO del 18/10/2007 con il quale NOME COGNOME COGNOME ha trasferito alla figlia NOME COGNOME la proprietà del terreno, nonché per ottenere la condanna delle convenute al rilascio del fondo e al risarcimento del danno.
Costituendosi in giudizio, le convenute hanno contestato le pretese degli attori.
Il Tribunale di Ischia, deferito giuramento suppletorio alla parte attrice, con sentenza n. 895/2016, ha dichiarato gli attori, nella qualità di aventi causa di NOME COGNOME, figlio di NOME, comproprietari del fondo; ha dichiarato inefficace nei loro confronti l’atto per AVV_NOTAIO del 18/10/2007, con il quale NOME COGNOME, avente causa di NOME COGNOME, ha venduto a NOME COGNOME il terreno, e ha condannato quest’ultima a rilasciare agli attori il fondo, previa eliminazione delle recinzioni apposte sul confine divisorio con le particelle 96 e 92;
proposta impugnazione da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, la Corte d’appello di Napoli, nella resistenza di NOME COGNOME, il quale ha svolto appello incidentale, e in contumacia di NOME COGNOME, ha ribaltato la decisione di primo grado, nel senso che ha accolto l’appello principale , e, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato le domande degli attori.
Queste, in sintesi, per quanto qui rileva, le ragioni della decisione:
(a) correttamente il Tribunale ha qualificato la domanda giudiziale (senza che sul punto vi fossero contestazioni) come azione di ri vendicazione. In base ai princìpi sull’onere della prova , occorre fare riferimento ai titoli invocati dagli attori, i quali sostengono di avere acquistato mortis causa da NOME COGNOME che, a sua volta, aveva acquistato mortis causa dalla madre NOME, la quale aveva acquistato con atto per AVV_NOTAIO del 26/08/1929;
(b) è circostanza dirimente che gli attori non abbiano prodotto il titolo d’acquisto , ma soltanto la relativa nota di trascrizione.
Ebbene, per giurisprudenza pacifica, la nota di trascrizione, al pari delle risultanze catastali, non è atto di parte né valida fonte di prova in ordine al contenuto del titolo cui si riferisce, ma è uno degli elementi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento. Si aggiunga che l’art. 2644 c.c. (‘Effetti della trascrizione’) mira a risolvere il conflitto tra soggetti che hanno acquistato lo stesso diritto dal medesimo titolare e che, pertanto, non attiene alla prova del dritto di proprietà vantato dagli appellati;
(c) non esistono altri elementi utili a costituire la prova della proprietà in capo agli attori/appellati, posto che la dichiarazione di successione di NOME è prodotta solo nella prima pagina che non reca la descrizione dei beni che ne furono oggetto, mentre nella dichiarazione di successione di NOME COGNOME si evidenzia che egli era proprietario della particella 367 per 143/1000 ‘per diritto’ e per 857/1000 ‘per avvenuta usucapione’ , vale a dire senza invocare il titolo vantato in giudizio che, secondo la deduzione degli attori, farebbe riferimento alla proprietà esclusiva.
Né appare rilevante, ai fini della decisione, il giuramento suppletorio deferito dal Tribunale agli attori: infatti, come si evince dal contenuto dell’ordinanza ammissiva del 22/11/2014, esso è stato
deferito sul tema della conformità della copia all’originale della nota di trascrizione;
NOME COGNOME, anche quale erede della madre NOME, ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e hanno depositato una memoria in prossimità dell’adunanza camerale ;
Considerato che:
il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 2643 c.c., in relazione all’art. 2650 c.c., nonché quella dell’art. 948 c.c. , in relazione agli artt. 2697 c.c. e 115, 116 c.p.c. e, infine, la nullità della sentenza.
Il ricorrente assume di avere prodotto copia della nota di trascrizione della compravendita AVV_NOTAIO del 26/08/1929, con la quale la di lui nonna NOME (dante causa iure successionis del padre del ricorrente) acquistò la particella 367, e critica la Corte d’appello per non avere spiegato per quale ragione ha escluso che quella nota di trascrizione, che in virtù del giuramento suppletorio era stata ritenuta conforme all’originale, fosse un elemento di prova idoneo a dimostrare che l’attore era proprietario del fondo ;
1.1. il motivo è infondato;
la sentenza impugnata, al contrario di quanto prospetta il ricorrente, espone, a pag. 5, che la nota di trascrizione dell’atto per AVV_NOTAIO del 26/08/1929 non costituisce prova idonea del diritto di proprietà sulla particella 367, oggetto dell’azione di rivendicazione;
il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza, in relazione all’art. 345 c.p.c. , per non avere dichiarato inammissibile, per novità del rilievo critico, il motivo di appello con il quale le
appellanti NOME COGNOME e NOME COGNOME contestavano, per la prima volta, la non idoneità del titolo del quale l’attore aveva prodotto in giudizio la nota di trascrizione quale mezzo di prova della proprietà della particella 367;
2.1. il motivo è infondato;
l’ autosufficiente controricorso (pag. 19) riproduce il passo rilevante della comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado che reca, ‘in via preliminare e assorbente’ , l’eccezione secondo cui gli attori non avrebbero fornito alcuna valida prova di essere proprietari della particella 367, anche in mancanza della produzione dell’atto per AVV_NOTAIO del 26/08/1929, il che significa che, in realtà, parte convenuta ha sempre contestato la pretesa dominicale del confinante;
3. il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2909 c.c., 346 c.p.c., in ragione del fatto che la sentenza non ha rilevato che, in assenza di specifica impugnazione, doveva ritenersi non più sindacabile l’ordinanza del Tribunale di Ischia del 22/11/2014, dichiarativa del valore probatorio della trascrizione nei registri immobiliari del titolo di proprietà;
3.1. il motivo è infondato;
la sentenza d’appello afferma (pagg. 3-5) che le convenute, soccombenti in primo grado, con il primo complesso motivo di gravame, hanno dedotto che il Tribunale avrebbe confuso la contestazione della conformità all’originale della nota di trascrizione prodotta in copia da parte attrice, aspetto in relazione al quale il primo giudice aveva deferito giuramento suppletorio, con l’eccezione, sollevata dalle stesse convenute, in punto di mancato assolvimento da parte degli attori della probatio diabolica circa la titolarità della particella 367.
È il caso di rimarcare che, su tale snodo cruciale, non è intervenuto giudicato interno a causa del fatto che le convenute hanno impugnato la sentenza di primo grado;
il quarto motivo – il cui esame è differito al punto 6.1. denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 212 c.p.c., in relazione all’art. 2643 c.c., in quanto la Corte di Napoli non ha preso atto che , in assenza di un espresso motivo d’appello sul contenuto dell ‘ordinanza del 22/11/2014, che aveva ritenuto idoneo l’ acquisto, da parte della dante causa (del dante causa) dell’attore, del la particella 367, alla nota di trascrizione non poteva essere attribuito il (limitato) valore probatorio proprio di un certificato catastale.
il quinto motivo -‘Violazione dell’art. 112 e 113 c .p.c. in relazione all’art. 950 c .c. -Violazione dell’art. 115 e 116 c .p.c. in relazione all’onere della prova di cui all’art. 2697 c .c. -Erronea applicazione dell’art. 948 c.c. Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.’ censura la sentenza impugnata che ha errato nel qualificare la domanda come azione di rivendicazione, anziché come azione di regolamento di confini, la quale esclude la necessità della rigorosa prova della proprietà;
5.1. il motivo è infondato;
è orientamento consolidato ( ex multis , Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22095 del 13/10/2020, Rv. 659399 – 01) quello secondo cui, mentre l ‘ azione di rivendica presuppone un conflitto di titoli determinato dal convenuto, il quale oppone a suo favore un titolo – anche non negoziale – diverso da quello su cui l ‘ attore fonda la sua istanza, nell ‘ azione di regolamento di confini il conflitto è tra fondi, in quanto il convenuto deduce che, in forza del titolo dedotto dall ‘ attore e del titolo di proprietà del fondo a lui appartenente, il confine è diverso, a nulla rilevando, in presenza di una incertezza del confine per avvenuta usurpazione di parte del terreno, l ‘ effetto recuperatorio di
detta domanda che consegua soltanto all ‘ eliminazione del preesistente stato di incertezza sui confini.
Nella specie, il giudice d ‘ appello ha correttamente qualificato la domanda come rei vindicatio sulla base del rilievo, non attinto da specifica censura, che così l’aveva qualificata il Tribunale con statuizione non contestata dalle parti;
il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 948 c.c., in relazione agli artt. 112, 113, 115, 116, c.p.c., 2697 c.c., e anche la nullità della sentenza.
Per il caso in cui questa Corte reputi corretta la qualificazione della domanda come azione di rivendicazione, il ricorrente si duole che il giudice d’appello abbia escluso che l’attore a bbia dimostrato il suo diritto di proprietà, e riconduce il denunciato errore all’omessa considerazione di tutte quante le risultanze processuali: il titolo di acquisto del 26/08/1929; la mancata contestazione del contenuto di tale atto con il quale il fondo è stato acquistato; la produzione della nota di trascrizione del titolo; le denunce di successione e la certificazione catastale;
6.1. il quarto e il sesto motivo, suscettibile di esame congiunto per connessione, sono infondati;
la sentenza d’appello afferma (pag. 5) che il giuramento suppletorio riguarda un aspetto del tutto marginale, cioè la conformità all’originale della copia della nota di trascrizione versata in atti da parte attrice.
Dopodiché, la Corte di Napoli, alla stregua di un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, con motivazione congrua e priva di vizi logici, aderente ai princìpi giuridici che regolano la valutazione delle prove in tema di accertamento del diritto di proprietà, nega che gli attori abbiano provato di essere proprietari della particella 367.
Il dictum del giudice d’appello è in linea con il costante indirizzo nomofilattico (Sez. 2, Sentenza n. 20641 del 09/09/2013, Rv. 627919 -01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 14577 del 22/06/2007, Rv. 597984 -Sez. 2, Sentenza n. 8695 del 17/06/2002, Rv. 555096 01) , secondo cui l’ attore in rivendica è tenuto a dimostrare la proprietà del bene che assume a lui appartenente e, a tal fine, non può ritenersi sufficiente la mera produzione della nota di trascrizione, la quale non costituisce né atto di parte, né valida fonte di prova in ordine al contenuto del titolo cui si riferisce, ma solo uno degli elementi sui quali il giudice può fondare il proprio convincimento, essendo la trascrizione piuttosto finalizzata a risolvere il conflitto tra soggetti che hanno acquistato lo stesso diritto dal medesimo titolare;
7. il settimo motivo -‘Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per violazione dell’art. 922 c.c. in riferimento agli art icoli 1376 c.c. e 2697 c.c. in relazione agli articoli 112, 113, 115, 116 c.p.c.’ denuncia che la Corte d’appello , senza spiegarne le ragioni, ha riformato anche il capo della decisione di primo grado che accoglieva la domanda dell’attore di accertamento e declaratoria d’inefficacia dell’atto per AVV_NOTAIO del 18/10/2007, in forza del quale la convenuta NOME COGNOME aveva acquistato a non domino la contestata porzione di suolo;
7.1. il motivo è inammissibile;
la censura è estranea al vizio di ‘omesso esame circa un fatto decisivo’ di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c.
Al riguardo, è utile rammentare che, fin da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, si è andato consolidando il principio di diritto per cui l’attuale art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali,
che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (cfr., altresì Cass., 27/04/2023, n. 11111, che, in motivazione, punto 5.2.2., sottolinea che il ‘nuovo’ motivo di cui al n. 5 assume caratteristiche completamente diverse da quelle del ‘vecchio’ vizio di motivazione) ;
in definitiva, respinti i primi sei motivi e dichiarato inammissibile il settimo, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
10 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 15 maggio 2024.