Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3654  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13205/2020 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliati    in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrente- contro
CUOCO GAETANO, IMBIMBO NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 62/2020 depositata il 20/01/2020.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  10/01/2025  dal  Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME  COGNOME  -e  poi,  dopo  il  suo  decesso  nel  corso  del  giudizio,  i  suoi eredi, NOME COGNOME e NOME COGNOME– aveva chiesto al Tribunale di Salerno lo  scioglimento  della  comunione  ereditaria  sui  beni  morendo  dismessi  da  NOME
NOME  COGNOME,  deceduto  ab  intestato  il  10.3.1996,  i  cui  eredi  erano  NOME  COGNOME e la stessa attrice, e da NOME COGNOME, deceduta il 15.4.1997 lasciando quali  proprie  eredi  testamentarie  l’attrice  e  NOME  COGNOME  -che  si  era  costituita contestando la nullità del testamento-.
Il  giudizio,  nel  quale  era  successivamente  intervenuto  NOME  COGNOME  dopo  aver ricevuto  in  donazione  dalla  madre,  NOME  COGNOME,  la  quota  di  spettanza  sugli immobili oggetto di comunione ereditaria, da dividere, era proseguito per le attività divisionali con nomina di consulenti tecnici d’ufficio.
Era seguita sentenza non definitiva con la quale il Tribunale di Salerno aveva respinto l’eccezione di nullità del testamento evidenziando, con ordinanza in pari data, la necessità di un approfondimento istruttorio per mancanza dei titoli di provenienza dei beni da dividere, delle visure catastali ad essi relative e di altra documentazione ritenuta necessaria; gli eredi dell’attrice avevano provveduto al deposito di numerosa documentazione; ciononostante il Tribunale di Salerno aveva con sentenza definitiva respinto la domanda di divisione, ritenendo tardive e comunque insufficienti -in assenza dei titoli attestanti la sussistenza del diritto di proprietà in capo agli originari danti causa- le produzioni documentali della parte attrice, effettuate oltre i termini degli art.183 e 184 c.p.c.
Proposto  appello  da  NOME  e  NOME  COGNOME,  al  quale  resistevano  NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’Appello di Salerno aveva respinto l’impugnazione  confermando  l’impianto  motivazionale  della  sentenza  di  primo grado.
Propongono ricorso per cassazione i signori COGNOME, affidandolo a tre motivi.
 Violazione e falsa applicazione, ex art.360 comma 1 n.3 c.p.c., degli art.713 e s. c.c. e degli art.784, 785, 789 c.p.c.
La  sentenza  di  primo  grado,  confermata  da  quella  di  appello,  avrebbe  respinto  la domanda  di  divisione  ereditaria  pur  in  assenza  di  contestazioni  sul  diritto  alla divisione,  ex  art.785  c.p.c.,  sulla  sola  base  di  una  pretesa  carenza  di  prova  della titolarità sui beni in comunione ereditaria, mentre si sarebbe dovuta limitare, al più, a dichiararne  l’inammissibilità  o  l’improcedibilità,  con  pronuncia  limitata  al  solo processo.
II) Violazione e falsa applicazione, ex art.360 comma 1 n.3 c.p.c., degli art.713 e s. c.c.  in relazione al mutamento giurisprudenziale  operato da Cass. SU n.25021/2019
con  rimessione  in  termini  ex  art.184  bis  c.p.c.,  art.153  comma  2  c.p.c.  e  art.294 commi 2 e 3 c.p.c.
La Corte di merito avrebbe falsamente applicato l’art.713 c.c. sotto tre profili, e cioè: a) non avrebbe considerato l’assenza di contestazioni sulla proprietà, in connessione con l’inidoneità dell’atto divisionale a fornire la prova della proprietà; b) non avrebbe considerato che la prova della proprietà, nel giudizio di divisione, deve essere esaminata al pari di qualsiasi altro fatto senza l’applicazione delle regole rigide dell’azione di rivendicazione; c) nella domanda di scioglimento della comunione la prova dell’insussistenza di pesi sugli immobili è rimessa al potere dispositivo delle parti e non al rilievo d’ufficio del Giudice.
III) Violazione e falsa applicazione, ex art.360 comma 1 n.3 c.p.c., degli art.713 e s. c.c.
Se in concreto rilevasse il mutamento di interpretazione correlato alla sentenza delle SSUU della Corte di cassazione n.25021/2019 quanto alla natura costitutiva e non dichiarativa della sentenza di divisione, vi sarebbero i presupposti per una rimessione in termini delle parti, essendo la sentenza richiamata intervenuta dopo che il Giudice d’appello aveva trattenuto la causa in decisione.
Hanno depositato controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Solo i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I  primi  due  motivi  di  ricorso  si  affrontano  unitariamente  per  utilità  di  trattazione  e perché connessi.
La Corte d’Appello di Salerno ha effettivamente posto alla base della sentenza ricorsa un difetto di prova sulle caratteristiche dei beni da dividere e sulla loro titolarità, pur non mettendo in discussione l’esistenza di una comunione ereditaria in relazione ai beni morendo dismessi da NOME COGNOME (le cui eredi erano NOME COGNOME e NOME COGNOME) e da NOME COGNOME (le cui eredi erano NOME COGNOME -della quale sono eredi NOME e NOME COGNOME– e NOME COGNOME -che ha donato la quota di comproprietà sugli immobili oggetto di comunione ereditaria a NOME COGNOME-) né, in totale assenza di contestazioni ad opera degli interessati, il diritto delle parti di procedere alla sua divisione secondo le quote indicate.
La Corte di merito ha respinto, per carenza di prova, la domanda di divisione, con una pronuncia che appare inopportunamente formulata perché fa derivare un effetto
sostanziale negativo da una valutazione che si ferma invece al vaglio formale di intempestività della produzione della documentazione necessaria, allegata dalla parte attrice -nell’evidente interesse anche delle controparti, in pacifica assenza di contestazioni riguardo al diritto di procedere alla divisione e alle quote di relativa spettanza- per provare la titolarità dei beni in capo ai danti causa e la situazione delle iscrizioni e trascrizioni ad essi relative ai fini della dimostrazione di insussistenza di pesi o iscrizioni pregiudizievoli.
Così facendo, la Corte d’Appello di Salerno non ha tenuto in alcun conto le caratteristiche proprie del giudizio di divisione, giungendo alla decisione contestata in questa sede attraverso passaggi motivazionali sovrapponibili -così come le doglianze ad essi rivolte dai ricorrenti signori COGNOME– a quelli già esaminati approfonditamente e sistematizzati da questa Corte nell’ordinanza n.6228/2023 affrontati, prima, nell’ordinanza n.10067/2020- dalle cui considerazioni, pienamente condivisibili, non vi è motivo di discostarsi.
Quanto alla prova della comproprietà sui beni da dividere, con l’ordinanza n.6228/2023 questa Corte aveva già sottolineato come ‘ Nei giudizi di scioglimento della comunione, la prova della comproprietà dei beni dividendi non è quella rigorosa richiesta in caso di azione di rivendicazione o di accertamento positivo della proprietà, atteso che la divisione, oltre a non operare alcun trasferimento di diritti dall’uno all’altro condividente, è volta a far accertare un diritto comune a tutte le parti in causa e non la proprietà dell’attore con negazione di quella dei convenuti, sicché, in caso di non contestazione sull’appartenenza dei beni’ -contestazione che nel caso di specie nemmeno è stata sollevata-, ‘ non può disconoscersi la possibilità di una prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico, siccome ridondanti a vantaggio della collettività dei condividenti ‘; quanto alla tutela, comprendente la possibile partecipazione al giudizio di divisione, dei terzi controinteressati, nell’ordinanza in esame si evidenzia che ‘ Nel giudizio di scioglimento della comunione, il dovere del giudice di ordinare, in presenza di trascrizioni o iscrizioni contro i singoli compartecipi, la chiamata in giudizio dei creditori e degli aventi causa ai sensi degli artt. 784 c.p.c. e 1113 c.c., rispondendo alla sola esigenza di consentire loro di vigilare sul corretto svolgimento del procedimento divisionale in ragione degli effetti riflessi da esso derivanti su garanzie patrimoniali ed effettiva realizzazione del proprio acquisto, non giustifica l’implicita imposizione, a carico dei compartecipi, di documentare, sotto pena di
inammissibilità della domanda, la presenza o l’assenza di trascrizioni e iscrizioni sulla quota indivisa dei singoli, configurandosi la chiamata dei creditori iscritti e degli aventi causa dei compartecipi come onere da assolvere affinché la decisione faccia stato nei loro confronti, senza costituire condizione di validità della divisione ‘; in ordine, infine, alla documentazione da acquisire necessariamente per procedere alle operazioni di divisione, la Corte precisa che ‘ Nei giudizi di scioglimento della comunione, la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere, imposta dall’art. 567 c.p.c. per la vendita del bene pignorato, non costituisce un adempimento previsto a pena di inammissibilità o improcedibilità della domanda, neppure quando debba procedersi alla vendita dell’immobile comune, atteso che questa, a differenza di quanto accade nel processo di espropriazione, non avviene ai danni di qualcuno, ma nell’interesse di tutti, sicché il richiamo alle norme del processo di espropriazione è limitato alle sole modalità esecutive della vendita e ai relativi rimedi ‘ -ne consegue quindi che per l’allegazione di tutta la documentazione inerente alla situazione degli immobili da dividere non si deve tenere conto dei termini previsti per le preclusioni istruttorie nell’ordinario giudizio di cognizione-. Anche per quest’ultimo profilo l’ordinanza esaminata ripercorre chiaramente e approfondisce le linee interpretative già individuate dalla giurisprudenza di legittimità precedente: si richiama, in particolare, la già citata ordinanza n.10067/2020, secondo la quale ‘ Nei giudizi di scioglimento della comunione, la produzione dei certificati relativi alle trascrizioni e iscrizioni sull’immobile da dividere, imposta dall’art. 567 c.p.c. per la vendita del bene pignorato, non costituisce un adempimento previsto a pena di inammissibilità o improcedibilità della domanda, tenuto conto che, in tali giudizi, l’intervento dei creditori e degli aventi causa dei condividenti è consentito ai soli fini dell’opponibilità delle statuizioni adottate. Ciò vale anche nel caso in cui si debba procedere alla vendita dell’immobile comune, sebbene le informazioni richieste dal predetto articolo si debbano necessariamente acquisire a tutela del terzo acquirente, ma a tale esigenza sovraintende d’ufficio il giudice della divisione, il quale, nello svolgimento del potere di direzione delle operazioni, può ordinare alle parti la produzione della documentazione occorrente o avvalersi del professionista delegato alla vendita ‘.
Appare opportuno ancora sottolineare, con richiamo letterale alla motivazione, pure particolarmente significativa per la controversia sub iudice e pienamente
condivisibile, dell’ordinanza n.6228/2023, quanto segue: il minor rigore della prova della comproprietà nei giudizi di divisione non significa che ‘ la divisione immobiliare possa farsi ‘sulla parola’, ma più limitatamente che, in una situazione nella quale la comune proprietà dei beni dividendi’, fondata sul presupposto dell’appartenenza dei beni stessi alla comunione, ‘sia incontroversa, non si potrebbe disconoscere la possibilità della prova indiziaria, né la rilevanza delle verifiche compiute dal consulente tecnico (cfr. Cass. n. 21716/2020), tenuto conto, appunto, che non si fornisce la prova di un fatto costitutivo di una domanda che vede le parti in contrapposizione fra loro (Cass. n. 1065/2022). La domanda di divisione, infatti, anche quando sia proposta da uno solo, è sempre comune a tutti i condividenti (Cass. n. 6105/1987; n. 15504/2018), i quali sono tutti sul medesimo piano ed hanno tutti eguale diritto alla divisione (Cass.n.4353/1980). Pertanto, le verifiche condotte dall’ausiliario d’ufficio ridondano a vantaggio della collettività dei condividenti, così come andrebbe a svantaggio di tutti una acquisizione postuma, anche se operata d’ufficio dal consulente, dal quale emergesse che la proprietà comune, non contestata o desunta a livello indiziario, non trova conferma sul piano documentale (Cass. n. 40041/2021) ‘; la validità dell’indirizzo interpretativo esposto perdura anche dopo la pronuncia delle SSUU della Corte di Cassazione n.25021/2019 che, ‘ nel riconoscere che gli atti di scioglimento della comunione sono soggetti alla sanzione della nullità prevista dall’art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985 (Cass., S.U., n. 25021/2019), hanno chiarito che la divisione va annoverata fra gli atti ad efficacia tipicamente costitutiva e traslativa. La giurisprudenza successiva a tale pronuncia ha chiarito che l’assimilabilità della divisione agli atti traslativi, nella logica seguita dalle Sezioni unite, è operata per giustificare l’applicazione ad essa dei divieti stabiliti dalla disciplina urbanistica in materia di immobili abusivi, non già nel senso del riconoscimento che la divisione sia il risultato di un trasferimento delle quote indivise degli altri condomini, tale da rendere applicabili le regole del contratto traslativo. In altre parole, il riconoscimento della natura costitutiva-traslativa della modificazione operata dalla divisione, condiviso da larga parte della dottrina, deve svolgersi pur sempre nel quadro della retroattività reale che la legge attribuisce eccezionalmente all’atto divisionale, per cui l’acquisto dei singoli condividenti si considera avvenuto al momento iniziale della comunione (art. 757 c.c.). Nonostante il riconoscimento della sua natura costitutiva, la divisione continua a non potersi
annoverare fra i titoli idonei a fornire, nel giudizio di rivendicazione proposto nei confronti dei terzi, la prova della proprietà dei beni compresi nei lotti rispettivamente assegnati, dovendosi inoltre escludere che la divisione sia da sola sufficiente a formare il titolo per l’usucapione abbreviata (Cass. n. 1976/1983; 1532/1967). Tali conclusioni, da sempre chiare alla giurisprudenza, si confermano ancora esatte, depurate naturalmente dall’improprio riferimento alla natura dichiarativa della divisione, operato, in verità, in modo del tutto tralatizio nelle massime (Cass. n. 26692/2020)’ .
Appare evidente, alla luce delle considerazioni che precedono, che la Corte d’Appello di Salerno ha dato ingiustificatamente rilevanza ad una pretesa intempestività delle produzioni documentali degli eredi di NOME COGNOME, riguardanti la titolarità degli immobili da dividere in capo ai de cuius e la situazione delle iscrizioni e trascrizioni sui beni stessi, senza considerare le caratteristiche del giudizio di divisione -in particolare, l’assenza nel caso di specie, di contestazioni sull’esistenza della comunione ereditaria, della sua estensione e della misura della partecipazione ad essa dei condividenti- e l’ampiezza dei poteri di verifica sui beni da dividere esercitabili dal Giudice attraverso la consulenza tecnica d’ufficio.
Il  terzo  motivo  di  doglianza  rimane  assorbito  dalle  considerazioni  svolte  in  ordine alla  fondatezza  dei  primi  due  motivi  di  ricorso  -si  richiama,  in  particolare,  la  parte della motivazione dell’ordinanza n.6228/2023, sopra riportata, in ordine alla perdurante compatibilità delle riconosciute peculiarità del giudizio di divisione con il deciso delle SSUU della Corte di Cassazione n. n.25021/2019
In  conclusione,  sono  fondati  i  primi  due motivi di  ricorso  per  cassazione  proposti, assorbito il terzo, e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla  Corte  d’Appello  di  Salerno,  in  diversa  composizione,  che  dovrà  attenersi  ai principi di diritto già enucleati nell’ordinanza di questa Corte n.6228/2023, i quali si attagliano  anche  al  caso  di  specie,  e  che  provvederà  anche  a  regolare  le  spese  del presente giudizio.
PQM
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza  impugnata  e  rinvia  la  causa  alla  Corte  d’Appello  di  Salerno,  in  diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda  Sezione  civile  del 10.1.2025
Il Presidente
COGNOME NOME COGNOME