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Prova della consegna: la fattura non basta da sola

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un fornitore che chiedeva l’ammissione al passivo fallimentare di un credito per merce asseritamente consegnata. La Corte ha confermato la decisione di merito, stabilendo che la semplice fattura con la dicitura ‘ok consegnato’ non costituisce idonea prova della consegna, specialmente in assenza dei documenti di trasporto (DDT). La prova per testi è stata ritenuta inammissibile perché generica.

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Prova della consegna: non basta un ‘ok’ sulla fattura

Nell’ambito delle transazioni commerciali, la prova della consegna della merce assume un’importanza cruciale, specialmente quando una delle parti è coinvolta in una procedura fallimentare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo come un creditore debba dimostrare in modo inequivocabile il proprio diritto. Il caso analizzato riguarda un fornitore di abbigliamento che si è visto rigettare una richiesta di pagamento di oltre 100.000 euro nei confronti di una società fallita, proprio per l’insufficienza delle prove addotte.

I fatti del caso

Una società fornitrice di articoli di abbigliamento presentava istanza di ammissione al passivo del fallimento di una sua cliente per un credito derivante da forniture che sosteneva di aver effettuato. A supporto della sua pretesa, produceva le relative fatture, sulle quali era apposta la dicitura “ok consegnato” da parte di un dipendente della società acquirente.

Il Tribunale rigettava l’opposizione, ritenendo che la documentazione non fosse sufficiente a fornire la prova della consegna. In particolare, il giudice di merito evidenziava la mancata produzione dei Documenti di Trasporto (DDT), documenti che un’impresa diligente avrebbe dovuto conservare. Inoltre, veniva accertato che il dipendente che aveva apposto la dicitura non era un magazziniere, ma si occupava del controllo prezzi, e che tale attestazione era stata probabilmente apposta in un momento successivo alle singole consegne, e non contestualmente.

Le contestazioni sulla prova della consegna e i motivi di ricorso

La società fornitrice ricorreva in Cassazione affidandosi a cinque motivi. I principali vertevano su:

1. Errata valutazione della prova: Secondo la ricorrente, il Tribunale aveva erroneamente preteso la prova solo tramite DDT, violando il principio del libero convincimento del giudice che consente di dimostrare un fatto con qualsiasi mezzo.
2. Mancata ammissione della prova per testi: La società si doleva del fatto che il giudice non avesse ammesso la testimonianza del dipendente che avrebbe potuto confermare l’avvenuta consegna.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Si contestava al Tribunale di non aver adeguatamente valutato le dichiarazioni rese dal dipendente in sede di interrogatorio, che confermavano la prassi aziendale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in toto, confermando la decisione del Tribunale. Analizziamo punto per punto le argomentazioni degli Ermellini.

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il Tribunale non ha mai affermato che i DDT fossero l’unico mezzo di prova possibile. Ha, invece, correttamente applicato il principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento. Il fornitore non è riuscito a dimostrare l’esecuzione della sua prestazione (la consegna), e la mancata produzione dei DDT, documenti tipici di tali operazioni, ha pesato negativamente sulla sua posizione.

Per quanto riguarda la prova testimoniale, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione di inammissibilità. Il capitolo di prova proposto era stato formulato in modo troppo generico («vero che tale sottoscrizione è stata da lei apposta dopo un regolare controllo […] e verifica che la merce fosse stata correttamente consegnata»), contenendo valutazioni e giudizi piuttosto che la narrazione di fatti specifici, e omettendo di indicare le precise circostanze di tempo e luogo delle presunte consegne.

Infine, la Corte ha respinto la censura sull’omesso esame delle dichiarazioni del dipendente, qualificandola come un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di merito. Il Tribunale aveva esaminato tali dichiarazioni, ma le aveva ritenute, con una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, inidonee a costituire prova certa, poiché verosimilmente apposte non “tempo per tempo” ma in un unico momento successivo e non meglio specificato.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche per le imprese. La gestione documentale non è un mero adempimento burocratico, ma un presidio fondamentale per la tutela dei propri diritti. Per fornire una solida prova della consegna, non è sufficiente una generica attestazione su una fattura, soprattutto se proveniente da personale non qualificato. È essenziale conservare e, se necessario, produrre in giudizio documenti specifici come i Documenti di Trasporto, firmati dal destinatario al momento della ricezione della merce. Inoltre, qualora si intenda ricorrere alla prova per testi, è cruciale formulare i capitoli di prova in modo dettagliato e fattuale, evitando generalizzazioni e giudizi che ne determinerebbero l’inammissibilità.

Una fattura con la dicitura ‘ok consegnato’ è sufficiente per la prova della consegna della merce?
No, secondo la Corte, non costituisce una prova idonea, specialmente se non è supportata da altri elementi come i documenti di trasporto (DDT) e se l’annotazione proviene da un dipendente non specificamente addetto alla ricezione della merce.

È sempre possibile provare un fatto tramite testimoni?
No, la prova per testi è ammissibile solo se verte su fatti specifici e determinati. La richiesta di prova viene rigettata se i capitoli sono formulati in modo generico, non individuano precise circostanze di tempo e luogo, o contengono valutazioni e giudizi anziché la descrizione di fatti.

Il creditore ha l’obbligo legale di conservare i documenti di trasporto (DDT)?
La Corte chiarisce che il punto non è l’esistenza di un obbligo di legge assoluto, ma l’applicazione del principio dell’onere della prova. Un imprenditore diligente conserva i DDT per poter dimostrare la consegna. La loro mancata produzione in giudizio ricade sul creditore, che non riesce così a provare il suo diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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