Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19167 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19167 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19407/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME NOME (CODICE_FISCALE, ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Rimini n. 472/2021 depositato il 10/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Rimini, con decreto del 10/6/2021, rigettava l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE che aveva respinto la domanda di ammissione allo stato passivo, in prededuzione, del credito di € 106.044,49, fatto valere da RAGIONE_SOCIALE e derivante da forniture di articoli di abbigliamento asseritamente effettuate in data successiva al deposito della domanda di concordato preventivo e della dichiarazione di fallimento RAGIONE_SOCIALE
1.1 Il Tribunale riteneva il credito non adeguatamente dimostrato; in particolare la documentazione comprovante le asserite prestazioni era insufficiente in quanto erano state prodotte le fatture ma non i DDT che ben potevano essere conservati onde essere utilizzati non solo nei confronti del vettore ma anche in un giudizio contro il destinatario della merce, ragion per cui non vi erano valide motivazioni che giustificassero il mancato versamento in atti dei documenti di trasporto.
1.2 Soggiungeva che non poteva ritenersi idonea a fornire la prova della consegna, l’apposizione della attestazione ‘ok consegnato’ sulle fatture in quanto era accertato che NOME COGNOME, persona che secondo la prospettazione della ricorrente avrebbe apposto tale scritta era dipendente di RAGIONE_SOCIALE, ma non aveva le funzioni di magazziniere e si occupava di controllare i prezzi applicati dal fornitore.
1.3 La prova per testi era, a giudizio del Tribunale, inammissibile in quanto avente ad oggetto una circostanza da provarsi documentalmente ed in ogni caso il capitolo si riferiva a fatti generici e conteneva giudizi.
2 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidato a cinque motivi; il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art 360 bis 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1 del dPR 472/1996, 2697 e 2725 c.c in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la consegna dei beni potesse provarsi solo attraverso il documento di trasporto, e non con qualsiasi mezzo, e per aver ritenuto sussistente l’obbligo di conservazione dei DDT.
1.1 Il motivo è inammissibile in quanto il Tribunale non ha sostenuto che la tenuta dei DDT è obbligatoria per legge e che la prova della consegna deve essere fornita solo attraverso i documenti di trasporto, ma ha semplicemente affermato che il ricorrente non ha dimostrato l’esecuzione della prestazione di consegna della merce; onere probatorio che avrebbe potuto essere adempiuto con la produzione dei documenti di traporto diligentemente conservati.
2 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1 n. 4 e 5, c.p.c. per non avere il Tribunale ammesso la prova orale sulla base dell’erronea affermazione che la circostanza della consegna della merce non potesse essere oggetto di prova per testi. Il ricorrente contesta, inoltre, il giudizio di genericità del capitolo di prova nonché l’affermazione del Tribunale del suo carattere valutativo.
2 Il motivo è infondato.
2.1 La richiesta di prova per testi non è stata ammessa anche perché il dedotto capitolo conteneva valutazioni ed era genericamente formulato non individuando specifiche circostanze di tempo e di luogo ove la merce sarebbe stata consegnata.
2.2 Si tratta di un giudizio condivisibile risultando il capitolo così articolato: « vero che tale sottoscrizione e dicitura è stata da lei apposta dopo un regolare controllo nella propria azienda e verifica che la merce fosse stata correttamente consegnata presso la sede della società RAGIONE_SOCIALE nel periodo antecedente al fallimento ».
Il terzo motivo prospetta violazione dell’art 360, comma 1 , n.5, c.p.c. per avere l’impugnato decreto omesso l’esame di quanto rappresentato dal dott. COGNOME nel verbale di interrogatorio depositato in causa dal Fallimento, dal quale si desumeva che, nonostante le domande del curatore, il dipendente della società fallita aveva confermato di avere sottoscritto le fatture di avere controllato le merci e di avere utilizzato la stessa procedura con gli altri fornitori.
3.1 Il motivo è inammissibile in quanto il Tribunale ha esaminato il fatto storico costituito dalle dichiarazioni rese dal COGNOME al curatore circa l’apposizione di suo pugno dell’attestazione ‘ok consegnato’ ritenendo, tuttavia, che tale attestazione fosse inidonea « a costituire prova dell’avvenuta consegna dei beni a Piccoli e Grandi, in quanto verosimilmente apposta (non ‘tempo per tempo’ al momento delle singole consegne ma) in un momento successivo, peraltro non specificato né attestato da un dipendente ».
3.2 Si tratta di una valutazione in fatto e la censura si traduce nella irricevibile richiesta a questa Corte di un nuovo esame del merito.
4 Il quarto motivo denuncia il mancato riconoscimento degli interessi legali.
4.1 Il motivo è all’evidenza inammissibile posto che il Tribunale escludendo il credito non poteva che disconoscere anche la richiesta degli interessi legali.
5 Il quinto motivo deduce l’incostituzionalità dell’articolo 111 bis 1 comma l.fall., nella parte in cui impone ai fornitori del Fallimento in esercizio provvisorio l’accertamento del proprio credito secondo le modalità di cui al capo V l.fall, con conseguente disparità di trattamento tra gli altri soggetti che svolgano attività di impresa, « i quali hanno diritto da un lato di essere giudicati da un Collegio che non abbia espresso, come nel caso in specie, la fiducia nella nomina del rappresentante di una delle parti e che comunque, in ipotesi di rigetto delle proprie istanze, possono adire la Corte d’Appello per ottenere una piena pronuncia sul merito ».
5.1. Anche tale motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
5.1 Secondo questa Corte «la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata.» (Cass. S.U. n. 25573/2020). L’assunto è successivamente affinato, affermando che la violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale. (Cfr. Cass. S.U. n. 11167/2022).
5.2 Quand’anche l’attuale doglianza si considerasse nell’ottica da ultimo indicata, la questione prospettata rimane priva di qualunque fondamento. Del tutto generiche sono, infatti, le ragioni per le quali
vi sarebbe un conflitto tra l’art. 111 bis l.fall e i parametri di cui agli art. 2, 24 commi 1 e 2 nonché 111, 2 comma della Costituzione. La questione è nel complesso manifestamente infondata, in quanto la speciale disciplina dell’accertamento dei crediti di cui 111 bis l.fall, che spiega i propri effetti solo nell’ambito della procedura concorsuale ed è improntata su principi di speditezza, concentrazione e specializzazione, rientra nella discrezionalità legislativa, e trova razionale giustificazione nella esigenza di garantire che le procedure fallimentari siano concluse in tempi ragionevoli onde evitare il protrarsi delle conseguenze negative per le parti coinvolte.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida in € 7.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 13 maggio