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Prova del vizio: onere del committente e limiti del CTU

In una causa per vizi su una fornitura di componenti industriali, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione d’appello, rigettando le pretese del committente. Il motivo centrale è la mancata prova del vizio, poiché la perizia tecnica era stata condotta su prodotti simili e non sugli originali contestati, che il committente non aveva messo a disposizione. La Corte ha ribadito che l’onere di fornire la prova del vizio grava interamente sul committente e che la valutazione delle risultanze peritali rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici.

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Prova del Vizio: L’Importanza di Fornire i Beni Originali in Giudizio

Quando si contesta la conformità di una fornitura, su chi ricade l’onere di dimostrare il difetto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la prova del vizio è una responsabilità ineludibile del committente. Se quest’ultimo non mette a disposizione i beni originali per una perizia, non può sperare di vincere la causa basandosi su analisi condotte su prodotti simili. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di una società committente che, dopo aver commissionato la fornitura di specifici componenti industriali (“pattini radiali in PTFE e carbon grafite”), ne contestava la qualità, accusando la società fornitrice di un’erronea lavorazione. La committente si rivolgeva al Tribunale per ottenere la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo pagato e il risarcimento dei danni.

In primo grado, il Tribunale accoglieva le ragioni della committente, condannando la fornitrice al risarcimento. La situazione, tuttavia, veniva completamente ribaltata in secondo grado. La Corte d’Appello, riformando la sentenza, respingeva le domande della committente e, accogliendo la richiesta riconvenzionale della fornitrice, condannava la prima a pagare il saldo del prezzo.

La Prova del Vizio e la Decisione della Corte d’Appello

Il fulcro della decisione d’appello risiedeva nella valutazione della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). I giudici avevano rilevato una criticità insormontabile: la committente non aveva mai consegnato i pattini originali oggetto della contestazione per sottoporli a perizia. Le verifiche tecniche, pertanto, erano state eseguite su macchine simili a quelle di destinazione, ma non sulle stesse, e su campioni di cui non era certa la provenienza dalla fornitura contestata.

Secondo la Corte territoriale, questa carenza probatoria era decisiva. In assenza dei prodotti originali, era impossibile accertare con certezza se i componenti realizzati dalla fornitrice fossero effettivamente difformi da quelli commissionati. La responsabilità di questa mancanza di prova è stata attribuita interamente alla committente, che avrebbe dovuto conservare e produrre i beni contestati.

Il Ricorso in Cassazione e l’Inammissibilità

Contro la sentenza d’appello, la società committente ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un “omesso esame di un fatto storico decisivo”. A suo dire, la Corte d’Appello avrebbe ignorato le conclusioni del CTU che, secondo la sua interpretazione, avevano di fatto individuato i campioni esaminati come riconducibili alle forniture contestate.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo un’importante lezione sulla differenza tra “omesso esame di un fatto” e “valutazione delle prove”.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che il vizio di “omesso esame” si configura solo quando il giudice ignora completamente un fatto storico principale o secondario, non quando lo valuta giungendo a conclusioni sgradite a una delle parti. Nel caso di specie, la Corte d’Appello non ha affatto ignorato la CTU; al contrario, l’ha analiticamente esaminata e, sulla base delle sue stesse risultanze, ha concluso che non forniva una prova sufficiente.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che l’indagine tecnica non potesse svolgersi sui pattini originali e che le prove fossero state eseguite su macchinari solo “simili”. Questa è una valutazione di merito, basata sull’apprezzamento delle prove, che è insindacabile in sede di Cassazione se, come in questo caso, è immune da vizi logici o giuridici. Il fatto decisivo, ovvero l’individuazione dei pattini oggetto della fornitura, è stato esaminato ma ha portato a una conclusione negativa per la ricorrente: era mancata qualsiasi possibilità di riscontro sui pezzi originali.

le conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio cardine del diritto processuale e contrattuale: l’onere della prova del difetto del bene spetta a chi lo lamenta. Il committente che intende agire in giudizio per vizi della fornitura ha il dovere di conservare e mettere a disposizione del giudice e del suo ausiliario tecnico i beni originali contestati. In mancanza, la sua domanda rischia di essere respinta per carenza di prova. Affidarsi a perizie su campioni “simili” o su macchinari non originali si è rivelata una strategia processuale perdente, poiché non consente di raggiungere quel grado di certezza necessario per affermare l’inadempimento della controparte.

Chi ha l’onere di provare che un prodotto fornito è difettoso?
L’onere della prova grava sulla parte che lamenta il vizio. Nel caso specifico, spettava alla società committente dimostrare che i componenti industriali forniti non erano conformi a quanto pattuito.

Una perizia tecnica (CTU) eseguita su prodotti ‘simili’ è sufficiente a dimostrare un difetto?
No. Secondo la decisione, una perizia svolta su campioni non riconducibili con certezza alla fornitura originale e su macchinari simili ma non identici a quelli di destinazione non costituisce prova sufficiente, specialmente se la parte che lamenta il vizio non ha messo a disposizione i prodotti originali contestati.

Cosa significa ‘omesso esame di un fatto storico decisivo’ come motivo di ricorso in Cassazione?
Significa che il giudice di merito ha completamente ignorato un fatto specifico e cruciale per la decisione. Non si tratta di una valutazione errata o sgradita delle prove, ma di una totale omissione. Nel caso in esame, la Corte ha stabilito che il giudice d’appello aveva esaminato il fatto (la CTU), ma lo aveva semplicemente valutato in modo sfavorevole alla ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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