Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8404 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15687/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE AVVOCATI, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE SOLUZIONI AVANZATE per il COMMERCIO TURISMO e SERVIZI N. 960/2014
– intimato – avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 1285/2020 depositato il 25/3/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/2/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE ammetteva al passivo della procedura, in parziale accoglimento della domanda avanzata, il credito vantato dall’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE avvocati, per gli importi di € 14.348,51 e € 4.750,65 in privilegio ex art. 2751bis n. 2 cod. civ., oltre I.V.A. e C.P.A. in chirografo.
Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE.
Rilevava, in particolare, che non era stata provata l’attività di assistenza legale nella misura dedotta, né la data certa sulla missiva che conteneva la determinazione del compenso dovuto per lo svolgimento, da parte dell’AVV_NOTAIO, dell’attivit à di segretario del consiglio di amministrazione della società poi fallita.
Osservava poi, rispetto all’attività stragiudiziale, che l’opponente non aveva fornito elementi circa i fatti costitutivi del diritto fatto valere, in quanto la documentazione presente in atti non risultava riferita ad attività diversa da quella per la quale il credito era già stato ammesso al passivo.
RAGIONE_SOCIALE avvocati, ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 25 marzo 2020, prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese .
Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2704 cod. civ.: il tribunale ha erroneamente ritenuto che la missiva di determinazione del compenso dell’AVV_NOTAIO di quale segretario del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci di RAGIONE_SOCIALE fosse priva di data certa, senza considerare che il conferimento dell’incarico era stato deliberato e verbalizzato nella riunione del consiglio di amministrazione de ll’8 gennaio 2014, la cui data era certa, mentre la determinazione del compenso costituiva un patto accessorio all’incarico ricevuto.
4.2 Il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio,
in relazione tanto al conferimento dell’incarico di segretario del consiglio di amministrazione, da rinvenire nel verbale di tale organo del gennaio 2014, quanto alle istanze istruttorie presentate a tal riguardo.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue inammissibili.
5.1 Il tribunale ha ritenuto di non accogliere la domanda di ammissione al passivo del compenso richiesto per l’attività svolta dall’AVV_NOTAIO quale segretario del consiglio di amministrazione della società fallita, ‘ non essendo provata l’attività di assistenza legale nella misura dedotta, né la data certa sulla missiva che contiene la determinazione del compenso dovuto ‘ (pag. 2).
Si tratta, all’evidenza, di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione, l’una riguardante l’assenza di prova dello svolgimento dell’attività RAGIONE_SOCIALE per cui si reclamava il compenso, l’altra concernente la mancanza di data certa della scrittura privata con cui era stata determinata l’entità del compenso dovuto.
5.2 Rispetto alla prima ratio decidendi i mezzi in esame si limitano a sostenere, al contrario di quanto accertato in fatto dal giudice di merito, che sia ‘ documentale, pacifico e non contestato come l’attività sia stata regolarmente prestata ‘ (pag. 13).
Una simile critica, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, a una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito e risulta, di conseguenza, inammissibile (cfr. Cass. 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017; Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).
5.3 Altrettanto inammissibile è la doglianza con cui è stato lamentato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame delle istanze istruttorie volte, fra l’altro, a
domandare ai testi se il legale avesse redatto e sottoscritto i verbali del consiglio di amministrazione tenutosi a partire da quello del 12/3/2014 (cap. 4).
Invero, non costituiscono fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. le argomentazioni o deduzioni difensive (cfr. Cass., Sez. U., 16303/2018, in motivazione, Cass. 14802/2017, Cass. 21152/2015) e le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito.
5.3 Ne discende l’inammissibilità anche delle doglianze volte a contestare la seconda ratio decidendi .
Infatti, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse a una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
6. Il terzo motivo di ricorso si duole, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo e discusso fra le parti, in relazione al compenso relativo all’attività stragiudiziale, e, nel contempo, denuncia la nullità del decreto impugnato, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.: le motivazioni date dal tribunale, oltre a essere del tutto generiche ed inidonee a spiegare le ragioni che hanno indotto il giudice di mer ito a rigettare l’opposizione, non hanno -in tesi – in alcun modo considerato la portata delle contestazioni mosse dal curatore e le circostanze esposte in sede di opposizione, quando era stato spiegato che non vi era alcuna coincidenza o sovrapposizione temporale fra la parcella relativa all’attività giud iziale e quella riguardante l’attività stragiudiziale.
Il motivo è inammissibile.
Il decreto impugnato chiarisce che l’opponente non aveva fornito elementi circa i fatti costitutivi del diritto fatto valere, dato che ‘ la documentazione allegata in atti non risultava riferita ad attività ulteriore rispetto a quella per la quale stato già ammesso il credito al passivo ‘ (pag. 3).
Una simile spiegazione esamina le circostanze esposte dal ricorrente in sede di opposizione e rappresenta chiaramente l’iter logico -intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione e disattendere l’opposizione.
Il motivo in esame sfugge al confronto con questi argomenti ed insiste per l’ammissione dei compensi stragiudiziali in ragione della mancanza di contestazioni da parte del curatore (che non era neppure costituito nel giudizio di opposizione, rimanendo così inapplicabile nei suoi confronti il principio di non contestazione, il quale è richiamato dall’art. 115 cod. proc. civ. con espresso riferimento alle sole parti costituite, mentre resta esclusa la sua validità rispetto a quelle contumaci).
La doglianza in esame risulta così inammissibile, da un lato perché non contesta specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata, come il ricorso per cassazione deve necessariamente fare (v. Cass. 19989/2017), dall’altro perché, sotto le spoglie dell’eccepita violazione di legge processuale e del vizio di motivazione, tenta ancora una volta di introdurre un sindacato di fatto sull’esito della prova documentale.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 27 febbraio 2024.