Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36961/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso DECRETO di TRIBUNALE VICENZA n. 9534/2019 depositata il 29/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 455.835,06 , di cui € 452.283,63 per capitale e interessi, in virtù di
contratto di agenzia e fornitura merci, producendo contratto, fatture e documenti di trasporto.
Come risulta dal ricorso, il credito è stato ammesso per il minor importo di € 353.489,20 (di cui € 300.000,00 risultanti da assegno bancario ed € 3.489,20 per istanza di fallimento ), con esclusione dell ‘importo di € 102.283, 63, di cui 39.811,46 per interessi, per incompletezza della documentazione.
Il Tribunale di Vicenza, con il decreto impugnato, ha ammesso il credito per rimborso forfetario su spese legali dell’istanza di fallimento e ha rigettato nel resto l’opposizione, ritenendo insufficienti le prove addotte e, in particolare, le prove orali, in quanto costituenti « generica narrativa del fatti» .
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, fondata sulla mancata dimostrazione da parte del ricorrente, dei poteri del soggetto che ha conferito la procura al difensore. In disparte la circostanza che emerge dal ricorso che il soggetto che ha conferito la procura è amministratore della società ricorrente, va ribadito che, in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità ove i terzi abbiano la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa (Cass., Sez. U., n. 20596/2007). Nella specie, il controricorrente -che deduce la mera rappresentanza processuale del conferente la procura e non anche la rappresentanza sostanziale non ha dato prova dell’assenza dei poteri rappresentativi del conferente la procura, dovendosi ritenere
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che l’ attribuzione del potere di rappresentanza processuale implica il potere di impegnare la responsabilità dell’impresa per gli atti che rientrano nell’esercizio delle sue funzioni (Cass., n. 15771/2018; Cass., n. 3867/2001). La ulteriore deduzione della cessazione del conferente la procura dalla carica (riportata dal controricorrente in nota) difetta, invece, di specificità.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4, 5, cod. proc. civ., violazione degli artt. 112 e 132 , n. 4 cod. proc. civ., nonché violazione e omessa applicazione dell’art. 56 l. fall. e omesso esame dei fatti a fondamento dei crediti compensati, per non avere il decreto impugnato esaminato le doglianze del creditore relative a propri crediti compensati con controcrediti per provvigioni della società fallita. Osserva parte ricorrente -dopo avere riepilogato le doglianze mosse avverso il decreto di esecutività dello stato passivo -che la sentenza impugnata non consente la ricostruzione dell’iter logico seguito ai fini della decisione.
Il primo motivo è infondato quanto alla dedotta nullità della sentenza, potendo predicarsi tale censura solo ove la motivazione non consenta la ricostruzione del percorso logico seguito ai fini della decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), percorso logico comprensibile per quanto sintetico, ove si è ritenuta la domanda del ricorrente non supportata da idonee prove, documentali e costituende.
Né il giudice del merito, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, è tenuto a esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., n. 25509/2014; Cass., n. 24542/2009), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle
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tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., n. 7662/2020).
Inammissibile per difetto di specificità è, come dedotto dal controricorrente, l ‘eccezione di omessa pronuncia in relazione al l’eccezione di compensazione, non risultando dal ricorso che l’eccezione sia stata non solo proposta davanti al giudice delegato, ma anche riproposta (e in che termini) nel giudizio di opposizione, né (inoltre) apparendo sufficiente il richiamo al doc. 1, che deve ritenersi aspecifico.
Il motivo è, ulteriormente, inammissibile quanto alle altre doglianze articolate dal ricorrente, non essendo autonomamente individuabili le specifiche ragioni di doglianza cumulativamente proposte. Nel ricorso per cassazione, il motivo di doglianza può essere articolato anche in più profili, ove -tuttavia – ciascuno dei profili avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo (come avvenuto per le doglianze già esaminatesi) e ove la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi singolarmente numerati (Cass., Sez. U. n. 9100/2015). Ove, invece, l’articolazione cumulativa non consenta o renda difficoltosa l’individuazione delle questioni prospettate, il motivo è inammissibile (Cass., n. 7009/2017), sia in quanto ciò costituisce violazione del principio di chiarezza e specificità del ricorso per cassazione (Cass., n. 39169/2021), sia in quanto verrebbe a rimettersi al giudice l’onere di isolare le singole censure teoricamente proponibili (Cass., n. 26790/2018).
Con il secondo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2704, 2721, 2729, 2697, 1378, 1510 cod.
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civ., dell’art. 99 l. fall. e degli artt. 115, 132 n. 4, 210, 244, 246 cod. proc. civ., nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto inopponibili i documenti in atti e non ha ammesso né le prove testimoniali, né l’ordine di esibizione delle scritture contabili del fallimento. Dopo avere ripreso le doglianze relative alla nullità della sentenza e a ll’omesso esame dell’eccezione di compensazione , il ricorrente deduce l’idoneità della documentazione prodotta , comprovante l’anteriorità alla dichiarazione di fallimento, parte della quale ritenuta idonea in tal senso dal giudice delegato. Osserva, altresì, come le fatture siano documenti presuntivamente idonei a fondare la prova dell’esistenza del credito, adducendo che i documenti di trasporto recherebbero la sottoscrizione di un terzo. Osserva, inoltre, come la prova delle forniture sarebbe deducibile dal combinato disposto degli artt. 1378 e 1510 cod. civ., producendosi l’effetto traslativo all’atto del l’individuazione dei beni trasportati all’atto della consegna al vettore. Contesta l’omessa valutazione del coacervo indiziario addotto in sede di opposizione e l’omessa ammissione dei capitoli di prova, idonei a provare la consegna della merce, nonché l’avere il giudice dell’opposizione omesso di provvedere sull’ordine di esibizione nei confronti del fallimento.
8. Il motivo è inammissibile, in primo luogo, per omessa trascrizione dei documenti di cui il ricorrente deduce l’opponibilità al fallimento; né vi è indicazione di quali documenti siano stati valutati positivamente dal giudice delegato ai fini dell’ammissione dei credito e degli elementi in fatto in base ai quali i documenti di cui è stata ritenuta dal giudice delegato l’opponibilità siano analoghi a quelli ritenuti inopponibili, laddove -come diversamente osserva parte controricorrente -l’ammissione del credito è stata fondata anche sull’esistenza di un assegno dell’importo di € 300.000,00.
Il motivo è, ulteriormente, inammissibile in quanto si risolve in una richiesta di revisione del giudizio di idoneità della documentazione, nonché degli elementi indiziari (ai fini della prova presuntiva) addotti dal ricorrente a supporto dell’esistenza del proprio credito, giudizio inerente alla valutazione delle prove e riservato al giudice del merito.
Inammissibile è la censura fondata sul combinato disposto degli artt. 1378 e 1510 cod. civ., in quanto questione non tracciata nel decreto impugnato e, pertanto, questione nuova, che richiede un accertamento in fatto. Qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata nel provvedimento impugnato, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., n. 32804/2019; Cass., n. 2038/2019).
Infondata è, poi, la censura relativa alla mancata ammissione dei capitoli di prova, in quanto, come deduce parte controricorrente, l’inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 244 cod. proc. civ. con riferimento sia alla genericità delle circostanze dedotte nei capitoli di prova sia alla indicazione delle persone indicate come testimoni determina l’inammissibilità del mezzo istruttorio che, ove erroneamente ammesso ed espletato, non può essere tenuto in considerazione dal giudice (Cass., n. 3708/2019). Nella specie, correttamente il giudice del merito ha ritenuto che i capitoli si risolvano in una « generica narrativa del fatti» , anziché incentrarsi su specifiche circostanze in fatto.
Inammissibile è, infine, la censura relativa all’omesso ordine di esibizione nei confronti del curatore delle scritture contabili della società fallita, essendo l’ordine di esibizione subordinato alle condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118, 119 cod. proc. civ. e 94 disp. att. cod. proc. civ., per cui costituisce strumento istruttorio residuale ed è espressione di facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può essere censurato in cassazione (Cass., n. 31251/2021; Cass., n. 22196/2010).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/05/2025.