Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3921 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 3921 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13688/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di PALERMO n. 2331/2016 depositato il 03/05/2016.
Udita la relazione svolta all’udienza del 17/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il P.G. nella persona del sostituto procuratore generale dott.
NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udit o l’AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Palermo, con decreto del 3.5.2016, ha rigettato l’opposizione proposta dal RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE liquidazione aveva rigettato la sua domanda di insinuazione allo stato passivo in relazione ai seguenti crediti:
-somma di € 422.433,00, richiesta con privilegio ipotecario, a titolo di restituzione di mutuo fondiario n. 690066, garantito da ipoteca volontaria;
-somma di € 296.770,40, richiesta, in via chirografaria, a titolo di saldo debitore del conto corrente n. 100109, oltre accessori;
-somma di € 6.693,54, oltre accessori, richiesta a titolo di restituzione del finanziamento n. 0261/001/0751614.
Il giudice di merito ha rigettato l’opposizione con riferimento al credito relativo al mutuo fondiario osservando che la banca opponente, pur avendo depositato detto contratto munito di data certa ed il piano di ammortamento, non aveva prodotto in giudizio la nota di iscrizione ipotecaria necessaria per la prova del diritto di garanzia, né un prospetto relativo alle rate non pagate (con
distinzione fra quota capitale ed interessi), al fine di valutare l’esatta consistenza del credito.
Il Tribunale di Palermo non ha, altresì, ammesso gli ulteriori crediti insinuati al passivo per essere sia il contratto di mutuo chirografario, sia il contratto di conto corrente, privi di data certa anteriore al fallimento.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a quattro motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
Con ordinanza interlocutoria del 3.7.2023, la causa è stata rimessa in pubblica udienza al fine di approfondire la questione se la nota di iscrizione ipotecaria sia documento indispensabile per l’ammissione di un credito richiesto con prelazione, anche nel caso in cui la sussistenza dell’ipoteca non sia contestata dal curatore.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, avente ad oggetto la statuizione di rigetto del credito vantato a titolo di mutuo fondiario, è stata dedotta la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Espone la banca ricorrente che la curatela, nel costituirsi nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non ha sollevato alcuna eccezione relativa alla mancata riproduzione della documentazione già allegata alla domanda di ammissione al passivo, limitandosi a sollevare un’unica eccezione di inammissibilità del ricorso.
In particolare, la controparte nulla aveva eccepito né in ordine al mancato deposito della prova relativa alla sussistenza dell’ipoteca volontaria, né in relazione alla consistenza del credito, con la
conseguenza che il giudice avrebbe dovuto ritenere veri tutti i fatti non specificamente contestati, senza bisogno di ulteriore prova.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 101 e 161 cod. proc. civ. sul rilievo che, in assenza di eccezioni della curatela in ordine alla mancanza della documentazione, il Tribunale si sarebbe pronunciato ultra petita e senza concedere alle parti termine per depositare memorie contenenti osservazioni sulla questione rilevata d’ufficio dal giudice.
I due motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Va osservato che questa Corte (Cass. 8 agosto 2017, n. 19734; Cass. 12973/2018; Cass. 6 agosto 2015, n. 16554) ha più volte enunciato il principio secondo cui la non contestazione, che pure ha rilievo rispetto alla disciplina previgente quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo solo perché non sia stato avversato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove; così, l’accertamento sull’esistenza del titolo vantato nei confronti del fallimento, e dedotto in giudizio, deve essere dunque compiuto dal giudice ex officio in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi, in base alla risultanze rite et recte acquisite, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole.
Inoltre, proprio perché l’accertamento sull’esistenza del titolo dedotto in giudizio deve essere compiuto dal giudice “ex officio” in ogni stato e grado del processo (vedi Cass. 24972/2013; conf. Cass. 29254/2019) non incorre neppure nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. il tribunale che, esercitando il proprio potere d’ufficio di accertare la fondatezza della domanda proposta, nell’esaminare i
documenti prodotti in giudizio e la loro valenza probatoria -valutazione riservata al giudice di merito – rigetti l’opposizione allo stato passivo proposta dal creditore.
In ogni caso, nella specie difettano in radice i presupposti per l’applicazione dell’istituto della non contestazione di cui all’art. 115 comma 2° cod. proc. civ..
Posto, infatti, che l’onere di contestazione specifica che grava su una parte processuale riguarda solo le allegazioni svolte dalla controparte, relative a circostanze di fatto rilevanti per la decisione, e non i documenti prodotti in giudizio o la loro valenza probatoria, la cui valutazione -come anticipato – è riservata al giudice (vedi Cass. n. 3126/2019; vedi anche Cass. n. 3306/2020; Cass. n. 12748/2016; 22055/2017), la banca non ha invocato l’istituto di cui all’art. 115 cod. proc. civ. in relazione a circostanze che la stessa avrebbe allegato nel ricorso in opposizione ex art. 98 legge fall., e che la curatela non avrebbe specificamente contestato, ma, inammissibilmente, per non avere la procedura ‘sollevato alcuna eccezione relativa alla mancata riproduzione della documentazione già allegata alla domanda di ammissione al passivo’ (in particolare, la nota di iscrizione ipotecaria).
La curatela non aveva alcun onere di contestare i documenti prodotti in giudizio dall’istituto ricorrente a sostegno della sua pretesa (o la mancata produzione dei medesimi), spettando la valutazione, in ordine all’idoneità di tali documenti a provare i fa tti costitutivi del diritto fatto valere dalla banca, appunto e come detto al giudice.
Pertanto, il Tribunale di Palermo non ha affatto né deciso ‘ ultra petita ‘, rientrando pienamente le sue valutazioni, in ordine alla consistenza e al rango del credito insinuato dalla banca, nel thema decidendum del giudizio di opposizione ex art. 98 legge fall, né ha, conseguentemente, violato il principio del contraddittorio di cui all’art. 101 cod. proc. civ..
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 99 legge fall. Deduce l’istituto ricorrente che la norma prevede ‘l’indicazione dei documenti prodotti’, non la produzione ex novo dei documenti medesimi, come, del resto, si evince da precedenti di questa Corte, secondo cui, qualora l’opponente abbia indicato in ricorso la documentazione di cui intende avvalersi, tale da non lasciare dubbi sull’identità degli atti su cui fondare l’o pposizione, ed abbia contestualmente formulato istanza di acquisizione, non è ravvisabile alcuna inerzia idonea a giustificare il rigetto del ricorso per inosservanza dell’onere della prova.
Nel caso di specie, il tenore letterale dell’opposizione della banca non lascerebbe dubbi interpretativi in ordine alla volontà della stessa di far acquisire al fascicolo dell’opposizione anche la documentazione richiamata e depositata in sede di insinuazione al passivo.
5. Il motivo è inammissibile per genericità.
Va preliminarmente rilevato che è ormai orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui l’art. 99 legge fall., a norma del quale il ricorso in opposizione deve contenere, a pena di decadenza, «l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti», non comporta l’onere per l’opponente di produrre ex novo i documenti già allegati alla domanda di ammissione, ma richiede unicamente che i documenti in questione siano fra quelli indicati nell’atto introduttivo, sui quali il creditore mostri di voler fondare la propria pretesa anche nel giudizio di impugnazione (vedi Cass. 12548/2017; Cass. n. 5570/2018, di recente, Cass. n. 9593/2021).
Nella vicenda, l’istituto ricorrente deduce genericamente che ‘il tenore letterale dell’opposizione non lascia dubbi interpretativi sulla necessità e volontà di far acquisire al fascicolo dell’opposizione anche la documentazione richiamata e depositata in sede di insinuazione al
passivo’, senza, tuttavia, aver avuto cura di precisare minimamente se e quali documenti (allegati alla domanda di insinuazione al passivo) lo stesso istituto avesse specificamente indicato nel ricorso in opposizione allo stato passivo, dei quali avesse dunque chiesto l’acquisizione al fascicolo dell’opposizione e sui quali avesse fondato l’opposizione medesima. Ne consegue che, sul punto, il ricorso difetta totalmente di autosufficienza.
Con il quarto motivo (denominato 1 nella parte B, nella quart’ultima pagina del ricorso) è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 cod. civ. In particolare, l’istituto ricorrente contesta la valutazione con cui il decreto impugnato ha ritenuto il contratto di mutuo chirografario privo di data certa, osservando che non poteva ‘a tal fine valere la produzione di un foglio separato su cui è appost o un timbro postale’. Sul punto, la banca deduce che dall’originale del documento in que stione -prodotto unitamente al ricorso – emerge che il timbro postale formava corpo unico con il foglio sul quale era stato impresso (retro dell’ultima pagina), con la conseguenza che il Tribunale di Palermo ha ritenuto il difetto di data certa senza considerare che nella fotocopia del documento era evidente la presenza del bollo filigranato ed argentato di congiunzione dei fogli.
Con riferimento al conto n. 100109, deduce la banca che la produzione degli estratti di conto corrente è idonea a consentirne l’ammissione al passivo, atteso che la ricostruzione del rapporto bancario mediante le singole movimentazioni antecedenti al fallimento permette di ritenere tale negozio giuridico stipulato prima della sentenza dichiarativa di fallimento.
Il motivo è inammissibile. Quanto al mutuo chirografario, va osservato che la banca inammissibilmente lamenta un errore percettivo in cui sarebbe caduto il Tribunale di Palermo -mancato rilievo del bollo filigranato e argentato che congiungeva i singoli fogli
fotocopiati del contratto di mutuo chirografario -che, tuttavia, doveva e semmai essere fatto valere con il ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ.
In proposito, se è pur vero che questa Corte (vedi Cass. n. 3796/2020,recentemente Cass. 27382/2022) ha enunciato il principio di diritto secondo cui è denunciabile in cassazione l’errore percettivo che si traduce in un travisamento della prova, il quale implica non una valutazione dei fatti, ma la constatazione che l’inform azione probatoria utilizzata in sentenza è contraddetta da uno specifico atto processuale, tuttavia, tale errore deve necessariamente investire una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e che abbia, pertanto, rappresentato un punto controverso su cui il provvedimento impugnato ebbe a pronunciarsi. Diversamente, tale errore non può essere fatto valere se non con l’azione di revocazione ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ..
Nel caso di specie, né dalla ricostruzione del decreto impugnato, né dalle allegazioni dell’istituto di credito dedott e emerge che la questione del timbro postale apposto sul contratto di mutuo chirografario (e della presenza del bollo filigranato ed argentato di congiunzione dei fogli) abbia costituito un punto controverso su cui il decreto ebbe a pronunciare.
Quanto al contratto di conto corrente, il motivo è inammissibile ex art. 360 bis cod. proc. civ..
Va osservato che questa Corte (vedi, recentemente, Cass. n. 33724/2022) ha enunciato il principio secondo cui ‘in tema di … pretesa creditoria derivante dal saldo negativo del conto corrente bancario, la forma “ad substantiam” prevista per tale tipo contrattuale postula che la prova del credito non possa essere offerta attraverso gli estratti conto spediti al correntista in costanza di rapporto, ma debba essere necessariamente resa mediante la
produzione in giudizio della scrittura negoziale provvista di data certa ex art. 2704 c.c. e come tale opponibile’.
In sostanza, proprio perché il contratto di conto corrente bancario richiede la forma scritta ad substantia m, la sua prova non può essere data con altro mezzo (cfr. Cass. 17080/2016; nello stesso senso Cass. 4705/2011, Cass. 2319/2016, secondo cui la prova del contratto privo di data certa può essere data con ogni mezzo, ‘salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso’) e quindi con gli estratti integrali del conto: la verifica dell’andamento e delle modalità di svolgimento del rapporto per l’intera sua durata, ovvero del riscontro dell’effettiva e corretta esecuzione delle operazioni da cui scaturisce il saldo a debito del correntista, attiene, infatti, a un tema di indagine successivo, che in tanto può essere affrontato in quanto sia accertata o non sia in contestazione la sussistenza della fonte contrattuale che a detto rapporto ha dato origine.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Roma, così deciso in camera di consiglio il 17.1.2024