Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14877 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14877 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22169-2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO GIORDANO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE;
– intimato – avverso il DECRETO N. 2687/2016 DEL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositato in data 19/7/2016;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza in camera di consiglio del 16/4/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di essere ammessa allo stato passivo del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE per la somma complessiva di €. 701.876,66 in ragione della somministrazione di energia elettrica dalla stessa eseguita in favore di quest’ultima, dichiarata poi fallita con sentenza del 7/10/2015.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato la domanda rilevando, per un verso, che il decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di Roma in data 27/1/2011 per la somma di €. 148.767,99 , in quanto opposto al momento della dichiarazione di fallimento, non è opponibile alla massa dei creditori, e, per altro verso, che le fatture commerciali prodotte dalla ricorrente , per il residuo credito di €. 480.196,45, non costituiscono prova in favore di chi l ‘ ha emesse, soprattutto nel caso, come quello in esame, in cui , come emerge dall’atto d’opposizione al decreto ingiuntivo, la fornitura sia stata contestata dal debitore prima della dichiarazione di fallimento, e nei confronti del curatore, che è un terzo estraneo al rapporto contrattuale tra il creditore istante e il debitore poi fallito.
1.3. RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 19/9/2016, illustrato da memoria, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.4. Il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione di norme di diritto, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di Roma in data 27/1/2011, in quanto opposto al momento della dichiarazione di fallimento, non era opponibile alla massa dei creditori, senza, tuttavia, considerare che: – il credito ivi esposto, pari ad €. 148.767,99, era stato documentato , con la formale produzione nel giudizio introdotto con il ricorso per decreto ingiuntivo, oltre che delle relative fatture, tutte recanti l’indicazione dell’utenza, e dell’estratto conto notarile , anche del contratto di fornitura stipulato con la società poi fallita in data 20/6/2006 e dal certificato notarile di conformità dell’estratto del
Registro Iva Vendite; – tali documenti, in quanto depositati in giudizio in data 24/11/2010, e quindi prima del fallimento della società ingiunta, erano senz’altro opponibili, a norma dell’art. 2704 c.c., alla massa dei suoi creditori.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che le fatture prodotte in giudizio non fossero idonee a fornire la prova del residuo credito azionato, omettendo, tuttavia, di esaminare il fatto, emergente dalle prove documentali e testimoniali acquisite nel giudizio d’opposizione al decre to ingiuntivo, che l ‘ istante, in qualità di Fornitore, ha erogato energia elettrica in favore della società poi fallita, e che, a tal fine, s ‘ è avvalsa degli impianti del Distributore competente, e cioè RAGIONE_SOCIALE, concessionario di servizio pubblico, che, come terzo estraneo al rapporto contrattuale tra le parti, ha provveduto alla lettura del misuratori e alla comunicazione dei relativi dati di consumo, certificandone i risultati.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, escludendo l ‘ idoneità delle fatture prodotte in giudizio a fornire la prova del residuo credito azionato, ha omesso di esaminare le certificazioni fornite da RAGIONE_SOCIALE che, quale soggetto certificatore, ha attestato gli effettivi consumi di energia da parte della società poi fallita.
2.4. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
2.5. Escluso, invero, ogni rilievo alle censure esposte nel secondo e nel terzo motivo, non avendo la ricorrente chiarito, in violazione dell’onere imposto a pena d ‘ inammissibilità dall’art. 366 n. 3 e n. 6 c.p.c., in quale atto e in quali termini abbiano ritualmente proposto (non i documenti ma) le relative questioni nel giudizio di merito, rileva la Corte che la società istante, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge, ha, in realtà, lamentato l ‘ erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, malgrado le asserite emergenze delle stesse, hanno escluso che i documenti prodotti dall’opponente fossero idonei a provare nei confronti del curatore del fallimento l ‘esecuzione della fornitura di energia dalla stessa dedotta in favore della società poi fallita.
2.6. La valutazione delle prove raccolte, in effetti, costituisce attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l ‘ esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
2.7. L ‘ omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti fattuali rilevanti in causa, come fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso, siano stati comunque presi in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.).
2.8. La valutazione delle prove, al pari della scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili senza essere tenuto ad un ‘ esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
2.9. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (a mezzo delle prove fornite o richieste) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com ‘ è in effetti
accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.10. Il tribunale, invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘opponente , ha ritenuto, prendendo così in esame i fatti (costitutivi) rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta dall ‘opponente (e cioè la domanda di ammissione al passivo del credito al corrispettivo della fornitura di energia elettrica asseritamente eseguita in favore della società poi fallita) e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine agli stessi (e, precisamente, la mancanza di documenti idonei a provare i suddetti fatti nei confronti del curatore) in modo nient ‘ affatto apparente, perplesso o contraddittorio, che l ‘opponente non aveva fornito in giudizio la prova dell ‘effettiva esecuzione dell a fornitura di energia dedotta in giudizio.
2.11. Ed una volta affermato, come il tribunale ha ritenuto senza che tale apprezzamento sia stato utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) per aver del tutto omesso l ‘ esame di uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, risultanti dal testo della sentenza stessa o dagli atti processuali (e doverosamente esposti in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) ed aventi carattere decisivo (nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda in termini tali da integrare l ‘ ipotesi normativa invocata dalla ricorrente: fermo restando che l ‘ omesso esame di elementi istruttori non dà luogo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato
conto di tutte le risultanze istruttorie: Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.), che l ‘opponente non aveva dimostrato l’esecuzione della fornitura di energia asseritamente prestata in favore della fallita, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che lo stesso tribunale ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto della domanda proposta, in quanto volta, appunto, all ‘ammissione al passivo del credito al pagamento del relativo corrispettivo.
2.12. Il principio generale che regola la condanna all’adempimento nei contratti a prestazioni corrispettive , come la somministrazione, comporta, in effetti, che la parte che chiede in giudizio l’esecuzione della prestazione dovuta (come il pagamento del corrispettivo asseritamente maturato o, in caso di fallimento del somministrato , l’insinuazione al passivo del relativo credito) non dev’essere a sua volta inadempiente, avendo, piuttosto, l’onere di (offrire l’esecuzione della propria, se le prestazioni debbono essere eseguite contestualmente, ovvero, come nel caso in esame) dimostrare di avere adempiuto la propria obbligazione, se essa, come avviene per il somministrante, precede il pagamento del corrispettivo (corrispondentemente maturato) cui il somministrato, poi fallito, era tenuto.
2.13. L’applicazione di tale principio al contratto di somministrazione comporta, pertanto, che il somministrante che agisca in giudizio per il pagamento (o, come nel caso in esame, l’ammissione al passivo del fallimento del somministrato) del (credito al) corrispettivo convenuto (con quest’ultimo) e maturato, in ragione (e a misura) dell’effettiva prestazione eseguita, nei suoi confronti , ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, e cioè, appunto,
di avere eseguito la fornitura, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa (cfr. Cass. n. 3472 del 2008, in motiv., in tema d’appalto ), fornendone, peraltro, la dimostrazione a mezzo di prove (non necessariamente documentali) non solo allo stesso pertinenti, e cioè effettivamente rappresentative del fatto da provare, ma anche giuridicamente idonee a farlo nei confronti del curatore del fallimento quale terzo estraneo al rapporto contrattuale dedotto in giudizio.
2.14. E la Corte, sul punto, non può che ribadire come: il decreto ingiuntivo, una volta sopravvenuta la dichiarazione di fallimento del debitore, deve considerarsi privo di efficacia nei confronti della massa tanto nell’ipotesi in cui il termine per la proposizione dell’opposizione non sia ancora decorso e, dunque, non sia ancora divenuto definitivo, tanto nell’ipotesi, come quella in esame, in cui l’opposizione sia stata proposta e il relativo giudizio al momento del fallimento sia ancora pendente (Cass. n. 9346 del 1997; conf. Cass. n. 23474 del 2020); la fattura è un mero documento contabile che può, ai sensi dell’art. 2710 c.c., far prova dei rapporti intercorsi tra imprenditori ma che in nessun caso assume la veste di atto scritto avente natura contrattuale ed è, pertanto, inidoneo a fornire la prova (tanto più nei confronti del curatore quale terzo estraneo al rapporto contrattuale asseritamente intercorso con il fallito) tanto dell ‘ esistenza, quanto della liquidità del credito esposto (cfr. Cass. n. 30309 del 2022; Cass. n. 19944 del 2023).
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile : e come tale dev’essere dichiarato.
Nulla per le spese di giudizio per la mancata costituzione del Fallimento, rimasto intimato.
5. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima