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Prova del credito nel fallimento: l’onere del fornitore

Un fornitore di energia si è visto respingere la richiesta di ammissione al passivo fallimentare di una società cliente. La Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che né le fatture commerciali né un decreto ingiuntivo non definitivo costituiscono adeguata prova del credito nel fallimento. L’onere di dimostrare l’effettiva esecuzione della fornitura ricade interamente sul creditore, specialmente nei confronti del curatore, considerato un terzo estraneo al rapporto contrattuale.

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Prova del Credito nel Fallimento: Perché le Fatture Non Bastano?

Nell’ambito dei rapporti commerciali, la gestione del credito è cruciale, ma cosa succede quando un cliente fallisce? La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 14877/2024, offre chiarimenti fondamentali sulla prova del credito nel fallimento, sottolineando come le semplici fatture o un decreto ingiuntivo non definitivo siano insufficienti. Questo provvedimento ribadisce un principio cardine: l’onere di dimostrare l’effettiva esecuzione della prestazione ricade interamente sul creditore che intende insinuarsi al passivo fallimentare.

I Fatti di Causa

Una nota società fornitrice di energia elettrica aveva richiesto di essere ammessa al passivo del fallimento di un’azienda agricola sua cliente per un credito di oltre 700.000 euro. Tale credito derivava dalla somministrazione di energia elettrica effettuata prima della dichiarazione di fallimento.
Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda, sostenendo che:
1. Una parte del credito, coperta da un decreto ingiuntivo, non era opponibile alla massa dei creditori perché l’ingiunzione era stata opposta dalla società poi fallita e il giudizio era ancora in corso.
2. La restante parte del credito, documentata solo da fatture commerciali, non poteva essere provata in questo modo, soprattutto perché la fornitura era stata contestata e il curatore fallimentare è considerato un soggetto terzo rispetto al contratto originario.
Insoddisfatta, la società fornitrice ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Prova del Credito nel Fallimento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea del tribunale e consolidando principi giuridici di grande importanza pratica per le imprese. I giudici hanno chiarito che il creditore non può limitarsi a presentare documenti contabili unilaterali, ma deve fornire prove concrete e giuridicamente idonee a dimostrare la propria pretesa nei confronti del curatore, che tutela l’intera massa dei creditori.

L’inefficacia del Decreto Ingiuntivo Non Definitivo

Un punto centrale della decisione riguarda il valore del decreto ingiuntivo. La Corte ha ribadito che, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, un decreto ingiuntivo non ancora definitivo (perché opposto o perché i termini per l’opposizione non sono scaduti) perde ogni efficacia nei confronti del fallimento. Il creditore non può quindi farvi affidamento per l’ammissione al passivo e deve provare il suo credito secondo le regole ordinarie della procedura fallimentare.

L’Onere della Prova a Carico del Creditore

L’aspetto più rilevante è l’onere della prova. Nei contratti a prestazioni corrispettive, come la somministrazione di energia, chi agisce per ottenere il pagamento deve dimostrare di aver adempiuto la propria obbligazione. Nel contesto fallimentare, questo significa che il fornitore deve provare in modo inequivocabile di aver effettivamente erogato il servizio o consegnato i beni. La fattura, essendo un documento formato unilateralmente dal creditore, non è sufficiente a fornire questa prova nei confronti del curatore, che, come detto, è un terzo estraneo al rapporto contrattuale.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando che il ricorso della società fornitrice non lamentava una vera e propria violazione di legge o un’omissione nell’esame di un fatto decisivo, quanto piuttosto un dissenso rispetto alla valutazione delle prove fatta dal giudice di merito. Tale valutazione, tuttavia, è un’attività riservata esclusivamente al giudice del tribunale e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, apparente o contraddittoria, cosa che in questo caso non è avvenuta. Il tribunale aveva chiaramente indicato la ragione del rigetto: la mancanza di documenti idonei a provare l’esecuzione della fornitura di energia nei confronti del curatore. La Corte ha quindi riaffermato che il creditore ha il dovere di fornire prove non solo pertinenti, ma anche giuridicamente efficaci contro la massa fallimentare, per integrare il fatto costitutivo del proprio diritto di credito.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutte le imprese. Per tutelare efficacemente i propri crediti in caso di fallimento del debitore, non è sufficiente fare affidamento sulle sole fatture. È indispensabile dotarsi di una documentazione robusta e opponibile a terzi che attesti l’effettiva esecuzione della prestazione, come documenti di trasporto controfirmati, certificazioni di consumo da enti terzi, o contratti con data certa. La mancata adozione di queste cautele può comportare l’impossibilità di recuperare il proprio credito, con gravi conseguenze per la salute finanziaria dell’azienda fornitrice.

Una fattura è sufficiente per provare un credito in un fallimento?
No, la fattura è considerata un mero documento contabile unilaterale e non costituisce prova sufficiente dell’esistenza e della liquidità del credito nei confronti del curatore fallimentare, il quale è un terzo estraneo al rapporto contrattuale originario.

Un decreto ingiuntivo non ancora definitivo ha valore nella procedura fallimentare?
No, un decreto ingiuntivo che sia stato opposto o per il quale non siano ancora decorsi i termini per l’opposizione al momento della dichiarazione di fallimento, è privo di efficacia nei confronti della massa dei creditori.

Su chi ricade l’onere di provare il credito nel fallimento?
L’onere della prova ricade interamente sul creditore che chiede di essere ammesso al passivo. Egli deve dimostrare l’adempimento della propria obbligazione, ossia l’effettiva esecuzione della fornitura o del servizio, poiché questo costituisce il fatto costitutivo del suo diritto di credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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