Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3008 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3008 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22101/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
AZIENDA AGRICOLA COGNOME RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente
COGNOME NOME
intimato avverso la sentenza n. 1451/2019 della Corte d’ appello di Venezia, depositata il 3-4-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29-12025 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: appalto
RG. 22101/2019
C.C. 29-1-2025
FATTI DI CAUSA
1.Azienda Agricola Monte Zovo di COGNOME NOME e figli società semplice ha convenuto avanti il Tribunale di Verona RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, rispettivamente impresa esecutrice e progettista/direttore dei lavori di ampliamento della cantina dell ‘attrice , per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti a causa dei lavori e per sentire accertare l’inesistenza di qualsiasi obbligazione di pagamento, in ragione dell’ingente credito risarcitorio e del pagamento già avvenuto di Euro 357.205,60, a fronte di corrispettivo dell’appalto pattuito a corpo per Euro 314.330,65.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, formulando in via riconvenzionale domanda di pagamento del saldo prezzo, pari a Euro 147.360,88 e si è costituito NOME COGNOME chiedendo a sua volta il pagamento del compenso a lui spettante.
Esperita istruttoria orale e svolta consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 2534/2012 pubblicata il 19-10-2012 il Tribunale di Verona, previo riconoscimento di voci di danno per Euro 21.000,00 e dedotti i pagamenti già eseguiti, ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 71.559,56 oltre interessi e a NOME COGNOME Euro 93.738,82, oltre accessori.
Avverso la sentenza ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE che la Corte d’appello di Venezia ha deciso con sentenza n. 1451/2019 depositata il 3-4-2019; in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rideterminato in Euro 19.669,70 in sorte capitale il credito di RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti, oltre iva e interessi dalla domanda.
La sentenza ha escluso che il compenso dell’appalto fosse stato pattuito a corpo e ha dichiarato che esattamente il c.t.u., per la determinazione dei prezzi unitari, aveva fatto riferimento al doc. 6 della società appaltatrice, che corrispondeva al doc. 2 della società
committente con alcune variazioni concordate dalle parti. Ha dichiarato che la documentazione prodotta dalla società appaltatrice non era idonea a rappresentare in maniera analitica le lavorazioni svolte, perché mancava un vero e proprio libretto delle misure, spettava al creditore fornire la prova del credito, non poteva essere condivisa la considerazione del Tribunale e del c.t.u. in ordine al fatto che il committente non aveva fornito la documentazione sulla quale si basava la sua contestazione per sottomurazioni, fondazioni, muri in calcestruzzo e intonaci, perché era l’appaltatrice che doveva dare piena prova per superare le contestazioni e non era la committente ad avere l’onere di dimostrare le inesattezze dei conteggi ; ha aggiunto che l’avvallo del direttore dei lavori alla contabilità dell’impresa non determinava l’impossibilità di svolgere contestazioni, in quanto non costituiva idonea prova del credito dell’appaltatore la contabilità redatta dal direttore dei lavori, a meno che non risultasse che il committente l’avesse accettata o che il direttore dei lavori avesse redatto la contabilità come rappresentante del committente. Quindi ha dichiarato che sussisteva il diritto della committente di vedersi ridotto l’importo da corrispondere per le parti di lavorazioni per quali non era stata raggiunta la piena prova della loro esecuzione e che, tenuto conto dei prezzi unitari riscontrati dal c.t.u., risultava una differenza di Euro 1.952,22 quanto alle sottomurazioni, di Euro 10.007,16 quanto alle fondazioni, di Euro 10.742,55 quanto ai muri in calcestruzzo e di Euro 7.088,40 quanto agli intonaci.
Con riguardo alle opere in economia, la sentenza ha dichiarato che poteva darsi per certo l’accordo per la loro esecuzione e che dall’istruttoria testimoniale era emersa la conferma dell’esecuzione delle opere come indicate nei documenti, mentre le contestazioni della committente erano state generiche. Ha aggiunto che le uniche contestazioni specifiche erano relative al costo del camion e alle ore di
nolo dell’escavatore; quanto alle prime, ha dichiarato che valeva il rilievo dell’ausiliario sulla congruità del prezzo applicat o e, invece, quanto al nolo per l’escavatore, dovevano essere recepite le critiche della committente in ordine alla mancanza di documentazione a supporto della richiesta dell’appaltatrice, in quanto non era stata dimessa alcuna fattura relativa al noleggio del mezzo e perciò l’importo preteso a tale titolo dall’appaltatrice, pari a Euro 22.299,53 , non andava riconosciuto.
La sentenza ha rigettato per il resto l’appello della società committente, con riguardo ai vizi delle opere e al compenso spettante al direttore dei lavori, e ha rigettato l’appello incidentale dell’appaltatrice relativo ai quantitativi di ferro d’armatura.
2.COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME al quale la notifica del ricorso è stata eseguita a mezzo posta al difensore domiciliatario avv. NOME COGNOME con consegna del piego in data 11-7-2019, è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 29-1-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente COGNOME RAGIONE_SOCIALE deduce ‘ nullità della sentenza ex art. 360 co.1 n. 4 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., art. 2721 e 2729 c.c. -errore di percezione delle prove offerte’ e censura il capo della sentenza che ha detratto dal compenso spettante
all’appaltatrice l’importo complessivo di Euro 29 .790,33, relativamente alle sottomurazioni, alle fondazioni, ai muri in calcestruzzo e agli intonaci. La ricorrente evidenzia che i lavori eseguiti sono stati accertati e descritti nella consulenza tecnica d’ufficio, che l’impresa ha eseguito una propria contabilità di cantiere che il direttore dei lavori ha verificato redigendo la contabilità finale, che la società aveva formulato capitolo di prova testimoniale per confermare che le lavorazioni e le quantità indicate nella contabilità finale erano quelle eseguite, che la contabilità finale era stata rammostrata ai testi COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, i quali l’avevano confermata; trascrive altresì il contenuto della consulenza d’ufficio, che aveva ritenuto corretto quanto contabilizzato dall’impre sa ed evidenzia come sia pacifico in causa che vi erano state due varianti, che avevano portato a un ampliamento della superficie interrata non edificata, come rilevato dal consulente d’ufficio. Quindi la ricorrente lamenta che la sentenza abbia omesso di valutare non solo l’argomento logico secondo il quale, se la cantina è stata ampliata, anche le singole categorie di opere devono essere state necessariamente aumentate, ma abbia anche omesso di valutare le prove testimoniali ; lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., che vieta di fondare la decisione su prove reputate assenti ma in realtà offerte e sostiene che la piena prova della quantità delle opere realizzate avrebbe dovuto essere ritenuta raggiunta alla luce delle prove orali e delle valutazioni del consulente d’ufficio che ha ritenuto corrette le quantificazioni operate dall’appaltatrice, nonché della contabilità finale eseguita dal direttore dei lavori; sostiene che la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. si traduce in insanabile mancanza di motivazione perché la sentenza, pur menzionando in narrativa l’espletamento della prova orale svolta in primo grado, ha omesso qualsiasi esame del suo contenuto , perché tutti i testimoni hanno confermato l’esecuzione e la misurazione dei lavori e la sentenza ha inspiegabilmente ignorato la
prova offerta, con violazione anche dell’art. 116 cod. proc. civ., per non essere state valutate le prove nel loro complesso.
1.1.Il motivo, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, è ammissibile in quanto, seppure svolge una serie di censure distinte, ne consente la disamina separata perché rende immediatamente individuabili i vizi attribuiti alla sentenza impugnata; tali vizi effettivamente sussistono, per cui il motivo è anche fondato per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo , si deve escludere la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., perché non vi è stata omissione di pronuncia, ma la sentenza ha esaminato la domanda e l’ha decisa nei termini criticati dalla ricorrente.
Inoltre, non sono ravvisabili violazioni degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in quanto , per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30 -9-2020 n.20867 Rv. 659037-01). A sua volta, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo se si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa- secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, il valore di prova legale), oppure,
qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. solo nei limiti in cui è ancora consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-02). Ciò impone però di riqualificare il motivo ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., perché l’esatta indicazione numerica di una delle ipotesi di cui all’art. 360 co.1 cod. proc. civ. non è requisito di ammissibilità del ricorso, allorché dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. Sez. 2 7-5-2018 n. 10862 Rv. 648018-01, Cass. Sez. 6-3 20-2-2014 n. 4036 Rv. 630239-01, Cass. Sez. U 24-7-2013 n. 17931 Rv. 627268-01); nella fattispecie, premesso che non ricorre la preclusione di cui all’art. 348 -ter co.4 cod. proc. civ. da applicare ratione temporis, in quanto sul punto la sentenza d’appello ha riformato la sentenza di primo grado, non si può prescindere dal considerare che la ricorrente espressamente lamenta l’insanabile mancanza di motivazione ed effettivamente individua una serie di fatti aventi carattere di decisività, che la sentenza non dimostra di avere valutato neppure implicitamente.
Si tratta in primo luogo del fatto che il consulente d’ufficio non si era limitato a dichiarare che la committente non aveva fornito documentazione a sostegno della sua contestazione, ma aveva espressamente dichiarato che , dall’analisi del la contabilità di cantiere, risultava corretto quanto contabilizzato dall’impresa , come risulta dal relativo passo della c.t.u. trascritto in ricorso; anziché limitarsi a richiamare la notazione del consulente d’ufficio secondo la quale la committente non aveva fornito la documentazione sulla base della quale contestava le quantità, la sentenza avrebbe dovuto dimostrare
di avere considerato anche le valutazioni sulla correttezza delle quantità eseguita dal c.t.u. sulla base della verifica da lui direttamente svolta.
Si tratta dell’ulteriore fatto -di cui aveva dato atto anche il c.t.u.che erano state presentate varianti che avevano comportato un ampliamento della superficie interrata; la stessa sentenza aveva considerato (pag. 15 in alto e pag. 16 in alto) che vi erano state variazioni in ampliamento delle opere, ma ha omesso di esaminare questo fatto all’evidenza decisivo al fine di valutare i quantitativi di materiali utilizzati- laddove ha valutato la prova sulle quantità.
Si tratta altresì delle dichiarazioni dei testimoni COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME che erano stati sentiti sulla contabilità finale e le cui dichiarazioni sono state trascritte nel ricorso; la sentenza, per poter giungere alla conclusione che l’appaltatrice non aveva dato prova delle maggiori quantità di materiali, avrebbe dovuto esplicitare in quali termini le dichiarazioni dei testimoni, che la stessa sentenza (pag. 8) ha dato atto che erano stati sentiti, fossero irrilevanti.
Quindi, la conclusione sulla mancanza di prova dei maggiori quantitativi utilizzati risulta illegittima, per il fatto che la sentenza vi è giunta omettendo la disamina di fatti decisivi riferiti alla valutazione del consulente d’ufficio sulla correttezza delle quantificazioni esposte dall’impresa, con riguardo alle maggiori opere eseguite, e riferite alle dichiarazioni dei testimoni.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 per assenza e/o contraddittorietà di motivazione in relazione alla quantificazione delle somme non riconosciute’ e lamenta che la sentenza, seppure abbia dichiarato di tenere conto dei prezzi unitari riscontrati dal consulente d’ufficio, non abbia dato alcuna spiegazione dei calcoli eseguiti. R ileva che il consulente d’ufficio si era limitato a
dare atto che i prezzi applicati erano congrui e corrispondenti a quelli applicati contrattualmente ed evidenzia che, sulla base di tali prezzi e per le differenze di lavorazioni, vi è corrispondenza per sottomurazioni (Euro 1.952,22) e per muri in calcestruzzo (Euro 10.742,55), ma non per fondazioni e intonaci: per fondazioni, sulla base dei prezzi applicati e delle quantità escluse, l’importo è quello di Euro 1.673,28 e non quello di Euro 10.007,16 indicato in sentenza e per gli intonaci l’importo esatto è quello di Euro 2.788,20 e non quello di Euro 7.088,40 indicato in sentenza. Quindi deduce l’assoluta mancanza e contraddittorietà della motivazione, con la sua conseguente nullità.
2.1.L’accoglimento del primo motivo di ricorso nei termini esposti comporta l’assorbimento del secondo motivo, in quanto la questione dell’esatta quantificazione dei corrispettivi spettanti all’appaltatrice si porrà soltanto all’esito del nuovo accertamento del giudice del rinvio sulle quantità effettivamente poste in opera.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. Ultrapetizione’ e lamenta che la sentenza, con riferimento ai lavori eseguiti in economia, abbia dichiarato non essere dovuto alla società appaltatrice il pagamento per un supposto ‘nolo dell’escavatore’ per non essere stata prodotta alcuna fattura relativa al noleggio del mezzo. Evidenzia che la società non ha mai chiesto somme per il nolo dell’escavatore, essen do proprietaria dei propri mezzi, e che quindi era assurda la pretesa in ordine alla necessità di produrre le fatture del noleggio, con conseguente vizio di ultra/extra petizione della sentenza; rileva che il compenso era stato richiesto solo sulla base del conteggio delle ore eseguite dai muratori e delle ore di utilizzo dell’escavatore, senza avere mai chiesto il pagamento di costi di noleggio da essa sopportati.
3.1.Il motivo è fondato.
Si richiama il principio secondo il quale il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi, sostanziandosi nel divieto d’introduzione di nuovi elementi di fatto sul tema controverso, sicché il vizio di ultra e di extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi dell’azione, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto -petitum immediato- oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso petitum mediato-, così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni (Cass. Sez. 2 21-3-2019 n. 8048 Rv. 653291-01, Cass. Sez. 1 11-4-2018 n. 9002 Rv. 648147-01, Cass. Sez. 3 24-9-2015 n. 18868 Rv. 636968-01).
Nella fattispecie l a sentenza (pag.21), nell’esaminare la domanda relativa ai lavori eseguiti in economia, ha dichiarato che erano stati oggetto di critica specifica da parte della committente le ore di nolo dell’escavatore, in ordine alla mancanza di documentazione a suppor to delle richieste dell’impresa appaltatrice; ha rilevato che non era stata dimessa alcuna fattura relativa al noleggio del mezzo e che perciò l’importo a tale titolo preteso, pari a Euro 22.299,00 , non poteva essere riconosciuto.
La pronuncia è evidentemente affetta dal vizio di extra petizione lamentato, in quanto si è risolta nel negare alla società appaltatrice un bene della vita diverso da quello oggetto della sua domanda, perché la società non aveva chiesto il corrispettivo del nolo da essa pagato a terzi per procurarsi l’escavatore ; diversamente, la società aveva chiesto il pagamento del corrispettivo per i lavori eseguiti in economia sulla base del conteggio delle ore di lavoro eseguite dai propri addetti e delle ore di utili zzo dell’escavatore.
Evidentemente non consentono di giungere ad altra conclusione gli argomenti della controricorrente. La circostanza che la società
committente avesse contestato di dovere il compenso per il nolo dell’escavatore e che la società appaltatrice avesse replicato a quelle deduzioni a sua volta facendo riferimento al ‘nolo’ non significa che l’appaltatrice chiedesse il pagamento di un compenso per un nolo che essa avesse corrisposto a terzi: l’appaltatrice ha agito per ottenere il corrispettivo dei lavori eseguiti, quantificati -con riguardo ai lavori in economiacon riferimento alle ore di lavoro e di utilizzo dell’escavatore.
4.Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.’; rileva che nella contabilità prodotta non vi era mai la voce ‘nolo per escavatore’ e che la quantificazione di tale costo eseguita dalla sentenza risultava contraddittoria e ingiustificata alla luce delle risultanze istruttorie.
5.Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 co.2 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. sotto il profilo del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’; evidenzia che la sentenza ha ritenuto provata l’esecuzione delle opere in economia e ha riconosciuto la debenza del relativo pagamento, comprensivo dell’utilizzo dell’escavatore per 54 ore per un totale di Euro 3.067,74, e di seguito ha sottratto l’importo di Euro 22.293,53 per non provato noleggio del mezzo; rileva che l’importo è totalmente astruso e il suo riconoscimento si è risolto nel riconoscere un credito ingiustificato all’appaltante , in modo del tutto contraddittorio rispetto al riconoscimento del pagamento per i lavori in economia.
6. Il quarto e il quinto motivo sono assorbiti dall’accoglimento del terzo motivo, in quanto la questione della quantificazione dell’importo del nolo eseguito dalla sentenza impugnata perde qualsiasi rilievo a fronte del dato che non era stato oggetto della domanda
dell’appaltatrice il pagamento del costo d i un nolo pagato a terzi; il giudice del rinvio dovrà provvedere a esaminare nuovamente la domanda dell’appaltatrice volta a ottenere il pagamento del corrispettivo per i lavori in economia con riferimento all’utilizzo dell’escavatore .
7 .Con il sesto motivo la ricorrente deduce che all’auspicata cassazione della sentenza consegua ex art. 91 cod. proc. civ. la cassazione del capo della sentenza relativo alla regolamentazione delle spese di lite.
7.1.Il motivo risulta assorbito, in quanto il giudice del rinvio dovrà provvedere anche a una nuova statuizione sulle spese dei diversi gradi in base all’esito de lla lite.
8.In conclusione, sono accolti il primo e il terzo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti; il giudice del rinvio farà applicazione dei principi esposti e si atterrà a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il quarto, il quinto e il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione